Allarme nucleare dall'Intelligence italiana



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Allarme nucleare dall'Intelligence italiana
Un rapporto degli 007 italiani denuncia i rischi di un attentato atomico


A quattro anni dall’Undici settembre, Al Qaida ha lanciato nuove minacce contro gli Stati Uniti e l'Australia. A lanciarle un esponente della rete terroristica che fa capo ad Osama Bin Laden: «Ieri, Londra e Madrid. Domani, Los Angeles e Melbourne - si avverte in un video trasmesso da AbcNews - Non contate sulla nostra compassione o moderazione questa mattina. «Siamo musulmani. Amiamo la pace, ma la pace nei nostri termini, come prevede l'Islam e non la cosiddetta pace degli occupanti e dittatori». Il governo australiano sta valutando la concretezza delle minacce. Il paese, primario alleato degli Usa, è infatti nel mirino dei terroristi islamici: nell’attentato di Bali, dell’ottobre 2002, sono morti decine di australiani. Melbourne ospiterà nel marzo del 2006 i Commonwealth Games, che saranno inaugurati dalla Regina Elisabetta II d'Inghilterra. A preoccupare il nostro Paese è invece un rapporto dell’Intelligence italiana redatto in collaborazione con i servizi segreti alleati, secondo il quale l’Italia potrebbe subire, addirittura un attentato nucleare: la madre di tutte le paure e una catastrofe senza precedenti. Il rapporto, riservato, e steso in collaborazione con, è stato anticipato dal quotidiano La Stampa che gli dedica la prima pagina del 12 settembre. La nostra intelligence ha disegnato gli scenari operativi in caso di attacco di Al Qaida. Tra le ipotesi più terribili l'attacco nucleare con un ordigno che, scrivono gli 007 "potrebbe già trovarsi in Italia". «Lo scenario tratteggiato dal rapporto - scrive il quotidiano diretto da Giulio Anselmi - è l'esplosione in una grande città, stazione di metropolitana o centro finanziario: i palazzi entro mille metri sarebbero seriamente danneggiati, gli effetti sulle persone rilevanti e spesso letali in un raggio di sei chilometri", il rapporto ipotizza poi "evacuazioni di massa, circa mezzo milione di persone. Il day after si presenta con un'area contaminata di 7 chilometri quadrati' e un impatto economico pari a circa 250 milioni di euro». «Si può ipotizzare - scrivono i nostri Servizi - che l'ordigno nucleare sia già presente in Italia». L'importanza politica del nostro paese nei rapporti bilaterali con gli Usa, il suo ruolo geopolitico di potenza mediterranea, potrebbe far decidere il vertice della jihad globale per un'azione terroristica nucleare sul nostro territorio. Fra le ipotesi del peggiore degli scenari quello nucleare è certamente il più inquietante. L’esplosione di una bomba atomica, anche di modesta potenza, come per esempio una testata strategica low yeld da teatro o per usi specializzati, causerebbe comunque distruzioni di enorme portata in una città occidentale, sia per gli effetti barotermici diretti sia per quelli radioattivi immediati e nel tempo. Ma oltre a decine di migliaia di morti costituirebbe un fatto destabilizzante per l’economia mondiale, un colpo dal quale il sistema difficilmente potrebbe riprendersi. Prima dell’estate è stata firmata in ambito Onu una convenzione tesa alla cooperazione tra nazioni contro il terrorismo nucleare, considerato la “madre di tutte le paure”. Tra i rischi vi è la diffusione di capacità e tecnologie atomiche in molti Paesi, ma a preoccupare è soprattutto l’arsenale nucleare dell’ex Unione Sovietica e il successivo smantellamento in osservanza ai trattati di non-proliferazione: non è improbabile che possano essere andate “perse” atomiche tattiche o che vi siano state deficienze nello smantellamento di testate termonucleari a fusione il cui innesco, il cosiddetto “primario”, è costituito da una bomba a fissione di piccole dimensioni. In più di un’occasione si è temuta una fuga di atomiche, magari le cosiddette valigette nucleari o comunque di armi di piccole dimensioni come le Sadm (Small Atomic Demolition Munition) da circa cinque kiloton (meno della metà della bomba di Hiroshima). Nel 1997 il generale russo Alexander Lebed, scomparso in un “incidente” aereo nel 2002, affermò pubblicamente che l’Armata Rossa ha smarrito almeno cento suitcase bomb: un'arma perfetta per un gruppo terroristico. Una circostanza poi - inevitabilmente - smentita dal governo russo. Secondo Stefano Silvestri, presidente dello Iai, l'Istituto per gli Affari Internazionali -, un attacco nucleare è tuttavia meno che probabile. «Ritengo che tra tutti gli attentanti disastrosi possibili quello nucleare sia quello meno ipotizzabile. Per realizzare una bomba atomica, anche rudimentale, occorre il supporto di un Paese e ciò comporterebbe la sua distruzione in un’azione di rappresaglia». Al momento è da escludere l’esistenza di uno “stato Shaid”, disposto a immolarsi insieme ai suoi cittadini per la “causa” islamista. «Un attentato nucleare non si può comunque escludere - afferma Stefano Silvestri - ma conforta il fatto che vi sono enormi difficoltà a realizzare un simile attacco. Il materiale fissile di un’arma atomica decade nel tempo, e questo gioca a nostro favore anche nel caso, improbabile, che qualche gruppo sia entrato in possesso di una bomba nucleare. Inoltre questa deve essere portata sul luogo dell’attacco: un compito certo non facile. E in questo caso un pericolo arriva dai container delle navi che possono essere sfruttati per far detonare un’arma atomica in un porto. Per quanto riguarda la questione delle presunte testate ex-sovietiche mancanti è più probabile un errore contabile che non una vera e propria fuga».
12 settembre 2005
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