Falco Accame: «Le autorità militari non hanno mai detto nulla sui "vulcani" utilizzati per distruggere i proiettili»



dall'unione sarda del 14\3\2004


Falco Accame: «Le autorità militari non hanno mai detto nulla sui "vulcani"
utilizzati per distruggere i proiettili»


Le esercitazioni infinite, gli osservatori ambientali che non ci sono, i
misteri sempre più fitti sull'uranio impoverito, l'ombra del cancro sulla
vita di troppi militari in servizio nelle basi dell'Isola. Sullo sfondo una
Sardegna tagliata a fette dai limiti invalicabili.Teulada, Perdasdefogu,
Quirra, Decimomannu, Capo Frasca, La Maddalena, ma anche Cagliari e le sue
macchie di leopardo sono soltanto i punti cardinali del buio sotto le
stellette. Ventiquattromila ettari di Sardegna (che sarebbero 240 chilometri
quadrati) sono chiusi dal filo spinato. Con un record che parla da solo: nel
resto d'Italia le servitù militari non superano i 16 mila ettari. Per non
parlare delle zone di sgombero a mare o degli spazi interdetti ai voli. Un
calcolo al lordo raggiungerebbe misure sconfinate.
La paura a TeuladaLe ultime notizie sui tumori che hanno colpito militari in
servizio nelle basi sarde rilanciano la questione degli osservatori
ambientali: «C'è sempre di più l'esigenza di porre una parola chiara e
definitiva sulla salute delle aree addestrative utilizzate dalla difesa
nazionale e internazionale», dice il sindaco di Teulada Salvatore Mocci. «A
più riprese assistiamo a denunce di malattie per causa di servizio,
apprendiamo risultati di analisi sulla radioattività ma mai da una fonte
super partes. Mai da una fonte che, scientificamente, con l'uso costante di
attrezzature adeguate, esprima compiute valutazioni, trasparenti e
inconfutabili».
Non c'è un osservatorioDa anni si parla dell'esigenza di istituire almeno un
centro di monitoraggio - ovviamente civile - che controlli lo stato di
terra, mare e aria nelle basi e nelle zone adiacenti. Ma la Regione ancora
non ha battuto un colpo. Anche gli interventi nel consiglio regionale sono
serviti finora poco. Il Partito sardo d'Azione già tre anni fa aveva
presentato un'interpellanza per l'istituzione dell'osservatorio: «Ma non si
è visto ancora un passo in questa direzione», conferma il segretario dei
Quattro mori Giacomo Sanna.
Il mistero dei "vulcani"Tra i mille dubbi persi dietro il filo spinato delle
basi c'è quello dei cosiddetti vulcani, i cumuli di terra utilizzati per lo
smaltimento dei resti dei proiettili delle esercitazioni militari. «È sempre
stato mistero fitto sugli effetti di questa pratica», denuncia Falco Accame,
presidente dell'Ana-Vafaf, l'associazione delle vittime delle forze armate.
«Si sviluppano colonne di fumo alte centinaia di metri, con detriti che si
disperdono in aree vastissime. In passato è stata pure presentata un'
interrogazione parlamentare, ma non si è mai saputo nulla di certo». La
preoccupazione punta dritta all'uranio impoverito: «Se è stata usata questa
tecnica per materiali a struttura radioattiva, si possono immaginare gli
effetti sui territori attorno alle basi».
È buio sull'uranioLe testimonianze dei due ex militari (un maresciallo sardo
e un caporale calabrese) attaccati dal cancro dopo aver prestato servizio
nei poligoni dell'Isola rilancia i dubbi sull'utilizzo dell'uranio
impoverito negli armamenti per le esercitazioni e le battaglie simulate.
Dall'Esercito non arrivano né conferme né smentite. Silenzio tombale, di
quelli che alimentano allusioni e timori. Sulla vicenda prende posizione l'
associazione culturale I Sardi. «Non siamo contrari per principio né ai
militari né alle servitù, che pure pesantemente gravano sulla terra, sui
mari e sui cieli della nostra isola», è spiegato in una nota. «Crediamo
invece che tutti i sardi desiderino avere un rapporto leale e franco con i
militari, senza le isterie dell'antagonismo duro e puro ma senza nemmeno l'
accettazione incondizionata di ogni programma e di ogni iniziativa in grigio
verde». Le considerazioni diventano proposta: «Chiediamo che nel nuovo patto
che la Regione dovrà sottoscrivere con lo Stato sia impensabile non inserire
la questione dei militari presenti in Sardegna e un criterio generale di
trasparenza su tutte le attività effettuate presso installazioni militari in
Sardegna».
Il dolore di una madre«So che tanti militari, con le loro famiglie, soffrono
per malattie di cui non conoscono le cause», dice Peppina Vacca, la madre di
Salvatore Vacca, il soldato di Nuxis ucciso dalla leucemia nel '99, a
ventitré anni, dopo la missione in Bosnia. «Le cose che ho letto questi
giorni riaccendono il mio dolore, ma non so se davvero queste storie possono
essere accomunate a quella di mio figlio. Le condizioni operative dei
Balcani hanno fatto riconoscere allo Stato la causa di servizio. Perché
sulla situazione sarda le autorità militari non dicono nulla?».

Giulio Zasso