Fwd: Soldati sardi uccisi dall’uranio italiano



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Soldati sardi uccisi dall’uranio italiano
Le scorie trasformate in proiettili: il costo nella bolletta Enel

Di Marco Mostallino
L'Unione Sarda - 29/5/2003

Salvatore Vacca, 24 anni, caporalmaggiore di Nuxis, è morto nel 1999 per una
leucemia fulminante che lo ha colpito al ritorno dalla Bosnia, dove cinque
anni prima erano stati sparati diecimila proiettili radioattivi. E quando,
nei primi anni ’80, il bambino futuro militare giocava con i soldatini, a
Saluggia e Trino (Vercelli) le centrali atomiche italiane producevano l’
uranio che - secondo centinaia di ricerche mediche internazionali - ha
ucciso lui e altre decine di militari sardi, italiani, francesi, olandesi.
Dal 1980 al 1993 l’Enel ha mandato in Inghilterra 51 tonnellate di
combustibile atomico che la British Nuclear Fuel (Bnfl) ha trasformato nelle
micidiali armi all’uranio impoverito.

Ora queste spedizioni sono ricominciate. Il primo carico è partito il 6
aprile da qui, da Saluggia, dove le scorie italiane sono stoccate in attesa
di una sistemazione definitiva. Il prossimo, è stato reso noto ieri dalla
prefettura di Vercelli, partirà l’8 giugno.

Destinazione, ancora una volta, la centrale atomica della Bnfl a Sellafield,
dove il governo britannico ha imposto il segreto militare sulla quantità e l
’uso dei materiali radioattivi che vengono “riprocessati”.

Il prezzo lo paghiamo noi: cinque centesimi di euro su ogni kilowatt della
bolletta Enel di ciascun cittadino. Cinque centesimi per le armi nucleari
accanto alle quali lavorano e si ammalano di cancro e leucemia i nostri
soldati in missione di pace nella ex Jugoslavia, Iraq, Afghanistan e
Somalia: sono i paesi dove i proiettili anticarro sono stati adoperati e
dove i loro residui, spesso invisibili, giacciono sul terreno, nelle case,
nei campi di grano e verdure.

Si teme siano stati usati anche a Quirra, dove tra la popolazione attorno al
poligono si sono registrati 14 casi di tumori sospetti.
L’intera operazione, per altre 54 tonnellate altamente radioattive, costerà
all’Italia - dati della Sogin, la società statale che gestisce le scorie -
15 milioni di euro per i trasporti, più un milione e 244 mila euro per ogni
tonnellata di rifiuti nucleari dai quali estrarre plutonio (buono per le
bombe atomiche) e uranio impoverito.

I residui senza valore bellico-commerciale, radioattivi per “soli” trecento
anni, torneranno poi in Italia e potrebbero venire dirottati in Sardegna.
Per trovare tracce e prove di questo traffico - tristemente lecito e
autorizzato dai governi dal 1980 a oggi - bisogna arrivare fino a Saluggia,
paese piemontese di quattromila abitanti: si trova nella provincia di
Vercelli, il territorio che in Italia ha una delle più alte incidenze di
tumori tra la popolazione, provocati da cause mai accertate né dalla Asl né
dal ministero della Salute. «Chissà - dice il vicesindaco Carla Fontana -
forse i pesticidi dell’agricoltura, forse i diserbanti».

A Saluggia però, in un reattore spento della Fiat Avio e in un centro di
ricerca dell’Enea, si trovano 1.500 metri cubi di scorie radioattive, mentre
trenta chilometri a nord-est, a Trino, nella centrale disattivata sono
conservati altri 1.020 metri cubi.
L’Italia non ha né impianti né tecnologie per ridurre il rischio legato a
questi materiali.

Così, nel 1980, l’Enel ha stipulato un contratto per l’invio, il trattamento
e la riconsegna all’Italia di 105 tonnellate di combustibili per centrali
atomiche. L’altro contraente è la Bnfl, società governativa britannica che
ha una consociata (dallo stesso nome) americana, anch’essa nel business: la
compagnia da oltre trent’anni riceve e trasforma materiali contaminati
italiani, giapponesi, australiani.

Fino agli anni ’70 si pensava che l’uranio 238 (“impoverito”) fosse solo un
rifiuto. Ma proprio nell’anno del contratto con l’Enel è avvenuta la
scoperta del suo potere militare. Nel ’93 la Bnfl ha ammesso ufficialmente
di aver fornito la sostanza al ministero della Difesa britannico: e il
ministero riconosce di aver utilizzato quell’uranio in tempo di guerra.
Uranio italiano, pagato da tutti noi con la bolletta Enel: anche dai
genitori di Salvatore Vacca.


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