vittime di mine



Rete controg8

per la globalizzazione dei diritti

Tre italiani hanno trovato un'orribile morte su una mina anticarro in Niger.
Per la prima volta, per quanto è possibile ricordare, a morire su una mina,
o a rimanere  mutilati, non sono stati oscuri abitanti delle zone
infestate da questi ordigni, ma turisti italiani, la cui morte "fa notizia".

Non fa notizia invece il dato fornito da Emergency e da Intersos secondo cui
nel mondo ogni anno 26 000 persone sono ferite o uccise da una mina, una
persona ogni ventidue minuti; che oltre un milione di persone sono state
uccise o seriamente mutilate dalle mine negli ultimi 25 anni; che per la
maggior parte siano bambini; che le "azioni militari" risultano solo
all'undicesimo posto tra le attività che provocano vittime di mine, le
precedenti dieci essendo invece azioni civili (pascolare il bestiame,
coltivare la terra, prendere la legna o l'acqua, giocare, andare a scuola,
etc ).

Non fa notizia che gli Stati Uniti siano i maggiori produttori di queste
armi, nè il fatto che, insieme a Russia e Cina siano tra i pochi a non aver
ratificato il trattato di Ottawa del 1997 per la messa al bando delle mine
antiuomo (sono indispensabili, secondo Rumsfeld, a tenere sotto controllo la
Corea del Nord).

E alle perdite di vite umane vanno sommati i danni economici: aree
vastissime dei paesi poveri sono sottratte all'agricoltura perché infestate,
o potenzilmente infestate da mine; fonti d'acqua e pascoli sono
inutilizzabili; profughi non possono far ritorno alle zone di residenza.

Pare che la mina che ha ucciso i nostri connazionali fosse anticarro; ma
esistono e mietono vittime anche le antiuomo,disseminate ai quattro angoli
del pianeta.

Costano pochissimo (da 3 a 13 euro l'una); spesso sono di plastica, per
sfuggire ai metal detector; addirittura sono progettate non per uccidere, ma
per ferire e mutilare , per creare problemi economici al nemico anche dopo
la fine delle ostilità.

L'Italia ha sottoscritto il già citato trattato di Ottawa. L'embargo quindi
dovrebbe essere totale. Ma sul sito delle Nazioni Unite (www.un.org) viene
riferito quanto osservato da Human Rights Watch sulla Valsella
Meccanotecnica (ex Fiat-Borletti), che produceva mine antiuomo fino a pochi
anni fa. "La Valsella, riferisce Hrw, sta spostando la produzione off-shore
a Singapore", riporta il sito. E continua: "Hrw riferisce anche che mine
italiane sono state prodotte dietro licenza o accordi di coproduzione con
Egitto, Grecia, Portogallo, Singapore e Spagna, mentre nel passato ci sono
state notizie di vendite attraverso compagnie di comodo in Nigeria e Spagna,
produzione di mine di disegno italiano in Irak, Cipro e Sud Africa".

Per il passato, dati ufficiali in nostro possesso risalgono agli anni 80/85:
la Valsella ha esportato per 47 miliardi di lire (in Africa al Gabon e alla
Nigeria; in Asia all'Iraq); la Misar per 55; la Tecnovar per 385 milioni
(fonte:dossier sulla produzione, il commercio e l'uso di mine terrestri,
comune di Firenze, a cura di Giulia Innocenti Bruni).

La morte atroce di tre persone ci addolora, come addolora chiunque; non sarà
stata inutile se contribuirà ad allargare il dibattito già in corso sulla
liceità della produzione e del commercio di armi, o almeno sulla possibilità
di una regolamentazione internazionale meno cinica

Per la
RETE CONTRO G8
PER LA GLOBALIZZAZIONE DEI DIRITTI
Norma Bertullacelli