armi: il dibattito alla Camera dei Deputati



Ciao a tutti,
collegandoci al sito della Camera www.camera.it abbiamo tratto queste informazioni sulk dibattito di ieri; è stato un dibattito preliminare e oggi sembra essere slittato in coda al dibattito in aula. Vi è motivo di credere che i tempi si allunghino e che l'esade del ddl 1927 - che favorisce i mercanti di armi - possa slittare a dopo Pasqua.
A.M.


Fonte:
http://www.camera.it/chiosco.asp?content=attivita/lavori/01.aula/06.bozze.asp



Camera dei Deputati
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 122 del 25/3/2002
Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro
tra la Repubblica francese, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica
italiana, il Regno di Spagna, il Regno di Svezia e il Regno Unito della
Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord relativo alle misure per facilitare
la ristrutturazione e le attività dell'industria europea per la difesa,
con allegato, fatto a Farnborough il 27 luglio 2000, nonché modifiche alla
legge 9 luglio 1990, n. 185 (1927) (ore 17,15).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1927)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Informo che il presidente del gruppo parlamentare Democratici di sinistra-l'Ulivo
ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazione nelle iscrizioni a parlare,
ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto che le Commissioni III (Affari esteri) e IV (Difesa) si intendono
autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la III Commissione, onorevole Selva, ha facoltà di svolgere
la sua relazione.
GUSTAVO SELVA, Relatore per la III Commissione. Signor Presidente, vorrei
riprendere alcune osservazioni che ho già espresso in Commissione. L'accordo
riguarda paesi che, nel quadro della ricerca per la produzione e la vendita
degli armamenti, rivestono un carattere di eccellenza. Quindi, per cominciare
a discutere di questo argomento, c'è da tenere presente ciò che, anche sul
piano della ricerca, è nell'interesse del paese e della nostra produzione.
In Commissione, precisai che l'accordo è volto a stabilire un comune quadro
giuridico-normativo e politico per accelerare il processo di razionalizzazione
e di concentrazione dell'industria per la difesa e, nel contempo, per concorrere
a definire l'identità europea nel campo della sicurezza e della difesa.
Ci siamo interrogati molto spesso su come debba manifestarsi la nostra identità
e lo abbiamo affermato anche nel corso del dibattito precedente. Naturalmente,
preferiremmo che quest'identità non dovesse toccare componenti che riguardano
gli aspetti militari, tuttavia, anche questi sono importanti. È inutile
fare affermazioni demagogiche o populistiche; credo che, nel quadro degli
obblighi che abbiamo nell'Alleanza atlantica, se vogliamo una politica di
difesa comune, anche nell'ambito dell'Unione europea, la razionalizzazione
degli armamenti rappresenti un punto da prendere in considerazione.
Il Consiglio europeo di Nizza - ne parlavamo proprio durante il dibattito
precedente -, tenutosi dal 7 al 10 dicembre, ha approvato la relazione per
la politica estera di sicurezza e di difesa presentata dalla Presidenza
nella quale veniva ribadita l'intenzione dell'Unione europea di giocare
pienamente il suo ruolo sulla scena internazionale.
La relazione stabiliva le disposizioni necessarie a rendere permanenti le
strutture politiche e militari per la gestione della politica di difesa
europea, definendo competenze, funzionamento ed organi del Comitato politico
di sicurezza, del Comitato militare dell'Unione europea e dello stato maggiore
dell'Unione europea. Dunque,


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non facciamo altro che dare corso ad una decisione presa dagli organi istituzionali
dell'Unione europea e degli organi militari dei singoli paesi.
Mi dispiace che attorno a questo sia stata realizzata una campagna tesa
a dividere questo Parlamento in militaristi ed antimilitaristi, in pericolosi
«signori della guerra», e che sia stato messo insieme, in pubblicazioni,
il nome stimatissimo dell'onorevole Previti a quello, altrettanto stimato,
dell'onorevole Minniti, quasi che si trattasse di qualcosa di pericolosamente
misterioso, ma che, in effetti, non è. Qui, non c'è affatto un allargamento
riguardante la produzione delle attrezzature, degli impianti militari, ma
una pura e semplice razionalizzazione.
Il Consiglio europeo di Laeken, svoltosi il 14 e 15 dicembre, ha adottato
la dichiarazione relativa alla operatività politica europea comune di sicurezza,
ed è ormai capace di condurre delle operazioni di gestione della crisi.
Infatti, la conferenza sulle capacità militari di polizia ha consentito
di compiere grossi progressi verso gli obiettivi di capacità.
Il ministro della difesa in questo momento in carica, nel quadro delle riunioni
dei ministri della difesa dell'Unione europea, ha ricordato che sta pensando
ad un'ulteriore razionalizzazione. Precisamente, il ministro spagnolo Federico
Trillo-Figueroa y Martinez-Conde, il 10 gennaio, ha indicato i principali
obiettivi della Presidenza spagnola, in ordine a linee guida non vincolanti
per l'industria degli armamenti e proposte per la creazione di una o più
agenzie europee degli armamenti per la gestione, l'acquisizione, la ricerca
di nuove formule di finanziamento necessario allo sviluppo e al raggiungimento
degli obiettivi generali.
Con riferimento agli aspetti che riguardano la Commissione che ho l'onore
di presiedere, non c'è nulla che non esca dal quadro dell'Unione europea
e dai rapporti, naturalmente, che abbiamo anche nel quadro dell'Alleanza
atlantica (ma ciò attiene, in particolare, all'Unione europea), e che debba
scandalizzare, aprendo una campagna di disinformazione non corrispondente
alle realtà dei fatti. Il compianto Presidente della Repubblica Sandro Pertini
aveva uno slogan: si svuotino gli arsenali, si riempiano i granai. Tale
slogan, naturalmente, in principio, è condivisibile, ma la realtà dei rapporti
di forza, la realtà anche dell'impiego necessario delle Forze armate - oggi,
per esempio, per un impegno di lotta contro il terrorismo - s'impone, non
per cinismo, ma per il dovere istituzionale che abbiamo di prendere in considerazione
ciò che serve nel caso in cui le Forze armate debbano essere impegnate nelle
attività che costituzionalmente sono tenute a svolgere.
Quindi, pregherei questa nostra Assemblea di tenere in considerazione i
dati di fatto, di rinunciare a facili tirate demagogiche e di vedere, realisticamente,
quale sia la portata di un provvedimento del quale, naturalmente, raccomando
l'approvazione.
PRESIDENTE. Il relatore per la IV Commissione, onorevole Previti, ha facoltà
di svolgere la sua relazione.
CESARE PREVITI, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, il 27
luglio 2000 è stato sottoscritto, dai ministri della difesa di Italia, Francia,
Germania, Regno Unito, Spagna e Svezia, un accordo quadro per facilitare
la ristrutturazione e le attività dell'industria europea per la difesa.
L'accordo è volto a stabilire un comune quadro giuridico normativo, al fine
di accelerare il processo di razionalizzazione e concentrazione dell'industria
per la difesa e, nel contempo, di concorrere a definire l'identità europea
nel campo della sicurezza e della difesa. L'obiettivo è quello di tutelare
il consolidamento delle capacità tecnologiche ed industriali europee che
potrà consentire di competere e collaborare in modo più equilibrato con
gli Stati Uniti, paese in cui, già a metà dello scorso decennio, l'industria
si è fortemente concentrata.
In quest'ottica, il Governo ha operato per garantire il coinvolgimento dell'Italia
in tutte le iniziative di integrazione europea,


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pur consapevole del fatto che il nostro quadro giuridico ed amministrativo
non sempre è preparato ad operare in un contesto europeo. La partecipazione
dell'Italia alle iniziative europee, quindi, impone - e, insieme, offre
- al paese lo stimolo per un tempestivo adeguamento della normativa nazionale.
L'accordo in esame è strutturato in nove parti e si compone di 60 articoli.
Nella prima parte (relativa agli obiettivi, all'uso dei termini ed alle
organizzazioni in generale), all'articolo 1, sono indicati, tra gli obiettivi
dell'accordo: quello di facilitare la ristrutturazione e le attività dell'industria
europea per la difesa, garantendo una consultazione tempestiva ed efficace
degli Stati sulle conseguenti problematiche; quello di contribuire a raggiungere la sicurezza negli approvvigionamenti di armi e servizi; quello di omogeneizzare le procedure nazionali di controllo sulle esportazioni di prodotti e tecnologie
militari; quello di facilitare gli scambi di informazioni classificate tra
i paesi firmatari o tra le relative industrie per la difesa, stabilendo
principi comuni per la gestione di tali informazioni. Infine, tra gli obiettivi
figurano anche quelli del coordinamento nella ricerca, nonché quello di
armonizzazione dei requisiti militari delle forze armate dei vari paesi
aderenti all'accordo.
L'articolo 3 prevede, inoltre, la costituzione di un Comitato esecutivo,
composto da un rappresentante per ogni paese, che avrà la possibilità di
esercitare il controllo sull'attuazione dell'Accordo, monitorarne l'efficacia
e proporne eventuali modifiche.
In particolare, l'accordo quadro prevede uno sforzo congiunto dei paesi
aderenti per omogeneizzare, attraverso un meccanismo di consultazione dei
governi e delle amministrazioni, le rispettive azioni in sei diversi campi
di intervento, che sono costituiti: dalla sicurezza degli approvvigionamenti;
dalle procedure di trasferimento e di esportazione; dalla sicurezza delle
informazioni classificate; dalla ricerca tecnologica nel settore della difesa;
dal trattamento delle informazioni tecniche; dall'armonizzazione dei requisiti
militari; dalla tutela delle informazioni sensibili a livello commerciale.
Al fine di rendere operativo l'accordo, il Governo adotterà le necessarie
determinazioni e darà le opportune indicazioni agli uffici competenti.
Per rispettare più efficacemente alcuni impegni, si pone, però, anche l'esigenza
di partecipare attivamente al processo di integrazione di questo delicato
settore di attività.
Dalla data di entrata in vigore della legge n. 185 del 1990 ad oggi, infatti,
sono sopravvenuti, particolarmente in Europa, grandi cambiamenti che, se
da una parte hanno confermato la piena validità dei principi informatori
della legge italiana, dall'altra, richiedono opportuni adeguamenti operativi
alle procedure autorizzative per l'interscambio di questi materiali. Ciò
sia nell'interesse primario dell'amministrazione, ma anche in quello non
secondario dell'industria nazionale, che deve essere posta nelle condizioni
di presentarsi al meglio nel processo di integrazione strutturale europea
dell'industria degli armamenti e di poter partecipare su base paritetica
ai programmi di coproduzione. Nel disegno di legge in esame si è tenuto
conto delle proposte formulate nell'atto Senato n. 4431 limitatamente a
quanto attiene agli impegni derivanti dall'accordo quadro.
Il criterio di base per innovare la disciplina giuridica vigente è stato
quello di individuare l'indispensabilità delle modifiche in modo da apportare
il minor numero possibile di varianti, agendo solo là dove fosse indispensabile,
pur tenendo conto che l'esplicito richiamo dell'accordo quadro al codice
di condotta dell'Unione europea per l'esportazione di armi impone anche
un adeguamento a quanto ivi previsto. L'obbiettivo perseguito è quello del
rafforzamento del concetto di corresponsabilizzazione dei paesi partner
in caso di esportazione verso paesi terzi di prodotti costruiti nel quadro
dei programmi congiunti intergovernativi o industriali e dell'agevolazione,
in questi casi, dei trasferimenti


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intraeuropei dei componenti attraverso lo strumento di una nuova forma globale
di autorizzazione.
Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica e di esecuzione dell'accordo
in esame consta di 14 articoli. Gli articoli 1 e 2 recano rispettivamente
l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione, con l'entrata in
vigore 30 giorni dopo il secondo atto di ratifica, in conformità con quanto
disposto dall'articolo 55 dell'accordo quadro.
Gli articoli da 3 ad 11 apportano modifiche alla legge n. 185 del 1990,
recante nuove norme sul controllo delle esportazioni, importazioni e transito
dei materiali di armamento. Tali modifiche hanno l'obiettivo di adeguare
la legge al nuovo contesto che verrà a determinarsi con l'entrata in vigore
dell'accordo in esame nonché quello di aggiornare la normativa attualmente
vigente nel nostro paese alle novità intervenute nel settore dell'industria
e della difesa nell'ultimo decennio. L'articolo 3 reca modifiche all'articolo
1, comma 6, della citata legge relativa al divieto di esportazione e di
transito di materiali di armamento. La modifica introdotta alla lettera
c) della predetta disposizione è volta ad estendere tale divieto verso i
paesi nei confronti dei quali sia stato dichiarato l'embargo da parte dell'Unione
europea oltre che dalle Nazioni Unite. La modifica della lettera d) della
medesima disposizione ha lo scopo di specificare che le violazioni delle
convenzioni sui diritti umani, a causa delle quali è fatto divieto di esportazione
di armamenti verso i paesi che se ne rendano responsabili, devono essere
gravi ed accertate dall'ONU, dall'Unione europea o dal Consiglio d'Europa.
L'articolo 4 modifica l'articolo 9 della legge n. 185 del 1990 ed è volto
a sostituire la parola UEO con la parola UE, in considerazione del fatto
che la maggior parte delle competenze dell'Unione europea occidentale sono
in via di trasferimento all'Unione europea.
L'articolo 5 inserisce un comma aggiuntivo, il 7-bis, all'articolo 9 della
legge n. 185 del 1990 al fine di escludere dalla disciplina delle trattative
contrattuali da esso dettata le operazioni svolte nell'ambito dei programmi
congiunti intergovernativi di ricerca, sviluppo e produzione di materiale
di armamento svolti con imprese di paesi dell'Unione europea o della NATO.
L'articolo 6 aggiunge il comma 5-bis all'articolo 11 alla legge n.185 del
1990. Il nuovo comma, infatti, è volto a regolamentare la procedura per
il rilascio della licenza globale di progetto di cui all'articolo 13 della
stessa legge n. 185 del 1990, tenendo conto della particolarità di questa
forma autorizzatoria che riguarda la partecipazione ad un programma congiunto
svolto con imprese di paesi dell'Unione europea e/o della NATO, aderenti
a specifici accordi intergovernativi insieme al nostro paese.
L'articolo 7 modifica l'articolo 13 della legge n. 185 del 1990 prevedendo
la licenza globale di progetto come forma particolare di autorizzazione
da rilasciare all'impresa che partecipi ad un programma congiunto di ricerca,
sviluppo e produzione intergovernativa o industriale con altre imprese localizzate
in paesi appartenenti all'Unione europea o alla NATO che garantiscano, in
materia di trasferimento e di esportazione di materiali di armamento, il
controllo delle operazioni secondo i principi ispiratori della legge.
L'articolo 8 modifica l'articolo 14 della legge n. 185 del 1990 disponendo
che il rilascio dell'autorizzazione per la licenza globale di progetto abbia
una validità di tre anni prorogabili.
L'articolo 9, nel modificare l'articolo 19 legge n. 185 del 1990, chiarisce
quali siano i destinatari delle comunicazioni che gli esportatori hanno
l'obbligo di effettuare in riferimento alle consegne e semplifica quindi
la gestione delle operazioni in conformità con gli articoli 16 e 17 dell'accordo.
L'articolo 10 modifica l'articolo 20 della legge n. 185 del 1990 integrando
con la licenza globale di progetto l'elenco dei documenti da inviare, entro
centottanta giorni dalla conclusione delle operazioni di


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esportazione o transito di materiali di armamento, al Ministero degli affari
esteri.
L'articolo 11 modifica l'articolo 27, comma 1 della legge n. 185 del 1990
escludendo le operazioni effettuate sulla base della licenza globale di
progetto dall'obbligo di notifica al Ministero dell'economia e delle finanze
e di tutte le transazioni bancarie in materia di esportazione, importazione
e transito di materiali di armamento.
L'articolo 12 definisce le modalità per l'eventuale passaggio di un programma
di coproduzione intergovernativa dall'attuale regime al nuovo regime di
licenza globale di progetto.
L'articolo 13 prevede l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri volto a determinare le condizioni per l'applicazione delle
norme relative al segreto di Stato ed alle notizie di cui è vietata la divulgazione
di cui al regio decreto 11 luglio 1941, n. 1161, ai paesi membri dell'Unione
europea o della NATO, e le modifiche necessarie ai fini di consentire gli
scambi di informazione sia a livello governativo sia a livello industriale.
L'articolo 14 reca, infine, le disposizioni relative alla copertura finanziaria
del provvedimento in esame il cui onere è valutato in 29.500 euro annui
a decorrere dal 2002.
La normativa che accompagna l'atto di ratifica interviene quindi per rendere
compatibili le norme della legge n. 185 del 1990 con il trattato al quale
saremo vincolati dal momento della ratifica. Questo intervento legislativo
è stato molto commentato al di fuori dal Parlamento da molte associazioni
che operano nel settore della ricerca di un comune intento di pace, ma attendo
che queste osservazioni si traducano in osservazioni parlamentari per meglio
chiarire che l'effetto innovativo di questo provvedimento sulla legge n.
185 del 1990 non riguarda minimamente gli aspetti di base ed i criteri informatori
di tale legge per quanto riguarda la produzione e la destinazione nel settore
dell'armamento, quanto piuttosto i percorsi burocratici e, si dice anche,
di trasparenza della legge stessa che non possono non essere modificati
nel momento in cui si realizzano programmi globali. Quindi sono senz'altro
e totalmente disponibile ad ascoltare le eventuali osservazioni per arrivare
all'approvazione di una legge condivisa nei termini più ampi possibili.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
FILIPPO BERSELLI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente,
mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Cima. Ne ha facoltà.
LAURA CIMA. Grazie Presidente. Prendo atto sia della preoccupazione (infondata
secondo il relatore per la III Commissione, presidente Selva) del movimento
che su questa ratifica (in particolare sulla modifica della legge n. 185
nel 1990) si sarebbe costituito, sia della disponibilità del relatore per
la IV Commissione, l'onorevole Previti, ad analizzare in concreto gli emendamenti
che concretizzino in una modifica dell'atto di recepimento le preoccupazioni
che sono emerse.
Credo che (senza demonizzare nulla e nessuno) la situazione che si è venuta
a determinare intorno al recepimento di un atto che, a partire dalle Commissioni,
rischiava di passare un po' in sordina, sia il segnale di una non chiarezza
attuale nel dibattito, sia in Italia sia in Europa. Dibattito, che, peraltro,
attraversa tutte le forze politiche (quindi non rivolgo particolari accuse
a nessuno) e che riguarda quale debba essere il modello di difesa e di sicurezza
europeo, quindi come ci si avvicini a questo modello, attraverso quali atti
e se l'atto che ci accingiamo a discutere sia uno di quelli che già delimitano
alcune caratteristiche di tale modello.
Dico ciò perché sono in possesso di un testo del Parlamento europeo (in
edizione provvisoria) risalente alla fine dello scorso anno, intitolato
«prevenzione dei conflitti, risoluzione del Parlamento europeo sulle comunicazioni
della Commissione sulla


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prevenzione dei conflitti». È un documento molto interessante che analizza,
ovviamente, tutta una serie di punti politici che sarebbe molto interessante
che discutessimo anche noi. In particolare vorrei qui leggere un punto di
questa risoluzione, cioè l'invito agli Stati membri a rispettare rigorosamente
il codice di condotta sulle esportazioni di armi e ad adoperarsi per dare
quanto prima a tale codice un valore vincolante.
Ora in Italia dovremmo essere fieri di avere la migliore legge, sicuramente
a livello europeo, su questi temi, la n. 185 del 1990. Durante la mia prima
legislatura il gruppo, di cui continuo a far parte, lavorò strettamente
insieme alle associazioni che hanno poi costituito il tavolo - in qualche
misura permanente - contro i mercanti di morte e insieme elaborammo quei
contenuti che portarono poi all'approvazione della legge n. 185 del 1990,
che è un insieme organico di norme che regolano la trasparenza ed il controllo
del commercio italiano di materiali e di armamenti.
Prima di entrare nel merito della legge n. 185 del 1990, del recepimento
del trattato e della prevista modifica alla suddetta legge n. 185, vorrei
anche ricordare che le preoccupazioni delle associazioni sono state riaffermate anche dal cardinale Ruini congiuntamente alle preoccupazioni per il provvedimento
sull'immigrazione, il cosiddetto disegno di legge Fini-Bossi, e su come
si stava delineando. Pertanto voglio affermare come vi sia un'autorevole
preoccupazione, della quale sarebbe bene che il Parlamento tenesse conto;
ciò in una situazione nella quale, come ricordavo prima, non sono chiari
i confini del modello, che dovremmo definire, di sicurezza europea.
La legge conteneva un primo principio di fondamentale importanza, dal quale
non dovremmo mai recedere, secondo cui le esportazioni di armamenti devono
essere subordinate alla politica estera italiana, alla Costituzione e ad
alcuni principi del diritto internazionale da cui discendono alcuni divieti,
ad esempio il divieto di esportare armi se queste contrastano con la lotta
al terrorismo internazionale (osservate quanto questo principio che affermammo
allora sia importante in questa fase, a distanza di più di dieci anni dalla
legge del 1990), il divieto di esportare verso Stati responsabili di violazioni
delle convenzioni internazionali sui diritti umani e il divieto di esportare
verso paesi in stato di conflitto.
Questi stessi criteri hanno poi anticipato quelli del codice di condotta
europeo, che la risoluzione della fine dello scorso anno del Parlamento
europeo richiama come raccomandazione agli Stati membri.
Il secondo principìo importantissimo della legge n. 185 concerne il sistema
di controllo che prevede chiare procedure di rilascio delle autorizzazioni
e meccanismi di controllo successivo. Questi sistemi di controllo hanno
permesso di isolare e di ridurre sempre più il commercio illecito delle
armi nel quale l'Italia, essendo un paese di grande produzione di armi,
era purtroppo coinvolto. Inoltre, è previsto il divieto di commercializzare
armi quando non vi siano adeguate garanzie sulla destinazione finale, tant'è
vero che occorre allegare un certificato d'uso finale che deve essere rilasciato
dalle autorità governative; ciò al fine di tentare di bloccare i traffici
illeciti e, soprattutto, il fenomeno delle triangolazioni che era - ed è
tuttora - ciò che consente la dilatazione del commercio illegale di armi.
Il terzo principio fondamentale di questa legge è l'affermazione delle istanze
di trasparenza interne ed esterne emerse in sede ONU. Infatti, proprio in
seguito a queste istanze di trasparenza, il Presidente del Consiglio ogni
anno dovrà presentare una relazione al Parlamento (lo dovrà fare entro la
fine di questo mese), per fornire una significativa e ampia informazione
al Parlamento stesso e, quindi, all'opinione pubblica sull'esportazione
di armi italiane e sull'importazione. In questa relazione si riportano dati
dettagliati sulle aziende fornitrici, sul materiale esportato e sul suo
valore, sul destinatario finale, sulle banche coinvolte e così via.
Questa legge - che, non disponendo di moltissimo tempo, non posso illustrare



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punto per punto, ma di cui ho riferito i tre principi fondamentali - viene
modificata dal recepimento dell'atto che razionalizza l'industria europea
degli armamenti. Il disegno di legge n. 1927 prevede l'applicazione dell'autorizzazione
globale di progetto, che è un concetto nuovo introdotto dal provvedimento
in discussione e che si applica a tutti i programmi di coproduzione intergovernativi
o interindustriali di ricerca, sviluppo e produzione di materiali di armamento
svolti con imprese di paesi membri dell'Unione europea e della NATO. Pertanto,
in base al testo che recepisce il trattato, la licenza non si applica solo
a coproduzioni intergovernative, come previsto dall'accordo quadro, ma anche
a semplici accordi tra industrie, che non prevedono un accordo preventivo
tra governi. L'accordo, quindi, comporta un'indeterminatezza dei criteri
decisionali, scarse informazioni pubbliche sul tipo di materiale esportato,
sul numero dei pezzi, sul valore, sui compensi per le intermediazioni finanziarie,
sulla documentazione a dogana e sul destinatario finale; manca, inoltre,
un meccanismo adeguato di monitoraggio e di controllo sugli utilizzatori
finali che impedisca le triangolazioni.
Un altro grave limite dell'accordo quadro è che la lista dei paesi destinatari
verso cui sono vietati i trasferimenti dai sei paesi firmatari viene stabilita
caso per caso, per ciascuna fornitura, e non è pubblica; inoltre, anche
il meccanismo sanzionatorio non è dei più severi da questo punto di vista.
Il problema è che, da una parte, già l'accordo in sé pone elementi peraltro
anche lasciati incompleti, in attesa di ulteriori norme che gli Stati membri
dovranno definire. Dunque, si tratta di un accordo molto generale che pone
una serie di preoccupazioni, ma di cui non si capisce ancora la portata
e la reale articolazione a livello nazionale. Dall'altra parte, questo provvedimento
modifica, come dicevo prima, la nostra ottima legge. Soprattutto questo
è il punto che ha provocato la preoccupazione anche al di fuori di questo
Parlamento, oltre che la preoccupazione di una serie di forze politiche.
Queste ultime hanno presentato già in Commissione emendamenti, anche se
poi, per una serie di problemi contingenti (malattia, velocità nell'analizzare
il progetto), tali emendamenti sono decaduti.
Le modifiche che questo provvedimento di recepimento provoca nella legge
n. 185 del 1990 riguardano una serie di articoli. Mi riferisco, ad esempio,
all'articolo 13 riguardante la coproduzione intergovernativa e interindustriale
di produzione, ricerca e sviluppo di materiale di armamento svolte con imprese
di paesi dell'Unione europea e della NATO. Mi riferisco all'articolo 11
che introduce il discorso dell'autorizzazione globale di coproduzione che
si sostituisce alle singole autorizzazioni di ciascun pezzo e componente:
per ottenerla l'operatore deve dichiarare solo la descrizione del programma
congiunto, le imprese dei paesi di destinazione e di provenienza del materiale
ed il tipo di materiale. Scompare, quindi, il riferimento al numero dei
pezzi, al valore, al destinatario finale, alle intermediazioni finanziarie.
Non è richiesto il certificato di uso finale. Le autorizzazioni globali
sono, inoltre, esentate dai controlli bancari (modifica dell'articolo 27
della legge n. 185 del 1990). Si modifica, poi, la normativa sul certificato
di arrivo a destino (modifica dell'articolo 20 della legge n. 185 del 1990).
Mi sono semplicemente soffermato su alcuni punti - e mi avvio a concludere,
signor Presidente - sui quali abbiamo presentato emendamenti, sia come Verdi
sia insieme con gli altri gruppi dell'opposizione. Invito veramente i relatori,
e li ringrazio per la disponibilità, a considerare che probabilmente il
Trattato si può recepire senza modificare la nostra ottima legge. Sarebbe
un grosso segnale non solo per le forze che hanno presentato gli emendamenti
- tra l'altro vi sono sottoscrizioni di emendamenti di parlamentari che
non fanno parte dell'opposizione - ma anche rispetto alla preoccupazione
che è stata espressa persino dal cardinale Ruini.
PRESIDENTE. Vorrei ora far presente che l'ordine del giorno prevede per
le ore


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18 il seguito dell'esame del decreto-legge sulla BSE. Dobbiamo, pertanto,
sospendere la discussione sulle linee generali del disegno di legge di ratifica
n. 1927, che riprenderà questa sera al termine della votazione.
MARCO MINNITI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO MINNITI. Signor Presidente, vorrei esprimere il mio rammarico per
l'andamento della discussione su un tema che considero particolarmente importante,
come è apparso anche dagli interventi dei relatori e della collega Cima.
Prima non si è riusciti a garantire l'unitarietà della discussione sulle
linee generali e ho inteso anche le preoccupazioni che lei, signor Presidente,
ha espresso all'Assemblea, ora si rinvia la discussione sulle linee generali
alla prosecuzione notturna della seduta. Vorrei dire ciò con grande pacatezza,
e la prego di trasmettere questo messaggio all'intero Ufficio di Presidenza,
cogliendo l'occasione della presenza del Governo.
Poiché c'è grande sensibilità intorno a questi temi, penso sia giusto e
doveroso che il Parlamento li affronti, se mi è consentito, con una certa
solennità. L'idea di discutere temi così delicati a spizzichi e a bocconi
e, per giunta, in seduta notturna, non mi pare convincente e lo dico nell'interesse
e per l'immagine di questo Parlamento.
Signor Presidente, la prego, quindi, di trasmettere queste mie valutazioni
- che faccio con grande pacatezza ma anche con grande fermezza - al Presidente
della Camera, affinché si valuti se, vista la rilevanza dei temi che stiamo
discutendo, non sia opportuno concludere questa discussione sulle linee
generali in un momento che non sia una seduta notturna.
GUSTAVO SELVA, Relatore per III Commissione. Chiedo di parlare sull'ordine
dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GUSTAVO SELVA, Relatore per III Commissione. Onorevole Minniti, se ricordo
bene, questo calendario è stato stabilito dalla Conferenza dei presidenti
di gruppo, anche se il suo appello potrebbe avere un suo fondamento. A proposito
della solennità, prima di questo abbiamo affrontato un altro argomento molto
importante, cioè la ratifica del Trattato di Nizza, e ci siamo trovati in
quest'aula in quattro persone: quindi, credo che la solennità non possa
essere a correnti alternate.
Da questo punto di vista, sarei d'accordo con lei, ma, visto che la Conferenza
dei presidenti gruppo ha stabilito questo calendario, prevedendo che la
discussione debba proseguire anche in seduta notturna, credo che non possiamo
fare diversamente se non arrivando ad un voto, ma ciò significherebbe contraddire
il programma preparato dalla Conferenza dei presidenti di gruppo.
Sono d'accordo con lei che, per questa sensibilità, occorrerebbe avere maggiore
attenzione però, ripeto, mi viene lo spunto di dire che per un altro argomento
così importante, come la ratifica del Trattato di Nizza, questa solennità
non è stata rispettata.
PRESIDENTE. Quella della solennità è una questione di partecipazione che,
naturalmente, è volontaria. I colleghi possono partecipare o non partecipare
e non tocca a me né ad alcun altro esprimere un giudizio sull'intento partecipativo.
Sussiste un problema che riguarda la correlazione fra i lavori dell'Assemblea
- che pro tempore, forse ultra tempus, sono costretto a gestire - e le decisioni assunte in una fase in cui i problemi non avevano questo riscontro di carattere
operativo, del quale prendiamo tutti atto.
Anch'io prima avevo detto che, per l'intelligenza del tema e anche per garantire
un corretto sviluppo degli interventi dei colleghi, sarebbe stato utile
non interrompere la discussione ma non ho questo potere dispositivo, che
appartiene, invece, all'Assemblea.



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Si potrebbe porre il problema come una richiesta di carattere formale, ma
- come gli uffici mi ricordano - c'è un ordine del giorno prefissato, al
quale sono stati aggiunti, per motivi di necessità, altri argomenti e ciò
è avvenuto con una valutazione comune il 21 marzo.
Purtroppo, non ho il potere diretto di modificare le cose e, quindi, sono
costretto a sospendere l'esame del disegno di legge di ratifica dall'accordo
di Farnborough e, sulla base della decisione assunta, passare al successivo
punto all'ordine del giorno. Successivamente, riprenderemo la discussione
di questo disegno di legge.
Naturalmente, può darsi che la Presidenza, che avvertirò di questa sua richiesta,
possa anche fare un ragionamento di ordine diverso e, quindi, prendere una
diversa decisione. Per quanto mi riguarda, ritengo, nella mia responsabilità,
di dirigere i lavori secondo quanto stabilito dalla Conferenza dei presidenti
di gruppo.
Il seguito il dibattito è rinviato al termine delle votazioni.


Camera dei Deputati 26/3/02
Sull'ordine dei lavori (ore 18,20)
LUIGI RAMPONI, Presidente della IV Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUIGI RAMPONI, Presidente della IV Commissione. Signor Presidente, mi riferisco
alla richiesta fatta dall'opposizione relativamente all'ordine del giorno
che prevede l'esame del disegno di legge di ratifica n. 1927. Per quanto
riguarda la maggioranza, noi siamo invece del parere di continuare la discussione come programmato. Nessuno discute sull'eco che può suscitare questa discussione, ma voglio solo dire che non ha importanza se la si faccia alle 5 del pomeriggio
o alle 9 di sera: se vi è interesse, coloro che sono interessati possono
partecipare.
Debbo rilevare che all'inizio della discussione i partecipanti erano pochissimi,
non confermando affatto questo grande desiderio di partecipazione. D'altra
parte, rinviarlo a quando? A dopo Pasqua, quando la settimana di Pasqua
e quella successiva la Camera non si riunisce? La legge è stata discussa
in Commissione e in quella sede l'opposizione è stata d'accordo sulla ratifica
dell'accordo e non sono state sollevate notevoli obiezioni: ora improvvisamente
si viene in aula e si complica il discorso. Credo che, se veramente abbiamo
voglia di discuterne con serietà, possiamo discuterne questa sera fino a
mezzanotte. Per concludere, la maggioranza è del parere di continuare l'esame
il disegno di legge di ratifica n. 1927.
PRESIDENTE. Relativamente alla questione sollevata dagli onorevoli Giordano,
Cento ed altri voglio dire che tempus regit actum, in questo momento il
tempo regola l'atto. Ora stiamo discutendo di questo provvedimento; successivamente potrà essere proposta - tra poco presiederà il Presidente Casini - la questione
che lei, onorevole Giordano, ha sollevato.
Ho ascoltato l'opinione del presidente della Commissione difesa: se sarà
possibile, si potrà procedere ad un voto per stabilire se l'ordine del giorno
dovrà essere quello previsto fino ad ora o se debbano essere accolte le
osservazioni avanzate.