[ACEA #39] Banche e Armi



Agenziastampa per i Consumi Etici e Alternativi
 
Comunicato 39 del 2-9-99
 
Rilanciamo da Misna
 
Mi.S.N.A. (http://www.misna.org)
ITALY, 31 AUG 1999 (15:59)
NIGRIZIA DENUNCIA: "CHE BANCHE 'ARMATE' CHE ABBIAMO" (STANDARD,
POLITICS/ECONOMY) 

Ubae Arab Italian Bank, Credito Italiano, San Paolo di Torino... (anche
Ambroveneto!): ecco la lista aggiornata delle banche italiane che si (e ci)
arricchiscono sostenendo l'export bellico. Soprattutto verso il sud e l'est.
ce lo spiega una relazione insolitamente dettagliata, di marca Ciampi. "Come
al solito, la relazione sull'export italiano di armi nel '98 e` passata
inosservata in sede politica. Presentata dal presidente del consiglio
Massimo D'Alema in parlamento il 31 marzo scorso, questa volta pero` ha una
particolarita`: e` un volumone di 565 pagine, contro le circa 300 dei
documenti prodotti dai governi precedenti. Inoltre piu` della meta` del
rapporto (l'"Allegato E" con 311 pagine) e` una specie di resoconto del
ministero del tesoro, che negli anni anteriori occupava appena una trentina
di fogli. Sono trecento pagine cruciali, dense di nomi, cifre e dettagli
delle operazioni di vendita all'estero per banca, impresa, paese di
destinazione, autorizzazione e contenuto della fornitura. Insomma tutto
quello che, nel resto della relazione, e` confuso o "censurato" per
"salvaguardare la riservatezza commerciale", come era stato spiegato da un
sottosegretario nel '95. Dalla Arab Italian Bank a Unicredito Italiano,
dall'Aermacchi a Finmeccanica, dall'Eritrea al Pakistan alla Turchia, i
funzionari del ministero del tesoro - guidato al momento della stesura della
relazione dall'attuale presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi - ci
offrono uno spaccato dell'operativita` e del giro di soldi delle
esportazioni italiane di armamenti. Da tempo non si vedeva una cosa del
genere. Nel 1998 le operazioni bancarie autorizzate connesse all'export
italiano di armi sono ammontate a 1.236 miliardi di lire (1.114 miliardi di
operazioni effettive), piu` gli "importi accessori" (compensi di
mediazione). Un po' meno del volume complessivo di esportazioni autorizzato
dal governo: 1.838 miliardi di lire. Ma nelle transazioni bancarie si
riflettono operazioni che durano da anni, grosse commesse che i paesi
importatori, soprattutto quelli piu` poveri del mondo, stanno pagando da
molto tempo. E il Sud (e l'Est) sono tornati ormai da qualche anno ad essere
i principali destinatari delle armi italiane, dopo la breve parentesi dei
primi anni '90 in cui la legge 185 - quella sul commercio delle armi -
veniva applicata con un po' di rigore e i clienti delle zone piu` povere e
piu` "calde" del pianeta erano diventati pochi. E invece la classifica '98
delle esportazioni comincia con un mega-contratto con la Siria, l'ex "stato
che appoggia il terrorismo internazionale": 229 milioni di dollari, circa
400 miliardi di lire, per la fornitura da parte di Finmeccanica, la holding
pubblica dell'industria degli armamenti, e precisamente della sua divisione
Officine Galileo, di 500 "sistemi di derivazione Turms". Si tratta di
sistemi di controllo del tiro per carri armati: Damasco aggiornera` i suoi
corazzati di marca sovietica con sofisticate apparecchiature occidentali.
Come aveva gia` fatto la Repubblica Ceca, che nel '96 aveva acquistato 355
di questi sistemi, un altro maxi-contratto da oltre 400 miliardi. Siria e
Repubblica Ceca sono infatti i paesi in testa per operazioni bancarie con
l'Italia nel '98. Ma le operazioni dello scorso anno con Praga riguardano
una nuova commessa: 75 radar avionici Grifo della Fiar (148 miliardi di
lire) da installare sui nuovi aerei addestratori cechi L-159. E se per la
Repubblica Ceca la Fiar si appoggia al Credito Italiano, ora Unicredito
Italiano, la fornitura multimiliardaria alla Siria passa per l'Ubae Arab
Italian Bank, che con 358 miliardi di operativita` scalza le maggiori banche
nazionali in testa alla classifica degli istituti di credito che hanno
sostenuto le esportazioni di armi italiane. L'Ubae e` controllata dalla
Libyan Arab Foreign Bank di Tripoli (40% del capitale) - nessun problema
dunque neanche con Tripoli, come confermato recentemente dal ministro degli
esteri Dini - e tra i suoi soci italiani vede la presenza di Banca di Roma
(16,6%), Monte dei Paschi, Bnl e San Paolo di Torino, nonche` di Telecom
Italia (2%).

RADAR, AUTOCARRI E CANNONI. E` ancora il radar della Fiar il protagonista
delle consistenti operazioni con il Pakistan: 85 miliardi di lire per
un'ordinazione di 100 sistemi che risale al 1994, e di cui Islamabad paga
una consistente rata nel '98 tramite il Banco di Napoli. I radar stanno
consentendo in questi anni all'aeronautica pakistana di modernizzare
l'avionica sia dei caccia di costruzione cinese F-7 che dei Mirage
acquistati dalla Francia. Giusto in tempo per lo scontro con l'India. Al
riarmo del Pakistan partecipano anche la Iveco-Fiat, fornendo autocarri (66
per un valore di 14 miliardi di lire, banca d'appoggio ancora Unicredito), e
la Cosmos di Livorno, che continua a fornire parti di ricambio per i suoi
minisommergibili Sx-756, venduti negli anni '80, e ad incassare tramite la
Banca Commerciale Italiana (Comit). La Comit sembrava negli ultimi anni
leader indiscussa delle "banche armate". E invece nel '98 si ritrova solo
quarta per nuove autorizzazioni, anche se ancora prima per movimenti
"segnalati", dove contano le grandi commesse navali degli ultimi anni in
Estremo Oriente: 39,6 milioni di dollari (quasi 69 miliardi di lire) e` la
"rata" '98 pagata dalla Thailandia, via Comit, per i due cacciamine
Intermarine (una commessa del 1996), e 38,2 milioni di dollari (66 miliardi
di lire) quella della Malaysia per le corvette missilistiche Fincantieri -
quelle cosiddette ex-Iraq perche' originariamente, negli anni '80, costruite
per Baghdad - vendute nel 1997. Dopo l'Ubae invece troviamo, per volume di
operativita` (307 miliardi), Unicredito Italiano - ancora Credito Italiano
fino all'ottobre scorso quando e` stato avviato il nuovo gruppo bancario
comprendente anche la Banca Crt (Torino), Cariverona, Cassamarca, Rolo Banca
e la trentina Caritro - che, oltre a Repubblica Ceca e Pakistan e`, tra
l'altro, l'appoggio bancario quasi esclusivo delle operazioni con la
Romania, in particolare della commessa '97 da 85 milioni di franchi svizzeri
della Oerlikon-Contraves per cannoni e sistemi radar antiaerei, e delle
esportazioni in Botswana. Con la Romania lavora anche il San Paolo di
Torino, terzo in classifica, che e` la principale banca per le esportazioni
negli Stati Uniti, ma anche in Eritrea e in Ghana. Nel '98 l'Eritrea paga,
tramite il San Paolo, 5 milioni di dollari di rata della commessa '96 da 50
milioni di dollari per 6 aerei caccia Mb-339c dell'Aermacchi,
particolarmente notati in combattimento nella guerra in corso con l'Etiopia.
Il Ghana dal canto suo versa i suoi oltre 2 milioni di dollari annui di
quota per l'acquisto, fatto nel 1993, di 2 Mb-339a e 3 Mb-326k, sempre
dell'Aermacchi. Ed e` gia` tanto vedere questi aerei tra le esportazioni
autorizzate, perche' i 6 aerei leggeri Sf-260 ex Siai-Marchetti, oggi
anch'essi Aermacchi, venduti allo Zimbabwe tra il '97 e il '98, non figurano
da nessuna parte, essendo stati declassificati a mezzi "civili" da
addestramento, anche se usati da sempre, dalla Birmania al Burundi, in
funzione antiguerriglia. Ci sono invece gli M-290 Redigo, altri aerei
"addestratori" prodotti dall'Aermacchi su licenza finlandese, venduti al
Messico. Si tratta della principale operazione intermediata dalla Banca
Nazionale del Lavoro, quinta azienda di credito per volume d'affari bellici,
dopo il quarto posto della Comit, e banca d'appoggio anche per le forniture
italiane al Sudafrica (1,5 miliardi di lire nel '98). 

BANCA ETICA CI RIPENSA. Non figura in quanto tale nella classifica delle
banche Banca Intesa, mentre troviamo le aziende del gruppo. Cariplo continua
ad incassare, per conto dell'Agusta, oggi divisione di Finmeccanica, i
pagamenti delle Filippine (oltre 7 milioni di dollari l'anno passato) per il
contratto da 52 milioni di dollari del 1992 per la costruzione in loco di
aerei leggeri Sf-260 e S-211. Stesso cliente, Agusta-Finmeccanica, e
destinatari ancora piu` controversi per il Banco Ambrosiano Veneto, che
figura come banca d'appoggio per l'esportazione di parti di ricambio di
elicotteri militari in Turchia e in Peru`. E c'e` anche il Credit Agricole
Indosuez, che fa capo al socio francese di maggioranza (23,5%) di Banca
Intesa, la Caisse Nationale de Credit Agricole, e che intermedia la
fornitura di parti di ricambio elicotteristiche Agusta in Libano. Ma con
l'Ambroveneto c'e` anche un'altra storia: la banca si era avvicinata negli
ultimi anni a Banca Popolare Etica e sembrava aver preso un impegno a
rinunciare a questo tipo di operazioni. Invece il vizietto torna puntuale.
Banca Etica ha gia` deciso di concludere ogni rapporto. Ed Etimos - il nuovo
nome del Consorzio Ctm-Mag - ora impegnato nel microcredito nel sud del
mondo, ha deciso di chiudere il conto che teneva aperto presso l'Ambroveneto
per le operazioni con l'estero: "Non possiamo lavorare per il credito ai
poveri in Peru` mentre la banca dove ci appoggiamo contribuisce alla
violazione dei diritti umani in quel paese", spiegano i dirigenti.

ATTENTI A QUELL'UE. Nel 1998 sono state autorizzate forniture di armi da
parte dell'industria bellica italiana per 1.838 miliardi di lire, il 6% in
piu` dell'anno precedente. La crescita e` ancora piu` consistente se si
considerano i quasi 300 miliardi per prestazioni di servizi autorizzati dal
ministero della difesa, il triplo del '97. Anche i movimenti doganali
effettivamente svolti, pari a 1.945 miliardi, sono superiori a quelli
dell'anno prima, se - come ha proposto Oscar, l'Osservatorio sul commercio
delle armi dell'Istituto di ricerche economiche e sociali (Ires) toscano -
il dato 1997 viene depurato da alcuni errori contabili e quindi corretto a
1.487 miliardi. Insomma le esportazioni italiane di armi si vanno collocando
sui 2.000 miliardi di lire l'anno, senza contare l'export "strategico" a
doppio uso civile-militare (2.227 miliardi nel '98) e le armi leggere, ormai
quasi del tutto assenti dalle autorizzazioni rilasciate sulla base della
legge 185 del '90 perche' vendute come armi "civili". Eppure nella relazione
di quest'anno del governo D'Alema sull'export militare si ritrovano le
consuete lamentazioni sulla "perdita allarmante di quote di mercato" da
parte dell'industria italiana. Si parla di "europeizzazione" - presunto
sinonimo di minore rigidita` normativa - e si annuncia un disegno di legge
governativo di modifica della legge 185/90. Tra i contenuti di questa
proposta - secondo Oscar - vi potrebbero essere un 'applicazione "caso per
caso", eliminando "pericolose generalizzazioni", dei divieti previsti
all'articolo 1 della legge (divieto di esportare a paesi in guerra, che
violano i diritti umani, ecc.), e la non applicazione della legge italiana,
ossia una "cessione di responsabilita`" all'esportatore finale (europeo),
per quei sistemi d'arma che hanno componenti prodotte in Italia, ma
assemblaggio finale in un altro paese dell'Unione. "L'abdicazione del potere
politico nella gestione delle esportazioni di armamenti puo` comportare
rischi gravi in termini di pace, di sicurezza internazionale e di promozione
dei diritti umani", scrive Chiara Bonaiuti dell'Ires nell'ultimo numero del
bollettino dell'osservatorio di Firenze, significativamente intitolato "La
legge smantellata". (di Francesco Terreri) (NIGRIZIA)