[Diritti] Pericolosi



L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

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Organo della F.S.I.S., centro socialista italiano all'estero, fondato nel 1894

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e-Settimanale - inviato oggi a oltre 50mila utenti – Zurigo, 18 gennaio 2018

    

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IPSE DIXIT

 

Più pericolosi - «I mali che non si avvertono sono i più pericolosi». – Erasmo da Rotterdam

 

 

Freschi di stampa 1917

 

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Per mancanza di spazio siamo costretti a rinviare la pubblicazione della puntata settimanale di "Freschi di stampa".

   

     

Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione, da fonti di pubblico dominio o da E-mail ricevute. La nostra attività d'informazione politica, economica e culturale è svolta senza scopi di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico come pure un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 24).

    L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da 120 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

   

     

EDITORIALE

 

Non è stato un lapsus

 

C'è lapsus se dal tuo chiostro dei denti escono parole come "gazza franca" o "pazza anca" mentre tu credevi di avere detto "razza bianca", e viceversa. Non così nel caso del famigerato candidato leghista lombardo. Che, gettata un'esca "razziale" al suo elettorato, ha generato uno scandalo nazionale da prima pagina, ha fatto poi finta di revocare lo scandalo, ribadendo però di fatto il concetto, ed è passato infine all'incasso di questo gran bel botto di visibilità pubblica.

    Non contento di ciò, è andato a raschiare financo gli spurghi reflui del Giornale, lanciandosi contro una sinistra rea d'ipocrisia per avere rimosso l'articolo 3 della Costituzione dove pure compare il termine "razza". «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali» (Cost. 3). E che male ci sarebbe, allora, a parlare di "razza bianca" se una "distinzione di razza" figura nella stessa Costituzione?!

    Ecco, di seguito cercheremo di mostrare che c'è di male e cosa ne dovrebbe conseguirne politicamente.

    Anzitutto, non dimentichiamo che la Costituzione della Repubblica viene redatta mentre è ancora in corso la conta delle vittime dell'Olocausto. L'Italia dei Mussolini e dei Vittorio Emanuele III era stata zelante nell'infamia. Nell'autunno del 1938 l'allontanamento degli studenti israeliti dalle scuole pubbliche avveniva nel nostro Paese con qualche giorno d'anticipo rispetto al Terzo Reich.

 

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Il Corriere della Sera dell'11 novembre 1938

 

Hitler si era autoproclamato capo di un nuovo "impero millenario" (durato dodici anni) dichiarando di voler difendere l'umanità minacciata dal contagio razziale. Il nazi-fascismo europeo escogitò, dunque, una serie di politiche "in difesa della razza" per preservarne il sangue ariano. E, a partire dal 1942, i gerarchi nazisti misero in atto la "soluzione finale della questione ebraica", che implicò l'assassinio sistematico – tramite deportazione, camere a gas e forni crematori – di sei milioni di cittadini israeliti, inclusi vecchi, donne e bambini. Agli Ebrei si aggiunsero centinaia di migliaia di vittime provenienti da altre "razze" o "categorie" considerate "sub-umane": i Rom, i Sinti e gli Jenisch, ma anche i Testimoni di Geova e i Pentecostali, nonché gli omosessuali, i malati di mente e i portatori di handicap.

    Alcuni militari italiani si opposero a quell'inaudito piano criminale. Dai verbali della Conferenza di Wannsee (20 gennaio 1942) emerge il disappunto delle SS naziste verso l'esercito regio, nelle cui fila si segnalavano "fastidiosi" casi di coscienza per ragioni d'onore o di umanità. Ma, dopo l'8 settembre 1943, lo stato fantoccio di Salò sosterrà pedissequo lo sterminio hitleriano. Dall'Italia verranno così deportati 8.564 Ebrei. Di cui 1.009 soltanto faranno ritorno in patria.

    Al di là della follia nazi-fascista, il concetto di "razza", fino a metà Novecento, continuerà ancora a indicare certi caratteri esteriori (i "fenotipi" negroide, australoide, caucasoide…), connessi al colore della pelle, alla conformazione cranica ecc.

    A partire dagli anni Settanta, però, la ricerca scientifica dimostrerà che le citate caratteristiche di pelle e conformazione fisica sono molto labili dal punto di vista evoluzionistico e geneticamente poco rilevanti. Mentre possono sussistere differenze ben più importanti all'interno di uno stesso "fenotipo". Oggi la parola "razza umana" non possiede più alcun valore scientifico e segnala ormai solo una preoccupante forma d'ignoranza o cinismo in chi ne faccia ancora uso.

    Ma perché stupirsi? Cinismo e ignoranza sono possibilità sempre aperte agli individui, ai gruppi e persino a interi stati. Da sempre le donne, i poveri, gli schiavi, gli stranieri (i negri, gli ebrei, ma ora anche i mussulmani) vengono diffamati come portatori di vizi "congeniti", in contrapposizione con lo pseudo-modello di virtù che Pasolini riassumeva nella formula del maschio adulto bianco occidentale.

    Nondimeno, le "razze" umane sono esistite, ma in tempi molto remoti. Dobbiamo ai Neanderthal le prime pitture rupestri. Di essi conserviamo sepolcri antichissimi in cui sono stati rinvenuti reperti ossei di persone in età avanzata, affette da gravi handicap. Mai queste persone avrebbero potuto vivere per molti anni senza l'aiuto di altri membri del loro gruppo.

    Noi stessi custodiamo un po' del loro patrimonio genetico nel nostro DNA a testimonianza degli "incroci" avvenuti tra le due "razze" in tempi immemorabili. Dopodiché la specie neanderthalensis si è estinta trentamila anni fa. E oggi sulla Terra sopravvive una sola "razza" umana, tutta quanta di origine africana, l'homo sapiens sapiens.

    Ma – tanto per dire – se i Neanderthal tornassero in Italia ad abitare i loro siti di Vercelli, Ventimiglia e Savona, sarebbero tutelati dalla Costituzione della Repubblica. L'articolo 3 sta lì ad affermare l'esatto contrario di quel che asseriscono gli odierni difensori della "razza bianca". Perché la Costituzione nega per l'appunto che tutte queste differenze, vere, eventuali o presunte, abbiano un qualsivoglia rilievo in rapporto alla dignità umana.

 

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Immagini lasciate circa 40 mila anni fa, probabilmente da persone Neanderthal, nella grotta di El Castillo in Spagna.

(© Pedro Saura, Science / AAAS)

 

In conclusione – tornando ora al famigerato candidato leghista lombardo – potremmo chiederci se il gran botto di visibilità pubblica da lui mietuta inaugurando questa campagna elettorale sia un prodotto di cinismo o d'ignoranza. Bivio fuorviante. Non si ha l'impressione che possa avere escogitato lui da solo quel po' po' di esordio pirotecnico. Deve avere fruito della consulenza di esperti di comunicazione. E comunque la testate al seguito dell'ex Cav, ma anche Berlusconi stesso, gli hanno fornito un notevole sostegno mediatico.

    Perciò, secondo noialtri, che su queste cose non siamo giocondi, adesso ci vorrà una risposta adeguata. Il nostro appello si rivolge a tutti i sinceri democratici italiani: Boicottiamo con ogni mezzo, civile ma efficace, questa candidatura nata famigerata.

    

         

SPIGOLATURE

 

La prima bimba

nata in Austria

 

di Renzo Balmelli

 

BRIVIDI. Sono trascorse alcune settimane, ma ripensandoci continuano a provocare un senso di angoscia le ingiurie di stampo razzista rivolte alla prima bimba nata in Austria all'inizio dell'anno per il solo fatto di essere mussulmana. In un Paese civile della civile Europa, ma ora tenuto sotto scacco dall'estrema destra, mette i brividi l ' idea che si possa arrivare a simili abiezioni, al punto da augurare a una bimba innocente di morire nella culla. Secondo una bizzarra teoria gli anni che si concludono con l'otto portano con se novità e rivolgimenti. E anche il 2018 non fa eccezioni. Ma se il mattino si vede dal buongiorno, questo episodio anziché risollevare lo spirito, ci fa sprofondare nella notte più buia e profonda, presaga di di istinti e insulti bestiali come non se ne vedevano dai tempi dell'ultima guerra.

 

MEMORIA. Può darsi che il fascismo non torni al governo. O almeno si spera. Dicono difatti gli addetti ai lavori che la storia non si ripete mai due volte. Ma in certi casi è lecito dubitarne. Se consideriamo che nella marea dei social ospitata da compiacenti testate, l'antifascismo viene guardato con malcelato disprezzo e non come un valore universale, c'è poco da stare allegri. Eppure di quell'epoca nefasta esistono scritti e testimonianze che non lasciano dubbi. Per rendersi conto, basta rileggere i libri di Aharon Appelfeld, il grande scrittore israeliano e uno degli ultimi testimoni sopravvissuti alla Shoah , scomparso all'inizio di gennaio, che ha vissuto sulla propria pelle, fin da bambino, lo scempio della guerra e di un barbaro regime assassino. Scrivere era per lui il modo più naturale di darne conto, ricordare e perpetuare. Una lezione più che mai attuale, in particolare oggi quando l'importanza della memoria sembra svanire di fronte all'insorgere dell'odio razziale e del recrudescente mito dell'uomo forte.

 

CONSENSO. "Per qualche dollaro in più" è un western molto famoso della così detta trilogia del dollaro diretta da Sergio Leone, maestro insuperabile di questo genere di pellicole. Non è dato a sapere se Donald Trump ne abbia mai vista una, ma di sicuro non ignora che qualche dollaro in più nel portafoglio aiuta ad ammansire anche coloro che non l'hanno votato e non avranno mai una lussuosa "dacia" come la sua nel cuore di New York .Detto, fatto. Col grande vantaggio, tra l'altro, di distogliere l'attenzione sul piano interno dalle gaffe a ripetizioni che lo portano ad etichettare con epiteti irrepetibili Haiti, El Salvador e parecchi stati africani. Insomma, facendo circolare un pò di " money" e rendere più facile l'accesso ai consumi, il Presidente sa come comperare il consenso dimostrandosi tutt'altro che stupido o malato, pur restando una mina vagante e pericolosa del panorama politico interno e internazionale. 

 

INELEGGIBILE. Bisogna riconoscere che un pochino ci mancavano le spassose e fatue comparsate di Silvio Berlusconi in televisione. Rivederlo all'opera nei salotti a lui più congeniali alle prese con schizzi, diagrammi e cifre prese chissà dove, ci ha fatto ringiovanire di qualche anno. Oppure, all'opposto, invecchiare di colpo. Poiché se è in questo reticolo di promesse e bugie trasversali e di schieramenti e partiti senza visioni e senza unità che funziona la campagna, tremano le vene ai polsi cercando di immaginare che Italia uscirà dalle urne il 4 marzo. A maggior ragione riflettendo sul fatto che l'ex Cavaliere, auto proclamatosi Presidente nella carica dei loghi col nome dentro, a norme di legge non è eleggibile. Per dirla con una salace battuta di Michele Serra " ineleggibile che arriva in dirigibile". Strano che nessuno degli intervistatori glielo abbia fatto notare.

 

SPINA. Sarà claudicante e non al massimo della forma, ma quando le cose non girano per il verso giusto e la destra ne ha combinate un po' troppe per uscire da sola dai pasticci, tocca alla sinistra rientrare in gioco per rimettere le pedine al posto giusto. Anche in questi giorni, segnati da lunghe e turbolente trattative, il contributo della SPD tedesca è stato determinante per aprire uno spiraglio in vista di una nuova Grosse Koalition. Alla lunga si è capito che la gente vuole un Paese che funzioni e non a caso l'intesa faticosamente raggiunta e ancora da perfezionare è stata letta come un bene per l'Europa e una certa idea della cultura europea nel solco dell'eredità tramandata dai padri fondatori. Un governo stabile a Berlino potrebbe sbloccare importanti decisioni e livello comunitario, non ultima la spina nel fianco della Brexit che per molti elettori britannici ha ormai il sapore di un boccone troppo amaro.

 

DERIVE. Stiamo cadendo sempre più in basso. Dalle farneticazioni a proposito della "razza bianca a rischio", alla soluzione estrema dell'emergenza migratoria, ormai se ne odono di tutti colori. E a esprimersi così, senza nessuna vergogna, sono politici autorevoli, candidati per posti di prestigio e di governo. Ai numerosi e rumorosi tentativi di riabilitazione del Duce, strumentalizzati ad arte per dare libero sfogo ai malumori, si aggiunge l'aggravarsi del clima di intolleranza destinato a creare inquietudine e pericolose derive nostalgiche. La qualcosa, in mancanza di una vera risposta politica, aumenta il pericolo di fare rivivere le pagine più brutte del passato in un contesto largamente condizionato dall'uso spregiudicato delle fakes news. Se ripensiamo alle tragedie vissute durante la dittatura in Cile e Argentina, l'ipotesi di caricare i profughi sugli aerei per rispedirli da dove vengono, ma senza sapere dove andranno, non consente di dormire sonni tranquilli sul futuro dell'umanità. Tutta l'umanità "in un mondo che è plurale", come ricorda Hannah Arendt.

 

    

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

 

    

Dal Corriere di Tunisi

https://it-it.facebook.com/IlCorrierediTunisi/

 

Tunisia : Un inizio d'anno tumultuoso

 

di Silvia Finzi

 

L'Italia si prepara alle elezioni politiche mentre la Tunisia che dovrebbe egualmente prepararsi alle elezioni municipali è scossa da proteste sociali a seguito dell'adozione della legge finanziaria. Occorre precisare che, al di là dei posizionamenti ideologici, le condizioni di vita della popolazione tunisina sono nettamente peggiorate negli ultimi anni: la caduta vertiginosa del Dinaro sul mercato dei cambi, l'aumento dei prezzi dei beni di consumo, la disoccupazione dei giovani ed il gap tra regioni del paese ha generato una protesta endemica che in questi ultimi giorni è scoppiata in maniera violenta.

    Se atti vandalistici sono compiuti specie di notte creando una notevole confusione nell'interpretazione di questi movimenti non ci sembra comunque serio ridurre la portata della protesta a soli atti di criminalità organizzata come alcuni affermano.

    Ma è chiaro anche che, se assistiamo ad una messa in scena pre-rivoluzionaria che si manifesta con proteste che scoppiano in contemporanea in tutti i quartieri disagiati ed in tutte le regioni col più basso tasso di occupazione, non si può neanche parlare di un movimento spontaneo ma coordinato e simbolicamente legato alla data dello scoppio della rivoluzione del 14 gennaio 2011.

    Ma chi sta dietro o chi coordina queste rivolte? Possiamo separare legittima protesta sociale dalle violenze notturne alle quali siamo quotidianamente confrontati?

    Il sindacato UGTT (Unione Generale Tunisina del Lavoro) si dissocia dagli atti di violenza notturni benché sostenga i movimenti di protesta pacifici contro il rincaro della vita, l'aumento della povertà e della disoccupazione. Noureddine Tabboubi, segretario generale dell'UGTT ha, in effetti, condannato in un comunicato pubblico "qualsiasi forma di protesta notturna che degeneri in atti di violenza e di vandalismo che minaccino beni pubblici e privati".

    Le accuse ai fomentatori di disordini notturni sono varie, molteplici e contradditorie: c'è chi accusa i boss della malavita e del commercio parallelo di finanziare la rivolta, c'è chi accusa gli estremisti islamici di essere implicati nelle violenze, ci sono le gravi accuse del capo di governo Chahed al Fronte Popolare considerato responsabile di incoraggiare i disordini notturni. Ricordiamo che il Fronte Popolare è una coalizione di partiti composta dall'estrema sinistra, dai nazionalisti arabi e dagli ecologisti che hanno ad oggi 15 deputati in Parlamento. Il Fronte Popolare è stato privato inoltre di due dei suoi leaders con i successivi assassini di Chokri Belaïd e di Mohamed Brahmi.

    Il portavoce del Ministero dell'Interno Khelifa Chibani ha inoltre dichiarato che "a Tunisi ed in altre regioni, è stata dimostrata l'implicazione d'estremisti islamici e di individui provenienti dagli ambienti del banditismo".

    Difficile quindi interpretare la situazione in questo groviglio di accuse che implicano fonti così contrastanti e contradditorie.

    Ricordiamo che la legge finanziaria 2018 con alcuni correttivi ed aggiunte è stata approvata in Parlamento in dicembre 2017 con 134 voti a favore, 21 voti contrari et 12 astensioni.

    Sta di fatto che la Tunisia ritorna ad essere instabile e rischia di subire pesantemente ancora una volta le conseguenze della sua estrema fragilità politica in un momento in cui si poteva timidamente sperare in alcuni segni di ripresa. In assenza poi di un reale dibattito politico il rimando della situazione odierna ad una questione esclusivamente securitaria ci fa temere che, in assenza di una élite politica capace di raccogliere consensi ed acquisire credibilità presso la popolazione, la confusione tra protesta e rivolta e tra violenza e rivendicazione diventi sempre più labile a scapito senz'altro di tutti!

Un inizio d'anno tumultuoso ed inquietante se la politica non sarà in grado di prendere il sopravvento sui fuochi sociali che si accendono su tutto il territorio del paese mostrando in primo luogo alla popolazione un senso acuito di responsabilità e maggiore impegno sociale del governo a favore della popolazione che sempre di più vede abbassarsi il suo potere d'acquisto.

In Italia le elezioni si avvicinano e nuovi partiti, nuove scissioni, nuove coalizioni si affacciano al già vasto panorama politico lasciandoci ogni giorno sempre più perplessi. A fine gennaio le liste saranno presentate e sapremo anche noi della circoscrizione Africa, Asia, Oceania ed Antartide (AAOA) quali partiti si presenteranno. Speriamo di aver modo di confrontarci prossimamente in Tunisia con i nostri futuri candidati per un voto consapevole che rappresenti effettivamente gli italiani all'estero ma anche che coinvolga gli elettori!

Buon anno sperando che la Tunisia paese che amiamo tutti, alcuni perché ci sono nati, altri perché l'hanno scelto, riesca a superare senza troppi danni questo suo inizio tumultuoso! (CDT/aise/adl)

   

     

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

Dalla democrazia della farsa

alla farsa della democrazia

 

Alcune centinaia di futuri parlamentari della Repubblica dovrebbero impegnarsi a conformarsi preventivamente ai voleri di un'entità privata pena una multa di centomila euro…

 

di Marco Morosini

 

Stando ai giornali italiani, un paio di centinaia di prossimi parlamentari della Repubblica dovrebbero impegnarsi davanti al notaio a pagare una multa di 100mila euro a un'entità privata qualora essi, a suo insindacabile giudizio, non si conformassero a mutevoli voleri. Così dice, infatti, un file pdf anonimo messo online il 30 dicembre 2017 nel sito (non di Beppe Grillo) beppegrillo.it. In un Paese normale questo sarebbe considerato uno scherzo d'aprile fuori stagione. In Italia, invece, riempie i mass media. E a buon titolo. Quelle 2.773 parole anonime, infatti, vengono prese come la voce ufficiale del Movimento 5 Stelle, che si palesa come probabile vincitore, in quanto primo partito, delle prossime elezioni, e che addirittura ambisce a occupare tutte le poltrone del Governo di uno dei Paesi del G7.

    La pretesa di multa privata su suolo pubblico è l'acme della seconda bancarotta della politica italiana. La prima fu quando tanti politici (non tutti) e tanti partiti (non tutti) divennero idealmente e ideologicamente tanto deboli, da liquefarsi di fronte al normale lavoro della magistratura, quello di giudicare i presunti delinquenti. Dopo i giudici, ora è la volta dei notai. È nelle loro mani infatti che i manager politici del 'nuovo che avanza' vorrebbero mettere l'ingessatura a un bel pezzo del corpo di una politica in deliquio, nella quale è sempre meno possibile riconoscere ideali, valori e programmi.

    Il bando alle ideologie – ossia allo scheletro naturale per non camminare come un ubriaco – sembra aver fatto piazza pulita anche delle idee. Salvo poche eccezioni, la politica si è ridotta in Italia a una guerriglia di nomi, cognomi, brand, comparsate televisive, tweet, post e chat, nella quale l'importante è conformarsi ai sondaggi quotidiani, evitare segni di riconoscimento ideale e indossare pelle d'anguilla.

    Il brand, la sigla, la casacca, gli statuti e i non-statuti si cambiano in fretta come gli illusionisti cambiano il vestito dietro a un telo in due secondi. Un capopartito e aspirante presidente del Consiglio dice un giorno alla Bbc che il suo modello sono i Paesi scandinavi.

    Poco dopo dice senza il minimo imbarazzo che si vuole ispirare alla politica fiscale di Donald Trump. Per evitare la multa di 100mila euro, come dovrebbe allora legiferare un parlamentare della Repubblica sottomesso a quel capopartito? Come nella Svezia di Olof Palme? O come negli Usa di Trump?

    Come dovrebbe comportarsi, per esempio, uno dei 17 europarlamentari dei 5 Stelle che furono costretti a firmare nel maggio 2014 un autodafé da 250mila euro in caso di 'tradimento'? I diciassette infatti furono caldamente indotti ad aderire a un gruppo della destra radicale e xenofoba nel Parlamento Europeo (EFDD), poi dovettero lasciarlo per cercare di entrare nel gruppo dei liberali europei. Poi la centrale decise di annullare tutto e li fece rientrare nel gruppo del milionario Nigel Farage («Il prossimo primo ministro britannico», secondo l'aspirante primo ministro italiano e nuovo capopartito). Di fronte a questa sceneggiata due dei 17 abbandonarono il partito ed entrarono in due gruppi politici concorrenti con il M5S. A tutt'oggi i due mi confermano che la centrale non passò mai all'incasso della multa di 250mila euro, ben sapendo che nessun giudice avrebbe mai considerato legittima quella clausola-spaventapasseri.

    Al Parlamento europeo i 17 pentastellati dovettero quindi aderire, dopo un plebiscito-farsa in internet, a un gruppo della destra radicale.

    Tuttavia, la massima concordanza di voto (72%) la hanno con il gruppo della sinistra radicale (Gue). Dove è allora il tradimento? Fondersi con la destra? O votare con la sinistra? A Milano l'ardua sentenza! Ossia a chi incasserebbe la multa.

    Se stessimo al gioco di questa farsa, comunque, dovremmo completarla con una clausola di reciprocità. Questa dovrebbe prescrivere il pagamento di 250mila euro a ognuno dei parlamentari, qualora sia la centrale a rinnegare i princìpi e le promesse con i quali essi chiesero voti. Prendete per esempio il precetto della crescita economica (ossia del raddoppio del Pil ogni 20 anni, all'infinito). Per decenni Beppe Grillo e il movimento politico degli 'Amici di Beppe Grillo' hanno smascherato la fallacia del Pil e del dogma della crescita. Da qualche tempo la centrale ha dato contrordine: ci vuole ancora maggiore accelerazione della crescita del Pil. Con una clausola di reciprocità, la centrale voltagabbana dovrebbe pagare ai 180 parlamentari una multa di almeno 2 milioni di euro.

    Possibilmente da devolvere in beneficienza.

    Anche noi, come ogni giudice, potremmo solo sorridere di fronte alla corbelleria incostituzionale della multa privata da 100mila euro a un parlamentare della Repubblica. E invece c'è poco da ridere. È una sciagura per il Paese, infatti, che questa sciocchezza sia escogitata dalla centrale di un partito percepito da milioni di italiani, specialmente i più giovani, come l'ultima spiaggia per resuscitare la democrazia.

    Tenere insieme un partito con le multe e i notai invece che con una comunanza di ideali, con organi elettivi, e con strutture che contemplino sia il dissenso interno, sia criteri equi per sanzioni politiche, vuol dire essere consapevoli di aver costruito non un castello, ma un mucchio di sabbia. Anzi di sabbie mobili. Vuole dire diventare il campione dei peccati sia della Prima sia della cosiddetta Seconda Repubblica. Infatti, obbligare i parlamentari a obbedire ai capipartito invece che alla coscienza e agli elettori, fu l'espressione proprio della cosiddetta 'partitocrazia' che i 5 Stelle volevano combattere, prima di entrare a farne parte. Far trionfare nella politica i soldi e le aziende fu poi il marchio della Seconda Repubblica. Se è questo il "nuovo che avanza", c'è poco da ridere.

       

 

Da "Letter from Washington DC"

riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

"The Post"

 

Quando il buon giornalismo salva la democrazia.

Riflessioni intorno all'ultimo film di Steven Spielberg.

 

di Oscar Bartoli

 

Gutta cavat lapidem. I nostri antichi progenitori romani amavano ripetere che, così come la goccia riesce a scavare la roccia, anche una ripetuta falsità può riuscire a condizionare la capacità di intendere di volere di milioni di persone.

    È questo il principio motore della propaganda politica sfruttato dai dittatori di ogni epoca e regione.

    Ed è questo quanto sta avvenendo qui negli Stati Uniti sottoposti come siamo al continuo bombardamento di accuse fatto dal presidente Donald Trump che, con la sua definizione di 'fake news', è riuscito a far credere che il mondo dell'informazione sia costituito da lestofanti.

    Un contributo all'affermazione di questa accusa di dimensioni internazionali è stato offerto anche dalla categoria dei professionisti dell'informazione, molti dei quali, nonostante la mano sul petto e gli insegnamenti morali nelle scuole e università di giornalismo, non hanno esitato a farsi coinvolgere nella missione di leccaculismo del potente di turno. Anche perché inseguire la libertà e l'obiettività non solo è faticoso ma può essere anche rischioso a titolo personale.

    Questo per dire che in un momento così delicato per quei mezzi di informazione che cercano di affrancarsi dall'elogio scontato al potente, un film come "The Post" del regista Spielberg rappresenta una ventata di aria fresca che attenua anche se per poco l'atmosfera violenta innescata da questa anomala presidenza Americana.

    Il film si basa su la proprietaria del Washington Post, Catherine Graham, che si assunse la responsabilità di pubblicare le cosiddette carte del Pentagono che mettevano in luce come negli ultimi trent'anni i presidenti americani che si erano succeduti avessero taciuto sulla evidenza dimostrata dalle agenzie di intelligence che la guerra in Vietnam era senza sbocco e non sarebbe mai stata vinta dagli americani.

    The Post non trascura la acerrima competizione tra il quotidiano della capitale e il New York Times, e le difficoltà di gestione economica del Washington Post che la Graham riesce a far quotare in borsa, convinta com'era che il profitto si ottiene con un prodotto di qualità.

    Ed è per questa ragione che si era battuta per l'assunzione di 25 ottimi giornalisti nella staff del giornale.

    La pubblicazione delle carte del Pentagono rischia di far andare in galera sia i responsabili del New York Times che del Washington Post che si sono avvalsi di una sola fonte di informazione alla quale hanno garantito assoluta sicurezza.

    Il finale del film si conclude con la sentenza della Corte Suprema che per sei a tre stabilisce che i quotidiani non siano imputabili per quanto pubblicato anche se si trattava di documenti coperti dal top secret.

    Gli applausi che spesso nascono spontanei al termine delle proiezioni affollate stanno a dimostrare che esiste ancora una buona parte della popolazione Americana che crede nei mezzi di informazione come garanzia di un corretto percorso democratico del Paese.

       

        

ECONOMIA

 

Inflazione al 2%: la panacea di tutti i mali?

 

Mario Draghi (BCE) e Janet Yellen (Fed) fanno

a gara nel parlare dell'inflazione che non c'è…

 

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

Il presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, e la presidente della Federal Reserve americana, Janet Yellen, nelle loro brevissime dichiarazioni prenatalizie hanno fatto a gara a parlare dell'inflazione che non c'è. Per loro una vera e propria ossessione.

    A nostro avviso è la dimostrazione della mancanza di una corretta valutazione della situazione economica e finanziaria nazionale e internazionale e dell'assenza di un virtuoso piano di rilancio economico che punti allo sviluppo e non solo alla crescita.

    La parola "inflazione" è stata ripetuta da entrambi ben 15 volte in un testo di 2 paginette. Yellen però batte Draghi 4 a 3 nella citazione del 2% di inflazione quale obiettivo da raggiungere per avere un'economia ben funzionante. Dal 2010 il target del 2% è diventato un mantra ossessivamente ripetuto in tutte le salse.

    Nell'immaginazione di alcuni economisti di recente grido, il 2% d'inflazione sarebbe sinonimo di un'economia in movimento, dove aumentano gli investimenti, i consumi, i redditi delle famiglie e, dulcis in fundo, farebbe diminuire anche il debito pubblico che si svaluterebbe di anno in anno in rapporto ad un Pil inflazionato.

    Questa teoria è stata totalmente sposata dalle banche centrali che, come è noto, da anni si danno da fare per far ripartire l'inflazione. Alcuni, per abbattere il debito pubblico, la vorrebbero al 4-6% annuo. Ci si scorda evidentemente che in un passato recente molti governi e molte famiglie in vari Paesi hanno lottato contro l'iperinflazione del 15-20%.

    L'inflazione è una bestia selvaggia, innocua se ne parla soltanto, ma terribile e incontrollabile se si muove e comincia a galoppare.

    Certo, anche la deflazione che abbiamo avuto per alcuni anni dopo la Grande Crisi è un "animale" non meno pericoloso. Essa avviene quando l'economia si avvita su se stessa, con una diminuzione dei prezzi dovuta in gran parte alla riduzione dei consumi e dei bilanci pubblici, al crollo dei commerci internazionali e di conseguenza anche delle produzioni e dell'occupazione.

    La deflazione genera un immobilismo progressivo in cui tutti gli attori economici sono indotti a posticipare le decisioni d'investimento o di acquisto nella prospettiva che i prezzi possano scendere ancora. È un processo che porta direttamente alla recessione.

    L'obiettivo "inflazione al 2%" è il "fratello gemello" della politica monetaria espansiva del Quantitative easing di creazione di grande liquidità da parte delle banche centrali per acquistare titoli di stato e, soprattutto, i titoli cosiddetti asset-backed-security (abs) in possesso delle grandi banche, che spesso sono di carattere speculativo e di bassa affidabilità.

    Il programma avrebbe dovuto spingere il sistema bancario a concedere più crediti alle imprese e alle famiglie che così avrebbero creato più investimenti, più ricchezza, più consumi e, quindi, anche generato la desiderata inflazione del 2%.

    Gli anni passati di bassa inflazione hanno anche comportato tassi d'interesse molto bassi, vicini allo zero, che, secondo la teoria, avrebbero dovuto agevolare nuovi crediti per nuovi investimenti.

    Così non è stato. Si è trattato di due automatismi che non hanno funzionato. L'unico parametro che, invece, è veramente cresciuto è stato quello concernente i debiti pubblici e quelli delle imprese. L'altro parametro negativo è stato quello dei salari bassi e della precarietà.

    Evidentemente le banche centrali, soltanto con la politica monetaria e finanziaria, non riescono a influenzare gli andamenti macroeconomici, come ad esempio i prezzi del petrolio e delle altre materie prime. In verità secondo noi, non sono state nemmeno capaci di orientare i comportamenti del sistema bancario e della finanza.

    Alla fine s'intuisce che il cosiddetto "inflation targetting" più che una teoria economica è una politica dell'informazione. Da qualche tempo le banche centrali hanno fatto della loro comunicazione l'asse portante delle scelte economiche e monetarie, ritenendo che l'annuncio di alcuni paletti e degli obiettivi delle loro politiche fosse sufficiente a determinare comportamenti virtuosi nel complesso mondo bancario e finanziario.

    È arrivato il momento di ritornare ai sani principi dello sviluppo economico. Se l'economia privata stenta a muoversi, lo Stato deve iniziare a investire in settori, come le infrastrutture, la modernizzazione tecnologica e altri, che possono trainare l'intera economia. Spesso lo ha fatto l'America industriale e capitalista. Negli anni trenta dello scorso secolo con il New Deal lo fece il presidente Franklin D. Roosevelt. Quindi, se il sistema bancario privato non fa rifluire sui mercati i soldi offerti gratuitamente dalle banche centrali, occorre creare nuovi canali di credito.

    A proposito, in Europa che fine hanno fatto i project bond che la Commissione europea aveva proposto qualche anno fa? Si trattava di finanza produttiva e non speculativa che avrebbe dato un grande stimolo alla realizzazione delle nuove infrastrutture e alla modernizzazione del sistema produttivo, creando sicuramente nuovo reddito e una qualificata occupazione, soprattutto per tanti giovani lasciati allo sbando fuori dal mercato del lavoro.

    Non vorremmo che nel nostro Paese il recente aumento delle bollette energetiche e delle tariffe autostradali, non certo giustificabili, fosse funzionale al fantomatico obiettivo dell'inflazione al 2%.

    

     

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Un assessorato lumbard

alla razza bianca ?!

 

di Mario Muser

 

La "razza bianca", la "nostra società" rischiano di essere "cancellate" dal fenomeno dell'immigrazione non controllata. Ne è convinto il candidato alla presidenza della Regione Lombardia, Attilio Fontana che si è così espresso in un'intervista trasmessa ieri mattina da 'Radio Padania'. Le espressioni del sindaco di Varese hanno subito suscitato l'indignazione generale. "Il candidato presidente leghista alla regione Lombardia – afferma Riccardo Nencini, segretario del Psi e promotore della lista 'Insieme'- parla di 'razza bianca' proprio come il governatore dell'Alabama sessanta anni fa. Lo dico subito: una cosa è difendere i valori fondamentali del cittadino, dalla parità di genere alle libertà individuali, valori conquistati nelle piazze e in parlamento dalle nostre nonne e dai nostri bisnonni, altro inneggiare alla superiorità del colore della pelle. Non vorrà mica Fontana istituire un assessorato alla razza?".

    "Il primo pensiero che viene in mente sentendo parole di Fontana – aggiunge Angelo Bonelli della lista Insieme – quando lancia l'allarme sulla razza bianca a rischio è 'che razza di ignorante'". "Per questo è ancora più grave che Liberi e Uguali non abbia voluto assumersi le responsabilità di fare argine a questa deriva xenofoba molto pericolosa". "Credo fermamente che chi usa concetti come 'razza' o 'etnia' a sproposito debba essere rimandato a scuola prima che gli venga affidato un qualsiasi incarico istituzionale. Senza voler dare lezioni è doveroso però ribadire che il concetto di 'razza bianca' non esiste e chiunque utilizzi tale concetto non fa altro che strizzare l'occhio a politiche razziste e di apartheid che fortunatamente hanno visto la loro fine molti anni fa, ma di cui ritorniamo sempre più a vederne delle ombre", sottolinea. "Fontana sta giocando con degli slogan elettorali pericolosi e lesivi dei diritti di uguaglianza. E lui sarebbe il moderato della Lega? Domandiamoci cosa potrà fare Salvini se dovesse arrivare al governo. Siamo ancora in tempo per fermarli: il centrosinistra costruisca un fronte democratico che aiuti l'Italia ad uscire da queste derive xenofobe", conclude Bonelli.

    Matteo Renzi, segretario del Pd, affida a facebook la sua riflessione: "La Lombardia è la più grande regione del Paese: la sua economia traina tutta l'Italia ed è punto di riferimento per l'Europa. Ci aspettavamo un dibattito alto, bello, nobile, sui contenuti. E invece il candidato della destra, leghista, parla di 'razza bianca' e di invasioni". "Noi insieme a Giorgio Gori parliamo di innovazione e capitale umano. Siamo una squadra che sceglie il futuro, non la paura -prosegue il leader Pd-. Altro che farneticanti dichiarazioni sulla 'razza bianca': il derby tra rancore e speranza è la vera sfida che caratterizzerà il 4 marzo, in Lombardia come nel resto del Paese".

 

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Lutto

 

Ciao, Mario

 

Ci ha lasciati Mario Perniola, uno tra i maggiori

esponenti della filosofia italiana contemporanea

 

di Andrea Ermano

 

Pensatore di un sentire finissimo, di un'esemplare clarté e di una risata, ora bonaria, ora senz'appello. Con Mario Perniola, morto il nove gen­naio scorso nella sua casa romana, ci ha lasciati uno dei maggiori filosofi italiani contemporanei. Indagatore trasgressivo, "più che sacro più che profano", profondamente partecipe della storia e della teoria dell'emancipazione del e dal lavoro, si era formato alla scuola ermeneutica torinese di Pareyson. Aveva esordito nel 1961 con un saggio su Samuel Beckett, pubblicato sulla rivista di Silone e Chiaromonte, "Tempo presente". Seguiva percorsi di ricerca sempre nuovi, orgoglio­sa­mente non di scuola, ma fedelissimo alla più rigorosa trasparenza argomentativa.

    Ha scritto Langone sul "Foglio": «Fino a ieri pensavo fosse il numero due e forse mi sbagliavo perché il filosofo numero uno, Emanuele Severino, scrive sempre lo stesso libro mentre lui scriveva ogni volta un libro davvero diverso, risultato di un'inesausta, quasi ragazzina curiosità. Oltre che per la sua anima prego dunque per l'uscita di un libro postumo: sarà un libro vivo.»

    È possibile che il libro postumo di Mario Perniola sia un diario di vita, viaggi e città al quale lavorava negli ultimi tempi. Non posso né vorrei riassumere qui la vita e l'opera in un "coccodrillo" giornalistico. Dirò solo che nel 2017 aveva pubblicato presso Bompiani un importante volume dal titolo Estetica italiana contemporanea. In esso Perniola si era dedicato a "trentadue autori che hanno fatto la storia degli ultimi cinquant'anni". Anche di questo libro andava molto fiero, perché mostrava come il sentire, l'estetica «abbia giocato un ruolo essenziale nell'autorappresentazione della società borghese, al punto da costituirne l'inconscio politico».

    Il penultimo libro, un romanzo di "storiette" uscito nel 2016, reca titolo Del terrorismo come una delle belle arti e narra le vicende «comiche e grottesche di un militante trotskista argentino, condannato a morte dai suoi ex compagni di partito, con sentenza "da eseguirsi il giorno della rivoluzione". La folle avventura politica, esistenziale e nichilista dei membri dell'Armata rossa giapponese. La surreale compagnia di esaltati, anarchici, pazzoidi, bohémiens e filibustieri che si ritrova, negli anni Settanta, intorno alla redazione della rivista "Agaragar". Ma anche scrittori e artisti come Moravia e Pasolini, surrealisti e situazionisti. In questi testi autobiografici, né interamente veri, né interamente falsi, Perniola rivela le radici esistenziali della propria filosofia, mostrando la sua stretta connessione con alcune vicende storiche, politiche, culturali ed umane a lui contemporanee. Le storiette si rifanno da un lato al genere letterario, a metà tra il serio e il faceto, praticato dagli antichi filosofi cinici, dall'altro ai setsuwa dei monaci giapponesi e si basano sulla premessa buddhista della non sostanzialità dell'io, non meno che sul rifiuto di una narrativa ingenua e popolare, ignara del carattere enigmatico e paradossale della scrittura letteraria. La loro tonalità emozionale è un misto di terrore e di ironia, che unisce lo stile dell'avanguardia al distacco estetico, usando indifferentemente registri realistici e surrealistici in una combinazione che appartiene alla logica del simulacro.»

 

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Mario Perniola (1941-2018)

 

Mario e io ci eravamo conosciuti nel 1990 per "importare" Peter Sloterdijk in Italia. Promuovemmo presso Garzanti la pubblicazione della Critica della ragion cinica, per la quale Perniola compose all'epoca una notevole Presentazione, ripubblicata anche nella seconda edizione dell'opera, uscita presso Cortina nel 2013.

    Sottilmente, in questa Presentazione Mario metteva a fuoco, accanto all'amplissima summa cinica dell'autore tedesco, un'ulteriore causa della "sindrome weimariana" che negli anni Trenta diede luogo alla catastrofe nazista e che da un quarto di secolo ormai corrode la nostra democrazia.

    Questa ulteriore causa cinica di crisi insisteva per Perniola nella rottura dell'aidôs, termine greco antico che significa "pudore", "timidità", "verecondia", "modestia", "rispetto", "stima", "venerazione", ma (in caso di mancanza di tutto ciò) può anche voler dire "vergogna" e "disdoro".

    La rottura cinica dell'aidôs è per Mario Perniola la causa del mancamento del presupposto pre-politico fondamentale in rapporto alla Politica tout court. Ed è perciò che «il compito storico di fronte al quale si trova la filosofia oggi presenta sorprendenti analogie con quel momento della filosofia antica».

    La catastrofe del "pudore" ateniese avvenne nel 399 a.C. con la condanna a morte di Socrate. La diagnosi di Perniola venne pubblicata mentre correva l'annus horribilis 1992. Da allora cresce al centro della nostra polis un alto monte di macerie e disgusto e vergogna e disdoro. E ora, senza Mario, non sarà certo più facile ricostruire l'aidôs fracassato.

             

     

Una lettera aperta a Pietro Grasso

 

Il fardello del ruolo

 

Il fardello del ruolo che Ella ricopre come Seconda Carica dello Stato riconosce comprensione e fiducia nella Sua Persona. Forse sarebbe stato meglio liberarsene prima della campagna elettorale, avrebbe avuto più libertà ed esatto maggiore considerazione.

    Volge al termine la gittata parabolica della settimana scorsa circa le tasse universitarie. Ora prima che qualcuno del suo gruppo si metta a parlare di sanità, ci perdoni la presunzione di dare lo stato dell'arte.

    Le è certamente noto l'esito dell'Indagine della Commissione Sanità del Senato in cui si fa voti perché si correggano alcune distorsioni del Sistema Sanitario Nazionale (approfondisci sul sito).

    L'elenco siderale dei problemi è demandato ad altri nella prossima Legislatura e ci si augura che le situazioni si correggano. Come dire " Brevi cenni sull'Universo".

    1. Lo slogan "Per tutti e non per pochi" vale soprattutto per una sanità incorreggibilmente avviata verso la fase della sussidiarietà assicurativa. Dunque ci chiediamo se questa sinistra, che Ella rappresenta e guida, voglia la privatizzazione malcelata o mantenere lo spirito universale e globale dell'assistenza per tutti. Come noto, le principali Compagnie Assicurative hanno sede in aree politicamente strategiche per il Suo gruppo e potrà esserLe molto difficile tenere per la Sanità programmi indipendenti.

    L'altro problema, non disgiunto dal precedente, è l'aziendalizzazione, con tutte le sue storture (una per tutte il DRG) che, oltre a evocare fenomeni di corruzione, ha provocato il guasto gravissimo di ritenere il malato e le sue sofferenze semplicemente un costo e una spesa.

    2. Come Le è certamente noto, il disavanzo del Sistema Sanitario Regionale (SSR) che ha imposto i Piani di Rientro è tale da imporre una revisione del Titolo V appena si possa, ossia a Legislatura appena dischiusa. Non è concepibile infatti che il PIL regionale venga devoluto tra il 76 e l'80% alla Salute e i malati della Calabria, Basilicata e altre Regioni disastrate si trasferiscano con pendolarismo sanitario aumentando a dismisura le liste d'attesa degli Ospedali Metropolitani di Milano, Torino e Roma, dove la lista d'attesa inizia già a Fiumicino.

    3. Le quali Liste hanno come causa primaria non già solo l'afflusso dei migranti sanitari (oltre a quelli politici ed economici) bensì la desertificazione della Medicina Territoriale, la chiusura dei Ospedali periferici o di terza categoria che invece dovrebbero essere riadattati a Centri di Primo Intervento (diagnostico e terapeutico).

    4. Dia, con lo stile moderato ed elegante che La contraddistingue, una reprimenda sul tormentone "Vaccini". Lasciando agli esperti le discussioni di merito, che sono molte e complesse e di cui spesso si è dovuta occupare con buon senso la Magistratura (approfondisci sul sito) si deve arrestare la diatriba rovinata sul piano inclinato e assai scivoloso della Curva Sud vs Curva Nord. Dia un segnale di serietà e si imponga per porre fine a queste modalità che danno solo disdoro a chi le utilizza.

    5. Lanci un segnale di trasparenza, dal Suo alto ruolo di Magistrato. Come certamente Le è noto, recenti indagini di Transparency International Italia, Censis, Ispe-Sanità e Rissc puntano il dito almeno su un'azienda sanitaria ogni tre (37%) per episodi di corruttela negli ultimi 5 anni, non affrontati in maniera appropriata e confermando i circa 6 mld dissipati in corruzione sanitaria. E lanci un segnale su possibili conflitti di interesse che, a vario titolo ed in diverse modalità, coinvolgono il mondo della Sanità con l'Industria.

    6. Ma soprattutto Signor Presidente ci dica la verità sul pensiero di LeU: siamo d'accordo per aumentare la presenza dello Stato nei Servizi Pubblici (Scuola, Sanità, Sicurezza ed anche Trasporti) o rincorrete anche voi il miraggio delle Privatizzazioni che tanto fallimento hanno procurato?

 

Prof. Aldo Ferrara Massari, Siena

           

 

LETTERA

 

L'ESENZIONE

DEL CANONE TV    

 

Una presa in giro per tanti emigrati !

 

Come ormai noto, avendo trattato questo argomento più volte negli ultimi anni, con l'introduzione del pagamento del Canone RAI attraverso la bolletta elettrica (dal 2017 ammonta annualmente a 90 euro), hanno diritto all'esenzione da questo pagamento: gli ultrasettantacinquenni che non superano annualmente un reddito familiare di 6.713 euro (una casistica quindi molto rara in emigrazione con la possibile eccezione di quanti vivono in America latina) e tutti coloro che non possiedono un apparecchio TV nell'abitazione in Italia per la quale sono titolari di un contratto di fornitura elettrica.

    Sia gli uni che gli altri devono chiedere l'esenzione dal pagamento del Canone all'Agenzia delle Entrate (Ufficio Torino 1 / SAT - Casella postale 22 - 10121 Torino) inviando un'apposita Dichiarazione sostitutiva predisposta dalla stessa Agenzia delle Entrate, allegandovi una copia di un documento di identità valido. Tale Dichiarazione, ove continui a sussistere tale diritto, deve essere presentata ogni anno a far data dal 1 luglio ed entro il 31 gennaio dell'anno di riferimento (per esempio, per richiedere l'esenzione del pagamento del Canone per il 2018 vi è tempo sino al prossimo 31 gennaio).

    Tuttavia per i residenti all'estero sorge subito un primo problema per quanti non è possibile l'invio della Dichiarazione per via telematica e debbono farlo attraverso il servizio postale. Infatti – chissà perché – per questo invio è richiesto espressamente dall'Agenzia delle Entrate che il plico venga spedito per raccomandata "senza busta" e cioè con un sistema che non sempre gli uffici postali all'estero accettano (per esempio quelli elvetici). Ma questo è niente rispetto al secondo problema che è emerso da quando è stato introdotto questo nuovo sistema di prelievo del Canone RAI. Infatti in emigrazione, quantomeno in Svizzera, sono moltissime le famiglie che possiedono una abitazione in Italia e tra queste non poche sono quelle prive di un apparecchio TV e quindi nelle condizioni di richiedere l'esenzione dal pagamento del Canone.

    Tuttavia – come ci raccontano gli operatori del patronato ITAL UIL ed i dirigenti dei circoli UIM che offrono ai connazionali, tra i tanti, anche questo servizio – molti di coloro che hanno richiesto correttamente all'Agenzia delle Entrate di Torino l'esenzione dal pagamento del Canone se lo vedono addebitare ugualmente sulla bolletta elettrica mensile ed inutili sembrano essere anche le successive richieste di rimborso all'Agenzia delle Entrate di Torino, come inutili e pure dispendiosi risultano essere i ripetuti reclami fatti telefonicamente a quella sede.

    Un problema che dimostra, una volta di più, come la burocrazia italiana sia la vera colpevole del malfunzionamento del Paese impedendo, come in questo caso, che un cittadino possa avvalersi di quello che la legge gli consente!

 

Dino Nardi, coordinatore UIM Europa

        

 

LETTERA

 

INPS - Chi pensa male fa peccato…

 

Nel resoconto della seduta n. 923 del 09/01/2018 si trova l'Interrogazione Parlamentare 4-08901 del Sen. Lucio Malan rivolta ai Ministri del Lavoro e a quello degli Affari Esteri.

    Il Senatore avvisa che in prossimità delle elezioni politiche del 4 marzo 2018, l'INPS, l'Istituto nazionale della previdenza sociale, si appresterebbe ad inviare ai cittadini italiani residenti all' estero delle lettere di invito di iscrizione ai patronati locali e chiede di sapere se i Ministri ne siano a conoscenza e se non ritengano di evitare tale iniziativa. Ne rivela l'inopportunità per la contemporanea attività di campagna elettorale nei medesimi luoghi.

    Ci chiediamo che interesse potrà avere l'INPS sull'esito delle elezioni e come potranno i patronati casomai influenzarne l'esito ?

     Come stanno le casse dell'INPS lo dice l'articolo apparso sull'Espresso il 27 dicembre 2017 col titolo "Le pensioni dei manager le pagano operai e precari: come stanno davvero le casse dell'Inps" . Si legge che nel 2017 il patrimonio dell'Inps chiuderà in passivo di meno 7,9 miliardi di euro e toccherà allo Stato dare una mano. La Commissione Europea reputa il nostro Istituto di Previdenza Sociale quel messo peggiore di tutti.

    Altro fatto utile per valutare l'INPS è raccontato dalla televisione svizzero francese andato in onda il 26 maggio 2011 con il documentario intitolato "Racket à l' italienne" . Gli italiani emigrati in Svizzera, raggiunti l'età di pensione con il supporto dei patronati, avevano convertito la pensione svizzera in quella italiana trasferendo all'Inps i contributi in base alla convenzione bilaterale Italia-Svizzera. Una volta in Italia, hanno avuto la sorpresa che la cifra della rendita mensile veniva decurtata di due terzi rispetto a quella calcolata dal patronato. Nel documentario si parla di un coinvolgimento di 222.000 connazionali. Altre fonti arrivano a calcolarne fino a 500.000 posizioni. Con questa spassionata operazione, sconosciuta ai più e praticata sulle pensioni di centinaia di migliaia di ex emigrati in Svizzera tra gli anni '80 fino al 2003, si sarebbero estorte a danno dei connazionali decine di miliardi di Euro .

    La risposta del Ministero del Lavoro è stata che "tutto è stato calcolato regolarmente ed i reclami sono infondati". Nel 2007 il governo di Romano Prodi cancella infine con la legge finanziaria ogni recriminazione. I cittadini sono stati condannati al dimenticatoio e alla miseria.

    Arriviamo agli enti di patronato che costituiscono una delle più fitte reti di raggruppamento di cittadini italiani all'estero. Hanno il monopolio all'estero delle pratiche con gli enti previdenziali e sono vincolati ai Sindacati e, di conseguenza, ai Partiti. Che facciano propaganda per propri candidati e agiscano da collettori di schede elettorali, è conosciuto dopo che ne hanno parlato vari giornali e programmi televisivi. Indicativo che di tutti i Parlamentari uscenti della Circoscrizione Estero ben la metà sono o sono stati funzionari, leggi stipendiati, di Patronato. In Europa la percentuale è ancora più alta.

    Nella nostra storia del racket à l'italienne, i parlamentari non sono intervenuti seguendo fedelmente le direttive delle segreterie nazionali del Partito. Forse questi onorevoli, ex dipendenti dei patronati, si sono sentiti in dovere di saldare il debito contratto in campagna elettorale. Alla faccia dei diritti acquisiti e della correttezza istituzionale.

    Non sono mancati altri scandali e ruberie attorno ai patronati. Proprio a causa di queste truffe all'estero, è stata istituita una commissione d'inchiesta al Senato la cui Presidenza, non c'è da dirlo, è andata al PD nella persona del senatore Micheloni il quale, a conclusione dei lavori, ha sostenuto di aver raccolto pesanti prove e importanti documenti da affidare alla Procura della Repubblica di Roma. L'aveva dichiarato a marzo 2016 ma stiamo ancora aspettando la consegna.

    Ritorniamo all'INPS. Nelle precedenti Parlamentarie del 2013, l'INPS aveva inviato ad ogni pensionato una lettera. "Gentile signore/a, non ci risulta ancora pervenuto il suo modello Red relativo ai redditi del 2010. La invitiamo a trasmetterlo entro il 28 febbraio altrimenti sarà disposta la revoca delle prestazioni collegate al reddito, con conseguente recupero delle somme erogate fino ad oggi" chiudendo con "Potrà rivolgersi ad un Ente di Patronato riconosciuto dalla legge che le presterà assistenza gratuita per la compilazione dei moduli e potrà inoltrare la sua domanda di ricostituzione ai nostri uffici". I connazionali anziani all'estero avevano praticamente preso d'assalto le sedi dei patronati altrimenti perdevano la pensione. Uno potrebbe anche pensare male e vederla come un regalo promozionale per il PD.

    Possiamo essere fiduciosi che la suddetta interrogazione parlamentare possa garantire che i vertici INPS, si riguarderanno questa volta da qualsiasi attività o programmi come successo nel 2013?

    Su questa domanda non lascia tranquilli la comunicazione di questi giorni da parte INPS. I pagamenti pensionistici di gennaio 2018 sono imminenti. L'istituto sta per chiudere la prima fase della campagna di Esistenza in Vita 2017 che, iniziata il 1° settembre 2017, terminerà il 5 gennaio per i pensionati residenti in Europa Occidentale (con esclusione dei Paesi nordici), Africa e Oceania. Nel primo trimestre del nuovo anno, inizierà la campagna che coinvolgerà i pensionati italiani residenti nelle altre aree geografiche…

 

Marco Tommasini, Argovia

       

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo

 

L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mon­diale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

 

     

Allegato Rimosso
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