[Diritti] Benefici e rischi della moneta locale di “Barcelona En Comú”



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Benefici e rischi della moneta locale di “Barcelona En Comú” – di Eduardo Garzón Espinosa

Prefazione (a cura di Andrea Fumagalli e Dario Lovaglio)
Nel pomeriggio di sabato 13 giugno nella Piazza Sant Jaume a Barcellona si respira un’aria festiva, la piazza del comune è piena di gente, molti la comparano a la piazza catalogna del 2011 ricordando come lo slogan “nessuno ci rappresenta” abbia trovato una rappresentazione possibile nella vittoria della coalizione “Barcelona En Comú” (BEC).
Nello stesso momento dalla piazza di Sants, il quartiere che un anno fa si è ribellato allo sgombero del centro sociale Can Vies bloccando la demolizione dell’edificio con una settimana di mobilitazione, comincia la manifestazione per chiedere la libertà delle/dei detenut* arrestat* durante le mobilitazioni che avevano portato all’occupazione del parlamento catalano e contro la repressione dei movimenti sociali di Barcellona. Felicità e festa davanti ai palazzi del potere, rabbia e indignazione per le strade della città.
Staremo a vedere se per Barcellona si tratterà effettivamente dell’inizio di una nuova era, capace di innovazione e sperimentazione sociale.
Dentro questo contesto si inscrive la proposta di una moneta sociale territoriale, una “moneta del comune”. Una proposta che, pur se inserita in un contesto economico locale fortemente terziarizzato, non implica un ritorno alle origini, all’economia reale.
Il tema era stato affrontato nel convegno organizzato da Effimera e da Macao nel 2014 (qui il report) e può trovare a Barcellona una prima realizzazione concreta, se “la moneta del comune” viene pensata in primo luogo come strumento di finanziamento del welfare (a partire da un reddito di base incondizionato) e di quelle attività economiche finalizzate alla produzione di valore d’uso invece che di valore di scambio.
Non sorprende che sia proprio all’interno della critiche alle politiche neoliberiste che le proposte di una moneta alternativa stanno riemergendo nel dibattito politico, come non è un caso che il formato della valuta proposta sia elettronico.
L’articolo che proponiamo, nella sua prima traduzione in italiano (a cura di Dario Lovaglio), è tratto dal giornale online “ElDiario.es” e mette in luce dei punti rilevanti per l’analisi di questa possibilità.
Se si tratta, quindi, di inventare uno strumento che ammortizzi gli effetti devastanti del capitalismo finanziario, auspichiamo che questo ragionamento avanzi fino a pensare la maniera per eliminare la schiavitù del salario per incentivare nuove forme di vita libere ed autodeterminate.
L’autore, Eduardo Garzón Espinosa, è membro de la Fundación Europea de los Ciudadanos (Izquierda Unida)

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Benefici e rischi della moneta locale di “Barcelona En Comú” – di Eduardo Garzón Espinosa
La formazione politica di “Barcelona En Comú” ha proposto di creare una moneta locale a Barcellona. Si tratta di un coraggioso e potente strumento che potrebbe fornire alla municipalità spazio di manovra per le politiche pubbliche e, allo stesso tempo, garantire che la ricchezza generata dalla circolazione della nuova moneta rimanga all’interno della città, senza coinvolgere altre aree geografiche.
La proposta di creare una moneta locale non è nuova: è stato effettuata in molte regioni e in vari periodi storici, con caratteristiche molto diverse da un caso all’altro. Molte di queste esperienze non hanno avuto i risultati sperati (a volte ci sono stati spettacolari fallimenti) e sono stati abbandonati ma molti hanno avuto un notevole successo e sono valide ancora oggi. Anche se sono molte le modalità di moneta locale, le caratteristiche essenziali che devono sempre essere soddisfatte sono due:
1) la nuova moneta circola in parallelo a quello esistente.
2) la validità della moneta è limitata a una particolare territorio o regione.

Oltre a ciò, le possibilità sono numerose: la moneta può essere creata dal governo o da un’organizzazione privata, può essere utilizzata per pagare le tasse o no, può avere lo stesso valore dell’altra moneta legale o essere diverso, può esistere in forma fisica (monete e banconote) o essere puramente elettronica, la nuova moneta può essere scambiata con la vecchia o no, etc.
Tuttavia, sia l’evidenza empirica sia la teoria economica ci hanno insegnato molte cose al riguardo. La prima è che per il corretto funzionamento della nuova moneta è assolutamente necessario che goda piena fiducia dei loro utilizzatori. Questo significa che ogni individuo possa utilizzare la nuova moneta in ogni momento e nella maggior parte dei casi. E il modo migliore è far sì che l’autorità pubblica competente riconosca la validità e al tempo stesso la accetti come pagamento delle imposte. Esiste una teoria economica che sostiene che la fiducia della moneta corrente sta nel potere degli Stati e soprattutto nel potere esercitato attraverso le tasse: dal momento che ogni cittadino deve pagare le tasse nella moneta imposta dallo Stato, si crea così la necessità di utilizzare questo denaro e quindi la gente ha fiducia che sarà accettata in pagamento.
Per esempio, immaginate che in un primo momento il governo ipotetico di “Barcelona En Comú” crea una nuova moneta chiamata “comune” e continua ad accettare come pagamento per tasse locali (IBI, tassa trazione meccanica, tassa professionale) e di altre tariffe locali. In un secondo momento, si inizia a pagare parte del salario dei dipendenti pubblici e a fare un’altra serie di spese con la moneta “comune“, piuttosto che in euro. Dal momento che tutti gli operatori devono pagare le tasse, tutti hanno interesse ad avere il “comune“, in quanto ciò potrebbe risolvere le loro passività fiscali. In questo modo i dipendenti pubblici potrebbero acquistare beni e servizi utilizzando euro, ma anche “comune“.
Ad esempio, qualsiasi persona potrebbe andare in un bar e pagare in “comune“, visto che il proprietario del bar deve pagare le tasse e può farlo con questo nuovo strumento. Ma anche il proprietario del bar potrebbe anche pagare i camerieri con la nuova moneta, dato che anche loro possono pagare le tasse con questa.
È importante che il numero di “comune” creato non sia eccessivo e si adatti più o meno alla quantità di impegni fiscali, poiché altrimenti vi è il rischio che la nuova moneta perda valore. Il tipo ideale di cambio è l’unità: un euro può essere scambiato con un “comune” e viceversa. Se si creano troppe “comune” che eccedono il loro uso, si potrebbe iniziare a scambiarlo in modo diverso (ad esempio, 1 euro per 1,2 “comune“): il che influenzerebbe negativamente la fiducia nella nuova valuta.
La seconda lezione si trova nella forma giuridica del nuovo strumento. Deve essere evitato a tutti i costi il nome e la natura di moneta. Tentare di creare una nuova moneta complementare può essere incompatibile con la regolamentazione monetaria dell’Unione Monetaria Europea (dove la Bce detiene il monopolio esclusivo della creazione di moneta), come si è verificato con la moneta X2 a Totana (Murcia) nel 2012. Per questo motivo è meglio che il nuovo strumento abbia la natura giuridica di un credito fiscale, piuttosto che di vera e propria moneta. Un credito fiscale è uno strumento esistente che dà al settore pubblico, ad una società o a un individuo la possibilità di pagare le tasse con il suo uso. L’unica cosa che si può cercare di fare è di modificare la legislazione sui trasferimenti monetari per consentire che il credito fiscale funzioni come una moneta locale. La legge dell’Eurozona non vieta esplicitamente questa formula di finanziamento. I vari trattati UE consentono al governo di definire la propria politica fiscale. Se la nuova moneta non minaccia il monopolio della Banca Centrale Europea non ci sarà alcun impedimento legale, soprattutto se queste esperienze si svolgono in un territorio di piccole dimensioni.
Un importante e recente caso dell’uso del credito d’imposta si è verificato in Grecia, quando lo Stato ellenico ha utilizzato nel 2010 i crediti fiscali, pari a 5,5 miliardi euro, per pagare l’industria farmaceutica a fronte della loro minaccia di non distribuire farmaci ai greci se non avessero ricevuto un pagamento immediato delle commesse non ancora pagate.
La terza lezione è che è preferibile che la nuova moneta sia esclusivamente elettronica, dal momento che è molto più economico da emettere rispetto alla stampa dei biglietti o all’emissione di moneta metallica (che, se fatto in piccole quantità, può essere particolarmente costoso). Oggi ci sono paesi come la Danimarca, dove la maggior parte dei pagamenti vengono effettuati non solo con carta di credito, ma direttamente tramite il telefono cellulare utilizzando un’ apposita applicazione informatica.
La prima esperienza di moneta locale accettata per il pagamento delle tasse è stato sperimentata dal comune di Wörgl (Austria) nel 1932. Nei 13 mesi durante i quali è stata utilizzata, il governo locale ha potuto aumentare in modo significativo in un contesto di intensa crisi economica (grande depressione) la spesa pubblica al fine di stimolare l’attività economica. Il risultato è stato un calo del tasso di disoccupazione del 25%. Altre esperienze rilevanti si trovano in Spagna durante la guerra civile, con l’aiuto di molti Comuni repubblicani, in particolare Alicante, Alcoy, Pedreguer, Orihuela, Villena e Denia. Le monete locali sono state usate per attuare la politica fiscale negli anni in cui la valuta repubblicana era scarsa a causa della guerra. Nello stesso periodo gli altri comuni francesi e tedeschi si rivolse a valute locali, sempre con l’obiettivo di aumentare il margine di politica fiscale.
Negli ultimi anni questi strumenti sono stati utilizzati più volte dai governi locali negli Stati Uniti (ad esempio a San Diego, Oakland, San Jose e Detroit) con ottimi risultati in termini di incremento degli investimenti pubblici in un periodo di fallimento finanziario.
Tuttavia, ci sono anche esperienze di successo di monete locali che non sono supportate dal pagamento delle imposte e in questo caso sono spesso chiamate monete sociali. Le principali monete sociali sono quelle di Priem am Chiemsee (Germania) dal 2003, Bristol (Regno Unito) dal 2012, e Tolosa (Francia) dal 2011. In quest’ultimo caso, il comune paga una parte dei sussidi di disoccupazione in moneta sociale.
L’uso delle valute locali ha dei vantaggi significativi che vanno oltre l’aumento del margine fiscale. La virtù più caratteristica è che tutto questo nuovo denaro creato può circolare solo net territorio di emissione. Ad esempio, non è possibile utilizzare la moneta locale di Barcellona per acquistare dei prodotti a Madrid dal momento che gli abitanti di Madrid non pagano le tasse a Barcellona e non avrebbero alcun interesse a detenere la moneta locale della città catalana. Di conseguenza, le vendite saranno prodotte localmente, incentivando l’attività economica della località o regione corrispondente.
Ciò eviterebbe il rischio che la nuova moneta lasci il territorio, come spesso accade con le monete ufficiali. Il reddito e la ricchezza derivanti dalla utilizzazione delle monete locali rimarrebbe quindi nel territorio. Inoltre, questa formula di finanziamento permetterebbe di aumentare gli investimenti pubblici e la produzione di beni necessari, senza dover importare dall’estero, impedendo così che la bilancia commerciale peggiori. Infine, la natura stessa delle monete locali rende irrealizzabile che possa essere utilizzata per la finanza speculativa perché tali attività si svolgono a livello globale. In questo modo si permette di sostenere l’economia reale a scapito dell’economia finanziaria.