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No Tav. Tre giorni di lotta tra Torino e Val Susa

Martedì 16 settembre. Con l'intervento di un consulente della difesa è
ripreso a Torino, nell'aula bunker delle Vallette, il maxiprocesso a 53 No
Tav alla sbarra per la resistenza allo sgombero della Libera Repubblica
della Maddalena e per la giornata di lotta del 3 luglio 2011. Il
dibattimento è oramai giunto alle ultime battute e la Procura,
rappresentata dal pm Nicoletta Quaglino, intende fare la requisitoria
contro i 53 imputati interamente nella giornata del 30 settembre.
Numerosi No Tav erano presenti in aula per dare sostegno attivo ai 53.
Era la prima udienza senza i due PM con l'elmetto, Andrea Padalino e
Antonio Rinaudo, cui è stato sfilato il processo sul quale hanno giocato
la loro carriera. Sebbene le ragioni della Procura oggi guidata da Armando
Spataro siano formalmente ineccepibili - troppi quattro PM per un processo
che volge al termine - la decisione di mettere da parte i due PM più
esposti mediaticamente ha il sapore agre della bocciatura. Resta in mano a
Padalino e Rinaudo il processo contro i quattro attivisti accusati di
terrorismo per un sabotaggio al cantiere di Chiomonte il 14 maggio del
2013. Si tratta tuttavia di una patata bollente che rischia di scottare
chi se la ritrova tra le mani. Il prossimo 6 ottobre è stata fissata la
nuova udienza del Tribunale del Riesame bocciato in maggio dalla sentenza
della Cassazione perché l'imputazione di attentato con finalità di
terrorismo è stata giudicata inconsistente. In quell'occasione i due PM
dovranno riformulare l'accusa con argomenti abbastanza forti da convincere
il Riesame a pronunciarsi in senso opposto alla Cassazione. Una strada
decisamente in salita.

Il processo contro Chiara, Claudio, Mattia e Nicolò riprenderà giovedì 18
settembre, sempre nell'aula bunker delle Vallette.
Ci saranno anche i No Tav per far sentire la propria solidarietà per
attivisti accusati di una pratica rivendicata dall'intero movimento.
All'ora di pranzo i No Tav si sposteranno in piazza Nizza dove c'é la sede
di LTF, il general contractor della Torino Lyon, per un pranzo condiviso,
un presidio rumoroso e un'assemblea di piazza.

La settimana dei No Tav sarà particolarmente densa: domani mattina -
mercoledì 17 settembre - attenderanno il primo ministro Matteo Renzi che -
secondo alcuni media - potrebbe fare una scappata al cantiere di
Chiomonte. Due gli appuntamenti principali. Alle 9 al campo sportivo di
Giaglione, alle 10 al cancello della centrale a Chiomonte dove gli over 50
e il Nucleo Pintoni Attivi saranno sin dalle prime ore del mattino per la
consueta colazione ai cancelli.
Chiomonte ospita il cantiere/fortino più celebre d'Italia, dove da due
anni si sperimenta la tenuta delle tattiche belliche già testate sulle
popolazioni afgane. Gli alpini della Taurinense e le altre truppe
impiegate nell'area sin dal luglio del 2011 fanno sei mesi in Afganistan e
sei mesi in Val Susa. I confini tra la guerra interna e quella esterna
sono divenuti impalpabili.

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Mercoledì 17 settembre
ore 9 aula 43 - o maxi aula 3
Prosegue il dibattimento al tribunale di Torino della seconda tranche del
processone agli antirazzisti torinesi.

Finiti i testimoni della difesa saranno gli imputati a prendere la parola.

Era il luglio del 2008. A Torino in via Germagnano, tra le baracche dei
rom i bambini giocavano nel fango e tra i topi. L’alluvione di primavera
per poco non si era mangiata tende e lamiere. Alcune famiglie, stanche di
una miseria che aveva segnato ogni momento delle loro vite, decisero di
prendersi la loro parte di futuro, occupando una palazzina dell’Enel in
via Pisa. La casa era abbandonata all’incuria da molti anni. Ad un balcone
c’era lo striscione con la scritta “casa per tutti!”
Uomini donne e bambini hanno dormito sotto ad un tetto sino al 15 luglio:
per alcuni era la prima volta.
La mattina di quel giorno le truppe dello Stato in tenuta antisommossa
fecero irruzione nell’edificio: i bambini, spaventati, si svegliarono
urlando. Fuori li aspettava un pullman della GTT che li ha riportati alle
baracche di via Germagnano.
Due giorni dopo, era il 17 luglio, in piazza d’Armi, nell’ambito del
festival ARCIpelago era prevista una tavola rotonda. Politici e professori
dovevano parlare di “Paure metropolitane”: tra loro Ilda Curti, assessore
con la delega all’integrazione degli immigrati.
Non potevano mancare gli antirazzisti. Armati di striscione, volantini e
megafono hanno parlato a Curti delle paure di chi, giorno dopo giorno,
vive ai margini di una città che spende per giochi e spettacoli ma
permette che i bambini crescano senza una casa.
Curti non tollera la contestazione, da in escandescenze ed abbandona il
palco.
Il giorno dopo fila dalla polizia e sporge denuncia.
Cinque anni dopo la casa di via Pisa è ancora vuota. Gli antirazzisti sono
stati rinviati a giudizio.

Oggi quella protesta è entrata nel fascicolo del processo contro tanti
antirazzisti, che lottarono e lottano contro le deportazioni, la schiavitù
del lavoro migrante, la militarizzazione delle strade.

I 67 attivisti coinvolti nel processone sono accusati di fare volantini,
manifesti, di lanciare slogan, di dare solidarietà ai reclusi nei CIE, di
contrastare la politica securitaria del governo e dell’amministrazione
comunale.
L’impianto accusatorio della procura si basa su banali iniziative di
contestazione.
L’occupazione simbolica dell’atrio del Museo egizio – 29 giugno 2008 – per
ricordare l’operaio egiziano ucciso dal padrone per avergli chiesto il
pagamento del salario; la giornata – 11 luglio 2008 – contro la proposta
di prendere le impronte ai bambini rom di fronte alla sede leghista di
largo Saluzzo; la protesta – 20 marzo 2009 – alla lavanderia “La nuova”,
che lava i panni al CIE di corso Brunelleschi… ma l’elenco è molto più
lungo. Decine iniziative messe insieme per costruire un apparato
accusatorio capace di portare in galera un po’ di antirazzisti.
Se la procura di Torino credeva di poter rinchiudere le storie di quella
stagione di lotte in un’aula di tribunale si sbaglia. Queste storie gli
antirazzisti le stanno portando per le strade e per le piazze di Torino.
Una città dove, oggi come allora c’è chi lotta contro un sistema sociale
feroce.

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Sabato 20 settembre
Senzapatria - giornata antimilitarista ai giardini (ir)reali

Sabato 20 settembre
Ore 15/24
presidio con banchetti, bar, cibo, concerti, performance, interventi, ai
giardini reali (corso san maurizio angolo via rossini).
Se piove si va a Parco Dora – corso Mortara – ex ferriere.

Programma (provvisorio)

ore 15 banchetti, musica e interventi

ore 17 assemblea antimilitarista
Interventi su F35, business delle armi, occupazione militare del
territorio dall’Afganistan alla Val Susa, passando per i CIE e i quartieri
popolari di Torino, il paradigma bellico del nuovo millennio, scenari di
guerra globale.

Bar e cena benefit lotte antimilitariste

ore 21 concerto con
N.N. (agri-punk)
Sottosuolo (post-core)
Fasti (indy-sperimentale)

Azione diretta contro il militarismo

L’Italia è in guerra da molti anni. Ne parlano solo quando un ben pagato
professionista ci lascia la pelle: un po’ di retorica su interventi
umanitari e democrazia, Napolitano che saluta la salma, una bella pensione
a coniugi e figli.
È una guerra su più fronti, che si coniuga nella neolingua del
peacekeeping, dell’intervento umanitario, ma parla il lessico feroce
dell’emergenza, dell’ordine pubblico, della repressione.
Gli stessi militari delle guerre in Bosnia, Iraq, Afganistan, gli stessi
delle torture e degli stupri in Somalia, sono nei CIE, nelle strade delle
nostre città, sono in Val Susa.
Guerra esterna e guerra interna sono due facce delle stessa medaglia. Lo
rivela l’armamentario propagandistico che le sostiene. Le questioni
sociali, coniugate sapientemente in termini di ordine pubblico, sono il
perno dell’intera operazione.
Hanno applicato nel nostro paese teorie e tattiche sperimentate dalla
Somalia all’Afganistan.
Se la guerra è filantropia planetaria, se condizione per il soccorso sono
le bombe, l’occupazione militare, i rastrellamenti, se il militare si fa
poliziotto ed insieme sono anche operatori umanitari il gioco è fatto.

L’opposizione alla guerra, che in altri anni fa ha riempito le piazze di
folle oceaniche, si è lentamente esaurita, come le bandiere arcobaleno,
che il sole e la pioggia hanno stinto e lacerato sui balconi delle case.

La mera testimonianza, la rivolta morale non basta a fermare la guerra, se
non sa farsi resistenza concreta.
Negli ultimi anni l’opposizione alla guerra qualche volta è riuscita a
saldarsi con l’opposizione al militarismo: il movimento No F35 a Novara, i
No Tav che contrastano l’occupazione militare in Val Susa, i no Muos che
si battono contro le antenne assassine a Niscemi. Anche nelle strade delle
nostre città, dove controllo militare e repressione delle insorgenze
sociali sono la ricetta universale c’é chi non accetta di vivere da
schiavo.
Le radici di tutte le guerre sono nelle industrie che sorgono a pochi
passi dalle nostre case.
Chi si oppone alla guerra, senza opporsi alle produzioni di morte, fa
testimonianza ma non impedisce i massacri.
L’Alenia è uno dei gioielli di Finmeccanica, il colosso armiero italiano.
La “missione” dell’Alenia è fare aerei. I velivoli militari sono il fiore
all’occhiello di questo colosso. Nello stabilimento di Caselle Torinese
hanno costruito gli Eurofighter Thypoon, i cacciabombardieri made in
Europe, e gli AMX. Le ali degli F35, della statunitense Loockeed Martin,
sono costruite ed assemblati dall’Alenia.
Un business milionario. Un business di morte.

Per fermare la guerra non basta un no. Occorre incepparne i meccanismi,
partendo dalle nostre città, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono
caserme, basi militari, aeroporti, fabbriche d’armi, uomini armati che
pattugliano le strade.

Continua la campagna antimilitarista cominciata il 2 giugno con il corteo
a Caselle. Per mettere sabbia nel motore del militarismo

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Lunedì 22 settembre. Processo agli antirazzisti/prima tranche

Lunedì 22 settembre
ore 9 al tribunale di Torino – corso Vittorio 130 – maxi aula 3
prosegue il processo a 67 antirazzisti torinesi.

Da quest’udienza sono previste le testimonianze degli imputati.

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