[Diritti] ADL 131212 - Nacqui



L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

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La Newsletter dell'ADL di oggi – 12.12.2013 – è inviata a 40'610 utenti

Direttore: Andrea Ermano

   

 

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IPSE DIXIT

 

A cinquecento anni dal Principe

 

 

Nacqui, imparai - «Nacqui povero, ed imparai prima a stentare che a godere.» – Niccolò Machiavelli

 

Ma non gloria - «Non si può chiamare ancora virtù ammazzare li suoi cittadini, tradire gli amici, essere senza fede, senza pietà, senza religione; li quali modi possono far acquistare imperio, ma non gloria.» – Niccolò Machiavelli

 

La nostra metà della Fortuna - «Giudico potere esser vero, che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, ma che ancora ella ne lasci governare l’altra metà, o poco meno, a noi. Ed assomiglio quella ad fiume rovinoso, che quando ei si adira, allaga i piani, rovina gli arbori e gli edifici, lieva da questa parte terreno, ponendolo a quell’altra; ciascuno gli fugge davanti, ognuno cede al suo furore, senza potervi ostare; e benché sia così fatto, non resta però che gli uomini, quando sono tempi quieti, non vi possino fare provvedimenti e con ripari, e con argini, immodoché crescendo poi, o egli andrebbe per un canale, o l’impeto suo non sarebbe sì licenzioso, né sì dannoso.» – Niccolò Machiavelli

 

Lagrime e sangue - «Io quando il monumento / vidi ove posa il corpo di quel grande / che temprando lo scettro a' regnatori / gli allor ne sfronda, ed alle genti svela / di che lagrime grondi e di che sangue…» – Ugo Foscolo

  

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

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EDITORIALE 

 

Un'agenda semplice

 

di Andrea Ermano 

 

La legge elettorale italiana, dopo il pronunciamento della Consulta, sta lassù, come appesa alla trave di un'indefinita provvisorietà. Ricorda il miracolo di San Daniele. È quanto resta di ciò che fu il grande Porcellum, recentemente macellato sull'altare più alto dell'Urbe, a fil di lama, con rito costituzionale. Ne rimane ora un Prosciuttellum e niente più. Niente super-bonus maggioritario, niente liste bloccate.

    Chi consolerà le vedove del "potere di nomina" in forza del quale il Parlamento della Repubblica era stato trasformato in un bivacco di nominati? Adesso anche i nominati se ne vanno per conto loro, o sono comunque a rischio di farlo, perché potrebbe saltargli in mente di rappresentare la Nazione senza vincolo di mandato.

    La Nazione si trova sull'orlo di un vero e proprio cedimento strutturale. E nonostante ciò esistono settori dell'establishment che reputano impossibile da noi una crisi weimariana, per la semplice ragione che nessuno può volere una cosa così brutta. Reputano.

    Grillo, per esempio, si diverte a insultare tutte le istituzioni repubblicane, Parlamento, Governo e Presidente della Repubblica inclusi. Esorta i capi dell’esercito, dei carabinieri e della polizia all'insubordinazione generale: “Nelle prossime manifestazioni ordinate ai vostri ragazzi di togliersi il casco e di fraternizzare con i cittadini. Sarà un segnale rivoluzionario, pacifico, estremo. E l'Italia cambierà. In alto i cuori." Parole testuali.

    Berlusconi, per esempio, propone un governo "di tutti" per licenziare una nuova legge elettorale maggioritaria a due turni con impianto presidenziale e andare poi "subito al voto”, già nel maggio prossimo in un election day da tenersi con le Europee. Dice lui. E però, introdurre il presidenzialismo comporterebbe minimo un anno e mezzo di procedure di rango costituzionale. Subito al voto?! Per intanto, i neonati circoli di “Forza Silvio” attenzionano il movimento dei forconi.

    Infine, l'uomo nuovo, Renzi, il quale nel suo discorso d'investitura ha adulato la razza padrona (come Veltroni), attaccato il Sindacato (come D'Alema) e completamente dimenticato l'Europa (questa, in effetti, è una novità). Renzi dice che parlerà con "tutti", cioè con gli altri due suoi colleghi leader extraparlamentari della politica italiana, per abrogare subito il Senato e ridurre il numero dei deputati, licenziando anche lui una nuova legge elettorale. Vasto programma, buono tutt’al più a destabilizzare il governo, che è poi la vera posta in palio dell'ennesimo duello interno al Pd, dove "al Principe nuovo è impossibile fuggire il nome di crudele".

 

 

Riassunto. Di fronte alla maggiore crisi del Dopoguerra i tre leader extraparlamentari della politica italiana avanzano proposte svarianti dallo spontaneismo costituzionale alla marcia su Roma e dintorni.

    Che dire?

    Vedrete presto come costoro con codeste tattiche irresponsabili precipiteranno, ahimè, il Paese nel caos. Se non la piantano.

    Eppure, l'agenda Italia sarebbe oggi abbastanza semplice: Governo e Parlamento dovrebbero concentrarsi sull'emergenza sociale e sull'Europa.

    Dovrebbero cioè andare in primo luogo a prelevare qualche decina di miliardi dai grandi patrimoni e dal gioco d'azzardo per poter operare, finché siamo ancora in tempo, qualche minimo intervento a salvaguardia dell'economia produttiva e a sostegno dei meno abbienti.

    In secondo luogo l'Italia deve prepararsi al confronto politico per gli Stati Uniti d'Europa; e ciò vuol dire battere in breccia la logica da "lotta di classe dall'alto" insita fatalmente nelle loro "dinamiche della rapacità" tecnocratica e finanziaria.

 

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Ciò premesso, torniamo alle riforme, o meglio al metodo necessario per realizzarle. M'interesso di questa pluridecennale vicenda delle riforme ormai in un vero stato d'apprensione. Mi sentirei più tranquillo se sapessi che a occuparsene verranno, democraticamente, chiamati i migliori esperti che abbiamo: gli Onida, i Besostri, gli Ainis, i Capotosti e via elencando.

    Invece, i tre leader della politica italiana – quando non facciano mostra di voler rottamare pezzi di Palazzo a spallate e vaffangrilli – puntano a cambiare la Carta a colpi di maggioranza dentro un Parlamento geneticamente modificato in senso maggioritario e giunto perciò al nadir del suo orizzonte di autorevolezza.

    Le conseguenze nefaste di questo "metodo" sono ben note. Basti citare la revisione del "Titolo V" con le sue ricadute in termini di spesa regionale fuori controllo e altre pazzie. E' istruttivo soffermarsi su questo amalgama federalista malriuscito perché non nasce dal famigerato Porcellum, bensì da una costola della sinistra maggioritaria implementata dentro l'impianto proporzionalistico della Repubblica.

    Beninteso, il punto non è ritornare al proporzionale, che pure aveva garantito i quarantacinque anni meno peggiori della nostra storia unitaria.

    Il popolo italiano ha tutto il diritto di decidere che la sera delle elezioni non si può più vivere senza conoscere nome e cognome di chi ci governa. Occorrerà quindi un sistema presidenziale o semipresidenziale, e poi basterà una sola camera legiferante, magari con un terzo di deputati in meno, possibilmente pagati la metà di quanto ricevono oggidì. E zero soldi ai partiti. Eccetera eccetera eccetera.

    Tutto ciò è, volendolo, perfettamente legittimo. Ma bisogna "andare lì a vedere" come si specifica l'autodeterminazione democratica nel merito delle questioni sul tappeto. E allora occorre celebrare un confronto politico espressamente imperniato sulle riforme, alla fine del quale eleggere una Costituente, messa al riparo dalle esaustioni tattiche e formata da rappresentanti che il popolo italiano abbia giudicati idonei a redigere un disegno coerente di riassetto delle istituzioni.

    Come nel Dopoguerra, repetita iuvant, i cittadini potrebbero ricevere due schede, l’una per l’elezione dei costituenti, l’altra per la scelta della forma di Governo, se parlamentare, presidenziale o semipresidenziale.

    Dopodiché, il numero dei costituenti andrebbe determinato sulla falsariga della Commissione del 1946: non oltre i cento. Sarebbe altresì consigliabile stabilire che gli elettori attribuiscono un mandato a termine, senz'altri oneri per lo Stato che non siano, oltre alla copertura dei costi di trasporto sostenuti dai costituenti, la messa a loro disposizione di un centro congressuale dotato degli alloggi necessari e attrezzato a ospitare i lavori della Commissione.

 

 

Pellegrino da San Daniele, Santa Colomba (1495)

  

 

LETTERA APERTA

 

A Laura Boldrini e a Pietro Grasso

 

Signora Presidente della Camera e Signor Presidente del Senato, la recente decisione della Corte Costituzionale che, accogliendo i rilievi sollevati dalla Corte di Cassazione, ha dichiarato incostituzionale il “porcellum”, dimostra la lungimiranza dei padri costituenti che hanno armato la fragile democrazia riconquistata a prezzo della lotta di liberazione con robuste istituzioni di garanzia, la magistratura indipendente e la Corte Costituzionale che, in questo caso, sono riuscite ad intervenire e a sanare la ferita più grave che un sistema politico impazzito aveva inferto alla democrazia costituzionale.

    Le leggi elettorali hanno un influsso immediato e diretto su quel principio supremo della Costituzione che attribuisce la sovranità al popolo determinando la qualità della democrazia rappresentativa ed i suoi limiti. Esse danno contenuto al sistema politico e realizzano la Costituzione vivente con riferimento alla forma di governo, alla forma ed alla natura dei partiti politici ed alla possibilità dei cittadini di concorrere a determinare la politica nazionale (art. 49 Cost.). L'esperienza storica ci insegna che lo Statuto albertino è stato distrutto dalla legge Acerbo, che ha consentito a Mussolini di prevaricare sull'opposizione ed assicurarsi la fedeltà di un Parlamento ridotto ad un bivacco di manipoli.

    Nel 2005 con la legge Calderoli è stato introdotto un sistema elettorale molto simile alla legge Acerbo, in virtù del quale è stato fatto un ulteriore passo, dopo l'introduzione del maggioritario nel 1993, per una svolta in senso oligarchico del sistema politico, comprimendo il pluralismo attraverso la tagliola delle soglie di sbarramento e del premio di maggioranza, e consentendo ad una ristrettissima cerchia di capi di partito di determinare per intero la composizione  delle Camere, “nominando” i rappresentanti del popolo, senza che il corpo elettorale potesse mettervi becco. Questo sistema elettorale ha favorito una evoluzione in senso “castale” del sistema politico rappresentativo, tanto che nel senso comune coloro che dovrebbero essere i rappresentanti dei cittadini vengono percepito come una “casta”, cioè un corpo estraneo, portatore di interessi suoi propri, contrapposti al corpo elettorale di cui dovrebbero essere espressione.

 

 

Laura Boldrini e Pietro Grasso

 

La sentenza della Corte Costituzionale interviene a sanare questo vulnus alla democrazia poiché sancisce con autorità di giudicato, che i sistemi elettorali, seppur dominio riservato della politica, devono essere coerenti con l'impianto costituzionale, che prevede che il voto deve essere libero (il che significa possibilità di scegliere più proposte politiche) ed uguale (il che significa che non ci deve essere un quoziente di maggioranza e uno di minoranza, come prevedeva la legge Calderoli) e conseguentemente le assemblee parlamentari  devono essere rappresentative della pluralità di interessi, bisogni e domande presenti nel corpo elettorale e nella società italiana poiché tutti i cittadini (e non solo alcuni) hanno diritto di concorrere a determinare la politica nazionale. E' compito precipuo del Parlamento mettere a confronto le diverse domande politiche e realizzare una sintesi che consenta un governo autorevole ed efficiente.

    Orbene, l'insegnamento della Corte Costituzionale non può essere ignorato o disatteso nel momento in cui il Parlamento è intento al compito di riscrivere la legge elettorale. Né si può accettare che il complesso dei partiti e dei media qualifichino come una “sciagura” il sistema elettorale proporzionale che residua dopo gli interventi correttivi della Corte Costituzionale poiché la Consulta ha reso la legge elettorale vigente coerente con l'ordinamento costituzionale ed i diritti dei cittadini elettori. Ove ritenga non adeguata la legge vigente, come corretta dalla Corte Costituzionale, il Parlamento  è libero di intervenire ed introdurre delle modifiche al sistema elettorale, ma nel disegnare una riforma deve  rispettare il parametro della compatibilità del sistema elettorale con la Costituzione repubblicana e non può sacrificare alla governabilità il pluralismo politico e la rappresentatività delle Assemblee parlamentari, né può inseguire miti anticostituzionali come quello del ricorso al corpo elettorale per realizzare l'investitura di un governo o di un capo politico.

    Signora Presidente della Camera e Signor Presidente del Senato, noi chiediamo di vigilare per evitare che la prossima riforma elettorale non tradisca nuovamente la Costituzione e con essa la dignità del popolo italiano e la sua storia.

 

Domenico Gallo – consigliere di Cassazione, già parlamentare, autore di numerosi saggi sul tema dei diritti.

  

 

SPIGOLATURE 

 

Una fiducia non scontata

 

di Renzo Balmelli 

 

FIDUCIA. E' prematuro dire se il cambio della guardia alla testa del Pd sia il presagio di un periodo di bonaccia nella convulsa politica italiana. Bisogna augurarselo, ma di sicuro la reazione non mollerà la presa tanto facilmente pur di tenere il Paese sotto scacco. Comunque sia, intanto il governo incassa la fiducia delle Camere; un gesto che non era scontato, soprattutto al Senato, dopo la vociante sarabanda messa in scena da Forza Italia e dai pentastellati. E quindi ancor più significativo, se si considera l'ampiezza della posta in palio. Ora non resta che mettersi all'opera per non sprecare altro tempo prezioso. Il voto del Parlamento non è una cambiale in bianco, questo no, ma un segnale molto importante che oltre a confermare il sostegno all'Esecutivo lascia sperare nella possibilità di una navigazione meno turbolenta in vista delle riforme. Che è poi quanto ha bisogno l'Italia in questo periodo segnato dalla crisi, dalla rassegnazione e dalle sventurate contorsioni di chi cavalca il movimentismo non certo animato da nobili intenti .In politica il passato pesa, specie dopo un ventennio traumatico, ma se persino Obama e Raul Castro si stringono la mano in mondovisione è immaginabile che anche a Roma si possa pianificare il futuro con maggiore serenità e in un clima meno esasperato.

 

DIGNITÀ. Ogni successione importante contempla la speranza di un cambiamento. Nel Pd, erede di una tradizione culturale votata al primato delle idee, sono maturate dopo un lungo travaglio le condizioni per uno storico mutamento che non può in nessun modo venire disatteso. In quest'ottica Matteo Renzi si accinge ora ad affrontare la prova del fuoco. Senza indugi il nuovo segretario dovrà dimostrare non soltanto a parole, di cui non è certo sprovvisto, ma anche nei fatti, di essere l'uomo giusto al posto giusto, all'altezza del trionfale mandato ricevuto alle primarie. Da qui non si scappa: l'incentivo rappresentato dal maggior partito italiano è l'unica alternativa in grado di arrestare la marea montante di una destra sempre più demagogica. D'altronde dovrebbe essere chiaro a tutti che l'obiettivo primario di una sfida epocale in cui per vincere non basta rottamare, consiste proprio in questo: consiste nella capacità di ricostituire il tessuto morale per portare la nazione fuori dall'infausto inverno di Arcore. Richiesti all'uopo sono, in ugual misura, grandi visioni e progettualità concrete nella piena consapevolezza che "sinistra" significa in primo luogo dignità.

 

"NEGRI". Gli hanno tributato onori planetari, ma il più importante sarà di non lasciare che gli ideali di giustizia e libertà – per i quali Mandela si è battuto fino a quando le forze lo hanno sorretto – finiscano in uno scatolone chiuso nel mausoleo della storia. Per misurare l'ampiezza dello straordinario cammino compiuto da colui che verrà ricordato come l'ultimo mito del Novecento, bisogna immaginare cos'era l' orrenda realtà dell' apartheid, quando i neri del Sud Africa erano considerati dai coloni bianchi poco più che oggetti di cui disporre a piacimento, e non persone. Per porre fine allo scempio, colui che spezzò le catene della prevaricazione dell'uomo sull'uomo, ha trascorso un terzo della sua vita in carcere, convinto che il mondo non avesse un solo colore. C'è riuscito, ma ora, come detto, è la sua eredità che andrà amministrata e perpetuata con saggezza per far sì che la gramigna del segregazionismo, mai del tutto estirpata, non torni ad attecchire e a infestare i comportamenti verso coloro che sono ridiventati i "negri" agli occhi degli incalliti oppressori sparsi ai quattro angoli della terra.

 

SGOMENTO. Nei rigurgiti del razzismo che intossicano l'Europa, non c'è più rispetto nemmeno per Anna Frank, la ragazzina ebrea trucidata dai nazisti. L'ennesimo episodio antisemita arriva dal cuore di Roma e ruota attorno al tifo esasperato tra opposte fazioni in cui l'immagine della giovane è stata oltraggiata in modo abominevole. Si rimane sgomenti di fronte a un episodio tanto aberrante; un'escrescenza nauseabonda che è la spia di una sottocultura frutto dell'ignoranza e degli esempi forniti dai cattivi maestri. A tal punto da perdere di vista il rispetto verso il passato. Che poi, su questo fronte, agiscano forze che campano sugli istinti riposti e le ideologie bacate per raccattare voti, non fa che accrescere lo sconcerto in chi paventa derive ancor più minacciose.

 

GOGNA. Avrà tanti difetti, ma l'Italia non è di sicuro un Paese autoritario. Tuttavia pare non sia tramontato il vizietto della gogna mediatica e delle liste di proscrizione per i giornalisti sgraditi al "regime" di cui si ebbe una prima, eloquente dimostrazione col famigerato editto bulgaro di Silvio B. Ora sembra che anche i grillini vogliano mettere il bavaglio alla libertà di criticare e quindi alla libertà di stampa. Si va così costituendo una sconclusionata alleanza che ha quale collante il populismo e che si sviluppa lungo due direttrici, l'una non meno perniciosa dell'altra: da un lato gli attacchi sconsiderati al Colle, dall'altro il piacere maligno di soffiare sul fuoco per portare il Paese allo sfascio. Dove vogliano arrivare con un programma tanto velleitario e confuso è una incognita non esente da pericoli: ma qualsiasi cosa sia non sembra portare a buon fine. Forse a chi si ostina a farla fuori dal vaso sfugge il fatto che nel giornalismo è un obbligo morale diffidare del potere, specie se ha queste fattezze.

 

MOBILITAZIONE. Mai come adesso è parso necessario mobilitarsi per salvare l'Europa dal nazionalismo che di giorno in giorno si sta facendo sempre più forte, incendiario e ostile, col rischio di portarla alla rovina. Sullo sfondo dei moti che dall'Ucraina all'ira dei "forconi" testimoniano l'esistenza di un profondo disagio, la tendenza a esasperare le difficoltà – che pur ci sono e sono tante – rispetto ai progetti comunitari, può magari far vincere una singola battaglia elettorale, ma alla fine – chiosa Enrico Letta – costruire solo macerie. Parole sante, poiché fu proprio sulle macerie che nacque l'Europa unita, determinata a bandire la guerra dal suo orizzonte. Sessant'anni di pace sono li a dimostrare che l'impresa è possibile, non soltanto per farne una terra di opportunità economiche, ma anche di giustizia e libertà.

 

VITALITÀ. Metti sullo stesso palcoscenico l'intoccabile Traviata e una regia molto poco tradizionale, e lo spettacolo nello spettacolo, tra applausi interminabili e manifestazioni di dissenso, è assicurato. Si sa che ogni prima alla Scala crea rari momenti di totale concordia. La contestazione è però anche un segno di vitalità. Mostra infatti l'altra Italia, la migliore, quella non contaminata dal bunga-bunga, quella che lo stesso giorno ha trionfato grazie a Paolo Sorrentino, regista, e Paolo Servillo protagonista, all'Oscar europeo del cinema con " La grande bellezza". Mentre si faceva buona cultura, da destra si levavano le solite berlusconate di fine impero. Come volevasi dimostrare, la decadenza non è di un uomo solo, ma del sistema da lui creato e di chi l'ha tenuto in piedi.

    

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

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FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

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Parliamo di socialismo

 

Ricordi amari

 

Ho trovato interessante, ben scritto e spesso acuto “Ricordati di vivere”, il libro autobiografico di Claudio Martelli appena uscito da Bompiani,.

 

di  Vittorio Emiliani

 

Martelli è il primo e il solo, per ora, degli esponenti della classe dirigente  al potere nel Psi e nel Paese fra 1976 e 1993 (Craxi, Signorile, Cicchitto, De Michelis, Amato, ecc.) a scrivere un’ampia testimonianza, anche politica, su quella complessa, importante e, alla fine, drammatica vicenda.

    Intrigante è anche un altro libro, quello di Valdo Spini (“La buona politica. Riflessioni di un socialista”, Marsilio), ma Valdo non fu mai craxiano, né ebbe responsabilità dirette nella involuzione del Psi.

    Martelli pone molti problemi, molte spine critiche, in modo incisivo anche. Dipinge un Craxi, dal quale alla fine dissentirà, che confida di accrescere i consensi socialisti detenendo il potere e, alla fine, al potere si acconcia con Andreotti e Forlani, senza più spinta riformatrice. Testimonianza interessante, da cogliere come spunto per una discussione più ampia. E però forse troppo indulgente verso se stesso e verso quella classe di governo che, soprattutto nel partito, non portò le novità indispensabili rispetto alla deriva clientelare dell’ultima gestione demartiniana.

    “Tutto il partito sta sulle mie spalle”, denunciò Craxi nel 1990 (se non erro). Purtroppo ad un quindicennio dal Midas poco o nulla era cambiato nel Psi, l’autoriforma non c’era stata, il radicamento nel potere locale e nazionale aveva diffuso e potenziato corruzione e arricchimenti personali, come denunciò Enzo Mattina al Comitato Centrale del 15 luglio 1982, tre mesi dopo la promettente Conferenza Programmatica di Rimini, come aveva denunciato ancor prima Giorgio Ruffolo al Congresso di Rimini del 1987 invocando “pulizia”.

    Eravamo insieme Giuseppe Tamburrano e io fuori dalla sede congressuale riminese e ci passavano davanti flotte di auto blu di ministri, sottosegretari, presidenti e assessori regionali, presidenti di banche, casse di risparmio, aziende a partecipazione statale, ecc. “Noi con le nostre macchinette, caro Giuseppe”, gli dissi, “siamo proprio fuori, di un altro mondo”.

    Pensavano che il Paese avrebbe perdonato ai socialisti i “peccati” di sottogoverno che da decenni perdonava alla Dc. Si sbagliavano: la Dc aveva salvato il Paese dal comunismo e milioni di italiani le erano riconoscenti. Dal Psi – che aveva avuto dei padri onesti e appassionati – si aspettavano altro e furono delusi.

    Finì molto male. Col deserto attorno ai socialisti. Grazie anche ad un Pci che allora guardava ai socialismi europei come a dei nemici o a dei partiti “inferiori”.

    

 

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

Gli auguri di Camusso a Renzi

 

“Ripartire dal mondo del lavoro”

 

"Desidero inviarti a nome di tutta la Cgil, le congratulazioni per la tua elezione e i nostri auguri per il delicato, gravoso e importante incarico che stai per assumere. La crisi economica, sociale, politica e morale che sta vivendo l'Italia, richiede a tutti noi di impegnarci, ciascuno nel proprio ruolo e nel rigoroso rispetto delle reciproche autonomie, per dare a chi vive e lavora nel nostro Paese un futuro di crescita, stabilità economica, sicurezza, diritti e coesione sociale".

    Con queste parole il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, in un messaggio inviato a nome di tutta la Confederazione ha espresso gli auguri e gli auspici di buon lavoro al neo eletto segretario del Pd, Matteo Renzi.

    "La crisi economica preme - prosegue Camusso -, la povertà avanza, le diseguaglianze sociali aumentano, la credibilità della politica e delle istituzioni è a rischio. È dal mondo del lavoro che, secondo noi, bisogna ripartire per dare un futuro all'Italia e all'Europa, avendo attenzione alle necessità di coloro che producono e ai loro bisogni, riconoscendone i meriti, tutelando chi negli anni passati ha determinato la crescita e la ricchezza dell'Italia ed elaborando politiche economiche e sociali che, invertendo i paradigmi adottati in questi disastrosi anni di politiche liberiste, diano la giusta importanza e dignità a chi ha contribuito più di ogni altro a mantenere il nostro Paese nel novero delle grandi nazioni manifatturiere".

    "La missione che tutti noi abbiamo di fronte è complessa, richiede saggezza e coesione. Sono certa che ne sei consapevole e so anche che per te ora inizia il compito più difficile. Nella Cgil, se vorrai e se saprai rispettarne il ruolo di rappresentanza di lavoratori e pensionati, troverai un interlocutore forte, autonomo, propositivo che saprà dialogare ed esprimere sempre con trasparenza e chiarezza le divergenze come il consenso. A te vanno i nostri auguri di buon lavoro".

    Camusso, in una telefonata ha poi formulato al segretario uscente, Guglielmo Epifani, i saluti della Cgil e lo ha ringraziato per l'attenzione che in questi mesi ha sempre avuto per il mondo del lavoro e per i pensionati.

            

 

Le idee

 

Domande senza risposta

 

Solo un recupero della politica è condizione fondamentale per ritrovare il senso di una realtà nazionale con concretezza morale e con conseguente effettiva capacità di governo.

 

di Paolo Bagnoli

 

La decisione della Corte Costituzionale non è giunta inattesa. Già in due sentenze, nel gennaio 2008 e nel gennaio 2013 (quando vennero esaminate le richieste referendarie), la Consulta aveva segnalato i punti di criticità della legge. Ed è grave responsabilità dei Parlamenti precedenti non avervi messo mano.

    Ora ce la devono mettere per forza. Ma tutto lascia credere che, se la Corte non fosse intervenuta, al di là del gioco di parole, non sarebbe successo niente. Il tutto ci dice quanto sia scaduto il ruolo del Parlamento e su quale livello navighi la qualità di chi vi siede. Se così non fosse, non saremmo dove siamo.

    Non facciamo l’errore di ritenere che la crisi sia solo il frutto della legge elettorale. Ci sembra, alle prime battute sul nuovo da farsi, che stia prendendo campo una tendenza non bella: ossia di ridurre tutta la questione, e quanto vi è sotteso, solo a un fattore tecnico che permetta di salvare il bipolarismo. Fermo restando che tale confuso sistema ha prodotto un risultato peggiore di quello sostituito, avremmo preferito sentire qualcuno sostenere che, per rimettere il Paese sulla strada della riconquista della politica, una buona legge elettorale può aiutare. Tutti, invece, parlano con grandi additivi demagogici. E tutti  sembrano voler ridisegnare il sistema a prescindere dall’insieme della politica democratica della Repubblica.

    Nessuno che dica come la nostra crisi stia nelle viscere del Paese più di quanto è invece indotto dalla bufera finanziaria. Solo un recupero della politica, e quindi delle istituzioni repubblicane, è condizione fondamentale per ritrovare, da una parte, il senso di una realtà nazionale con concretezza morale; e per elaborare, dall’altra, scenari politici veri, con conseguente effettiva capacità di governo.

    Non si può ridurre la tematica della governabilità a un processo di tassazione che sta strangolando il Paese. Né ci si può ridurre a rappresentare un’Europa che non esiste; ad annunciare, come fa il ministro Saccomanni, una ripresa che, come l’orizzonte, si allontana quanto più uno ci si avvicina; a sopportare un sistema bancario – unico vero impegno della politica europea – che non assolve, peraltro, al proprio ruolo; a ritenere che la questione dell’Italia stia esclusivamente nel pagare più tasse e meno pensioni. La si smetta di strologare sui giovani, la ricerca e compagnia cantando: in Italia, come in ogni altro Paese del mondo, il problema dei giovani va di concerto con quello che giovani non lo sono più. E, come si è visto, strapazzare questi ultimi non porta nessun giovamento ai primi. Infine, la si smetta di prendersela con la Costituzione che con la crisi non c’entra nulla, ma anzi indica ancora il riferimento per il presente e il futuro della Repubblica.

    Vedremo cosa sarà scritto nelle motivazioni della Consulta, ma nel comunicato dei giorni scorsi, dietro la terminologia giuridica, ritroviamo un dato importante. L’abolizione delle liste bloccate e il ritorno alla scelta del parlamentare da parte dei cittadini, significa porre sul tavolo, al di là degli aspetti propri di legittimità costituzionale, la grande questione del ritorno della gente nella politica, il superamento delle forme di controdemocrazia in atto.

    Con la cancellazione dei partiti politici, identitari e soggetti del “mandato politico”, sostituiti da movimenti di ceti di potere, o aspiranti tali, oppure da "contenitori" utili solo alla conquista del governo, la gente è scomparsa dalla soggettività politica. Lo spirito democratico della Repubblica si è fortemente affievolito portando con sé la crisi della legge, della sua legittimità intrinseca e, pure, del suo doveroso rispetto.

    Confermano tutto ciò le primarie del Pd – ma il termine primarie è improprio poiché esso significa selezione e non scelta definitiva. Invece che primarie sarebbe più corretto definirle ultimative. Ora anche la Lega ha usato il sistema delle primarie-ultimative, solo che il diritto al voto era riconosciuto solo agli iscritti. Su sponde diverse ce lo conferma anche il sistema del social network su cui si fonda il grillismo. In maniera diversa, ma con medesima sostanza, si colloca la rinascita di Forza Italia fondata addirittura sull’esercito di Silvio.

    In conclusione, si va alla ricerca della gente per avere ruolo politico poiché è proprio la gente a costituire il nerbo della politica democratica. Ma si tratta di soluzioni fortemente intrise di demagogismo che coprono la polvere sotto il tappeto.

    Nel caso del Pd, poi, il fatto che il segretario venga eletto indipendentemente dagli iscritti, ma da chiunque cittadino lo voglia votare, non significa che il votante sia un soggetto attivo; questo significa solo che all’eletto viene conferito un potere assoluto e se il partito venisse a trovarsi in disaccordo con lui, il voto della gente che lo ha espresso colloca il capo sempre dalla parte della ragione. Così il partito altro non è che il suo segretario. E la chiamano partecipazione. In realtà, è l’istituzionalizzazione di un populismo autoritativo.

    Ritenere che un tale modo di agire sia un tassello della ricostruzione democratica è un tragico errore  e accelera il movimento verso un sistema senza partiti – come teorizza del resto Casaleggio. Stiamo scivolando verso una democrazia commissaria.

    In un attacco di estasi verso le primarie, Arturo Parisi ha esplicitato tutta la sua “insoddisfazione” per i “congressi riservati agli iscritti.” Ma, di grazia, a chi dovrebbero essere riservati i congressi se non agli iscritti? Oppure è ipotizzabile un partito senza iscritti? Domande destinate a rimanere senza risposta.

    I rischi impliciti sono grandi. D’altronde c’è anche qualche autorevole politologo che, dalle pagine di autorevolissimi quotidiani, sostiene che dalla crisi di sistema si esce con l’uomo delle decisioni ché, se così fosse, il campo per l’affermazione d'interessi particolari sarebbe sgombro… O non avverrebbe invece l'inarrestabile sprigionamento di quelle forze che cercano di arraffare quanto possa loro procurare profitto? Da un sistema democratico-parlamentare transiteremmo in uno d'interessi e la politica smarrirebbe definitivamente se stessa non avendo più senso di sé quale azione collettiva.

   

 

Da MondOperaio

http://www.mondoperaio.net/

 

Due continenti,

una lotta civile

 

Martin Luther King e Nelson Mandela ci parlano

 

di Danilo Di Matteo

 

L’attualità dell’insegnamento e dell’opera di Martin Luther King, di Nelson Mandela e di altri non è solo nella strenua lotta contro le discriminazioni razziali. No; è pure nell’aver lottato con tutte le energie contro il principio dell’ “eguali ma separati”. Principio che ha rappresentato un tentativo di giustificazione della segregazione su base etnica.

    Non ci possono essere libertà e democrazia senza convivenza, gli uni accanto agli altri, degli individui con diverso colore della pelle e di diversa provenienza. A iniziare dalla scuola. E qui si scorge la risonanza, persino emotiva, con recenti vicende, che si sono presentate anche in Italia.

    La logica del ghetto o dell’enclave compromette qualsiasi tentativo di dare sostanza all’astratta proclamazione dell’uguaglianza fra gli esseri umani. Solo il quotidiano confronto dei diversi negli stessi luoghi, a stretto contatto, consente alla nostra civiltà di maturare. Già, le differenze; né King né Mandela pensavano di negarle, proponendosi anzi di valorizzarle, facendone una ricchezza per tutti. Non è necessariamente per il “crogiolo” che passa la strada dell’emancipazione e della liberazione dei singoli e dei gruppi.

    Piuttosto bisognerebbe tendere a una sorta di coro o di orchestra sociale. Ciascuno suona il proprio strumento e usa la sua voce, il più possibile, però, in armonia con gli altri. Offrendo al maggior numero di persone le chance e le opportunità per migliorare la propria situazione e per promuovere le proprie capacità. Facendo in modo, cioè, che il ventaglio delle opzioni e delle scelte non sia determinato soprattutto dal villaggio o dalla famiglia di provenienza.

    E oggi dal Sudafrica, pure attraversato da mille tensioni e contraddizioni, ci viene una lezione di democrazia – sì, di democrazia – dai milioni di cittadini raccolti in preghiera nelle sinagoghe, nelle chiese delle varie denominazioni cristiane, nelle moschee ecc.

   

 

Da Notizie Evangeliche

http://www.fcei.it

 

Il movimento ecumenico mondiale e

il padre del Sudafrica democratico

 

Numerosi leader religiosi presenti ieri allo stadio

FNB per la celebrazione commemorativa

 

Roma (NEV) 11 dicembre 2013 - A poche ore dalla morte di Nelson Mandela, scomparso lo scorso 5 dicembre all'età di 95 anni, sono giunti da parte degli esponenti di chiese e di organizzazioni ecumeniche europee e mondiali i messaggi di cordoglio e di vicinanza ai famigliari e al popolo sudafricano. Ricordando non solo l'attivista anti-apartheid, già presidente del Sudafrica e Premio Nobel per la pace "Madiba", ma anche l'uomo di fede e di speranza, capace di perdono e riconciliazione, numerosi leader religiosi hanno reso omaggio all’eredità di Mandela.

    Il segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) Olav Fykse Tveit, presente alla commemorazione svoltasi ieri nel FNB Stadium di Johannesburg per l'ultimo saluto al padre del Sudafrica democratico, ha ringraziato Dio per la vita di Mandela, che ha descritto come un dono al Sudafrica e al mondo intero. Evocando lo speciale rapporto che Mandela ebbe con il CEC, Tveit ha ricordato come poco dopo la sua liberazione dal carcere nel 1990, dove trascorse 27 anni della sua vita, fece visita al CEC di Ginevra. In quell'occasione Mandela espresse la sua gratitudine per il sostegno delle chiese alla lotta anti-apartheid. Inoltre, nel 1998, da presidente del Sudafrica, Mandela si rivolse alla VIII Assemblea generale del CEC di Harare (Zimbabwe). Lodò gli sforzi delle chiese contro l’apartheid in Sudafrica, nonché i missionari che portarono alti livelli di educazione all’Africa, educazione di cui lui stesso usufruì da bambino negli istituti metodisti prima di Clarkebury e poi di Healdtown.

    La celebrazione commemorativa per questo "gigante della storia", si è aperta con una preghiera interreligiosa guidata dal rabbino capo sudafricano Warren Goldstein. A ricordare la lotta di Mandela contro l'oppressione e l'ingiustizia, nonché la sua fede evangelica metodista, il vescovo sudafricano Ivan Abrahams, segretario generale del Consiglio metodista mondiale (CMM), che ha detto: "Ha saputo portare speranza a chi è strozzato dalla povertà e dalla fame; ai disperati ha permesso di guardare a un futuro migliore; e ai tanti giovani sudafricani ha saputo dare dignità. Mandiba sarà di ispirazione ancora per tante generazioni a venire".

    Messaggi di cordoglio sono giunti, tra gli altri, anche dalla Conferenza delle chiese europee (KEK), dalla Comunione mondiale delle chiese riformate, dall'Alleanza battista mondiale, dalla Federazione luterana mondiale, dal quartier generale di Londra dell'Esercito della Salvezza, dalla Conferenza generale degli avventisti e dalla Comunione anglicana.

       

 

Da vivalascuola riceviamo

e volentieri pubblichiamo

 

Ridiamo i BES alla didattica

 

di Giorgio Morale

 

vivalascuola presenta una puntata dedicata ancora ai BES, con una intervista di Marina Boscaino ad Alain Goussot:

 

http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2013/12/02/vivalascuola-156/

 

E' arrivata il 22 novembre l'attesa nota del MIUR sul tema: la quarta in 11 mesi per annunciare, chiarire, chiarire i chiarimenti. Ed è annunciato un seguito.

Alla fine l’unica cosa chiara è che la “rivoluzione” dei BES (Bisogni Educativi Speciali) si è sgonfiata. Succede spesso in Italia con le rivoluzioni annunciate. Il Miur tranquillizza le scuole: con i BES non cambia nulla, continuate a fare quello che avete sempre fatto, "nulla è innovato".

Tutto come prima allora? No: si è messa in moto una “strategia della gradualità” rivolta: a giustificare un nuovo taglio di insegnanti di sostegno, come appare evidente dalle anticipazioni sulla spending rewiew; e a deprimere la didattica, come mostra Alain Goussot nell’intervista rilasciata a Marina Boscaino che proponiamo in questa puntata di vivalascuola.

   

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

 

LETTERA

 

Insulti

 

Questa mattina, aprendo la posta elettronica, ho trovato una mail particolarmente offensiva e lesiva della dignità umana.

    Insulti gratuiti e irresponsabili non solo verso i politici ma anche verso i giornalisti e le Forze dell'ordine, che svolgono ogni giorno il loro lavoro con serietà e rigore.

    Credo che ad oggi non ci sia la giusta consapevolezza del valore della difesa delle istituzioni democratiche. E invece il nostro impegno, a prescindere dalle appartenenze politiche e  dagli interessi personali dovrebbe essere quello di battersi fino in fondo perché questa demagogia e questa antipolitica siano sconfitte.

    Non vogliamo ritrovarci in un Paese senza istituzioni democratiche, senza il valore della politica, senza il vero valore che nella Carta costituzionale i partiti hanno rappresentato e ancora rappresentano.

    Credo anche che i colleghi delle diverse componenti debbano avere un sussulto di orgoglio e difendere le istituzioni fino alla fine: è un dovere per tutti.

 

Silvana Amati, senatrice del Pd

   

 

LETTERA

 

Renzi ha vinto

 

Ma soprattutto ha perso il gruppo dirigente

che ha governato la sinistra per vent’anni

 

Come ampiamente previsto Matteo Renzi ha vinto le primarie del PD, ma soprattutto ha perso il gruppo dirigente che ha governato la sinistra per 20 anni: Renzi, Cuperlo e Civati sono esponenti della nuova generazione ed è questa la ragione per cui molti sono andati a votare (ca 3 milioni).

    Renzi ha promesso che liquiderà la vecchia nomenklatura che ha compiuto imperdonabili errori non facendo quello che mezza Italia, in primis gli elettori di sinistra, si aspettavano: la legge sul conflitto d’interessi, una nuova legge elettorale, la riforma televisiva.

    D' Alema e i vecchi dirigenti hanno lavorato per riconsegnare ogni volta il paese a Berlusconi (vedi p.es. Bicamerale) e hanno condiviso, sia pur in parte, il sistema di corruzione nazionale e locale, con i vari Penati, grandi e piccoli, sparsi sul territorio, e la gestione dei grandi affari sporchi, vedi Monte dei Paschi di Siena.

    Capolavoro in negativo, dopo primarie e relativa campagna elettorale ritenute esaltanti, riuscire a perdere nel febbraio scorso elezioni credute già vinte e varare un governo con Berlusconi dopo averlo negato fino all'ultimo.

    Non dimentichiamo il plotone di esecuzione di 101 parlamentari che hanno impallinato il fondatore dell' Ulivo, R. Prodi. Credo che quest'episodio abbia fatto perdere definitivamente la pazienza della base: speriamo che la vecchia nomenklatura, così refrattaria a lasciare il posto a dirigenti più giovani e dinamici, lo capisca e faccia finalmente un passo indietro.

    Altrimenti, se saranno ancora i vecchi dirigenti, i vari D'Alema, Bersani, Bindi, Finocchiaro, Veltroni, Fioroni etc. a guidare la campagna elettorale per le prossime europee, si rischia di dare un'altra vittoria ai berlusconiani e diversamente berlusconiani.

    La speranza è che dalle ceneri di questo vecchio PD (ex PCI, ex PDS, ex Ulivo-Margherita etc.) nasca finalmente un vero partito progressista sull' esempio dei maggiori partiti di sinistra europei: SPD, Labour Party, PSOE, PSF, i partiti socialisti scandinavi etc.

    Certo, si poteva fare tutto questo già un anno fa. Probabilmente (anche se non c'è la controprova) un Renzi al posto di Bersani avrebbe tolto più di un voto a Berlusconi e non si avrebbe dovuto fare il compromesso – per molti umiliante e contro-natura – delle “larghe intese”. Errare humanum, sed perseverare diabolicum (dalemacum). Importante ora non dividersi come nel passato, ma stare uniti, come hanno promesso Cuperlo e Civati, anche loro esponenti del ricambio.

 

Lettera firmata - Lugano

 

Lei demonizza, letteralmente, il nome di un noto esponente del suo partito e poi, sulla stessa riga, si appella all’unità. Non le pare un po’ incongruo? – La red dell’ADL

   

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo

 

Direttore: Andrea Ermano

Amministratore: Sandro Simonitto

Web: Maurizio Montana

 

L'editrice de L'Avvenire dei lavoratori si regge sull'autofinanziamento. E' parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che dal 18 marzo 1905 opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista".

    L'ADL è un'editrice di emigranti fondata nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera.

    Nato come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte durante la Prima guerra mondiale al movimento pacifista di Zimmerwald; ha ospitato (in co-edizione) L'Avanti! clandestino durante il ventennio fascista; ha garantito durante la Seconda guerra mondiale la stampa e la distribuzione, spesso rischiosa, dei materiali elaborati dal Centro estero socialista di Zurigo.

    Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha condotto una lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana, di chiunque, ovunque.

    Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo nella salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

   

 

Allegato Rimosso
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