[Diritti] ADL 131031 - Ogni cosa



L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero www.avvenirelavoratori.eu

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La più antica testata della sinistra italiana, fondata nel 1897

La Newsletter dell'ADL di oggi – 31.10.2013 – è inviata a 40'490 utenti

Direttore: Andrea Ermano

   

 

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IPSE DIXIT

 

Ogni cosa a suo tempo - «Per tutto c'è il suo tempo, c'è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo. (…) Un tempo per strappare e un tempo per cucire; / un tempo per tacere e un tempo per parlare.» – Ecclesiaste

 

Geniale 1 - «L'ultima ripresa de “La nave va” è un punto mai raggiunto da nessun'altra cinematografia al mondo.» – Sidney Lumet

 

Geniale 2 - «Per quanto mi riguarda, io ho una grande notizia da darvi. Lo sapevate che il rinoceronte dà un ottimo latte?» – Federico Fellini

 

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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.03, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione o da fonti di pubblico dominio o da risposte ad E-mail da noi ricevute. Il nostro servizio d'informazione politica, economica e culturale è svolto senza scopo di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico e un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.03, 196, Art. 24).

   

 

DECADENZA - 1 

 

LA MIA SCELTA

PER IL VOTO PALESE

 

La senatrice Lanzillotta, il cui voto è stato determinante per la decisione della Giunta del regolamento del Senato, esplicita qui i motivi della sua scelta: “Non c’è dubbio che il voto non riguardi la persona ma solo il mero accertamento dell’esistenza di un presupposto di integrità morale”.

 

di Linda Lanzillotta

 

Roma, 30 ottobre 2013 – La mia decisione di votare, nella Giunta per il Regolamento, per il voto palese è stata adottata dopo un’analisi approfondita delle norme e dei precedenti e dopo un’importante discussione nella Giunta.

    Sul piano tecnico regolamentare gli elementi che mi hanno indotto a questa decisione sono i seguenti:

      1. Il Senato applica per la prima volta la Legge Severino e quindi non esistono precedenti invocabili in modo univoco.

      2. Non esiste nel Regolamento del Senato una norma esplicita che indichi la modalità di votazione utilizzabile nei casi analoghi ma non identici (ineleggibilità e incompatibilità). Il voto segreto è stato applicato in via di prassi.

      3. Il Regolamento della Camera precisa invece che il voto per la decadenza non è un voto sulla persona e quindi si applica il voto palese.

      4. In altre occasioni, alla luce di nuove valutazioni giuridiche e istituzionali, prassi consolidate sono state modificate senza che fossero mutate le norme positive.

      5. Nel caso di specie non c’è dubbio che il voto non riguardi la persona ma solo il mero accertamento dell’esistenza di un presupposto di integrità morale che condiziona la composizione del Senato. Non vi sono scelte discrezionali o di coscienza del Parlamentare che possono essere compromesse dal voto palese.

      6. Per questo mi sono dichiarata favorevole ad una decisione che circoscrivesse l’interpretazione in favore del voto palese al nuovo caso che si presenta e per il quale non ci sono né norme né prassi in contrario rinviando a specifiche valutazioni la questione del voto in materia di ineleggibilità e incompatibilità per le quali i precedenti sono nel senso del voto segreto.

      7. A queste considerazioni aggiungo che una estensione non dovuta del voto segreto andrebbe in direzione opposta a quella che ha orientato, dagli anni Novanta in poi, l’evoluzione dei Regolamenti parlamentari per fare sì che le procedure di Camera e Senato si svolgano nel rispetto della Costituzione e sempre più aderendo al bisogno di trasparenza che viene da parte dei cittadini e che è la condizione per conservare il rispetto dell’istituzione parlamentare e la legittimazione dell’esercizio delle  prerogative da parte di ogni singolo deputato e delle Assemblee nel loro complesso.

 

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La sen. Linda Lanzillotta (Scelta Civica)

   

 

DECADENZA - 2 

 

SOLO RISPETTO

DELLE REGOLE

 

Un commento alla decisione della Giunta del regolamento del Senato

 

di Anna Finocchiaro 

 

(Roma, 30.10.2013) - La decisione di oggi della Giunta per il regolamento non costituisce né uno strappo alla Costituzione né una modificazione o interpretazione del regolamento del Senato né tanto meno un mostro costituzionale.

 

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La sen. Anna Finocchiaro (PD)

 

Si è trattato, al contrario,  di una decisione circa la applicazione del regolamento ad un caso che il Senato ha affrontato per la prima volta, perché per la prima volta l'applicazione della legge Severino riguarda un componente del Senato. La decisione è stata adottata, peraltro, in coerenza con la natura della deliberazione e con i precedenti. E ricordo che la legge Severino è già stata applicata più volte nei confronti di componenti di altre assemblee elettive.

    Siamo di fronte ad una decisione presa sulla base delle regole e non sulla base di scelte politiche. Come Pd abbiamo proposto la strada della non modifica del regolamento, dimostrando che non si è trattato di una scelta contro qualcuno né di una decisione che riguarda la 'persona', ma di una decisione basata su solide regole giuridiche. Si doveva verificare la sussistenza dei requisiti richiesti per essere senatore, perché da questa verifica dipende la corretta composizione dell'assemblea del Senato.

    Di questo abbiamo discusso e questo è il tema che verrà sottoposto all'aula di Palazzo Madama che voterà su questo, come deve essere, in modo palese.

    

 

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

PAROLE E AZIONI DI

DONNE CONTRO LE MAFIE

 

Nell’ambito del ciclo ‘Corruzione e illegalità. Il NO delle donne’

invitano all’incontro sul tema:

 

PAROLE E AZIONI DI DONNE CONTRO LE MAFIE

 

Mercoledì 6 novembre 2013 ore 16.00

Roma, Via di S. Pantaleo, 66

(traversa di Corso Vittorio Emanuele, direzione Piazza Navona)

c/o Università Telematica PEGASO

 

Intervengono:

 

ALESSANDRA SCHETTINO,

professoressa dell’Università Telematica PEGASO

ROSARIA CAPACCHIONE,

giornalista e parlamentare, autrice di L'ORO DELLA CAMORRA (ed BUR)

LAURA CAPUTO,

giornalista e autrice di  IL CASTELLO DI SAN MICHELE  (ed Leucotea)

PAOLA DI NICOLA,

magistrata e autrice di LA GIUDICE  (ed Ghena)

ISA FERRAGUTI,

già senatrice e Presidente Cooperativa Libera Stampa (editrice di NOIDONNE)

MARIA ROSARIA LANZETTA,

già sindaca di Monasterace

SONIA MECENATE,

Dirigente della Pubblica Amministrazione Centrale

MONICA SOLDANO,

giornalista e direttora di Radio Cento Passi

 

dialogano e conducono: Marisa Rodano, Roberta Morroni, Tiziana Bartolini, Daniela Carlà.

 

Informazioni redazione at noidonne.org

 


 

ferite a morte

Politeama Rossetti - Trieste 31 ottobre 2013, ore 20,30

viale XX settembre, 45

 

In scena: Lella Costa, Orsetta de’ Rossi, Giorgia Cardaci, Rita Pelusio. Con loro interverranno sul palco Rossana Bettini Illy (giornalista), Michela Cattaruzza (vicepresidente di Confindustria Trieste) e Alessandra Zigaina (giornalista TgR Friuli Venezia Giulia).

 

“Ferite a morte” si avvale del patrocinio del Ministero degli Esteri  ed ha come main partner Eni. La tappa di Trieste è realizzata grazie al sostegno di Itaca cooperativa sociale onlus, Confcommercio Trieste, Legacoop Friuli Venezia Giulia e Agenzia sociale 2001.

 

Biglietti da 12 a 29 euro in vendita presso la biglietteria del Politeama Rossetti in  Largo Giorgio Gaber, 1 (Tel: 040-3593511)

   

 

SPIGOLATURE 

 

Stupisce che ci

si possa stupire

 

Nel balletto dello spionaggio amico tra le due sponde dell'Atlantico, ciò che maggiormente stupisce è il fatto che ci si possa stupire per qualcosa di cui da tempo si conosceva l'esistenza e che riguarda tutti.

 

di Renzo Balmelli 

 

SCANDALO. Nel balletto dello spionaggio amico tra le due sponde dell'Atlantico, ciò che maggiormente stupisce è il fatto che ci si possa stupire per qualcosa di cui da tempo si conosceva l'esistenza e che riguarda tutti. Siamo infatti in un campo in cui nessuno può dirsi innocente. Non sorprende quindi che dalla Casa Bianca la polemica raggiunga il Cremlino, risvegliando il ricordo della stagione in cui secondo la vulgata corrente faceva comodo pensare che le spie venissero dal freddo e fossero soltanto i comunisti a frugare nella vita degli altri. Non è una attenuante, nemmeno per Obama che adesso ha le sue gatte da pelare per riconquistare la fiducia degli alleati furiosi. Caso mai la differenza rispetto al passato è il dilagare di tecnologie ultra sofisticate e gadget truccati che consentono di intercettare qualsiasi Cancelleria e qualsiasi vertice, eludendo le reti di protezione e rendendo lo spionaggio uno strumento misterioso, potentissimo e impossibile da controllare. Questo semmai è il vero scandalo orwelliano.

 

GUERRA E PACE. Siamo così assuefatti da non farci emozionare quando sentiamo la parola guerra, una delle peggiori contemplata dal dizionario, se non la peggiore. Per trasalire, per indignarci, le immagini devono essere di una tale efferatezza da risultare intollerabili finanche ai generali. Complice l'indifferenza di chi finge di volerla, ma si guarda bene dallo smantellare gli arsenali, l'umanità si è rassegnata all'idea che la pace nel mondo sia la più utopistica delle utopie. A smentire la fallace teoria provvede con il suo instancabile impegno Jody Williams, invisa ai mercanti di morte per la sua vittoriosa battaglia contro le mine antiuomo che le valse il premio Nobel. Ora la "ragazza del Vermont", come ama definirsi, lancia una nuova campagna con l'obiettivo di smascherare il legame perverso tra tecnologia e guerra. Se avrà successo, il suo sforzo contribuirà a rendere la pace un tema meno utopistico, togliendo denaro alle armi per investirlo in vera sicurezza.

 

SOGNI. Che a travolgerli siano i panzer di Breznev o i bizantinismi post-sovietici, l'esito è sempre sconfortante: coloro che un tempo ormai lontano trepidarono per la primavera di Praga, dovranno arrendersi all'idea che i sogni muoiono definitivamente all'alba. Delle inaudite speranze tramandate da Dubcek alla rivoluzione di velluto di Vaclav Havel, restano ormai soltanto brandelli di ricordi e la nostalgia di epoche diverse, ma cariche di fermenti, che mai videro concretizzarsi le aspirazioni del Paese. A rendere il contrasto ancora più acuto concorre nella Repubblica Ceca, sorta dalle ceneri della Cecoslovacchia, l'esito delle elezioni politiche che mostra un quadro frastagliato e oltremodo confuso. Dalle urne emergono, quale espressione di una nuova-vecchia casta politica, due filoni contrapposti destinati a fare scintille: da un lato il ritorno dei comunisti, decisi a ritrovare un ruolo in governo, dall'altro la pesante zampata dei populisti, presagio di "relazioni pericolose" dai risvolti inquietanti.

 

GIRAVOLTE. Possibile non vi sia nella destra un'anima pia tanto coraggiosa da dire a Berlusconi quanto sia patetico riesumare vecchi simboli che ormai non incantano più nessuno. Dirgli che il Paese è cambiato, che seppure con grande fatica è iniziato un nuovo capitolo, che non si fa il bene della comunità con la guerriglia che i suoi rambo e le sue pitonesse vorrebbero scatenare per fermare il corso della storia. Con le " larghe intese" si è fatto di necessità virtù, ma non ad ogni costo, non fino al punto da costringere il governo a sprecare energie per rintuzzare i capricci del Cavaliere. Non è accettabile, insomma, la strategia che inventa un pretesto al giorno per scaricare sulla popolazione il peso di scelte azzardate delle quali chi le ha provocate dovrà assumersi per intero la sua responsabilità. Forza Italia? Povera Italia!

 

SCENARI. Da Firenze a Trento la distanza è molta, ma non insuperabile. Vi si incontrano non soltanto le molteplici varietà del paesaggio italiano, ma anche le varie sfaccettature della sinistra che quando vuole riesce a imporsi nella consapevolezza che uniti si vince e divisi si perde. Visto in quest'ottica il franco successo nel Trentino Alto Adige in contemporanea col tonfo del Pdl, dei grillini e di Forza Italia, al primo test dopo il ritorno al logo e al nome delle origini, apre nuovi scenari non soltanto politici, ma anche culturali a livello nazionale. Da tempo, infatti, serviva un deciso colpo d'ala per ripristinare la fiducia nell'Italia e non più accreditare nel mondo l'immagine di un Paese in disfacimento "nonostante la grande bellezza", secondo il ritratto severo che ne fa il New York Times. Alla sinistra compete ora l'obbligo morale, oltre che istituzionale, di ricucire lo spirito unitario per porre rimedio al danno creato da un ventennio che ha soffocato le regole ed enfatizzato la teatralità.

   

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

 

FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

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Parliamo di socialismo

 

L’ambiguità della

“via italiana al socialismo”

 

La tesi di Macaluso nel suo ultimo libro Comunisti e riformisti è in frontale contrasto con quanti hanno visto nel partito togliattiano un potente impedimento alla diffusione della cultura politica socialista-riformista nel nostro disgraziato Paese.

 

di Luciano Pellicani

 

Il titolo dell’ultimo libro di Emanuele Macaluso – Comunisti e riformisti – sintetizza assai bene qual è la tesi che vi è argomentata con passione e lucidità. Una tesi che è in frontale contrasto con quanti hanno visto proprio nel partito creato da Palmiro Togliatti l’istituzione che ha impedito che nel nostro Paese prevalesse la cultura politica del socialismo riformista. E’ accaduto che l’ipertrofica crescita del Pci – battezzata da Alberto Ronchey “il fattore K” — ha fatto sì che in luogo dell’alternanza di governo c’era l’alternativa di sistema , vale a dire la fuoriuscita dell’Italia dall’Occidente . Di qui il carattere plebiscitario che , a partire dal 1948 sino al crollo del Muro di Berlino ( 1989 ) , hanno assunto le elezioni nel nostro Paese. Eppure – controbatte Macaluso – , se si vanno a leggere i testi programmatici elaborati da Togliatti , non si può non convenire che in essi il riconoscimento dei valori cardinali della civiltà liberale – lo Stato costituzionale, le libertà individuali , il pluralismo politico, ecc. – è onnipresente. Sennonché – sempre secondo Macaluso – tutto ciò che per Togliatti aveva una “caratura strategica per una parte del suo partito era invece solo tattica”. Di qui la “doppiezza” che al Pci si è sempre rimproverato . Una “doppiezza” che nasceva dal fatto che , contemporaneamente alla elaborazione della “via italiana al socialismo”, c’era la legittimazione del sistema nato dalla Rivoluzione leninista ; una legittimazione che nasceva dal fatto che – le parole sono di Macaluso – nella visione togliattiana “il campo socialista continuava ad essere essenziale per mantenere viva la prospettiva del superamento del capitalismo”. Di qui l’aspra , accanita, instancabile polemica contro la socialdemocrazia , rea di aver rinunciato alla fuoriuscita dal capitalismo.

 

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De Gasperi, Nenni e Togliatti

 

E qui si tocca con mano l’ambivalenza organica della “via italiana al socialismo “ . In essa , erano compresenti il riformismo di stampo socialdemocratico e il totalitarismo di stampo bolscevico. E si tocca con mano anche la debolezza della tesi centrale del libro di Macaluso. Non fu solo il “gelo della Guerra Fredda “ ciò che impedì al Pci di essere coerentemente riformista; fu – anche e soprattutto – quello che Filippo Turati, nel memorabile discorso di Livorno, chiamò “il feticcio di Mosca”. Un feticcio che Togliatti contribuì a rafforzare . Una cosa che non poteva non produrre ciò che di fatto ha prodotto: l’eternizzazione della Democrazia cristiana al potere e , di conseguenza, il funzionamento anomalo della vita politica nazionale. Talché i contributi che il Pci ha dato alla costruzione e allo sviluppo della nostra democrazia – la partecipazione all’elaborazione della Carta costituzionale, l’alfabetizzazione politica di milioni di cittadini , l’energica difesa dei diritti dei lavoratori – sono stati tutti sotto il segno dell’ambiguità, Né avrebbe potuto essere diversamente, visto che il sistema che definiva se stesso “socialismo realizzato” era la più spietata forma di regime rivoluzionario mai apparsa sulla faccia della terra.

   

 

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

Fiat: mai più grandi numeri

 

Marchionne alla conference call sui conti del terzo trimestre 2013: “Non chiudo fabbriche in Europa per non agevolare i costruttori tedeschi, ma non ripeterò l'errore storico di Fiat di puntare sui grandi numeri. Il futuro è nel segmento premium.”

 

Fiat non chiuderà fabbriche in Europa per non agevolare i costruttori tedeschi. Lo ha dichiarato l'ad del Lingotto, Sergio Marchionne, durante la conference call sui conti Fiat del terzo trimestre 2013. Marchionne ha però anche sottolineato che “nel 2012 quattro grandi costruttori europei, fra i quali Fiat, hanno perso in Europa 8 miliardi di dollari”.

    “Non vedo niente in termini di mercato che autorizzi motivi di ottimismo” ha aggiunto il manager, ancora critico sulla sovracapacità produttiva del settore. “Non so quante altre industrie o le banche sarebbero disposte a perdere tanto, come l'industria dell'auto. E' necessario?” ha chiosato, puntando poi l'attenzione sul fatto che la concorrenza agguerrita sui prezzi tra le case automobilistiche non accenna ad affievolirsi: “Ho visto in Europa alcune pratiche sui prezzi che non avevo mai visto dal 2004”.

    Per quanto riguarda la strategia Fiat, Marchionne ha confermato che intende investire solo nel segmento premium: “Non ripetero l'errore storico" di Fiat di puntare sui grandi numeri, ha detto, confermando come il futuro del gruppo passerà attraverso una valorizzazione dei propri brand più noti, come Maserati e Alfa Romeo.

    Per quanto riguarda i conti di Fiat, Marchionne si è detto “relativamente soddisfatto” dall'andamento del mercato nel terzo trimestre. In dettaglio, in merito alla trasformazione di Mirafiori, Marchionne ha detto come questo investimento “conferma che ci stiamo allontanando dal tradizionale utilizzo dei nostri impianti" verso modelli premium. Marchionne ha anche definito "fuori luogo" la reazione del mercato sui conti Fiat del terzo trimestre.

        

 

Economia

 

Business as usual ?

 

Il caso di una banca sistemica: JP Morgan

 

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

Giustizia è fatta, si direbbe. La JP Morgan Chase, la prima banca americana, è stata condannata a pagare una multa di13 miliardi di dollari, la più alta della storia, per le frodi perpetrate ai danni di milioni di famiglie. Queste avevano acquistato la propria casa con un mutuo gravato da ipoteca a condizioni capestro. Frodati sono stati coloro ai quali la banca aveva venduto derivati finanziari tossici del tipo M.b.s. (mortgage-backed-security), prodotti che avevano come capitale sottostante strumenti speculativi legati a ipoteche gonfiate e impagabili.

    In cambio i dirigenti della banca vengono esonerati da ogni altra responsabilità civile e penale per le loro decisioni che, come è noto, hanno scatenato la crisi finanziaria e bancaria sistemica, che dagli Stati Uniti ha investito il resto del mondo.

    La giustificazione, addotta persino da alti rappresentanti del ministero di Giustizia americano, è che una loro eventuale condanna penale potrebbe avere conseguenze destabilizzanti per l’intero sistema economico. Le autorità giudiziarie di fatto si sono limitate a riscontrare esclusivamente la mancanza di controllo da parte della dirigenza della banca nei confronti di alcuni dipendenti corrotti o “megalomani”.

    Dei 13 miliardi di dollari di multa, 9 vanno alle casse dello Stato e circa 4 vanno a risarcimento delle famiglie e delle altre persone truffate. Negli Usa però si sta aprendo un diffuso contenzioso sociale in quanto le famiglie coinvolte giustamente non chiedono il semplice rimborso ma vogliono rientrare in possesso della casa loro confiscata per bancarotta.

    In specifico, i 4 miliardi dovrebbero prima passare attraverso la Federal Housing Finance Agency, un organismo governativo, quale risarcimento per l’azione fraudolenta della Jp Morgan nei confronti di Fannie Mae e di Freddie Mac, i due colossi parastatali del mercato ipotecario, a cui, nella fase più calda della bolla dei titoli subprime (2005-2007), era riuscita a piazzare ben 33 miliardi di dollari di titoli tossici.

    Si ricordi che, per salvare i due enti dalla bancarotta, il governo ha dovuto utilizzare 188 miliardi di dollari presi dal bilancio statale e, ovviamente, dalle tasche dei cittadini. Il risarcimento di 4 miliardi comunque non rappresenta che poco più del 2% del salasso in questione.

    La stessa multa di 9 miliardi, pur essendo apparentemente elevata, è molto meno della metà dei 21 miliardi di profitti conseguiti nel 2012 dalla JP Morgan. La banca ha annunciato pubblicamente di voler incassare 25 miliardi di profitti anche nel 2013. Si ricordi inoltre che dal 2010 essa ha accantonato per sole spese legali ben 28 miliardi di dollari.

    Ci si chiede come sia possibile ottenere così alti guadagni mentre l’economia americana ristagna e sta a galla soltanto grazie alle iniezioni di liquidità della Federal Reserve che nel 2013 supereranno complessivamente i mille miliardi di dollari.

    Così certamente è facile incassare profitti finanziari: la Fed concede liquidità a tassi vicino allo zero e il sistema bancario acquista bond del Tesoro ad un tasso di interesse del 3-4%. Del resto è notorio che le “too big to fail” non hanno mai smesso di operare sui mercati dei derivati speculativi Otc. E la Jp Morgan Chase, con i suoi 73 trilioni di dollari in Otc, detiene da sempre il record negli Usa.

    Eppure la truffa sopramenzionata è soltanto una delle tante che fanno oggetto di indagine da parte delle autorità di vigilanza. Ciò vale non solo per la JP Morgan ma per molte della grandi banche americane.

    Poche settimane fa la JP Morgan ha inoltre dovuto concordare il pagamento di un’altra multa di 1 miliardo di dollari per il famoso scandalo “London Whale”. In pratica aveva nascosto perdite in derivati nel 2012 per 6,2 miliardi e aveva fornito false informazioni alle autorità di controllo e al mercato circa la natura e i rischi insiti in certi derivati.

    Essa è anche oggetto di altre indagini, tra cui quella sul tasso Libor, quella sulle manipolazioni dei mercati dell’energia e per il coinvolgimento negli schemi truffaldini dello speculatore Bernard Madoff.

    Non vorremmo che i provvedimenti e le indagini delle autorità americane nei confronti degli intermediari finanziari speculativi si limitassero a gettare un velo sulle loro malefatte e servissero a lasciarli liberi di continuare con il business as usual.

    

 

Da MondOperaio

http://www.mondoperaio.net/

 

Il centrosinistra

cinquant’anni dopo

 

Capire il passato per immaginare il presente. Il 25 ottobre si è svolto a Bologna il convegno organizzato da Mondoperaio e dal Mulino per ricordare il cinquantesimo anniversario del primo governo di centrosinistra. Sono intervenuti tra gli altri Enzo Cheli, Emanuele Macaluso, Mariuccia Salvati, Ernesto Galli della Loggia, Piero Ignazi, Manin Carabba, Giuseppe Berta, Simona Colarizi, Gennaro Acquaviva, Luigi Pedrazzi, Paolo Pombeni, Guido Formigoni, Angelo Panebianco, Gianfranco Pasquino, Michele Salvati e Luigi Covatta. Nei prossimi giorni sarà messa in rete sul sito di MondOperaio la registrazione dell’evento. Di seguito anticipiamo una sintesi dell’intervento di Covatta.

 

di Luigi Covatta

 

Il 50° anniversario del governo Moro-Nenni non è il 25 ottobre, ma il 4 dicembre. Oggi però è il 50° anniversario del congresso del Psi che autorizzò Nenni a partecipare al governo. Alla mozione autonomista (che vedeva ancora uniti Nenni e Lombardi, benché ci fosse già stata la “notte di san Gregorio”) andò solo il 57% dei voti, mentre la sinistra di Vecchietti e Valori sfiorò il 40%.

    Nella Dc Fanfani era già stato sostituito da Moro, il quale, come scrisse Cafagna nel 1980, “distinguendosi abilmente […] dai dorotei, che lo avevano officiato per sostituirlo a Fanfani, riuscì a far dimenticare l’origine dorotea […] della propria affermazione politica e del mandato ricevuto, che era quello di risolvere la crisi parlamentare ottenendo l’organico concorso socialista a un governo saldamente doroteo”.

    Il centro-sinistra organico quindi comincia quando il centro-sinistra riformista è già finito. Secondo Cafagna così si determinò “un bel circolo vizioso: la Dc chiama dentro i socialisti non offrendo una politica riformatrice contro un sostegno, bensì, più prosaicamente, vendendo posti di governo contro un sostegno. Ma mentre in uno scambio politico del primo tipo (politica riformatrice contro sostegno) i socialisti avrebbero potuto ottenere una merce rivendibile all’elettorato di sinistra (e tentare così di rafforzarsi anche a spese dei comunisti), nello scambio svilito del secondo tipo (meri posti di governo contro sostegno) non ottenevano una merce rivendibile elettoralmente, ma una merce solo consumabile, per così dire, in casa, dal ceto politico socialista in quanto tale”. Ed infatti comincia la doroteizzazione del Psi, che peserà anche sull’unificazione socialista, e che nel 1976 porterà il Psi al suo minimo storico.

    Il centro-sinistra riformista non era frutto solo dell’attivismo di Fanfani e dell’illuminismo di Lombardi. Aveva alle spalle una lunga e rispettabile elaborazione politico-culturale sia in seno al mondo cattolico (Lombardini, Saraceno, Ardigò, Benevolo, Andreatta), sia nell’area laico-socialista (Giolitti, La Malfa, Momigliano, Guiducci, Zevi). Un’elaborazione che si sviluppò soprattutto nell’insostituibile crogiolo rappresentato dal Mulino, nel quale si fondevano cattolici, socialisti e liberali, oltre che nei convegni degli Amici del Mondo (meno su Mondoperaio, dal momento che non era semplicissimo passare dalla direzione di Raniero Panzieri a quella di Antonio Giolitti).

    Quella elaborazione andrebbe rivisitata anche per ricostruire una genealogia del riformismo italiano, che nel secondo dopoguerra si è manifestato innanzitutto attraverso quel dialogo fra cattolici e socialisti che era disgraziatamente mancato nel primo dopoguerra. Ed andrebbe rivisitata adesso, invece di ripetere giaculatorie esorcistiche sul non volere “morire socialisti” o sul non volere “morire democristiani”.

    Al congresso di Napoli del 1962 Moro si augura che “nessuno nella Dc voglia sostenere la tesi qualunquista della preminenza e sufficienza del programma”, mentre l’obiettivo da perseguire era “la creazione di un più stabile equilibrio in seno alla democrazia italiana”, cooptando “senza rischi, ed anzi con vantaggio, il Psi per la guida politica del paese e per la difesa delle istituzioni”: insomma, tutta politics e niente policies, laddove proprio sulle policies si era registrata la confluenza dei riformisti cattolici, laici e socialisti, mentre il paradigma delle politics restava l’intangibilità dell’unità politica dei cattolici e degli equilibri interni alla Dc che ne conseguivano, rispetto ai quali i bisogni del paese passavano in secondo piano: come disse Donat Cattin  al convegno di Lucca del 1967, “il partito dei cattolici– proprio per mantenere il massimo delle adesioni secondo una categoria non politica – ha finito molte volte per essere il partito della non scelta o il partito della scelta ritardata e fondata sulla necessità”.

    Si può discutere – e molto si è discusso specialmente da quando si è affermato il pensiero unico neoliberista – sull’adeguatezza delle policies del centro-sinistra fanfaniano. La nazionalizzazione dell’energia elettrica oggi sarebbe politicamente scorretta, anche se abbiamo appena finito di celebrare un altro cinquantenario, quello del Vajont. La scuola media unica ha dato luogo a quella scolarizzazione di massa che ancora oggi è oggetto di critica da parte di èlites non necessariamente di destra. La riforma urbanistica, che non passò, può sembrare un’utopia in un paese in cui, al di là delle salmodie sui beni comuni, ci si scanna sull’Imu. E l’idea stessa della programmazione rappresentava indubbiamente la quintessenza del dirigismo.

Tuttavia quel progetto dirigista presumeva anche una qualche politica dei redditi, perseguiva il riequilibrio territoriale, pretendeva di investire sul capitale umano e sul capitale sociale. E poteva costituire per la società italiana lo stress test necessario per superare, nel tempo medio, le due principali anomalie italiane: quella rappresentata dal vasto consenso di cui godeva il Pci, e quella che impediva l’autonoma rappresentanza di una destra liberale e conservatrice. Invece col prevalere delle politics (che del resto era anche nelle corde di Nenni e del suo politique d’abord), cioè con la riduzione del centro-sinistra a formula parlamentare, si determinò, come dice Cafagna (Una strana disfatta, 1996) l’accumulo di “un ammasso di cambiali a carico delle generazioni future che fu la vera sostanza di quel che è stato poi chiamato pomposamente dai critici consociativismo”.

    Per Cafagna, dopo che Fanfani aveva dato vita ad una “peculiare forma di autonomia del politico”, la Dc dorotea diede vita a quella altrettanto “peculiare forma di eteronomia dell’economico” che allora cominciò a svilupparsi: per cui “per il sistema delle imprese si passò dall’utilità dell’aiuto statale al bisogno parassitario di questo”, fino ad affermare “una singolare modalità vampiresca di aumento dei poteri di chi gestiva la cosa pubblica e che si nutriva di dissesti aziendali”.

D’altra parte il riformismo illuminista risultava “inabile a far blocco con interessi diffusi, eccentrico rispetto alla cultura popolare corrente, e quindi sostanzialmente improduttivo di consenso democratico immediato. […] In un mare in tempesta parlava di razionalizzare la nave rivolgendosi a passeggeri sordi e marinai ubriachi”. Per cui, “nella feccia di Romolo della realtà economico-sociale italiana”,  anche da parte del Psi fu giocoforza cercare il consenso con l’assistenzialismo: “dall’arrembaggio alle casse previdenziali dei settori di lavoro indipendente protetti dalla Dc all’uso improprio delle pensioni di invalidità, alla irriflessiva trasformazione del sistema pensionistico in sistema retributivo, alla concessione di aumenti e benefici d’età fatti sotto gli sgrulloni di una minaccia elettorale, e poi del cattivo esito del risultato della stessa elezione” (Una strana disfatta).

    Cinquant’anni dopo le parole del lessico politico sono le stesse: la stabilità, lo stato di necessità, la prevalenza delle politics sulle policies. E’ cambiata, però, la forma del sistema politico: il che non toglie che anche oggi un terzo dell’elettorato è rappresentato da una forza antisistema: e che essa sia guidata da un guitto, e non da un rivoluzionario di professione, è solo il segno dell’ulteriore imputridirsi della “feccia di Romolo”.

    Anche oggi, cioè, abbiamo a che fare con un “bipartitismo imperfetto”. Con la differenza che in seno all’odierna forza antisistema è impensabile che si confrontino un Amendola e un Ingrao: ma anche con la differenza che i due poli che a febbraio si sono contesi la guida del paese rappresentano, sommati insieme e a prescindere dalle loro divisioni interne, soltanto il 42,5% dell’elettorato.

    Del resto anche il nuovo sistema politico nacque eludendo lo stress test sulle policies (che semmai venne lasciato volentieri ai governi minoritari e “tecnici” di Amato, Ciampi e Dini), ma invece utilizzando lo strumento iper-politico della riforma elettorale, nella convinzione (fallace) che il blocco del sistema della prima Repubblica dipendesse esclusivamente dalle due parallele convenzioni ad excludendum, quella verso il Pci e quella verso il Msi.

   Anche per questo gli eredi del Pci, per dirla ancora con Cafagna, sarebbero rimasti “meri postcomunisti”, e gli eredi della Dc, per dirla con Marco Follini (C’era una volta la Dc, 1995), dopo avere sperimentato nel corso dell’epopea referendaria “il bipolarismo virtuale”, si trovarono a mal partito col “bipolarismo reale”, rinunciando alla “possibilità di riconvertirsi nel polo moderato”: per cui già allora si manifestò una forza antisistema, quale per molti versi era nel 1994 Forza Italia. E così anche oggi la “politica” prevale sulle “politiche”, e dalle “politiche” peraltro non nasce una “politica”: proprio come avvenne cinquant’anni fa, quando si preferì garantire la stabilità degli schieramenti dati invece di forzare il sistema verso un bipartitismo “perfetto”.

   

 

Da vivalascuola riceviamo

e volentieri pubblichiamo

 

La campanella suona

alle otto. Ma perché?

 

Cari studenti, noi estensori del test di ammissione alla Facoltà di Medicina, scientificamente parlando, diciamo che avevate ragione voi quando imprecavate per il fatto di dovervi alzare alle sette.

 

di Giorgio Morale

 

Abbiamo letto increduli una domanda inserita nel test di ammissione alla Facoltà di Medicina e Chirurgia di quest’anno e la proponiamo ai lettori di vivalascuola, col commento di Giovanna Lo Presti:

 

http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2013/10/21/vivalascuola-151/

 

E’ proprio vero che certe verità si insinuano in un testo senza che gli autori lo vogliano, e il testo dice più di quanto sia nell’intenzione dei suoi autori.

    Questa domanda costituisce un esempio davvero prezioso per capire quale sia la valutazione della scuola e degli insegnanti che circola e domina oggi, avvertitamente o inavvertitamente.

    Ci sarebbe da chiedersi: chi ha scritto questi “test”? Ed è stato anche pagato per farlo? Completano la puntata materiali e notizie della settimana scolastica.

   

 

Il dibattito politico-costituzionale

 

Problemi non risolti

 

Pensieri di un costituzionalista

che diffida dei “giuristi puri”

 

di Felice Besostri

 

La congiuntura politica istituzionale è condizionata dai problemi non risolti. Con le sentenze n. 15 e 16 del 2008 del 23/01/2012 (l’udienza pubblica nella quale ho discusso l’ammissibilità dei referendum Guzzetta, opponendomi si era tenuta il 13/12/2011), la nostra Corte Costituzionale, non pronta proceduralmente ad accogliere le obiezioni sul premio di maggioranza che i quesiti referendari avrebbero accentuato con il divieto di coalizioni, aveva lanciato un forte monito al Parlamento e alle forze politiche di modificare il premio di maggioranza prevedendo una soglia minima in voti o seggi.

    L’invito, reiterato con la sentenza n. 13 del 2012, è rimasto inascoltato al pari degli appelli del Capo dello Stato. Si è votato, invece, con quella legge di dubbia costituzionalità nel 2008 e nel 2013, confidando in quella giurisprudenza, consolidata delle SS.UU. di Cassazione e del Consiglio di Stato sulla carenza assoluta di giurisdizione nei confronti delle operazioni elettorali, grazie ad un’abnorme interpretazione dell’art. 66 della Costituzione, che rende arbitre le Camere elette, anche con legge di dubbia, anzi addirittura manifesta incostituzionalità, di giudicare sui ricorsi contro le operazioni elettorali.

    Il risultato pratico è che una legge incostituzionale che fosse votata da una maggioranza artificiale, grazie ad un premio di maggioranza, che fosse promulgata da un Presidente eletto dalla stessa maggioranza non avrebbe un giudice nemmeno per le operazioni elettorali preparatorie; lo stesso decreto di convocazione dei comizi elettorali sarebbe atto inimpugnabile (TAR Lazio Sez.IIbis n. 1855/2008 e CdS, sez.IV, n.1053/2008). Eppure la Corte Costituzionale aveva fatto una richiesta minimale di fissare una soglia di accesso, che ben poteva coincidere con il 25% della fascistissima legge Acerbo.

    Il mancato adeguamento della legge elettorale non dipendeva dalla soglia di accesso, ma probabilmente dalle liste bloccate, che sono un bene irrinunciabile per i gruppi dirigenti o per i padroni di partiti e/o liste. Un parlamento di nominati, e la cui ripresentazione dipende da un gruppo ristretto di persone, è un organo più docile di chi debba rispondere ai propri elettori. La docilità e la prevedibilità dei loro comportamenti, salvo quando entrano in gioco altri fenomeni come la corruzione o semplicemente il desiderio di non perdere il posto e i connessi vantaggi, consentono di assicurare la stabilità e quindi la governabilità, che è la chiave di lettura delle scelte compiute in materia elettorale.

    Non si è tenuto conto che in una democrazia rappresentativa, che resta, a mio avviso, la miglior forma di governo, che può essere integrata e completata, ma non sostituita, da istituti di partecipazione popolare e democrazia diretta, è il dibattito pubblico che deve precedere le deliberazioni, l'essenza della democrazia, come ci insegna Urbinati, più dei sistemi elettorali, aggiungo io.

    Si spiega così scelte come la modifica degli artt. 81, 97, 117 e 117 Cost. con una maggioranza straripante superiore ai due terzi e in condizioni di semi-clandestinità. Stabilità e governabilità spiegano la preferenza per sistemi elettorali maggioritari e bipolarizzanti, come se questo fatto potesse sostituire l’elaborazione di programmi all’altezza dei problemi dei problemi da risolvere e la capacità di organizzare un blocco politico e sociale egemone, in grado di garantire una maggioranza non solo numerica ed apparente, come quella che deriva dalla combinazione di premi in seggi e soglie di accesso che trasformano minoranze occasionalmente più forti in maggioranze eterogene”. Il prof. Onida , che purtroppo non può essere tra noi, ha definito queste scelta: “La fiera dei premi di maggioranza”. NEL VALUTARE POSITIVAMENTE L’ORDINANZA DEL Tar Lombardia, che ha inviato in Corte Costituzionale la L.R. 17/2012 della Lombardia , con norme condivise da altre leggi elettorali regionali. La legge elettorale regionale lombarda può così raggiungere le modifiche introdotte dalla l. 270/2005, la cui discussione è fissata al prossimo 3 dicembre.

    Il vertice dell’equivoco si è raggiunto coll’errata convinzione che si debba sapere chi ha vinto le elezioni e quindi governerà la sera stessa delle elezioni. E’ una pretesa che non ha riscontro neppure nei sistemi presidenziali: Obama ne è dimostrazione.

    La situazione non è migliore neppure nei sistemi semipresidenziali: non solo ci sono state 2 coabitazioni in Francia, ma in astratto non è garantito, che il Presidente abbia la maggioranza nelle seguenti elezioni dell’Assemblea Nazional. Persino in Gran Bretagna chi avrebbe governato sarebbe dipeso dalle scelte dei liberali, come in Germania il successo personale della Merkel non le garantisce il Governo finché non firma un contratto di coalizione con un secondo partner, perché nel Bundestag è in minoranza come lo era nel 2005.

    Per noi che abbiamo gioito per la chiara vittoria di Hollande sia alle presidenziali che alle legislative desta preoccupazione il fatto che a poco meno di un anno e mezzo dal maggio 2012 non sia garantito di poter governare, cioè malgrado una confortevole maggioranza, frutto del sistema maggioritario a doppio turno, che piace a molti, anche nel centro-sinistra. Ebbene senza la disciplina repubblicana il sistema maggioritario a doppio turno non assicurerebbe stabili maggioranze.

    La cultura politica, che determina i comportamenti, pare non far parte delle riflessioni o del bagaglio di conoscenze ,di chi si occupa da politico o da giurista di leggi elettorali. Il maggioritario di collegio uninominale con ballottaggio eventuale, che ha il consenso di molti, senza disciplina repubblicana, senza la polarizzazione destra-sinistra e la discriminante anti-fascista verso la destra estrema e con, a contrario, forti partiti regionali e vaste porzioni del territorio a forte dominanza clientelare, quando non di influenza elettorale della criminalità organizzata, avrebbe esiti diversi, se non opposti, in un Paese come l’Italia. Lo stesso con un sistema elettorale, come quello tedesco -l’altro grande modello di riferimento- con un sistema tripartito prima Union-SPD e FDP e quadripartito poi con i Verdi si poteva scommettere che in Italia non avremo avuti Cancellieri Democristiani o Socialdemocratici ma Liberali o Verdi, finché DC e PCI non fossero stati pronti a praticare larghe intese o una sorta di Große Koalition grazie al Compromesso Storico.

    Nei paesi scandinavi, quando tramontò il periodo delle maggioranze assolute dei socialdemocratici furono possibili stabili governi di minoranza perché i partiti a sinistra dei socialdemocratici, mai avrebbero unito i loro voti a quelli dei partiti borghesi per sfiduciare o mettere in minoranza il governo: questo scrupolo è invece stato assente in Italia per sfiduciare il governo Prodi nell’ottobre 1998 e nel gennaio 2008.

   Vogliamo pensare ai paradossi della governabilità e del bipolarismo, che avrebbero dovuto essere favoriti da leggi elettorali con premio di maggioranza, si sono avute legislature anticipate dopo le elezioni del 2006 e senza la crisi economica e l’emergenza dopo quelle del 2008 e la stessa legislatura del 2013 non è destinata a durare fino al 2018, anzi sarebbe già terminata come la precedente se si potesse tornare a votare con una legge elettorale riformata.

    Nel dibattito attuale preoccupa, che invece di trarre lezione da quanto accaduto si pensi di accentuare l’artificialità di maggioranze con l’introduzione di un premio di maggioranza nazionale anche al Senato, malgrado l’art. 57 Cost., quando la differenza di possibili maggioranze politiche tra Camera e Senato non dipende dal premio di maggioranza nazionale per la prima e regionale per il secondo, ma delle diverse soglie di accesso e di deroghe per le liste coalizzate, che contro ogni nozione minima di matematica, sono più elevate per il Senato anche fino al doppio, benché abbia la metà dei componenti della Camera. Questo fatto impedisce che ci sia la stessa offerta politica alla Camera e al Senato.

    L’elezione diretta dei vertici esecutivi, insieme con la prevalenza dell’esposizione mediatica, nella scelta dei cittadini ha modificato il criterio di scelta della classe politica i cui effetti non positivi cominciano ad emergere nel caso dei Sindaci di grandi città. Tra i criteri di scelta non compare la valutazione della capacità di essere un buon sindaco, ma solo quello di poter abbattere l’avversario nei consensi. Se questo è il criterio è logico che il Sindaco di Milano non voglia fare un secondo mandato e quello di Firenze abbia da tempo concepito la carica come trampolino per altri destini, avendo un chiaro obiettivo finale la Presidenza del Consiglio. La stessa logica di stabilità ha presieduto alle riforme elettorali di comuni, province e regioni, con accentuazione per queste ultime dalla mancata previsioni di un secondo turno di ballottaggio.

    Siamo riusciti ad inventare un sistema elettorale sui generis, che subordina l’assemblea rappresentativa al vertice del potere esecutivo, contraddicendo 200 anni di sviluppo di democrazia e assegnando al vertice esecutivo, Sindaco, Presidente di Provincia (specie in via di esaurimento) e di Regione un potere inesistente persino nelle forme di governo presidenziale(dove non può sciogliere il Congresso) o semi-presidenziale.

    Negli Stati Uniti il Presidente non ha la garanzia di controllare il Congresso, le elezioni non sono mai totalmente contestuali e neppure in Francia. In questi due paesi a nessuno è mai venuto in mente di eleggere presidente e assemblee legislative in un unico election’s day, assegnando un premio di maggioranza al presidente con più voti al primo ed unico turno negli USA o al ballottaggio in Francia.

    L’esperienza ha provveduto a smentire nei fatti che per assicurare stabilità fosse sufficiente assegnare un alto premio di maggioranza( se volessimo pulire il linguaggio dovremo chiamarlo premio alla minoranza più forte), senza tener conto che il premio è incentivo a raccogliere il più ampio arco di forze e quindi senza badare troppo alla loro eterogeneità. Il premio, quando si presentano problemi politici, non costituisce legame per il governo , così è stato con le elezioni del 2006, del 2008 e persino del 2013 la coalizione IBC non ha resistito 60 giorni alla mezza vittoria della coalizione (Parafrasando il Talmud sulle mezze verità, che sono una bugia intera, le mezze vittorie sono una sconfitta totale).

   

 

Da NEV riceviamo e

volentieri segnaliamo

 

Festa della Riforma

 

L’usanza protestante di celebrare la festa della Riforma il 31 ottobre risale al giorno del 1517 in cui Lutero affisse a Wittenberg le 95 tesi contro il commercio delle indulgenze.

 

Roma (NEV) - Era mercoledì 31 ottobre del 1517 quando il monaco agostiniano Martin Lutero affisse le sue 95 tesi contro le indulgenze sul portone della chiesa del castello di Wittenberg in Germania, atto che convenzionalmente viene considerato come l’inizio della Riforma protestante. In Italia, le diverse chiese evangeliche ricordano questo avvenimento con culti, concerti, conferenze e manifestazioni.

 

La grande mutazione - In occasione del Salone dell'editoria sociale che si svolge a Roma dal 31 ottobre al 3 novembre a Porta Futuro con il tema “La grande mutazione”, la rivista Confronti presenterà il suo numero monografico su "Religioni e sessualità". L'appuntamento è il 1° novembre dalle 18.15 in via Galvani 108, con interventi di Gabriella Caramore, Khalid Chaouki, Daniele Garrone e Gian Mario Gillio. Il Salone dell'editoria sociale, giunto alla quinta edizione, è un'iniziativa culturale promossa dalle Edizioni dell’Asino, dalla rivista Lo Straniero, dalle associazioni Gli Asini e Lunaria, dall’agenzia giornalistica Redattore sociale e dalla Comunità di Capodarco (www.confronti.net, www.editoriasociale.info).

 

A spasso nelle Valli Valdesi - "Segni dei tempi", la rubrica evangelica della televisione svizzera di lingua italiana a cura del pastore Paolo Tognina, ha dedicato due trasmissioni alle "Valli valdesi" (TO), che sono ora disponibili sul sito www.la1.rsi.ch/segnideitempi. La prima puntata di "A spasso nelle Valli Valdesi", andata in onda il 29 settembre, ha al centro Torre Pellice e la Val d’Angrogna, la seconda, del 12 ottobre, la Val Germanasca. Per conoscere da vicino aspetti storici, culturali, ma anche ambientali legati a questa antica minoranza religiosa d'Italia.

 

Servizio pubblico - Le puntate di Protestantesimo-RAIDUE, la rubrica religiosa a cura della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), da subito sono anche disponibili in versione podcast dal sito www.protestantesimo.rai.it. Il servizio è ora disponibile a partire dall'ultima puntata del 27 ottobre 2013 e vi si accede cliccando sull'icona riferita alla puntata stessa, e successivamente sulla dicitura "download" che si trova sotto il video così caricato. Buona visione!

   

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

 

Italiani nel mondo

 

L’INCA SVIZZERA CHIUDE

 

L’INCA Svizzera chiude i battenti a causa di una mega-truffa ai danni di anziani assistiti. L’autore del raggiro esploso nel 2008, Antonio Giacchetta, era all’epoca dirigente nazionale del patronato e ne guidava l’ufficio di Zurigo. In seguito, durante la lunga carcerazione preventiva cui venne sottoposto dall’estate del 2009 alla primavera del 2010, il funzionario ha ammesso le proprie responsabilità per una cifra complessiva che ammonterebbe a diverse decine di milioni.

    Il giornalista ticinese Fabio Dozio, presentando Veleno dentro, documentario della TSI sul Caso  Giacchetta, ha posto alcune semplici, ma inquietanti domande: “Come ha potuto operare senza che nessuno se ne accorgesse? Dove sono finiti i milioni rubati? E che ruolo hanno avuto il Consolato Italiano di Zurigo e le compagnie svizzere d’assicurazione?” Queste domande sono rimaste a tutt’oggi senza risposta.

    Mentre l’istruttoria penale è in corso, sul piano civilistico la Corte federale ha intanto sancito però un obbligo di rifusione da parte del Patronato nei riguardi dei propri assistiti. In seguito a questa sentenza, passata in giudicato alcuni mesi fa, l’Inca-Cgil ha chiuso i propri uffici nella Confederazione. Lo dichiara la Presidenza della Associazione INCA Svizzera non senza esprimere un sentimento identitario che sembra preludere a ulteriori sviluppi della vicenda: "Se oltre cinquant’anni di storia, di impegno, di tutela ai nostri connazionali, finiscono per colpa di un criminale e di chi ne strumentalizza politicamente le azioni”, si legge nel comunicato, “non permetteremo comunque che a pagarne il prezzo siano i nostri assistiti".

    Marco Tommasini, presidente del Comitato Difesa Famiglie (CDF), associazione che riunisce “i danneggiati del caso Inca-Giacchetta”, ci ha inviato il commento che di seguito, doverosamente, riportiamo. (A.E.)

 


 

Grande Festa!

Grande Vergogna!

 

Grande Festa! - Il 22 settembre 2007 l’ INCA/ CGIL festeggiava il giubileo dei 50 anni in Svizzera. Grande festa al Casinò di Montbenon a Losanna.

    Corposo il programma di festeggiamenti in presenza di personalità della vita politica locale, del segretario generale del più importante sindacato italiano (CGIL), Guglielmo Epifani, e di numerosi rappresentanti del movimento sindacale svizzero ed italiano.

    Diversi gli avvenimenti culturali. Tra questi in programma un caffè letterario sul tema "Quando gli emigrati producono cultura", con la partecipazione di autori spiccati. Il dibattito era introdotto e moderato dal Forum svizzero sugli studi delle migrazioni.

    La "Salle des Fêtes", invece, ospitò l’esposizione fotografica dal titolo "Emigrati di qui e d’altrove" in presenza dell’autore.
Dopo la parte ufficiale, la "Salle Paderewsky" ospitò una serie di concerti, con le esibizioni di un gruppo locale e di cantautori italiani di primo piano. La serata era animata da un’attore ed autore di spettacoli e show televisivi. Grande Festa!

 

Grande Vergogna! - Ora il patronato chiude i battenti e lo fa in silenzio per la vergogna. Si sono spenti i riflettori dopo che centinaia di assistiti sono stati truffati dall’ INCA/CGIL a Zurigo. I protagonisti dell’esposizione fotografica “Emigrati di qui e d’altrove” della "Salle des Fêtes” si sono fatti sentire.

    Non hanno accettato che al Casinò di Montbenon a Losanna di cinque anni fa, si festeggiasse mentre nello stesso tempo si truffava, ci si abbuffasse mentre a loro veniva tolto il pane e ci si ubriacasse con il loro sudore e le loro lacrime.

    I partecipanti del caffè letterario ora sono muti. Gli elogi di allora si sono spenti. Dove è rimasta l’orazione funebre? Dove sono le personalità della vita politica, il segretario generale della CGIL per svolgere il funerale dell’INCA? Grande Vergogna!

    Quello che rimane è un comunicato dove la Presidenza dell’Associazione INCA Svizzera in presenza della sentenza del tribunale federale che li condanna nega ogni colpa. Nessun ripensamento, nessuna scusa, nessun pentimento.

    Rimane un vuoto immenso, una tristezza incolmabile e la certezza amara che gli organismi istituzionali italiani non sono all’ altezza del loro compito. I parlamentari della circoscrizione italiana, i Comites, il CGIE come se non esistessero.

    La chiusura del patronato INCA/ CGIL in Svizzera è una sconfitta per tutti noi.

    Un giorno di lutto per la Repubblica Italiana e per tutta l’emigrazione.

Il Comitato Difesa Famiglie

 


 

Sul “Caso Giacchetta” si consiglia la visione del documentario Veleno dentro di Maria Roselli, Gianni Gaggini, Marco Tagliabue (TSI, © Falò).

   

 

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo

 

Direttore: Andrea Ermano

Amministratore: Sandro Simonitto

Web: Maurizio Montana

 

L'editrice de L'Avvenire dei lavoratori si regge sull'autofinanziamento. E' parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che dal 18 marzo 1905 opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista".

    L'ADL è un'editrice di emigranti fondata nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera.

    Nato come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte durante la Prima guerra mondiale al movimento pacifista di Zimmerwald; ha ospitato (in co-edizione) L'Avanti! clandestino durante il ventennio fascista; ha garantito durante la Seconda guerra mondiale la stampa e la distribuzione, spesso rischiosa, dei materiali elaborati dal Centro estero socialista di Zurigo.

    Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha condotto una lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana, di chiunque, ovunque.

    Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo nella salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

  

 

Allegato Rimosso
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