Gradisca. Stato d’assedio



Gradisca. Stato d’assedio

Sabato 12 marzo. Un imponente schieramento di polizia attende gli
antirazzisti, che hanno risposto all’appello del Coordinamento Libertario
contro i CIE, per una giornata di lotta e solidarietà.
Sono passati cinque anni dal giorno che il primo “ospite” venne spinto tra
le mura dell’ex caserma Polonio dalle truppe dello stato. Fuori vi furono
cariche, manganellate e lacrimogeni.
L’avevano progettato con cura, il lager isontino. Letti, tavoli
imbullonati, poche suppellettili, mura e sorveglianza. Speravano di
prevenire fughe e rivolte. Si sbagliavano e di grosso.
Non si contano più le fughe, le rivolte, le proteste, spesso finite tra
botte e deportazioni.
Oggi del CIE non resta quasi più nulla. Gli incendi appiccati dai reclusi
a fine febbraio hanno mandato in fumo le ultime camerate rimaste.
Nonostante ciò il ministero dell’Interno mantiene aperta la struttura:
dentro i reclusi sono in terra, senza materassi, con un solo bagno,
privati dei cellulari.

Tutti gli antirazzisti che arrivano per la manifestazione vengono fermati
e controllati a lungo. Nonostante ciò oltre duecento compagni e compagne
si ritrovano davanti al lager.
Sulla recinzione i richiedenti asilo del CARA hanno appeso un cartello
“CIE=CARA”. Oggi gli ospiti del CARA sono prigionieri: li hanno chiusi
dentro nonostante sia loro riconosciuto il diritto di uscire durante il
giorno. 150 sequestri di persona decisi dalla questura per impedire ai
ragazzi del CARA di partecipare alla manifestazione. Ma loro si fanno
sentire lo stesso: chiamano gli antirazzisti, dicendo loro che il
“bombardamento sonoro” è perfettamente riuscito. Sentono la musica e i
tanti interventi solidali e gridano forte la loro rabbia.
Dal CIE non esce nulla. Probabilmente, dopo la protesta sul tetto dello
scorso lunedì, il cortile è loro nuovamente interdetto. Sono dentro
circondati dalla celere di Padova.
In barba ai numerosi divieti della questura i manifestanti piazzano
banchetti, cibo, ampli e presto la manifestazione deborda in strada: la
provinciale viene bloccata per oltre tre ore.
I settori più moderati vorrebbero che una delegazione entrasse nel CIE,
ma, dopo un lungo tergiversare, arriva secco il no della questura. La
situazione dentro deve essere anche peggiore di quella mostrata dalle foto
filtrate fuori dal CIE prima del sequestro dei telefonini. Nessuno deve
vedere, nessuno deve raccontare la vergogna che si cela dietro quelle
mura.
Le mura di un lager democratico.

https://senzafrontiere.noblogs.org/