Torino. La Lega e Bella Ciao



Torino. La Lega e Bella Ciao

 

Settantotto. Questi i leghisti che hanno sfilato nel quartiere Aurora contro la nuova moschea di via Urbino. Nei settantotto metteteci anche i tre o quattro fascisti della Fiamma e della Destra che si sono uniti al corteo del Carroccio. Niente male per una formazione che vanta ad ogni piè sospinto il proprio carattere “popolare”.

Diverse centinaia i poliziotti, carabinieri, digos che hanno blindato il quadrilatero tra via del Fortino, via Cigna, piazza Sassari e corso Principe Oddone dove lo sparuto manipolo leghista ha fatto il suo giro.

Intorno alle otto di sera la polizia in assetto antisommossa ha proceduto alla pulizia etnica e politica dei giardini di piazza Sassari, obbligando tutti – compresi gli anziani marocchini sulle panchine e i ragazzini sulle altalene - a sgomberare la piazza. Vita dura anche per gli antirazzisti, che, come al solito, non hanno mancato di fare capolino.

Un gruppo di antirazzisti con tanto di Samba Band ha tentato di raggiungere i leghisti assiepati all’angolo tra via Cigna e via del Fortino ma è stato circondato dalla polizia e mollato solo dopo la manifestazione.

Altri antirazzisti – mobili ed imprevedibili – si sono piazzati con volantini in via Cigna attendendo il passaggio del corteo. I fogli – titolati “La sicurezza, quella vera” - sono stati accolti con favore dai passanti, sia immigrati che italiani. Un ragazzo con due pizze, alla notizia che i razzisti della Lega giravano nuovamente per il quartiere, ha detto “spazzoliamo le pizze e poi io, la mamma e la sorella torniamo in strada, a dire la loro a quelle merde”. Un anziano siciliano racconta della volta che è andato alla sede della Lega, ha preso per il colletto uno dicendo “voi, da qui, fareste meglio ad andarvene”.

Quando finalmente i leghisti si muovono la polizia non manca di piazzarsi si fronte agli antirazzisti che, continuano il volantinaggio e dicono ad alta voce la propria. Tra gli slogan più gettonati – molti in piemontese – “qui siamo tutti terroni”, “il quartiere non vi vuole” “andate a casa” “razzisti” e, riprendendo ironicamente uno dei loro hit più gettonati, “andate a lavorare, pelandroni”. Al passaggio delle bandiere fasciste un compagno intona “Soffia il vento, infuria la bufera”.

Facendo un po’ di slalom gli antirazzisti tallonano i leghisti sino a corso principe Oddone, dove la polizia “spiega” con la cortesia che sempre contraddistingue le forze del disordine statale, che è meglio che si allontanino.

Poco male. Nemmeno un quarto d’ora più tardi gli antirazzisti sbucano sul ponte della Dora in via Cigna. La polizia si piazza lesta e spinge un po’. Al passaggio dei leghisti e dei fascisti i compagni a pugno chiuso intonano “Bella ciao”.

I leghisti mostrano il dito, il capomanipolo Carossa da in escandescenze, altri fanno il segno della forca, i fasci il saluto romano.

Qualcuno grida “A piazzale Loreto c’è ancora tanto posto”.

 

Prossimi appuntamenti:

CinePalermo46 si trasferisce in strada.

Si comincia mercoledì 10 giugno

ai giardinetti di via Cecchi con il documentario

“Come un uomo sulla terra”.

 

La testimonianza dei migranti africani sopravvissuti alla traversata della Libia. Il governo di quel paese, lautamente sponsorizzato dall’Italia, gestisce lager per migranti, dove stupri, violenze e umiliazioni sono il pane quotidiano.

Dag studiava giurisprudenza ad Addis Abeba, quando la repressione lo ha obbligato a partire.

Sopravvissuto al deserto e ai gendarmi libici è arrivato a Roma, dove ha imparato l’italiano e il linguaggio del video documentario.

In “Come un uomo sulla terra” raccoglie le testimonianze di chi, come lui, è passato dall’inferno libico. Un inferno dove il ministro dell’Interno Maroni rispedisce ogni giorno uomini, donne e bambini in fuga dalla guerra, dalla dittatura, dalla repressione, dalla fame.

 

Appuntamento alle 21,30 ai giardini via Cecchi – tra il civico 37 e il civico 41)

 

Di seguito il testo del volantino distribuito nel quartiere.

 

La sicurezza, quella vera.

Viviamo tempi difficili. La crisi morde e molti fanno fatica ad arrivare alla fine del mese. Il lavoro, quando c’è, è precario, pericoloso, malpagato. In tanti, in troppi, vivono l’incubo del mutuo da pagare, dei figli da mandare a scuola, degli anziani che hanno bisogno di cure ed assistenza. I paracadute sociali che nei decenni passati garantivano qualche servizio, una pensione decente, l’accesso all’istruzione, la difesa del lavoro sono stati eliminati uno ad uno. Oggi, per la prima volta da decenni, figli e figlie rischiano di avere un futuro peggiore di quello di padri e madri.

In periferia, dove non è mai stato facile vivere, la crisi strangola un po’ tutti: se i lavoratori dipendenti se la vedono brutta, non va meglio ad artigiani e commercianti. Se il salario è poco, se l’impiego c’è e non c’è, tutti guardano il centesimo e difficilmente ci scappa una pizza o un paio di scarpe nuove.

Tutti quanti, chi più chi meno, ci sentiamo poco sicuri, guardiamo al futuro con apprensione, abbiamo paura.

Chi governa questo paese, oggi la destra ieri la sinistra, ha tagliato pensioni, sanità, scuola, ha fatto leggi che condannano alla precarietà a vita, ha inventato il caporalato legale, favorito il sistema degli appalti a catena dove chi sta in fondo è poco più di uno schiavo. La spesa militare aumenta ogni anno, per le truppe che fanno la guerra, per navi da combattimento e i bombardieri F35. Con i soldi di uno solo dei cento F35 appena acquistati dal governo si pagherebbe un quartiere all’Aquila, un nuovo ospedale, la manutenzione delle linee ferroviarie per i pendolari… Tante cose utili alla vita di noi tutti, non armi per ammazzare qualcuno dall’altra parte del mondo. Come la bambina che quelli della Folgore hanno ucciso la scorsa settimana in Afganistan.

Ci portano via la vita giorno dopo giorno. Nelle fabbriche dove si lavora e si muore come nell’Ottocento: per legge chi mette a repentaglio la vita di un lavoratore facendo mancare le misure di sicurezza se la cava con una multarella.

Poi fanno leggi contro i nostri vicini di casa, quelli più poveri, quelli arrivati qua in cerca di un’opportunità di vita.

Accanto a noi vivono persone sotto ricatto, giorno dopo giorno. Sono persone che lavorano in nero, arricchiscono chi lucra sulle loro vite. In silenzio, a testa bassa, perché se lavori in nero non hai le carte e se non hai le carte diventi illegale. Chi lavora con i libretti se non accetta le condizioni dei padroni, perde il lavoro, perde anche le carte e piomba nella clandestinità, rischiando ogni giorno il CIE e l’espulsione forzata.

La propaganda razzista ci dice che gli immigrati sono i nostri nemici, che sono tutti delinquenti, violenti cattivi. Dicevano le stesse cose dei nostri padri arrivati a Torino con una valigia di cartone tenuta insieme dal filo della speranza in un avvenire migliore.

Meno di un mese fa una tunisina di 44 anni, che lavorava in Italia da 20, si è impiccata nel CIE di Roma. Era il “suo” giorno, quello della deportazione. Ha preferito morire dove aveva scelto di vivere, dove erano suo marito e i suoi figli. Vi sentite più sicuri adesso che è morta?

I senza carte sono esseri umani come noi. In tutto.

I mostri, quelli che ci stanno portando via la nostra umanità, sono i razzisti che soffiano sul fuoco della guerra tra poveri, vogliono che si combatta per le strade dei quartieri. Gli uni contro gli altri. Così il manovratore potrà continuare a fare leggi contro tutti, così i padroni del vapore potranno indisturbati e guadagnare sulla nostra pelle.

 

Tanti anni fa, in questa città, torinesi vecchi e nuovi si unirono, nelle fabbriche per il salario, contro i ritmi, il controllo, la gerarchia. Gli stessi si ritrovarono poi nelle periferie per le case, le scuole, i trasporti. I nostri nonni e padri, nonne e madri seppero capire che i nemici, quelli veri siedono nei consigli di amministrazione delle aziende, sui banchi del governo, tra le ville in collina.

Dopo e per molto tempo la loro vita fu più sicura, perché la sicurezza, quella vera, si conquista nella solidarietà e nel mutuo appoggio. Ronde, prigioni per migranti, pattuglie nei mari sono solo strumenti di guerra. Una guerra razzista.

 

Per info e contatti:

Federazione Anarchica Torinese – FAI

Corso Palermo 46 – la sede è aperta ogni giovedì dalle 21

fai_to @inrete.it 338 6594361