dialogo tra la vita e la morte



Cari amici,
vorrei condividere con voi alcune mie considerazioni sul caso di Eluana Englaro; lo faccio riportando parte di uno cambio di messaggi che ho avuto con una mia corrispondente, chiamiamola Alessandra, da un anno a questa parte.

Devo dire che mi ha dato un certo conforto il fatto che le posizioni mia e di Alessandra si siano avvicinate un po' durante la discussione - pur diventando sempre piu’ problematiche - invece di divergere ulteriormente e di diventare sempre piu' dogmantiche come accade il piu' delle volte quando si discute su temi del genere.

Mi dispiace invece che i pareri sulla questione oggi largamente diffusi nell'opinione pubblica perche’ enfatizzati dai media, rispecchino solo ed esattamente gli schieramenti politici ed ideologici tradizionali, senza che nessuno dimostri di essersi realmente sforzato, tra una sentenza e l'altra, di fare qualche passo in avanti, pensando ed interrogandosi.

Saluti di pace
Giuseppe Lodoli


ALESSANDRA. Ho letto con molto interesse le considerazioni tue e di A. P. La questione è veramente complessa, come gia’ dicemmo quella volta in treno.

Per quanto mi riguarda, pur avendo solo 42 anni, ho gia’ steso più versioni di un testamento. Ho sempre detto e scritto che non voglio l'accanimento terapeutico, che voglio essere cremata, che spero sia possibile donare i miei organi. Soprattutto, vorrei uscire di scena quando lo desidero. Visto che non abbiamo chiesto noi di vivere, vorrei che avessimo almeno il diritto di morire quando ancora abbiamo intatta la nostra dignita’ : la dignita’ di vivere dovrebbe andare di pari passo alla dignita’ di morire. E questo non dovrebbe spettare a chi resta o ci assiste, sarebbe un compito troppo pesante, come tu del resto scrivi (non me la sentirei ecc.). Per questo ognuno dovrebbe decidere per sè.

Ho sempre visto la morte come una parte della vita: e lo dico da laica. Non sono atea, ma non ho la fede dei credenti "ortodossi": l'ho avuta da ragazza e so riconoscere la differenza tra credere in qualcosa e credere in dio. Credo nell'essere umano, nelle sue potenzialita’ e per questo penso che bene e male risiedano in lui... ma qui il discorso si fa troppo ampio.

Per tornare ad Eluana, credo che in un paese educato alla vita e alla morte questo problema non si sarebbe posto. Tutti dovremmo poter lasciare scritto le nostre volonta’, ovviamente a seguito di un processo cognitivo e mentale profondo. Ed a questo dovrebbero servire la famiglia, la scuola, i consiglieri spirituali per chi ne ha.

Aspetto un cenno dallo Stato, visto che si parla ancora un volta di legiferare in questo campo.

Spero di non averti spaventato con le mie idee un po' nette!

GIUSEPPE: Ti ringrazio veramente tanto di aver scritto una cosi' impegnativa risposta, di avermi detto cose importanti di te, che mi aiutano nel difficile tentativo di fare chiarezza.

E non si tratta di idee improvvisate quelle che scrivi, dal momento che hai gia' fatto piu' volte testamento!

Ho un'eta' per cui ti potrei essere comodamente padre eppure non mi sono ancora mai sognato di fare un testamento biologico.

Aggiungo alle tue solo poche osservazioni - veloci e grezze - perche' la problematica che hai aperto e' immensa.

Tu dici che in un paese piu' avanzato, educato alla vita e alla morte, il problema di Eluana Englaro non si sarebbe mai posto perché risolto in anticipo dall’espressione della volontà dell’interessata.

Certo, la giovanissima Eluana quando e' entrata in coma non aveva ancora fatto testamento. (D'altro canto pretendere che tutti - dall'uso di ragione in poi - facciano un testamento sui trattamenti sanitari che sono disposti ad accettare o meno sembra eccessivo e forse impraticabile.)

Nel caso di Eluana, il soggetto interessato non e' piu' in grado di esprimere una volonta' e tale non-volonta' non puo' essere ricostruita in base a quello che riportano il padre o gli amici. E’ questa una questione FONDAMENTALE.

Un tal modo di ricostruire una volontà ­ giustamente - non varrebbe neanche per assegnare un’eredità materiale.

Se fossimo in possesso della volonta' inequivocabile del soggetto rispetto a QUESTA situazione le cose sarebbero DIVERSE. Tuttavia:

1) La volonta' personale e' certo un elemento fondamentale. E' pero', a mio parere, una condizione necessaria ma non sufficiente. Non sempre sufficiente a risolvere problemi del genere (perche' e' difficile separare nettamente l'individuo dalla societa')

Per semplicita' di ragionamento pensiamo al suicidio (anche se non e' esattamente la stessa cosa).

Se un individuo vuole proprio morire - con una volonta' chiara, perfetta, univoca - se si vuole proprio suicidare, se vuole proprio rifiutare la vita nonostante la solidarieta' che possono/devono offrirgli gli altri, indipendentemente dalla situazione in cui si trova e dal motivo per cui vuole farlo, possiamo pensare che sia una questione che attiene la liberta' dell'individuo. Ma se l'aspirante suicida chiede la collaborazione di un'altra persona, entra in gioco la liberta' di coscienza di questa persona. Se il suicida rende noto il suo proposito e chiede la collaborazione della societa'... il problema diventa estremamente piu' complicato.

Poi: 2) Eluana Englaro si trova in uno stato vegetativo, il che significa che il suo cervello funziona ancora, sia pure parzialmente. NON vi e' morte cerebrale. Non e' del tutto escluso che vi sia in lei la possibilita' di qualche barlume di autocoscienza anche se lei e' incapace di comunicare (se sbaglio mi si corregga).

La sua e' una vita degna di essere vissuta/mantenuta?

C'e' chi dice di si', c'e' chi dice di no.

Come decidiamo?

ALESSANDRA: Hai ragione quando osservi che la questione è complessa se si decide, ad esempio, di suicidarsi chiedendo aiuto. L'eutanasia infatti è un tema molto complesso nella nostra epoca proprio per la mancanza di chiarezza che abbiamo riguardo alle tematiche vita/morte. Come vedi, il problema è sempre lo stesso: non siamo abituati a pensare che i due aspetti sono parte integrante dell'essere umano, non vogliamo pensarci, rimuoviamo l'idea che un giorno possiamo essere senza piu’ la possibilita’ di agire. Eppure cio’ è strano, soprattutto in societa’ che hanno fatto della religione il loro substrato culturale.

Per quanto mi riguarda, come avrai immaginato, anche il suicidio mi trova favorevole, anche se ammetto che è una cosa molto egoistica nei confronti di chi rimane. Ecco perché non sono tanto favorevole a chi coinvolge in questa decisione un povero cristo che gli sta vicino affettivamente. A quel punto, diventa un gesto non solo egoistico ma anche vigliacco perché non si ha la forza di andare fino in fondo da soli.

L'eutanasia è nella sostanza lo stesso gesto del suicidio assistito, come infatti viene anche chiamata. Eppure, mi trova favorevole. Ti sembra forse una incoerenza, ma non lo è e cerco di spiegarti perché. Con una adeguata legge, potrei chiedere a un medico di aiutarmi a superare la fase finale critica in modo dignitoso, in una struttura medica attrezzata. In tal modo potrei avere vicino i miei cari senza far fare a loro un "lavoro" per cui non possono e non devono essere preparati.

L'importante in ogni caso è che ci sia una volonta’ manifestamente espressa della persona: scritta sarebbe perfetta.

Che ti sembra di tutto ciò?

GIUSEPPE: Riflettiamo (molto superficialmente e sbrigativamente) sull'eutanasia, posto che nel caso di Eluana Englaro non si tratterebbe di eutanasia (nel senso che dai tu a questa pratica) soprattutto perche' MANCA una volonta' (precisamente espressa sull’attuale situazione) del soggetto interessato.

Premettiamo che se parliamo di eutanasia andiamo al di la' dei casi dei soggetti a cui verrebbero sospesi la normale assistenza o trattamenti medici ordinari/straordinari (come nel caso Welby o nel caso Englaro). (In questi casi una grossa difficolta' la troviamo se e quando cerchiamo di distinguere tra assistenza ordinaria e trattamenti medici ordinari/straordinari.)

Se si esclude l'eutanasia di tipo nazista, quando parliamo di eutanasia parliamo della possibilita', anzi del dovere, di uccidere legalmente una persona consenziente e che lo richieda, che si trovi in determinate condizioni previste dalla legge, o, in una concezione piu' allargata, anche indipendentemente dalle condizioni in cui si trova.

L'uccisione legale, in quanto compiuta a freddo e razionalmente dalla societa' a nome di tutti i suoi membri, presupporrebbe a mio parere un consenso universale e non semplicemente l'esistenza di una legge approvata a maggioranza; di qui sorge per me una grande difficolta' nei riguardi dell'eutanasia.

D'altro canto, a mio avviso, per chi ha l'uso di ragione e si trova nel pieno delle sue facolta' mentali, rientra nella liberta' individuale la possibilita’ di rifiutare trattamenti medici come vi rientra la possibilita' di nuocere alla propria salute con stili di vita insani o pericolosi. Se uno non vuol essere curato ha diritto di essere dimesso dall'ospedale e riportato a casa propria. Al limite rientra nella liberta’ individuale anche il suicidio, la tossicodipendenza, il tabagismo. Le difficolta' sorgono quando l'individuo chiede una collaborazione attiva della societa' nei comportamenti nocivi/letali verso se stesso.

Certo si possono e si devono ipotizzare, casi estremi di sofferenza talmente elevata da essere letteralmente 'insopportabile'; questa ipotesi comporta per me una grande difficolta'. Se ammettiamo l'eutanasia in questi casi vi e' anche la difficolta' di decidere caso per caso quando la sofferenza e' insopportabile.

Come vedi, di difficolta' ne ho molte...

ALESSANDRA: Spero che il tuo animo sia tranquillo, altrimenti queste nostre mail rischiano di renderti ancora più pensieroso.

Io sto aspettando di andare di nuovo in ferie per riposare la mia mente che purtroppo ultimamente è stata sollecitata negativamente da alcuni problemi [...]. Forse è per questo che voglio cercare di avere una visione chiara di quella che potrebbe essere una mia scelta: non voglio delegare ad altri cose che mi riguardano così da vicino.

Poi però una vocina (che a tratti ha parlato attraverso le tue mail) mi ha sussurrato che la decisione non sarebbe proprio solo mia, ma coinvolgerebbe anche altre persone. Quindi voglio ragionare ancora sulla questione. Quando ripenso a Eluana Englaro ho sempre davanti l'immagine del padre, la sua voce resa così determinata da anni di sofferenze che si possono solo lontanamente immaginare. E provo tanta pena... per lui e per la figlia. Una indicazione da lassù non arriva, eh? Un segnale? Un fulmine! Niente, ce la dovremo sbrigare soli, con le nostre coscienze.

GIUSEPPE: Il mio amico Pio, padre gesuita ottentenne ma di mente giovanissimo, direbbe a questo punto che anche nelle situazioni piu' disastrose ed apocalittiche (come e anche di piu' di quella di Eluana Englaro e di suo padre) si puo' scorgere una profezia... Certo che se Dio parla agli esseri umani, lascia loro tutta intera la responsabilita' di certe difficilissime scelte.

In mancanza di una chiara direttiva divina, ritengo che dovremmo almeno affrontare questi problemi, che nascono proprio sul confine del mistero e dell’infinito, stringendoci l’un l’altro con amore e solidarieta’ reciproci, da esseri umani ‘dotati di ragione e di coscienza’ che ‘devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza’ (art. 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani).