Magistrato italiano ripara all'estero... Spadaro protetto all'estero. In gioco il processo chiave



Spadaro protetto all'estero. In gioco il processo chiave

di Roberto Galullo
www.ilsole24ore.com

 
Ha lasciato l'Italia e tornerà solo il 9 gennaio, giusto in tempo per sedersi nell'aula del Tribunale in cui, come presidente della sezione penale di Lamezia Terme, porterà avanti il processo contro Pasquale Giampà. Pino Spadaro, il giudice da mesi nel mirino della 'ndrangheta, non vuole commentare la notizia sul fallito attentato del 24 dicembre 2008 lungo la provinciale catanzarese di cui, probabilmente, era vittima predestinata (si veda il Sole 24 Ore di ieri). «So solo che il magistrato salernitano che sta conducendo le indagini – dichiara al Sole 24 Ore – è una persona estremamente capace. Di lei mi fido. Così come so che la squadra mobile di Catanzaro e il commissariato di Lamezia stanno facendo il possibile per non trascurare alcun indizio».
Parole asciutte, poco prima dell'imbarco per una località segreta, che lasciano a chi commenta l'episodio qualche dubbio sulla permeabilità delle informazioni che riguardano gli spostamenti del giudice.

Spadaro non ha una scorta ma solo un autista che svolge anche funzioni di tutela: se i finti agenti avessero intimato l'alt alla sua macchina blindata, si sarebbe dovuto fermare. E questo qualcuno lo sapeva, così come sapeva che il 24, all'improvviso, aveva deciso di portare le figlie a visitare il Tribunale. Strano anche il fatto che – a poche ore dal conto alla rovescia del nuovo anno – altre pesantissime minacce siano giunte direttamente a casa di Spadaro: questa volta nel mirino erano le figlie, con lui in macchina alla vigilia di Natale.

Bocche cucite in Prefettura e Questura. Come da copione i dirigenti si limitano a dire che non c'è alcuna conferma al momento che l'attentato riguardasse solo o proprio Spadaro. Questo conferma indirettamente l'altra ipotesi di obiettivo sensibile avanzata ieri dal Sole 24 Ore: massima allerta dunque anche su Gerardo Dominijanni, Pm del processo che vede Giampà accusato di estorsione da un piccolo imprenditore lametino, Rocco Mangiardi.

A commentare sono i colleghi di Mangiardi riuniti nelle associazioni antiracket. Tano Grasso, leader in Italia della rivolta contro gli estorsori, non ha dubbi. «Il 9 gennaio – spiega al Sole 24 Ore – sarò a Lamezia, dove accadono cose che non mi era mai capitato di vedere. L'attenzione è alta ma il clima è pazzesco. Gli imputati sono a 50 cm di distanza dai loro accusatori, non ci sono gabbie dove recluderli. Una cosa incredibile. E poi gli avvocati. Mai avevo assistito a un balletto simile di rinunce e ricusazioni. Si stanno tentando tutte le tattiche giudiziarie per far slittare un processo storico in Calabria, reso possibile da giudici e magistrati coraggiosi e Forze dell'ordine all'altezza. Se la testimonianza reggerà, e non ho dubbi, ci sarà un effetto a cascata in Calabria, simile a quello registrato anni fa in Sicilia. Per questo non mi meraviglio che ci sia qualcuno che a ogni costo farà di tutto per non far celebrare il processo».

Armando Caputo, presidente dell'"Associazione antiracket Lamezia" è sulla stessa lunghezza d'onda. «In Spadaro abbiamo fiducia – dice al Sole 24 Ore – e questo non accadeva da tempo in questa città. Cosi come guardiamo con fiducia al Pm Dominijanni. Da parte nostra siamo vicini al supertestimone, che gode di una protezione delicata delle Forze dell'ordine e che sta vivendo serenamente un'attesa comunque sfibrante. Fino a due anni fa eravamo un Paese silente come ce ne sono tanti in Calabria ma l'impegno del Prefetto, della Questura e la forza di questo processo cambieranno le cose».
E per capire a che livello di diffidenza giunga questa terra, Caputo rivela al Sole 24 Ore che nuove associazioni antiracket stanno per nascere in Regione, ma non può dire dove perché gli occhi di tutti sono puntati sull'esito del processo lametino. Come a dire: se sarà celebrato e ci saranno condanne altre vittime del racket usciranno allo scoperto, altrimenti meglio gettare la spugna ancora prima di combattere.

Merito del cambiamento in atto è anche del sindaco Gianni Speranza, attaccato praticamente ogni giorno che Dio manda in terra da chi ha interesse a restaurare un ordine che capovolga le cose. «Siamo e resteremo parte civile in questo processo – dichiara – anche perché chi combatte per la legalità non può essere lasciato solo e mai mi sarei aspettato che saremmo giunti a questo punto. Sono sconvolto dagli eventi. Ma abbiamo un precedente che dà fiducia. Il 1° agosto 2008 al Comune di Lamezia, anche in quell'occasione parte civile lesa, è stato riconosciuto un risarcimento di 5 milioni per i danni all'immagine che la collettività aveva riportato dalle attività criminali di 11 esponenti della 'ndrangheta lametina». Anche in quel caso, giova ricordarlo, il Pm era Dominijanni.