Fwd:Gaza, soluzione finale - Sabato 3 gennaio manifestazione a Roma - Solidarizzare con chi resiste, denunciare chi collabora con i bombardamenti israeliani



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   INFORMATION GUERRILLA - "by any media necessary"
   ([1]qui l'archivio del sito, waitin' for resurrection...
   [2]informationguerrilla at katamail.com)
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   GAZA, SOLUZIONE FINALE

   di Patrizia Viglino

   Cadaveri distesi per terra a mucchi, corpi dilaniati, volti esangui,
   le preghiere dei feriti in fin di vita. Bambini col cranio
   scoperchiato, grida di terrore, donne e uomini coperti di polvere,
   estratti dalle macerie degli edifici distrutti e tutto intorno quello
   che resta di vite umane spese nella sofferenza, nell'assedio, nella
   fame, nel sogno di vita e libertà che si trasforma in un fiume di
   sangue. Ospedali al collasso, privi di medicinali e di mezzi, corsie
   piene di cadaveri che giacciono fianco a fianco con i feriti, con i
   bambini che chiamano le madri sotto il flash delle macchine
   fotografiche.
   Sanguina la Striscia di Gaza, sanguina e geme da tre lunghi giorni di
   furia omicida, aggredita da un esercito di sanguinari, sottoposta ad
   una pioggia di bombe che dal cielo e dal mare si abbatte sulla
   comunità di palestinesi rinchiusi nel più grande campo di
   concentramento del Mondo.
   Ai confini del Gaza-Campo, soldati israeliani che si preparano
   all'invasione di terra, truppe che cantano e ballano, che esultano per
   gli oltre 350 morti palestinesi. Quale orrore maggiore ci stiamo
   preparando a guardare attraverso lo schermo delle televisioni nelle
   prossime ore? Quale raziocinante retorica saremo pronti ancora a
   digerire?
   E intanto sentiamo ripetere l'odioso mantra dei carnefici del popolo
   palestinese, dal ministro israeliano della difesa Barak a quello degli
   esteri Livni, che in clima di campagna elettorale dicono di non voler
   fermare questa macchina da guerra chiamata "Israele" fintanto che Gaza
   non sia riportata indietro di dieci anni, fintanto che non rimarrà in
   piedi un solo edificio di Hamas, fintanto che non verrà annientato
   l'eterno nemico che oggi si chiama Hamas, come ieri si chiamava
   al-Fatah, come in passato si è chiamato OLP e come da sempre si chiama
   Popolo Palestinese.
   Un'ombra sta scendendo sul mondo intero, sui giornalisti che se pur
   impressionati per la carneficina in corso non possono fare a meno di
   ripetere che Israele è in guerra con Hamas e che "una pioggia di razzi
   Qassam" ha colpito il sud di Israele.
   Un'ombra si è già allungata sui governi occidentali, deboli pedine
   dello scacchiere della guerra totale che la potenza statunitense ha
   coltivato e accudito dagli anni Novanta ad oggi. Non è difficile
   comprenderlo. Il neo-eletto Barak Obama non ha fatto altro che seguire
   la linea di Bush in materia di politica mediorientale. Se qualche
   illuso ha creduto che essere un afro-americano significasse essere
   sensibile ai temi della pace si è sbagliato di grosso. Le
   dichiarazioni di Obama su questa strage degli inermi sono
   perfettamente in linea con la condotta dell'amministrazione Bush che
   dopo due giorni di guerra totale a Gaza ha ribadito che con Hamas, con
   i "terroristi" non si tratta. Come sempre e prima di tutto vengono gli
   interessi di Israele e per questo Israele ha qualunque diritto sul
   popolo palestinese, anche il diritto di vita e di morte, di imporre
   prigionia, fame, freddo, oscurantismo, disperazione. Ogni opzione è
   aperta su Gaza, ogni soluzione è buona per annientare questo popolo
   che ha commesso il grande crimine di esistere.
   3 miliardi di dollari americani all'anno in finanziamenti alla
   macchina da guerra israeliana che per dieci anni hanno attrezzato i
   criminali di guerra, stiamo certi continueranno anche nel 2009.
   La propaganda israeliana si è mobilitata parallelamente alla macchina
   bellica. Il ministro degli esteri Livni si è detta impegnata in una
   campagna mediatica senza precedenti. Uno staff scelto prende contatti
   in tutte le lingue e verifica che questa operazione di distruzione su
   Gaza venga interpretata nel giusto modo, si assicura che si parli di
   "difesa" e non di attacco, che si metta in luce come il nemico sia
   Hamas e non i palestinesi.
   Controllano che il linguaggio e la disinformazione siano appropriati
   in modo da poter opportunamente sostenere la menzogna che ad essere
   bombardati siano solo le infrastrutture del terrore, la catena di
   comando di Hamas. Nemmeno una parola sulle vittime civili, sui bambini
   trucidati, sulle centinaia di famiglie distrutte dovrà essere spesa,
   mentre le immagini più crude è meglio censurarle. I mezzi di
   informazione continuano a ripetere e a trasmettere l'ordine di Tel
   Aviv: è un'operazione militare chirurgica contro Hamas, contro il
   terrorismo, contro il pericolo mortale per Israele.
   Ma sulle pagine di Ha'aretz Amira Hass scrive il contrario, scrive che
   non è un attacco contro Hamas ma contro tutto il popolo palestinese.
   In queste ore di orrore e di terrore, nessun capo di stato dice che i
   palestinesi hanno il diritto di esistere, che questa sanguinaria
   occupazione militare deve finire. Il lungo embargo umanitario che
   hanno chiamato "tregua", ha servito sul piatto d'argento il pretesto
   della carneficina a suon di bombe. Una volta cotto a puntino, il
   popolo di Gaza può affrontare inerme l'invasione dell'esercito
   israeliano che in modo codardo si prepara ad entrare e ad affrontare
   armi in pugno una popolazione ridotta allo stremo.
   In tre giorni di ininterrotti bombardamenti la macchina da guerra
   israeliana ha colpito in mezzo alla popolazione civile, si è macchiata
   di crimini di guerra colpendo caserme, case, edifici pubblici,
   università, moschee, luoghi di culto, danneggiando ospedali e tutto
   questo lo chiamano "Hamas".
   Di fronte a questo orrore disgustoso anche il presidente dell'Autorità
   Palestinese Abu Mazen, in linea con Bush, ha chiamato tutto questo
   "Hamas" e ha dichiarato che la colpa è di Hamas per aver rotto la
   tregua unilaterale, obbligatoria solo per i palestinesi.
   Le divisioni interne palestinesi si sono ormai sedimentate, sono state
   costruite con abilità, a tavolino dalle diplomazie internazionali e
   tutto questo l'hanno chiamato "piano di pace".
   Quando tutto questo sarà finito la stampa non si prenderà cura di
   raccontarci fino in fondo questo Genocidio. Un milione e trecentomila
   palestinesi rinchiusi nella Striscia di Gaza non hanno possibilità
   alcuna di scampare al massacro che colpirà nel mucchio, a caso.
   Tutto il Mondo è in rivolta e sta urlando la sua rabbia ma questo non
   conta nulla quando il mondo è governato da una classe di inetti e
   corrotti che porta avanti la grande menzogna della civiltà, quando il
   nostro silenzio inattivo viene pagato con il controllo del benessere
   finanziario, quando siamo disposti a lasciare che altri paghino i
   disastri del capitalismo di guerra, i mancati proventi del petrolio
   iracheno, i licenziamenti alla General Motors, la crisi finanziaria
   mondiale.
   Il modello diplomatico in corso è quello sperimentato durante
   l'attacco al Libano del 2006: diplomazie al lavoro per decidere nel
   modo più lento possibile e per lasciare aperta ad Israele quella
   finestra di tempo necessaria per scatenare il suo odio
   anti-palestinese, per dare fiato agli anti-arabi, ai razzisti (molti
   dei quali tuonano dalle pagine dei quotidiani nazionali), a tutti
   coloro che non spenderanno una sola lacrima per un bambino palestinese
   morto ammazzato. Eppure le immagini che arrivano da Gaza parlano
   chiaro, mostrano un crimine di guerra, uno sterminio di massa
   realizzato con i toni trionfalistici di chi sa, nel governo
   israeliano, che non esiste alcuna forza politica sufficientemente
   libera da interessi politici capace di dire basta, di rompere ogni
   relazione, politica, diplomatica, commerciale, con questo governo di
   assassini.
   Qual è la distanza che separa la guerra totale contro il popolo
   palestinese dalla soluzione finale palestinese?
   [30 dicembre 2008]

   SABATO 3 GENNAIO MANIFESTAZIONE A ROMA

   Ore 16.30 piazza della Repubblica corteo fino a Piazza Barberini

   Fermiamo il massacro dei palestinesi a Gaza
   Basta con l'impunità del terrorismo di stato israeliano
   Rompere ogni complicità politica, militare, economica tra lo stato
   italiano e Israele
   Le bombe uccidono le persone, l'informazione manipolata uccide le
   coscienze
   Prime adesioni:
   Associazione Handala (Castelli Romani); Associazione Amici della
   Mezzaluna Rossa Palestinese; Centro Iniziativa Popolare; CIRCI;
   Circolo Comunista "Stefano Chiarini"; Comitato Palestina nel cuore;
   Collettivo antagonista Primavalle; Disarmiamoli; Forum Palestina;
   Partito dei Comunisti Italiani; Partito della Rifondazione Comunista;
   Partito Comunista dei Lavoratori; Rete dei Comunisti; Sinistra
   Critica...

   GAZA. SOLIDARIZZARE CON CHI RESISTE, DENUNCIARE CHI COLLABORA CON I
   BOMBARDAMENTI ISRAELIANI

   In queste ore la Striscia di Gaza è stata trasformata in una trappola
   mortale dai bombardamenti israeliani che hanno già fatto centinaia di
   morti e altrettanto feriti che moriranno nelle prossime ore perché gli
   ospedali erano al collasso già da due anni a causa del vergognoso
   embargo.

   I palestinesi di Gaza sono chiusi in ogni lato dai militari israeliani
   e da quelli egiziani, sottoposti a micidiali bombardamenti e impediti
   a uscire da questo nuovo "ghetto di Varsavia" per cercare rifugio,
   alimenti, assistenza medica e protezione.

   Chiunque abbia un minimo senso di giustizia e verità oggi non può e
   non deve tacere di fronte al genocidio in corso a Gaza, un genocidio
   fatto prima di lento strangolamento economico/sanitario e di assedio e
   poi da missili, bombe e cannonate sull'area del mondo a maggiore
   densità di popolazione.

   Noi riteniamo che sia giunto il momento di prendere posizione e di
   avviare una vasta campagna di mobilitazione tesa a impedire
   l'annientamento politico e materiale della popolazione palestinese da
   parte di Israele.

   Per questi motivi riteniamo che:

   1)      Oggi occorre schierarsi apertamente con chi a Gaza oppone
   resistenza con ogni mezzo all'aggressione israeliana e condannare
   altrettanto apertamente chi si dissocia dalla resistenza. Riteniamo
   pertanto inaccettabili le parole e l'atteggiamento del presidente
   palestinese Abu Mazen e degli altri dirigenti dell'ANP che ritengono
   Hamas, e non Israele, responsabili della situazione, cercando di
   approfittare dell'aggressione per determinare un nuovo rapporto di
   forza dentro lo scenario palestinese. Abu Mazen si dovrebbe
   preoccupare di smentire le dichiarazioni del ministro israeliano Tzipi
   Livni la quale ha confermato che l'offensiva militare contro Gaza e
   Hamas andrà avanti fino a quando non ci sarà un nuovo equilibrio di
   potere funzionale agli interessi israeliani. Se la prospettiva di Abu
   Mazen e dell'ANP è simile a quella di un governo come quello di Al
   Maliki in Iraq, è evidente come tale prospettiva non possa trovare più
   alcun sostegno da parte di chi anima la solidarietà con la lotta del
   popolo palestinese.

   2)      Sulla situazione in Palestina emergono le gravissime
   complicità dei regimi arabi reazionari e filo imperialisti - in modo
   particolare dell'Egitto - che si rende ancora complice dell'embargo e
   del blocco contro la popolazione palestinese di Gaza arrivando a
   schierare le forze armate ai confini e facendo sparare contro i
   palestinesi che cercavano di fuggire dalla trappola di Gaza cercando
   rifugio e protezione in Egitto.

   3)      Va affermato con forza che la responsabilità della drammatica
   situazione a Gaza è della politica di annientamento perseguita da
   Israele con la complicità dell'Egitto, degli USA e dell'Unione Europea
   e non di Hamas. Non si può continuare a fare confusione su questo.

   Gaza è assediata per terra e per mare da due anni chiudendo in
   trappola un milione e ottocentomila persone. La tregua non è stata
   rotta da Hamas o dalle altre organizzazioni palestinesi attive nella
   Striscia di Gaza ma dalle autorità israeliane che durante la "tregua"
   hanno ucciso 25 palestinesi, effettuato arresti e rastrellamenti in
   Cisgiordania, mantenuto chiusi i valichi impedendo ai palestinesi di
   Gaza di entrare, uscire o ricevere i rifornimenti necessari per
   sopravvivere. Ogni simmetria tra il lancio di razzi palestinesi a
   dicembre e i feroci bombardamenti israeliani è una ingiuria alla
   verità e alla giustizia.

   4)      I governi europei (incluso quello italiano) hanno preso
   posizioni formali ed equidistanti sul mattatoio in corso a Gaza che
   rivelano una grande preoccupazione per le ripercussioni degli
   avvenimenti in corso ma senza trarne le dovute conclusioni nelle
   relazioni politiche, diplomatiche e commerciali con Israele. Hanno
   accettato e mantenuto l'embargo contro i palestinesi di Gaza ed hanno
   mantenuto i rapporti di collaborazione militare, scientifico,
   economico con le istituzioni israeliane. Il governo israeliano ha
   messo non solo l'Europa ma anche la nuova amministrazione USA di
   fronte al fatto compiuto potendo godere di un livello di impunità per
   i propri crimini di guerra e contro l'umanità che la storia dal
   dopoguerra a oggi non ha assicurato a nessun altro stato.

   5)      Il popolo palestinese vive un momento estremamente difficile
   dal quale potrebbe uscire ridotto ad una esclusiva questione
   umanitaria che negherebbe decenni di lotta politica e di ambizioni
   alla liberazione nazionale della Palestina. Il popolo palestinese da
   anni affronta la più pericolosa potenza militare esistente in Medio
   Oriente - Israele - potendo contare sul sostegno solo delle altre
   forze che animano la resistenza antisionista nella regione, a
   cominciare dal Libano. L'unità di tutte le forze della resistenza a
   livello regionale è un passaggio che i movimenti di solidarietà in
   Europa devono appoggiare con ogni sforzo.

   In questi giorni in molte città italiane - Roma, Milano, Bologna,
   Napoli, Pisa, Firenze, Lecce, Cagliari, Padova, Vicenza, Bari e tante
   altre - ci sono state alcune prime, tempestive e spontanee
   manifestazioni in solidarietà con il popolo palestinese, contro la
   strage in corso a Gaza e il terrorismo di stato israeliano. Questa
   mobilitazione deve proseguire nei prossimi giorni. Cortei sono già
   stati annunciati in diverse città italiane per sabato 3 gennaio. La
   nostra iniziativa deve dimostrarsi di essere capace di spezzare o
   mettere in crisi la catena delle complicità con i crimini di guerra
   israeliani a cominciare dagli anelli della disinformazione, della
   subalternità politica e della collaborazione militare e commerciale
   tra Italia e Israele.
   Il Forum Palestina - [3]www.forumpalestina.org
   [29 dicembre 2008]

   ISRAEL'S WAR CRIMES - LA DENUNCIA DI RICHARD FALK SU THE NATION

   Professor Richard Falk, United Nations special rapporteur for human
   rights in the Occupied Territories:
   The Israeli airstrikes on the Gaza Strip represent severe and massive
   violations of international humanitarian law as defined in the Geneva
   Conventions, both in regard to the obligations of an Occupying Power
   and in the requirements of the laws of war
   Those violations include:
   o Collective punishment: The entire 1.5 million people who live in the
   crowded Gaza Strip are being punished for the actions of a few
   militants.
   o Targeting civilians: The airstrikes were aimed at civilian areas in
   one of the most crowded stretches of land in the world, certainly the
   most densely populated area of the Middle East.
   o Disproportionate military response: The airstrikes have not only
   destroyed every police and security office of Gaza's elected
   government, but have killed and injured hundreds of civilians; at
   least one strike reportedly hit groups of students attempting to find
   transportation home from the university.
   Earlier Israeli actions, specifically the complete sealing off of
   entry and exit to and from the Gaza Strip, have led to severe
   shortages of medicine and fuel (as well as food), resulting in the
   inability of ambulances to respond to the injured, the inability of
   hospitals to adequately provide medicine or necessary equipment for
   the injured, and the inability of Gaza's besieged doctors and other
   medical workers to sufficiently treat the victims.
   Certainly the rocket attacks against civilian targets in Israel are
   unlawful. But that illegality does not give rise to any Israeli right,
   neither as the Occupying Power nor as a sovereign state, to violate
   international humanitarian law and commit war crimes or crimes against
   humanity in its response. I note that Israel's escalating military
   assaults have not made Israeli civilians safer; to the contrary, the
   one Israeli killed today after the upsurge of Israeli violence is the
   first in over a year.
   Israel has also ignored recent Hamas diplomatic initiatives to
   re-establish the truce or ceasefire since its expiration on 26
   December.
   The Israeli airstrikes today, and the catastrophic human toll that
   they caused, challenge those countries that have been and remain
   complicit, either directly or indirectly, in Israel's violations of
   international law. That complicity includes those countries knowingly
   providing the military equipment including warplanes and missiles used
   in these illegal attacks, as well as those countries who have
   supported and participated in the siege of Gaza that itself has caused
   a humanitarian catastrophe.
   I remind all Member States of the United Nations that the UN continues
   to be bound to an independent obligation to protect any civilian
   population facing massive violations of international humanitarian
   law--regardless of what country may be responsible for those
   violations. I call on all Member States, as well as officials and
   every relevant organ of the United Nations system, to move on an
   emergency basis not only to condemn Israel's serious violations, but
   to develop new approaches to providing real protection for the
   Palestinian people.
   About Richard Falk
   Richard Falk, professor emeritus of international law and practice at
   Princeton University, is the United Nations Human Rights Rapporteur in
   the Occupied Territories and a member of The Nation editorial board.
   Fonte: [4]http://www.thenation.com/doc/20090112/falk?rel=hp_currently
   [29 dicembre 2008]
   LINK
   [5]http://electronicintifada.net/