Myanmar: Amnesty diffonde testimonianze audio e video sulla "caccia alle streghe" e sulla repressione in corso



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COMUNICATO STAMPA
CS117-2007

MYANNAR: AMNESTY INTERNATIONAL DIFFONDE TESTIMONIANZE AUDIO E VIDEO SULLA
'CACCIA ALLE STREGHE' E SULLA REPRESSIONE IN CORSO

'Abbiamo visto i poliziotti chiedere soldi alle famiglie dei detenuti per
ottenere il rilascio di questi ultimi. I giovani e gli studenti che vanno
in ufficio o a scuola vengono non solo fermati e perquisiti ma anche
derubatiŠ'

(testimonianza di Thin Thin Aye, alias Mie Mie, poco prima di essere
arrestata il 13 ottobre. Sul suo caso, cfr. appello on line su
www.amnesty.it)

Amnesty International ha diffuso oggi una serie di nuove testimonianze
audio e video sulla repressione ancora in corso in Myanmar, fatta di raid
notturni, arresti arbitrari e terribili condizioni di prigionia. Tra le
testimonianze figurano quelle di due importanti attivisti, poi arrestati
nello scorso fine settimana.

Le dichiarazioni registrate da Amnesty International provengono
dall'interno di Myanmar e dalla Thailandia, dove sono stati costretti a
fuggire numerosi birmani.

'Ci hanno raccontato di irruzioni notturne, di persone prese in ostaggio,
di manifestanti gettati in centri di detenzione sovraffollati e insalubri.
Altro che il ritorno alla normalita', proclamato dalle autorita' di
Myanmar. Gli stessi arresti degli ultimi giorni contraddicono quanto
sostenuto dal governo, secondo il quale non ci sarebbero prigionieri
politici' - ha detto Catherine Baber, direttrice del Programma
Asia-Pacifico di Amnesty International.

Le ultime dichiarazioni, raccolte con la videocamera e via telefono dai
ricercatori di Amnesty International che si trovano lungo il confine tra
Thailandia e Myanmar, comprendono testimonianze oculari di pestaggi
indiscriminati di manifestanti e passanti, bambini e monaci compresi.

'Alcune persone erano state picchiate cosi' ferocemente da non riuscire a
capire da dove uscisse il sangue. In molti casi, i manifestanti sono stati
colpiti al capo. I poliziotti antisommossa miravano alla testa' - ha
dichiarato un monaco 31enne che ha assistito a uno scontro tra i
manifestanti e la polizia alla pagoda di Shwe Dagon, il 28 settembre.

I filmati, girati da Amnesty International nella citta' tailandese di Mae
Sod, presentano testimonianze di prima mano di ex detenuti, che raccontano
le torture subite in carcere a opera delle forze di sicurezza: pestaggi,
scariche elettriche e sospensione per le braccia per lunghi periodi di
tempo.

'Mi hanno messo un cappuccio in testa e obbligato a stare in una posizione
raccolta. Quando cadevo, arrivava una delle cinque guardie e mi prendeva a
calci. Mi hanno colpito alla schiena, al petto e alla testa e mi hanno
frustato con un cavo elettrico' - ha denunciato Nay Tin Mynt, fuggito da
Myanmar dopo 15 anni di detenzione e tortura.

Dall'inizio dell'attuale repressione, Amnesty International ha riscontrato
un aumento dei decessi in carcere e ha ricevuto notizie di pestaggi,
maltrattamenti, privazione di cibo, acqua e cure mediche nelle carceri
sovraffollate di tutto il paese.

'Il mondo deve sapere cosa sta accadendo nei centri di detenzione di
Myanmar. Se le autorita' non hanno niente da nascondere, perche'
respingono la richiesta del Comitato internazionale della Croce Rossa di
visitare senza impedimento i detenuti?' - ha proseguito Baber.

Le visite del Comitato internazionale della Croce Rossa sono state sospese
nel gennaio 2006, dopo che questo organismo aveva rifiutato di effettuare
le visite accompagnato da funzionari governativi.

'Il susseguirsi degli arresti arbitrari, le detenzioni segrete, i
maltrattamenti e le torture rendono farsesca la promessa delle autorita'
di Myanmar di cooperare con le Nazioni Unite. La comunita' internazionale
deve agire con ancora maggiore urgenza per pretendere dal governo di far
cessare gli arresti di pacifici manifestanti, di aprire i centri di
detenzione alle visite di osservatori indipendenti e di rilasciare tutti i
prigionieri di coscienza' - ha concluso Baber.

'A nome dei cittadini birmani, dico che abbiamo bisogno della solidarieta'
dei popoli e delle istituzioni della comunita' internazionale. Noi stiamo
continuando a fare il massimo per proseguire la lotta per la liberta' e la
giustizia. Chiedo alla comunita' internazionale di fare tutto il possibile
per fermare le atrocita'' - e' l'appello lanciato da Hlay Kywe, poco prima
di essere arrestato il 13 ottobre.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 17 ottobre 2007

Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361, e-mail: press at amnesty.it




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