Fw: Non possiamo tacere (diffondere)



 
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Sent: Monday, September 25, 2006 10:38 AM
Subject: Non possiamo tacere (diffondere)

Cristiani giustiziati, sit-in

"I Cristiani non sono cittadini di serie B"

A Roma lunedì 25 settembre
alle 17.30  
 
troviamoci tutti davanti all'ambasciata indonesiana
(via Campania 55)

 

Meglio tardi che mai. Pier Ferdinando Casini ha proposto di manifestare silenziosamente, accendendo una candela in memoria dei tre cattolici, tre poveri contadini massacrati dal regime indonesiano a causa della loro fede, perché il loro sangue era stato preteso dai fondamentalisti islamici. Il leader dell'Udc lancia l'iniziativa "per rompere il silenzio del mondo". Adesioni numerose e bipartisan. Ds: "Contro la pena di morte e per la libertà di coscienza".

Per saperne di più :

 

L'esecuzione dei tre cattolici in Indonesia

UCCISI PER LA FEDE

Ha trionfato l'odio anti-cristiano, l'hanno avuta vinta gli estremisti, mentre noi c'inchiniamo, nel dolore e nella preghiera, di fronte ai nuovi martiri della fede.

Ha trionfato l'odio anti-cristiano, l'hanno avuta vinta gli estremisti, mentre noi c'inchiniamo, nel dolore e nella preghiera, di fronte ai nuovi martiri della fede. Nomi esotici di un Paese lontano che negli ultimi tempi ci erano diventati familiari e vicini, e ai quali vogliamo rendere omaggio: Fabianus Tibo, Marinus Riwu e Dominggus da Silva, tre cattolici indonesiani condannati a morte dopo un processo sommario e iniquo e giustiziati ieri dopo una macabra roulette russa di ambigui rinvii e finti ripensamenti.

Sono caduti sotto il fuoco del plotone d'esecuzione che, insieme a quelle vite innocenti, ha distrutto (per ora) anche la speranza in una riconciliazione autentica e sincera fra cristiani e musulmani nel grande Paese asiatico. A nulla sono valse le richieste di clemenza, a cominciare dall'appello rivolto direttamente al presidente dell'Indonesia da Benedetto XVI il 12 agosto. Nell'estremo tentativo di salvare la vita ai tre cristiani di Palu erano intervenuti istituzioni politiche e organizzazioni umanitarie, si erano mossa l'Unione Europea e vari governi compreso quello italiano, e recentemente si erano mobilitati anche vari leader musulmani chiedendo un gesto di clemenza «per dimostrare ancora una volta che la giustizia è un principio fondamentale della religione islamica».

Durante il processo non era emersa alcuna prova che i tre cattolici fossero responsabili delle violenze avvenute a Poso nel 2000. Ma la sentenza era già scritta, nonostante che gli imputati si fossero sempre proclamati innocenti. La loro unica "colpa" è stata quella di aver denunciato il coinvolgimento di alcuni ufficiali governativi negli scontri inter-religiosi che hanno fatto migliaia di morti. A questo si è aggiunta la fortissima pressione degli ambienti estremisti islamici che esigevano per i tre cristiani la stessa sorte riservata agli autori degli attentati terroristici compiuti a Bali nel 2002. Le condanne a morte eseguite ieri svelano il cinico gioco di falso equilibrismo portato avanti dal governo di Giakarta. È davvero paradossale che questo avvenga in un Paese come l'Indonesia, la nazione islamica più popolosa del mondo, che però ha sempre cercato di rispettare il principio, sancito dalla sua Costituzione, del pluralismo religioso.

È il segno inquietante che l'onda in piena del fondamentalismo musulmano, dopo aver dilagato tra la popolazione, sta sfondando anche le barriere della politica e delle istituzioni civili dello Stato asiatico che si definisce «laico di fede musulmana».

«Non abbiamo più lacrime da versare, non abbiamo più voce per gridare». È la denuncia straziante dei cattolici indonesiani duramente provati da una barbarie elevata a diritto. È l'ennesima «ingiusta sofferenza della Chiesa» cui si è riferito Benedetto XVI in un discorso di qualche settimana fa. Fabianus, Domingus e Marinus sono i nuovi martiri asiatici d'inizio millennio. Vanno ad aggiungersi alla lunga schiera di chi ha versato il sangue per la fede, interpellando la nostra coscienza di cristiani d'Occidente. Loro non hanno più lacrime, non hanno più voce. Noi invece piangiamo e vogliamo far sentire tutto il nostro sdegno di credenti e di uomini liberi nei riguardi di uno Stato che si è comportato da ingiusto e inumano carnefice.

di Luigi Geninazzi

Avvenire 22 settembre 2006

 

 

 

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