Ebru ha preso il posto di Theo van Gogh e, come lui, non vuole la scorta



Ebru ha preso il posto di Theo van Gogh e, come lui, non vuole la scorta

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PARLA LA GIORNALISTA TURCO-OLANDESE PICCHIATA DA DUE FANAT I C I
Roma. Un metro e sessanta di altezza, 56 chili, origini turche, atea, banditrice del
secolarismo olandese. La giornalista Ebru
Umar una settimana fa è finita in ospedale,
malmenata da due islamisti nel centro
di Amsterdam, vicino a casa. Colpevole di
aver ereditato la rubrica che il regista
Theo van Gogh teneva sul quotidiano Metro.
Il giornale aveva continuato a pubblicare
uno spazio bianco per oltre un anno,
da quel 2 novembre del 2004, dalla mattina
in cui il regista di "Submission" venne
sgozzato per strada come un cane da
Mohammed Bouyeri. L'avvertimento fisico
era diretto alla musulmana antislamista
che in tv denuncia l'islam politico e il multiculturalismo.
Al Foglio, Ebru Umar racconta
la sua vicenda.
Perché ha rifiutato la protezione del governo
olandese, come van Gogh prima di
lei? "Non la rifiuto, ciò che non accetterò
mai è di camminare accanto a cinque
guardie del corpo. Avevo già ricevuto email
e attacchi dai fanatici durante i dibattiti,
ci ho fatto il callo. Non ho paura di
dire la mia in un paese di ex collaborazionisti
nazisti. Questo è ciò che ero, ciò
che sono e ciò che sarò. Il prezzo che pago
per aver accettato di parlare è vivere
per sempre dietro a porte sorvegliate e
avere la casa circondata da telecamere.
Ma come ripeto spesso: coraggio, fatevi
avanti, attaccate una donna di un metro e
sessanta, fottetevi". Veniamo all'aggressione.
"Mi hanno strattonato e colpito in
faccia, sono arrivati da dietro, non li ho visti.
I miei genitori non mi hanno mai picchiato,
ci volevano due fecce come loro.
Come ho detto al giornale Het Parool, immagino
che le loro madri siano orgogliose".
A sentirla parlare non si fa fatica a capire
perché sia diventata un bersaglio.
"Nel caso dei giovani musulmani olandesi,
riferirsi all'islam è come abusare di un
figlio, una scusa per essere violenti, soprattutto
se ci si basa su scritti insulsi originati
più di mille anni fa. La rubrica su
Metro non mi cambierà la vita, amo scrivere,
amo la politica, lo farò fino alla fine".
Fu van Gogh a convincerla a partecipare
al dibattito sull'islam in Olanda, dopo la
morte di Pim Fortuyn. "Quello di Theo fu
un sacrificio, ma anche altro. E' stato ucciso
per aver diretto un film idiota e per
aver seguito una politica narcisista, Ayaan
Hirsi Ali. Theo non avrebbe mai accettato
di girarlo, se avesse saputo a cosa andava
incontro. 'Sei disposto a morire per i tuoi
ideali?', questa era l'unica e vera domanda
che Ayaan doveva rivolgergli. Invece
lui arrivava ogni giorno sul set e diceva
'che cosa facciamo oggi?'. Firmare una
cambiale di morte, è ciò che fece Theo. Lascia
un figlio, una moglie, una famiglia e
tanti amici che pensano a lui, ogni giorno.
Non si può dire lo stesso per Ayaan Hirsi
Ali. Spero che diventi presto una grana
nel culo delle Nazioni Unite. E' questo il
gossip oggi in Olanda".

"Non fanno il nostro stesso uso della ragione"

Ebru quando parla di Olanda intende
tutta l'Europa, dice che la sua patria è come
un laboratorio. "Le nostre menti sofisticate
del XXI secolo non vedono chi sono
veramente coloro che dicono 'l'islam, la nostra
religione oggi, la vostra domani'. Adulti
e maturi, li vorremmo tutti così no? Ma
non fanno il nostro stesso uso della ragione.
Così in Olanda non diciamo mai ai nuovi
immigrati cosa ci aspettiamo da loro, ciò
che consideriamo 'normale', quali sono i
nostri standard morali e che questi standard
sono guida della società. Riusciamo
solo a balbettare 'è la loro cultura, rispettiamola'.
Ma nel loro caso equivale a invitare
uno scassinatore in casa e sorprendersi
poi che la gioielleria è scomparsa.
Bouyeri è un idiota, se avessi quindici minuti
gli direi ciò che penso. Ma ho paura
che la lista sia lunga".
Secondo Ebru, Amsterdam ormai è come
i Balcani. "E' un posto magico, non una città,
piuttosto un villaggio. Non vogliamo mai
confrontarci con il fallimento del multiculturalismo,
ci voltiamo altrove quando la violenza
è issata in nome della convivenza,
giorno dopo giorno, senza che i politici sappiano
mai di cosa si tratta. Eravamo indifferenti
a tutto e tutti. L'Olanda non è mai stata
una società tollerante. Il nostro sindaco Job
Cohen è famoso per soccorrere gli islamisti
dopo ogni atto di violenza da loro commesso.
Se non puoi batterli, unisciti a loro, è la
sua mentalità". Tre anni fa, insieme al fotografo
Thomas Schlijper, Ebru scrisse il suo
libro più famoso, "Burqa Bashing". "I media
olandesi dissero che eravamo ignoranti e
idioti perché parlavamo criticamente del
burqa. Qui abbiamo la libertà religiosa, se
metti al bando il burqa, come molti chiedono,
devi farlo anche con il velo".
Lei continuerà a vivere in uno dei cosiddetti
"ghetti musulmani" di Amsterdam,
dove è stata pestata. "Il ritorno nei paesi
d'origine della prima generazione contribuirebbe
all'assopimento della retorica
islamista nella seconda, la 'generazione
perduta', perduta per sempre. Il governo
dovrebbe poi raddoppiare subito le pene
per i reati che vengono commessi in nome
dell'islam. Nella loro storia i musulmani
hanno ucciso più musulmani che 'infedeli'.
E' vero che la morte di Theo ha cambiato il
paese, ma ho paura che rimarrà tutto come
prima. Nei giorni scorsi a un'insegnante
musulmana è stato concesso di non stringere
la mano agli uomini, se lo desidera".
Su tutti però Ebru detesta il ministro dell'Immigrazione
Rita Verdonk. "Ha consentito
che i rifugiati congolesi venissero rispediti
in patria, e lì uccisi. Verdonk ha
detto che il governo ha agito 'adeguatamente'.
Poi vorrebbe fare lo stesso con gli
omosessuali iraniani in cerca di asilo. Vuole
rimandarli nel loro paese. Io amorevolmente
ci manderei lei a Teheran, potrebbe
giudicare personalmente la situazione".
Giulio Meotti

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