ORGOGLIO AMERICANO...



      DIEGO GARCIA. UN POPOLO CANCELLATO.
      di Alessia Ecora
      pubblicato il 30/06/2004


      Esiste un arcipelago nell'Oceano Atlantico. 64 isolette chiamate
Chagos. L'atollo principale, ha una superficie di appena 44 km" e un nome e
un cognome, tutt'altro che familiari: Diego Garcia. Una base militare
americana.
      Nata come centro d'ascolto per l'Intelligence, svolge una funzione
strategica e militare fondamentale, punto d'appoggio per interventi verso l'
Asia centrale e il Golfo Persico. Bombardieri B-52 e caccia B1 e B2
atterrano e decollano continuamente. Ovunque, depositi di materiale bellico
e carburante. 4000 persone, tra militari e civili.
      Torniamo indietro di 40 anni più o meno.
      Una popolazione di lingua creola abita queste spiagge, che
appartengono al Regno Unito. Vive di pesca, agricoltura e allevamento e
discende da schiavi deportati dai coloni europei nel XVIII secolo da
Mozambico, Mauritius e India.  Di tutto questo, oggi, non c'è più alcuna
traccia.
      Per aver tutto chiaro, bisogna comprendere perché, negli anni 60,
Harold Mc Millan e John F. Kennedy siglano un accordo segreto .É un momento
di riorganizzazione dell'apparato anglo-americano  nell'Oceano Indiano. L'
impero britannico si appresta a ritirarsi progressivamente dai territori "a
est di Aden". Diego Garcia ha una forte rilevanza strategica nella lotta
contro l'Unione Sovietica. L'affare è presto fatto. Gli Americani vogliono l
'isola  e l' affitteranno per cinquant'anni, a condizione che le Chagos
siano sottratte alla sovranità delle Mauritius. Si vuole così evitare che,
una volta diventate indipendenti, queste ultime possano rivendicare diritti
sull'arcipelago. Si costituisce allora una nuova colonia: il territorio
britannico dell'Oceano Indiano (Biot). A nulla serve l'opposizione delle
Nazioni Unite.

      Un' altra condizione è, però,fondamentale. Gli abitanti dell'isola
dovranno essere evacuati "per ragioni di sicurezza". In cambio Londra avrà
uno sconto di circa 14 milioni di dollari sull'acquisto di missili polaris
per i suoi sottomarini atomici.
      Si provi a immaginare adesso di vincere una vacanza premio, al termine
della quale si scopra che non è più permesso tornare a casa. È l'inizio dell
' esodo della popolazione di Diego Garcia.Una migrazione forzata per un
popolo ingannato e strappato alla sua terra. Abbindolati, molti si dirigono
verso Port Louis capitale delle Mauritius, distante cinque giorni di
navigazione.Quelli rimasti sull' isola, si vedono privati pian piano di ogni
mezzo di comunicazione e sostentamento. I capi di bestiame vengono
sterminati. Nel 1971, una Immigration ordinance  stabilisce che su Diego
Garcia non esiste alcuna popolazione natia. Esiste solo un gruppo cospicuo
di immigrati, lavoratori temporanei, "licenziati" dopo un breve preavviso.
Gli ultimi deportati, nel 1973, saranno scaricati sui marciapiedi di Port
Louis e di Victoria,  in condizioni di assoluta povertà. Avranno diritto a
un misero compenso, a patto di rinunciare a ogni diritto di ritorno sull'
isola.
      " Un rapimento collettivo", come lo definirà il Washington Post, l'11
settembre 1975. Per il popolo di Diego Garcia comincia una vita di
emarginazione, razzismo, alcol e droga. Senza possibilità di trovare lavoro,
vivono ammassati nelle bidonville, costretti a mendicare.
      Nel 1997, dopo quasi trent'anni, il silenzio è improvvisamente rotto.

      Alcuni articoli pubblicati sul quotidiano "Le Mauricien", basati su
archivi ufficiali britannici, dimostrano che i nativi delle isole Chagos,
originari di un territorio ancora dipendente da Londra, sono effettivamente
cittadini del Regno Unito.
      Olivier Bancoult costituisce l'associazione "Gruppo dei rifugiati
Chagos" e denuncia la Gran Bretagna all'Alta Corte Inglese che, il 3
Novembre del 2000, condanna Londra giudicando illegale l'espulsione degli
isolani e imponendo che essi siano risarciti e autorizzati a ritornare in
patria. Sotto accusa anche le industrie americane costruttrici della base
militare, amministrate  fino a poco tempo fa dal vicepresidente Nick Cheney.
      Il governo di Tony Blair non è dello stesso parere. L'inchiesta è
trascinata per le lunghe, attraverso motivazioni di vario genere e promesse
mai  mantenute.
      Con gli attentati dell'11 settembre e la guerra in Afghanistan la
situazione si complica.
      Risulta chiaro che gli Stati Uniti non hanno intenzione alcuna di
rinunciare ad un punto strategico per loro indispensabile, né di convivere
con una popolazione che inevitabilmente intralcerebbe le operazioni
militari.

      La lotta continua con scioperi della fame e proteste. Una nuova seduta
dell'Alta Corte, nell'ottobre del 2003, stabilisce che le richieste avanzate
sono prive di fondamento e che gli isolani potranno ottenere solo qualche
risarcimento a titolo individuale. Si ricorre in appello. Molti di essi
richiedono persino la possibilità di tornare in patria per lavorare al
servizio dei militari americani, al posto degli oltre 2000 civili impiegati
all'interno della base.
      Il 10 Giugno del 2004, mentre le notizie sulla guerra in Iraq e le
elezioni europee dominano l'informazione, Londra ribadisce che Diego Garcia
non rivedrà più i suoi vecchi abitanti. La motivazione, questa volta, è di
carattere ambientale: il riscaldamento del pianeta e le conseguenze sul
livello degli oceani potrebbero, a lungo andare, rendere la vita impossibile
alla popolazione.
      Una vita impossibile che è già stata resa ad un popolo invisibile a
cui è stato calpestato ogni diritto.