La faccenda Cap Anamur e le ambizioni della politica estera tedesca.



La faccenda Cap Anamur e le ambizioni
della politica estera tedesca
Jürgen Elsässer (*), "Junge Welt" , 12.07.2004


Il dramma dei profughi svoltosi al largo delle coste siciliane ed altri
trucchi per mettere in piedi un intervento "umanitario" nel Sudan.


Lunedì sera le autorità italiane avevano tratto in arresto Elias Bierdel,
il direttore dell'organizzazione tedesca Cap Anamur a Porto Empedocle, nel
sud della Sicilia.

Con l'attracco della cosiddetta nave di salvataggio dell'organizzazione al
porto della cittadina, si era concluso un braccio di ferro durato parecchi
giorni. 37 profughi potevano finalmente, raggiungere la terra ferma, ma
essi sono subito stati arrestati per essere avviati all'espulsione, previo
verifica del rispettivo stato di profugo. Contro Bierdel e contro il
capitano della nave, le autorità italiane starebbero valutando gli indizi
per eventualmente aprire una procedura penale con l'accusa di
"favoreggiamento dell'immigrazioneillegale".

Bierdel può contare sulla simpatia di associazioni dedicate ai profughi e
di attivisti dei diritti umani. Ma vi sono almeno due indizi che fanno
pensare che egli non era mosso tanto dalla preoccupazione per la
salvaguardia dei naufraghi, quanto da motivi di relazioni pubbliche per
promuovere una politica assai criticabile.

Vero è che tra la Cap Anamur e le autorità italiane, la questione se il
naufragio degli africani si sia compiuto più vicino alle coste maltesi od a
quelle dell'isola italiana di Lampedusa, quando il 20 giugno i 37 furono
salvati, e tuttora aperta. Ma non vi è alcun dubbio che la nave di Bierdel
dapprima era attraccata a Malta, il giorno del 24 giugno. In seguito,
invece di lasciare i naufraghi salvati a Malta, dal 1 luglio i tedeschi
cercavano di entrare nello spazio marittimo italiano. Forse perché facendo
così, la faccenda poteva acquistare una maggiore spettacolarità per la CNN
e gli altri confezionatori di notizie ?

Un altro trucco consisteva nella classificazione dei profughi quali sudanesi.

Sulle prime, la loro identità non era del tutto chiara.
Subito dopo il salvataggio, Bierdel aveva registrato nel libro di bordo
"Attualmente stiamo verificando da dove provengano i naufraghi e in quali
circostanze siano partiti sul loro viaggio.

Questo è difficile perché solo alcuni di loro sanno dire qualche parola in
inglese."
( www.cap-anamur.org ).

Ma poi - e siamo sempre in alto mare - i problemi di comunicare con i
naufraghi sembrano essersi risolti in fretta, considerando che su tutti i
canali si racconterà la storia degli africani provenienti dal Sudan.

Il trucchetto è chiaro: etichettandoli come sudanesi, la loro triste
situazione si faceva inquadrare nella strategia della politica estera
tedesca che, attualmente, punta a "dirigere tutti i fari dell'opinione
pubblica mondiale" (il Ministro Joseph Fischer) sul Sudan.

Con modi più aggressivi di quelli degli stessi USA, la Germania è
determinata a spingere il Consiglio di Sicurezza dell'ONU a deliberare
sanzioni contro il Sudan e politici influenti quali la Ministro per la
Cooperazione con i paesi emergenti, Heidemarie Wieczorek-Zeul (SPD) e
l'ex-Ministro agli Interni, Gerhard Baum (FDP) propongono addirittura un
intervento militare.

Per giustificare una tale richiesta, servono destini umani da poter esporre
ai telespettatori per convincere l'opinione pubblica della necessità di un
cosiddetto pronto intervento umanitario contro l'emergenza, all'occorrenza
anche per mezzo di bombe e missili.

L'organizzazione Cap Anamur ha acquisito esperienza con la produzione di
questi destini umani.

Fondata nel 1979 da Rupert Neudeck, il primo obiettivo dichiarato
dell'organizzazione era stato il salvataggio dei naufraghi vietnamiti, i
Boat People, che si diceva essere in fuga verso un presunto occidente
libero.

Nel 1997, il Sig. Neudeck era presente quando l'opposizione congolese,
appoggiata dagli USA, cacciò il dittatore Mobutu da Kinshasa.

Di nuovo all'assalto dell'ideologia socialista, egli partecipò all'azione
in Corea Settentrionale che poi, nel 2002, all'improvviso fu interrotta.
Particolarmente sospettabile era il suo impegno per i Balcani: Neudeck
appoggiava la propaganda anti-serba della NATO in Bosnia e nel Kosovo senza
se e senza ma.

Bierdel, all'epoca ancora corrispondente della (TV tedesca) ARD, si dava da
fare per corredare le storie-horror raccontate dall'allora Ministro alla
Difesa Rudolf Sharping con piccoli aneddoti raccolti qua e là.

Con ciò, il giornalista si qualificò per diventare, l'anno scorso,
successore di Neudeck alla guida di Cap Anamur.

In una specie di copione della campagna anti-jugoslava, le potenze
occidentali stanno conducendo contro il Sudan una crociata con l'arma delle
bugie umanitarie.

Il punto d'attracco della campagna è la situazione creatasi nella provincia
di Darfur, dove risiedono 7 dei complessivamente 31 milioni di sudanesi e
dov'è in atto una guerra civile tra popolazioni africane ed arabe.

Lo strazio dei profughi sarà aumentato dalla stagione delle piogge che sta
per iniziare in questi giorni, rendendo le strade inutilizzabili per il
trasporto dei beni di soccorso.

Secondo gli esperti dell'ONU, 350 000 persone rischiano di morire di fame
entro breve in questa regione, dove divampa la crisi.

Intanto, il problema non sono le cifre, difficilmente verificabili - anche
diecimila morti farebbero una tragedia umana spaventosa - bensì le
attribuzioni unilaterali delle responsabilità.

Secondo la propaganda occidentale, gli unici responsabili per l'esacerbarsi
della situazione sarebbero le milizie cavallerizze arabe, i cosiddetti
giangiawid che,
appoggiate da truppe governative, starebbero saccheggiando villaggi africani.

Le loro offensive avrebbero già creato 30 000 vittime negli ultimi mesi -
così almeno ci riferiscono gli esperti dell'agenzia Reuters.

Di conseguenza, i fautori dell'intervento militare, ripetendo il copione
propagandistico collaudato nella campagna balcanica, non parlano di una
guerra civile, ma insistono sul termine di "pulizia etnica" (parole di
Kerstin Mueller, sottosegretario al Ministero degli Esteri) e di "guerra di
espulsione" (FAZ, 27.05.04).

Delle volte, ci vuole qualche creatività terminologica per potere adoperare
tale pesante armamento linguistico con la sua carica di precisione - in
presenza di fatti tutt'altro che trasparenti.

Così ad esempio, il Segretario Generale dell'ONU Kofi Annan, a fine giugno,
si esibiva in esercizi da funambolo semantico spingendosi "al limite della
pulizia etnica", ed anche il Segretario di Stato USA, Colin Powell, si
disse incerto se siamo "di fronte alla fattispecie del genocidio ai sensi
della legge internazionale".

Ma di sofisticherie di questo tipo, Christa Nickels non ne vuole sapere:
nonostante la Presidente della Commissione parlamentare per i Diritti
Umani, durante il suo viaggio esplorativo intrapreso in maggio non si sia
mai spinta fino alla regione dove divampa la crisi, al suo ritorno seppe
raccontare con precisione che vi sarebbe in atto "in
sostanza, un genocidio".

Intanto, il premio come campione delle campagne di pubbliche relazioni
dovrebbe spettare al portavoce dei ribelli di Darfur il quale aveva dettato
ad un giornalista la frase, trascritta sul computer portatile di
quest'ultimo: "questa è la nostra Srebrenica".

Qualcuno, a Darfur, sapeva benissimo quali parole d'ordine occorre
impiegare per fare scattare il riflesso interventista dell'Europa.


Jürgen Elsässer


*Nota:

Jürgen Elsässer, giornalista per la Junge Welt e precedentemente per
Konkret, è l'autore, tra l'altro, di:

Menzogne di Guerra, pubblicato da Città del Sole, 2002

Titolo originale:

Kriegsverbrechen - Die toedlichen Luegen der Bundesregierung und ihre
Opfer im Kosovokonflikt, KVV Konkret-Verlag, Amburgo, 2000

Kriegsluegen - Vom Kosovokonflikt zum Milosevic-Prozess, (edizione
allargata del precedente titolo), Karl Homilius Verlag, 2004.

Il presente articolo è stato scritto per Junge Welt:
http:www.jungewelt.de




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