vhs di Mare Nostrum



Ricordo a tutti quelli che ancora non lo sanno, che sono state approntate le vhs del film-inchiesta MARE NOSTRUM, ed è possibile prenotarle sul sito http://www.stefanomencherini.org/ , al prezzo di 10 euro.
smencherini at libero.it  (Per proiezioni ed informazioni)
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PER CHI NON L'AVESSE ANCORA VISTO:

http://www.bellariafilmfestival.org/dett_film.html?num=74&gen=3
Mare Nostrum
Regia: Stefano Mencherini (smencherini at libero.it) Fotografia: Dante D’Aurelio e Stefano Mencherini Musiche originali: Alessandro Coppola, Lucia Poli e Francesco di Giacomo Formato: Beta Durata: 50’10’’ 

Mare nostrum è un film inchiesta che mette a nudo l’anticostituzionalità della recente legge sull’immigrazione: la Bossi-Fini-Mantovano. Dalle storie denunciate nel film sono almeno sette gli articoli della Costituzione calpestati dalla legge 189 del 30 luglio 2002. Alcune immagini di Mare nostrum hanno dato il via a 4 inchieste della magistratura su un “Centro di permanenza temporanea” gestito dalla Curia arcivescovile di Lecce. Il documentario è un viaggio in presa diretta nell’Italia dei diritti negati agli stranieri. A denunciare “la vergogna della Bossi-Fini-Mantovano e dei Centri di permanenza temporanea” è don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, associazione contro le mafie. Il film inizia con le lacrime del premier Berlusconi a Brindisi, all’indomani della “Strage del Venerdì Santo”, dove morirono in mare a causa di una collisione con una corvetta della Marina militare 108 albanesi che tentavano di raggiungere le nostre coste con l’ennesima carretta del mare, la Kater I Rades. Era il 1997. Poi un inseguimento tra scafisti e Guardia di Finanza italiana tra la baia di Valona e il canale di otranto tre anni dopo, durante il periodo “dei respingimenti” a colpi di kalashnikov. Mare nostrum continua raccontando l’arrivo dei “clandestini” nel “Centro di permanenza temporanea” Fondazione Regina Pacis, San Foca, Lecce. Una specie di Guantanamo nostrana dove le immagini di questo film, insieme ad un esposto presentato da alcuni cittadini leccesi, hanno dato il via a 4 inchieste aperte dalla Procura salentina che farà luce su sevizie e torture che sarebbero state inflitte da 7 operatori e 11 carabinieri agli internati “clandestini”. Il film continua tra la negazione del diritto alla difesa e di quello alla salute. A cagliari, una ragazza nigeriana di 24 anni viene violentata da tre italiani, li denuncia e sul letto d’ospedale si vede arrivare il “decreto d’espulsione”. Nell’Unità spinale dell’ospedale pubblico �Stefano Mencherini (Arezzo 1961) vive e lavora a Lecce. Per circa dieci anni è stato autore ed inviato, in programmi di informazione, per le tre reti RAI. Nel 2000 scrive un lavoro teatrale sugli incidenti sul lavoro dal titolo Il pane e loro. È socio fondatore insieme ad altri giornalisti del Coordinamento Nazionale Informazione e Giustizia nel Sociale. Attualmente collabora ad alcune testate quali; Specchio, Max. ed altri. 

http://www.malamente.com/diritti/marenostrum.htm
Il Mediterraneo, l’antica via di scambio di merci e culture, rappresenta oggi la tragedia dei migranti, il luogo del naufragio simbolico dei loro diritti e fisico con la pedita di centinaia di vite umane negli ultimi anni. Proprio Mare nostrum (cosi i latini lo chiamavano), è il titolo della video-inchiesta realizzata da Stefano Mengherini: dalla denuncia della disumanità dei Cpt (Centro di permanenza temporanea), ai cadaveri senza nome nelle acque del nostro mare, passando per l’esclusione sociale e le violenze subite da chi riesce a sbarcare. Un progetto autoprodotto durato cinque anni, utilizzando tecnologie digitali e un budget di 25.000 euro.
Le immagini di apertura anticipano la miscela di indagine e ironia amara che serpeggia nel film: l’intervista a un operaio immigrato, tanto italiano da cantare a memoria l’inno di Mameli, precede il pianto di Silvio Berlusconi, all’ora leader dell’opposizione, a Brindisi nel ’97. La tragedia è autentica, si tratta della collisione della Kater I Rades, trabiccolo natante, con una corvetta della Marina militare, in seguito alla quale persero la vita 108 albanesi.
L’inchiesta s’incentra sul Regina Pacis, il Cpt di San Foca (Lecce) gestito dalla Curia per mano del vescovo Francesco Ruppi e del suo mandatario don Cesare Lodeserto, entrambi sotto accusa, il primo per peculato e il secondo per maltrattamenti. 
Mencherini realizza una serie di interviste agli ospiti della struttura di detenzione che denunciano pestaggi e torture fisiche e morali, come la costrizione a mangiare carne di maiale per detenuti musulmani.
La scena si sposta a Santa Maria di Leuca, sempre in Salento, dove un operaio del cimitero, ripreso accanto a una bara senza nome mentre una ruspa la ricopre di terra. Con disarmante naturalezza il documento fa un lungo elenco di fosse comuni in provincia; l’unica possibilità di sepoltura per i migranti arrivati morti nell’eldorado italiano. Ma chi sopravvive alla traversata non ha vita facile. Un ingegnere albanese è intervistato mentre lavora come carpentiere in un cantiere; una ragazza nigeriana a Cagliari racconta un’agghiacciante esperienza di stupro; al reparto spinale di Firenze un ragazzo albanese fatica a ricevere assistenza pur avendo perso l’uso delle gambe.
Se i protagonisti di queste storie sono accomunati dalla minaccia di espulsione, l’intera classe politica italiana è legata dal filo dell’ipocrisia sui Cpt: in una lunga sequenza si succedono Rosa Russo Iervolino, Massimo D’Alema, Ferdinando Casini, Rocco Buttiglione, tutti in visita a San Foca tra sorrisi e strette di mano.



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