invio bollettino n.21/22



2 GIUGNO 1946: E' REPUBBLICA, FONDATA SUL LAVORO, NATA DALLA RESISTENZA
Il 2 giugno del 1946 è la festa degli italiani in patria ed all'estero.
Liberata e riunificata dagli alleati e dalla insurrezione partigiana,
l'Italia ripartiva dalle macerie della guerra.
Alla guida del paese le forze politiche, che il fascismo aveva ridotto al
silenzio, preparavano la costituzione.
L'assemblea costituente cominciò i lavori il 24 giugno 1946 e li concluse
il 22 dicembre 1947 presentando un testo costituzionale che entrò in vigore
a partire dal primo gennaio 1948.
La costituzione repubblicana fu l'ultima manifestazione significativa ed
importante della collaborazione fra tutte le forze antifasciste.
Presidente della Costituente il senatore Umberto Terracini, fondatore del
partito comunista italiano, per undici anni incacerato dal fascismo e
confinato per sei anni, critico del patto di non aggressione fra Stalin ed
Hitler al punto da venir espulso dal partito che aveva fondato.
Affermare, come è stato fatto dal presidente del Consiglio, che la nostra
costituzione è "sovietica" è cosa che può essere spiegata solo se si
accetta il fatto che nella lotta politica si possa dire di tutto.
Oggi, nella effervescenza mediatica dei revisionisti nuovi e stagionati, si
dimentica che il sistema cui la costituzione dava vita era di tipo
parlamentare, con il governo responsabile di fronte alle due camere
titolari del potere legislativo, entrambe elette a suffragio universale ed
incaricate di eleggere un capo dello stato con mandato settennale.
Quando il Presidente del consiglio afferma che la verifica del suo operato
la può fare, ogni cinque anni, soltanto l'elettorato, prescinde dalla
costituzione che, di fatto, è forte di una maggioranza parlamentare, tenta
di praticare quel modello "caudillista", i cui irreparabili danni sono
visibili in Argentina.
L'idea politica di repubblica, derivata dal concetto romano di respublica,
compendia in sé il principio del consenso all'ordinamento giuridico ed il
principio del bene comune.
L'idea moderna della repubblica non ha niente a che vedere con forme più o
meno striscianti di governo di pochi o di governo di un singolo ma al
contrario è forma di costituzione politica del governo dei cittadini.
La Repubblica, ideale perseguito con particolare tenacia in Italia, e così
caratterizzante tanta parte di storia patria, a partire dal primo
Risorgimento, non ha prodotto quella civile religione capace di far vivere
la Repubblica nel sentire comune di tutti gli italiani.
La Repubblica era ed è condizione di vera libertà e di autentica cittadinanza.
E' il presidente Ciampi, rappresentante dell'unità di tutti i cittadini,
formatosi, negli anni della sua prima gioventù alla cultura politica
repubblicana ed azionista a ricordare costantemente che è necessaria la
continuità con le migliori aspirazioni del Risorgimento, le cui vicende
hanno lasciato il segno nel tempo.
Oggi gli italiani sono anche europei.  Gli italiani all'estero hanno una
identità ripartita (della patria, del paese d'accoglienza, della famiglia
che hanno costituito ecc). Essi debbono attingere ai valori della
Repubblica per riconoscersi nella identità nazionale. Prospettare, come
esempio, una Italia enfatizzata che non c'è più è un errore grave.
In Italia e nel mondo c'è bisogno di lavorare per allargare le libertà, a
sostegno della pace e del diritto dei popoli alla autodeterminazione, per
l'emancipazione delle persone svantaggiate, per i diritti dei cittadini,
per la valorizzazione del lavoro, l'equità sociale, la difesa
dell'ecosistema in cui tutti viviamo.
Repubblica e costituzione repubblicana vogliono dire esattamente quanto ora
elencato.
Questi sono i valori comuni sui quali tutti possiamo riconoscerci.
Rino Giuliani, Vicepresidente dell'Istituto Fernando Santi


REFERENDUM: FIEI E CGIL DENUNCIANO GRAVI PREOCCUPAZIONI SULLA REALE
POSSIBILITA' DI VOTARE PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO
Nell'ambito di una missione in America Latina nel corso della quale hanno
potuto incontrare rappresentanti delle comunità e delle istituzioni
italiane a Buenos Aires, Rosario, Montevideo e San Paolo, il Segretario
della FIEI e Coordinatore nazionale della FILEF, Rodolfo Ricci e il
responsabile dell'Ufficio Italiani all'estero della CGIL e consigliere del
CGIE, Andrea Amaro hanno potuto verificare come, malgrado le dichiarazioni
del Governo italiano, tra le collettività all'estero l'informazione sui
referendum e sulle modalità di voto risultino molto parziali e che la
grande maggioranza dei connazionali non conosce i contenuti sui quali sono
chiamati a votare.
In questo stato di cose non solo diventa difficile esprimere un voto
consapevole, ma la stessa credibilità del diritto di votare all'estero,
risulta indebolita; la prima possibilità di voto dopo l'approvazione della
legge può trasformarsi in una occasione mancata e ridare spazio a chi
questa legge non l'ha mai voluta.
Inoltre il diritto al voto viene messo ulteriormente in discussione dalla
mancata costruzione di una anagrafe elettorale realmente efficiente: non
solo non è stata sanata l'ampia discrepanza tra iscritti all'AIRE e
all'anagrafe consolare che non consentirà a circa un milione di italiani di
esercitare il diritto di voto, ma addirittura il disordine ed il mancato
aggiornamento degli indirizzari rischia di escludere più della metà degli
elettori presenti nelle liste elettorali, poiché non riceveranno mai i
documenti necessari per votare.
In diverse circoscrizioni consolari la lentezza del sistema postale locale
peggiorerà ulteriormente le cose.
CGIL e FIEI si rivolgeranno ai gruppi parlamentari affinché il governo sia
interpellato e risponda per questi ritardi ed inadempienze.
In questo modo anche l'invito del Presidente della Repubblica Ciampi e la
Sua sottolineatura del valore storico di questa occasione che può unire la
comunità italiana all'estero e in Patria, viene disattesa dai ritardi e
dalle inadempienze delle autorità responsabili.
Quanto sta avvenendo, al di là della buona volontà e dell'impegno delle
autorità consolari, dimostra che un censimento dei cittadini italiani nel
mondo deve essere rapidamente affrontato con altri mezzi e risorse
economiche mettendo in essere una collaborazione adeguata tra Ministero
degli Esteri, Ministero degli interni e Comuni per impedire che anche la
prossima scadenza elettorale risulti sostanzialmente falsata dal cattivo
funzionamento dell'Amministrazione preposta.
Continuando così, anche su questo aspetto, come su molte altre questioni,
si rafforzerà la convinzione che l'Italia ha intenzione di continuare a
fare ben poco per l'emigrazione.
Nel corso dei diversi incontri i rappresentanti italiani hanno invitato le
associazioni a rafforzare il loro impegno di informazione e
sensibilizzazione e a sollecitare chi ha ricevuto i documenti a votare  nei
tempi previsti e chi non li ha ricevuti a ritirarli presso i Consolati per
esercitare il loro diritto costituzionale.
Montevideo, 1 giugno 2003


REFERENDUM: LETTERA APERTA AGLI ITALIANI ALL'ESTERO DI FAUSTO BERTINOTTI
Nei prossimi giorni, per la prima volta nella storia repubblicana, milioni
di italiani residenti all'estero saranno chiamati ad esprimere il loro
voto. Lo faranno in occasione di un importante  appuntamento referendario.
I quesiti saranno due. Il primo per estendere le garanzie previste
dall'Art. 18 dello statuto dei lavoratori a tutti e tutte le lavoratrici e
lavoratori, finora previste solamente per le imprese con più di quindici
dipendenti.
L'art.18 garantisce dal licenziamento senza giusta causa, dando la
possibilità di reintegro nel posto di lavoro attraverso il ricorso ai
giudici del lavoro. Si tratta di un principio di civiltà che garantisce
contro ogni discriminazione di tipo sindacale, politico, culturale o
razziale. Oggi, in un paese dove oramai oltre il 90 % delle imprese è
costituito da meno di quindici dipendenti, questo diritto va esteso. E va
fatto anche per fermare i tentativi di Governo e Confindustria di attaccare
questo diritto per tutti i lavoratori.
Va fatto per i tanti giovani precari senza garanzie, per fermare una
progressiva e crescente precarizzazione del rapporto di lavoro. Si tratta
di un primo passo per aprire una nuova stagione di lotta e conquista di
nuovi diritti. Da troppi anni le politiche neoliberiste hanno attaccato e
ridotto la qualità del lavoro e dei suoi diritti. Con il SI al referendum
si può invertire questa tendenza. Oltre a Rifondazione Comunista, che è
stata con i Verdi, la FIOM CGIL, Socialismo 2000, Cobas fra i promotori dei
quesiti referendari, si sono schierati per il Si il maggior sindacato
italiano, la CGIL, e la più grande organizzazione associativa, l'ARCI. Il
grande movimento per la pace e contro la globalizzazione appoggia e
sostiene questa battaglia. Si tratta di uno schieramento vasto e
articolato. Si può vincere.
Il secondo referendum è contro l'elettrodotto coattivo, per la difesa della
salute e dall'elettrosmog.
Diritti sociali e ambientali uniti, per una nuova stagione di conquiste.
Per la validità dei referendum, è decisivo il raggiungimento del quorum.
Per questo chiediamo ai tanti italiani che per la prima volta voteranno di
utilizzare questa occasione di partecipazione e democrazia. Di esprimere la
loro opinione. Noi invitiamo a votare Si, chiaramente, ma è comunque
importante partecipare, votare e dare senso così a questo importante primo
voto per gli italiani all'estero.   Fausto Bertinotti,  Segretario
Nazionale PRC


NARDI: "NON VOTO" PER L'ARTICOLO 18
Rispetto al prossimo referendum del 15 giugno, che riguarda l'estensione
dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori anche alle piccole imprese
che occupano meno di 16 addetti, la Direzione della UIL ritiene prioritario
e necessario ridefinire un quadro normativo che consenta il consolidamento
e l'estensione delle tutele a tutti i lavoratori dipendenti alla luce dei
cambiamenti fin qui realizzatesi nel mondo del lavoro. Proprio per
rispondere a questo problema nel febbraio 2003, la UIL ha reso pubblico un
documento di riflessione per le "Estensione delle tutele" che si prefiggeva
l'obiettivo, poi raggiunto, di allargare il dibattito politico, sindacale e
giuridico sulle nuove forme di tutela.
La UIL ha cercato, insomma, di coinvolgere tutti quei soggetti che partendo
da un approccio riformista al cambiamento, volessero  contribuire ad
interpretarlo per governarlo. I tempi e la strumentalizzazione della
politica non hanno consentito di praticare questa strada, che comunque la
UIL rilancerà. Ci si trova ora nella situazione di esprimere un'indicazione
rispetto al referendum, consapevoli che l'art. 18, già a partire dal Patto
per l'Italia, è diventato terreno di pura e semplice contrapposizione, e
che la dimensione politica del voto è ormai assolutamente evidente.
La Direzione della UIL ritiene giusto rifiutare la logica che sottende al
referendum stesso, perché il risultato, qualsiasi esso sia, non risolverà
il problema centrale presente nel mondo del lavoro; che è quello
dell'allargamento delle tutele per le fasce di lavoratori più deboli.
Quindi è di tutele che bisognerebbe discutere, evitando di aumentare la
fuorviante confusione tra il concetto di diritto e quello di tutela.
Rafforzare il primo e allargare le tutele anche nelle imprese sotto dei 16
dipendenti è l'obiettivo che ha caratterizzato l'azione della UIL
nell'ultimo anno. La Direzione della UIL non considera utile, né risolutivo
dei problemi per i lavoratori delle piccole imprese, votare SI al
referendum. Un'eventuale vittoria del SI, faciliterebbe di fatto una forte
crisi nel tessuto della piccola impresa, di per sé già fragile, e
renderebbe più forte il ricorso al lavoro nero. Così come la vittoria del
NO equivarrebbe a negare la necessità di nuove tutele adeguate ai
cambiamenti avvenuti nel mondo del lavoro e della produzione negli ultimi
anni, verso i quali è compito della UIL concentrare il meglio della sua
analisi, elaborazione ed azione sindacale. E' possibile individuare in
questo referendum un ulteriore pericolo che è quello rappresentato dalla
deriva ideologico massimalista che intenderebbe utilizzare lo strumento
referendario per sottrarre le materie del lavoro ai legittimi
rappresentanti. Questa deriva è tutta tesa a limitare lo spazio alle parti
sociali, e, in particolare, la funzione di rappresentanza al sindacato.
Abbiamo assistito in questi ultimi due anni a veri e propri scambi di ruolo
che hanno finito per generare confusione e sospetto. C'è la necessità di
ribadire ruoli e competenze delle parti sociali, perché è fuori discussione
che in un Paese democratico spetti a queste definire la qualità giuridica
ed economica del rapporto di lavoro.
E' per tutti questi motivi che la Direzione della UIL ritiene necessario e
doveroso indicare la strada del NON VOTO. Scelta questa che sia capace però
di trasformarsi da subito in una proposta di intervento, primo fra tutti
quello legislativo, allo scopo di migliorare e allargare le forme di tutela
per tutti quei lavoratori che oggi ne sono privi o ne fruiscono in modo
parziale. Un sindacato autenticamente riformista come la UIL deve
interagire in modo propositivo - anche nel campo delle nuove tutele - in
una società sempre più dinamica, complessa ed articolata.
Ebbene, da parte di chi, come il sottoscritto, condivide in tutto e per
tutto la posizione della UIL su questo quesito referendario, come è
possibile conciliare il messaggio del NON VOTO (peraltro condiviso da gran
parte del Centrosinistra, ma non solo, ed anche dalla CISL) sull'articolo
18 dello Statuto dei Lavoratori? E contemporaneamente sollecitare una
partecipazione massiccia alla votazione del 15 giugno per la quale gli
emigrati dovranno esprimersi per corrispondenza per dimostrare l'interesse
anche degli italiani all'estero per la politica italiana? Presto detto!
Poiché i quesiti referendari posti in votazione il 15 giugno sono due,  si
potrà votare, secondo coscienza, per quello concernente l'abolizione delle
servitù per gli elettrodotti. Mentre non si restituirà la scheda elettorale
che riguarda l'articolo 18. Così facendo si contribuirà, da un lato, a
rendere più difficile il raggiungimento del quorum sull'articolo 18 e
quindi ad annullare quel referendum e, dall'altro, partecipando comunque
alla votazione sarà evidente l'interesse per il voto per corrispondenza e
l'apprezzamento per la recente legge sul voto all'estero per la quale gli
emigrati si sono battuti per decenni.
Certo che sarà, comunque, difficile dimostrare questo interesse se si
considera che da tutto il mondo ci giungono notizie disastrose:
disinformazione quasi totale; malfunzionamento delle anagrafi con centinaia
di migliaia di cittadini italiani che non stanno ricevendo il materiale
elettorale; elettori irreperibili e Šdefunti che, invece, vengono chiamati
a votare. Un vero e proprio caos, meno male che si tratta di un referendum
e non di una votazione per il Parlamento, altrimenti ne avremmo visto delle
belle! 
Dino Nardi, Presidente ITAL-UIL Svizzera e membro CGIE


CISL-INAS/ REFERENDUM E ITALIANI ALL'ESTERO: DISFATTISMO NO, MA CRITICHE SI!
Il disfattismo qualunquista non è mestiere del sindacato in generale.
Tanto meno lo è per noi della Cisl e del patronato Inas. Ma a pochi giorni
ormai dal 15 giugno, quando i cittadini-elettori italiani, che vivono e
lavorano fuori confini, saranno chiamati per la prima volta ad esprimere
per corrispondenza il loro voto, senza doversi sobbarcare a spese di
viaggio nei comuni di loro residenza per esercitare il diritto di voto, lo
scetticismo sull'esito della vicenda coincide pressoché totalmente con un
onesto realismo.
Abbiamo già chiarito con totale trasparenza le ragioni per le quali la
nostra Organizzazione ha deciso, con coscienza di causa e pieno
convincimento, di invitare gli elettori a un astensionismo militante. Non
per pigrizia o per scarso senso civico dunque, ma perché quella
dell'astensione è la strada più diretta per tutelare lo spazio autonomo di
un sindacato libero e riformista che vuole contrattare direttamente le
condizioni del lavoro, da quelle salariali a quelle normative. E questo
obiettivo non si raggiunge estendendo per legge il divieto di
licenziamento per i lavoratori che operano in aziende con meno di 16
dipendenti. Siamo per la conquista di nuovi e più avanzati diritti
sociali. Ma vogliamo raggiungere tali mete in maniera non rigida ed
uniforme (e dunque, irrealistica) ma modulando gli strumenti protettivi a
seconda delle situazioni di fatto, così come si fa in tanti paesi avanzati
in cui vivono i nostri connazionali.
Ma alle nostre specifiche motivazioni sindacali per l'astensione cosciente
e per il conseguente fallimento del referendum, si aggiungono motivazioni
di ordine generale e di buonsenso. Parliamo ad esempio, della seconda
domanda referendaria: abolire o no il cosiddetto "elettrodotto coattivo".
C'è in altri termini chi si permette l'incoscienza di scomodare il corpo
elettorale, in Italia e nei paesi di emigrazione, per sapere se è giusto o
no far passare i fili della luce elettrica sul proprio campo di grano!
Quanti saranno i connazionali in Venezuela o in Brasile, in Sud Africa o
in Svezia che si appassioneranno alla questione? Non certo i virtuali 3,5
milioni di cui si parlava qualche mese fa, pasticciando tra le cosiddette
liste consolari gestite dal ministero degli Esteri e le liste
dell'anagrafe Aire, tenute dai comuni e dal ministero degli Interni.
Incrociando, per unificarle, le due liste, sembra che si arrivi a 2,7
milioni di censiti (800 mila meno del previsto).
L'unica certezza, per ora è il sovraccarico di lavoro che sta affondando
l'operatività dei già affannati consolati italiani all'estero. E questo
con la spesa di alcune decine di milioni di euro che Dio sa se avrebbero
potuto essere spesi mille volte più proficuamente!
Intanto i 250 consolati coinvolti hanno gravi difficoltà non solo a
precisare l'elenco degli aventi diritto. Infatti poi sono in attesa
dell'autorizzazione ad effettuare le spese connesse all'operazione. Poi
dovranno stampare le schede. Poi spedire agli elettori il plico contenete
un'altra busta già affrancata per il viaggio di ritorno del voto al
consolato: viaggio che dovrà essere stato compiuto entro il 12 giugno (ore
16). Poi i consolati dovranno spedire i plichi in Italia in modo che
arrivino alle 15.00 di lunedì 16 giugno quando inizierà lo scrutinio.
Risparmiamo al lettore i dettagli organizzativi (valige diplomatiche,
prelievo a Fiumicino da parte di funzionari della Corte d'Appello, arrivo
al Centro polifunzionale della Protezione civile, allestimento di 550
seggi, ciascuno con il suo presidente e i suoi scrutatori)...
Niente demagogie e niente polemiche a questo punto. Troppo facile evocare
priorità assistenziali, culturali, economiche dei connazionali, già
endemicamente in debito di ossigeno e che devono essere ulteriormente
sacrificate all'incoscienza di chi ha piegato la modalità democratica del
referendum a cervellotici pregiudizi ideologici partigiani.
Ma sul giudizio severo, di principio e di merito, non abbiamo dubbi che
esso troverà in sintonia con noi gli amici all'estero del patronato Inas!


FORUM ITALIANI ALL'ESTERO ARGENTINA/REFERENDUM: UN TEST PER IL GOVERNO
Per la prima volta gli italiani all'estero sono convocati ad  esercitare il
diritto di voto per corrispondenza per esprimere il loro parere sui
REFERENDUM relativi all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, e
sull'abrogazione  della servitú coattiva di elettrodotto.  Quindi il 15
giugno prossimo, tutti i cittadini italiani, anche all'estero saranno
chiamati ad esprimere il loro parere. 
Concretamente, la nostra preoccupazione é che si voglia considerare il
referendum del 15 giugno come un banco di prova, una sorta di test
politico, con il quale si misurerebbe l'interesse degli italiani residenti
all'estero per il voto, come da parte del governo, e soprattutto dal
Ministro per italiani del mondo, si vuol fare apparire.
Intanto bisogna tenere presente che le difficoltà tecniche dovute al
riordino  dell'anagrafe consolare sono  lontane ancora dall'essere
completate e gli elenchi elettorali trasmessi dal Ministero dell'Interno ai
Consolati sono vecchi, a causa delle operazioni di aggiornamento avviate
tardivamente, e nonostante la destinazione d'ingenti risorse per far fronte
alla grande domanda di cittadinanza, e di servizi in genere, sviluppatasi
dal 2000 ad oggi, in conseguenza della profonda e tristemente nota crisi
argentina.
A ciò si aggiunga che fino a questo momento non c'è stata informazione sul
referendum e sui quesiti referendari, né sui passi da fare per perfezionare
la registrazione anagrafica. La metodologia che si è pensato di seguire in
questa occasione, inoltre, è stata segnata da farraginosità ed
improvvisazione dovute alle carenze strutturali  che non consentono di far
fronte ad una domanda di servizi consolari  cresciuta enormemente.
In questo senso basti pensare che i Consolati hanno dovuto ridurre i
servizi ai cittadini per  far fronte  alla mole di lavoro richiesta e
all'aggiornamento dell'anagrafe in rapporto alle scadenze elettorali.
La situazione descritta non garantisce l'espressione del voto a migliaia di
cittadini italiani residenti in Argentina nel senso dell'uguaglianza,
libertà e segretezza previste dalla legge.
Inoltre, i quesiti che pongono i referendum sono percepiti da molti, tra
noi italiani residenti in Argentina, come  argomenti molto distanti dalla
nostra realtà, in quanto in questi ultimi anni abbiamo visto intaccati uno
dopo l'altro i diritti fondamentali legati alla concezione della
cittadinanza, come il diritto al lavoro e ad un salario giusto, il diritto
allo studio, il diritto alla salute, alla sicurezza, fondamentalmente il
diritto alla sussistenza.
Senza togliere valore al referendum come strumento democratico, è comunque
un istituto di fronte al quale bisogna porsi laicamente scegliendo tra le
tre ipotesi possibili: si, no, non voto. La stessa costituzione italiana
fissa un quorum minimo per la convalida dell'esito referendario, quorum che
non è richiesto ad altra modalità elettorale.
L'etica della responsabilità presuppone che sia chiara per ogni cittadino
la ragione della propria scelta, e in questo caso esistono limitazioni
obiettive per poter esprimere il proprio voto, che denunciamo come ostacolo
all'esercizio di un diritto. Ma d'altra parte consideriamo una mancanza di
rispetto verso gli elettori, soprattutto quelli residenti all'estero,
strumentalizzare insistentemente la tesi che se non si vota si favorisce la
disaffezione e quindi non c'è interesse dei cittadini all'estero
nell'esercizio di un diritto per tanto tempo rivendicato.
Perciò, noi diciamo che voteremo per il referendum che riguarda
l'abrogazione della servitù coattiva di elettrodotto, mentre crediamo che
esistono valide ragioni per non votare sull'abrogazione  delle norme che
stabiliscono limiti numerici ed esenzioni per l'applicazione dell'art. 18
dello Statuto dei Lavoratori. Non votare, quindi, non come rinuncia ma come
scelta attiva tenendo conto che una materia cosí delicata non puó essere
ridotta  a semplificazioni referendarie, ma sollecitando i nostri
rappresentanti a riportare  la discussione sul terreno legislativo e
contrattuale per la definizione di forme di tutela necessarie che
valorizzino e riconoscano i diritti a tutti i lavoratori.
Forum della Sinistra Democratica per gli Italiani nel Mondo dell'Argentina
(Buenos Aires, Rosario, Mar del Plata)
REFERENDUM ARTICOLO 18 APPELLO AGLI ITALIANI RESIDENTI ALL'ESTERO
Il 15 e 16 giugno 2003 i cittadini italiani residenti all'estero per la
prima volta potranno esercitare il loro diritto di voto. Un'occasione
importante: saranno chiamati ad esprimersi sul referendum che abroga di
parti rilevanti dell'articolo 18, relativo a "Reintegrazione nel posto di
lavoro", Legge n. 300/70 Statuto dei Lavoratori, per estendere a tutti i
lavoratori e le lavoratrici dipendenti la tutela contro il licenziamento
senza giusta causa.
Questa occasione è decisiva per chi crede che sia inaccettabile fondare i
rapporti sociali sull'arbitrio e negare i principi costituzionali di difesa
dei soggetti più deboli e di uguaglianza. Oggi il diritto a essere
reintegrati nel posto di lavoro nel caso di un licenziamento dichiarato
illegittimo da un giudice - non dovuto cioè a ragioni disciplinari o
economiche - riguarda solo una parte di lavoratrici e lavoratori dipendenti
- il 95% delle imprese e il 64% dei lavoratori ne sono privi - e questo
determina una condizione evidente di disparità e di ingiustizia.
La libertà incontrollata di licenziamento ha ricadute sostanziali su
diritti fondamentali: la libertà di pensiero, di espressione, di adesione a
partiti politici, a formazioni sindacali, su ogni altra forma di tutela e
su ogni altro diritto di fonte contrattuale e legale.
Una questione che non riguarda solo libertà e dignità nel lavoro, ma che
caratterizza e definisce modi e qualità della convivenza civile, in una
parola il livello di civiltà della società, poiché riconoscere il diritto
dell'altro è il fondamento di una convivenza pacifica e questo vale nei
rapporti tra individui, tra parti sociali, tra nazioni. Un referendum per i
diritti è perciò anche un referendum per la pace.
Nell'attuale quadro politico-parlamentare il referendum è l'unico strumento
possibile per difendere i diritti del lavoro e anche per sostenere
concretamente una proposta di legge che estenda tutele e diritti a tutti i
lavoratori, contrastando la precarietà, la piaga del lavoro nero, la
perdita di competitività, l'arretratezza del nostro sistema produttivo.
L'articolo 18 è un principio applicativo della nostra Costituzione.
Costituzione che all'articolo 1 recita:
"L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro".
E all'articolo 3:
"È compito della Repubblica rimuovere tutti gli ostacoli di ordine
economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica
e sociale del Paese".
Estendere l'articolo 18 vuol dire rendere effettivi la nostra Costituzione
e l'articolo 30 della Carta europea dei diritti fondamentali ("Ogni
lavoratore ha diritto alla tutela contro ogni licenziamento
ingiustificato") su una questione che tocca libertà, dignità, sicurezza di
ogni singola persona sul posto di lavoro.
Su questo si chiede un giudizio ai cittadini italiani, indipendentemente
dalla loro collocazione politica: il referendum pone una questione di
merito e non di schieramento.
Con questo spirito, sosteniamo il SI al referendum sull'articolo 18 dello
Statuto dei Lavoratori e ci rivolgiamo a tutti i soggetti politici e
sociali mobilitati per la difesa e l'estensione dei diritti nel lavoro e
nella società, alle associazioni, a lavoratrici e lavoratori, alle
personalità del mondo della cultura, della giustizia, dell'impegno sociale
e civile, ai cittadini che credono in una società fondata sulla giustizia e
non sull'arbitrio.
Questione che riguarda tutti e perciò è a tutti che ci rivolgiamo
invitandoli a partecipare al voto e a votare si al referendum sull'articolo
18.
(Comitato per il SI')


TREMAGLIA: ANCHE SE NON VI INTERESSANO I REFERENDUM VI CHIEDO DI ANDARE A
VOTARE
"Cari Italiani, come avevo detto, per quanto mi riguarda faccio il notaio,
faccio conoscere a voi il parere sul referendum delle formazioni di partito
che sono in Parlamento". Così inizia la lettera che Tremaglia ha inviato
agli Italiani all'estero il 30 maggio scorso.
"Ma come Ministro, prosegue Tremaglia, dico: anche se non vi interessano i
referendum, che non hanno alcuna ricaduta legislativa su di voi, vi chiedo
di andare a votare. Vi chiedo di andare a votare perché questo è il primo
appuntamento con la storia e perché dovete dimostrare che abbiamo vinto
insieme e per la prima volta voi avete gli stessi diritti degli italiani in
Italia. Fate questo sforzo che è indispensabile. E' la prima prova generale
per le elezioni dei Comites e per le elezioni politiche del 2006. Credo,
conclude il Ministro per gli Italiani all'Estero, che abbiamo dato anche
oggi una piccola lezione di democrazia".


I QUESITI DEL REFERENDUM 2003
Il prossimo 15 giugno gli elettori sono chiamati ad esprimersi su due
referendum:

1) Articolo 18: il quesito chiede agli elettori di pronunciarsi
sull'estensione anche ai lavoratori occupati nelle imprese sotto i 15
dipendenti della tutela effettiva contro i licenziamenti individuali senza
giusta causa prevista dallo Statuto dei lavoratori;

2) Elettrodotti: il quesito chiede agli elettori di pronunciarsi
sull'abrogazione della norma sulla cosiddetta "servitù coattiva", ovvero
l'imposizione per il proprietario di un fondo di far passare sul proprio
territorio un elettrodotto. Scopo dei promotori è quello di promuovere la
tutela della salute contro gli effetti negativi dell'elettrosmog.
La consultazione è valida solo se si reca alle urne il 50% più 1 degli
aventi diritto.


I PARERI DEI PARTITI POLITICI ITALIANI

RIFONDAZIONE COMUNISTA
On. Alfonso Gianni

SI

"SI" per entrambi i quesiti referendari.

Art. 18 - Occorre estendere anche alle imprese con meno di 15 dipendenti i
diritti di tutti i lavoratori, che attualmente in Italia sono circa 3
milioni. Questi lavoratori sono oggi esclusi dalla tutela contro i
licenziamenti ingiusti, ovvero quelli effettuati senza che vi sia alcuna
colpa o responsabilità da parte del lavoratore.

Elettrosmog - con il SI viene abrogata una norma del 1993 che prevede
l'esproprio per il passaggio degli elettrodotti. Con il referendum si vuole
limitare la moltiplicazione sul territorio di queste strutture che possono
provocare seri danni alla salute del cittadino.

MARGHERITA-DL - L'ULIVO
On. Pierluigi Castagnetti, presidente del Gruppo Parlamentare Margherita-Dl
- L'Ulivo

NO

Netto dissenso sul quesito ma "sollecitazione" della Margherita ai nostri
connazionali ad andare a votare.


GRUPPO MISTO
Sen. Cesare Marini, Presidente del Gruppo Misto del Senato

NO

"NO", perché l'estensione dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori
alle aziende con meno di 15 dipendenti darebbe un colpo mortale ad un
tessuto produttivo fondamentale per la nostra economia e non apporterebbe
alcun beneficio in termini occupazioni. Anzi, indebolirebbe le possibilità
occupazionali. L'ampliamento della tutela dell'art. 18 snaturerebbe dunque
alla radice, per le piccole imprese, la ragione e la portata dello stesso
rapporto di lavoro oggi esistente.


DEMOCRATICI DI SINISTRA
Piero Fassino, segretario nazionale

ASTENSIONE

I quesiti referendari, per i Ds, sono importanti, ma non risolvibili con lo
strumento del referendum, bensì con iniziative legislative appropriate.
Agli Italiani nel mondo viene rivolto l'invito a partecipare al voto per
corrispondenza, "perché sarà la prima scadenza nella quale, per i nostri
connazionali, non sarà necessario rientrare in Italia per esercitare un
diritto fondamentale".

FORZA ITALIA

NO

Forza Italia ha detto di essere certo che "gli italiani si esprimeranno
sicuramente in modo negativo". Il parlamentare europeo Renato Brunetta ha
annunciato la costituzione di comitati per il No.


PARTITO SOCIALISTA NUOVO PSI
On. Enrico Boselli

NO

Il "no" del Partito Socialista Nuovo Psi è, anzitutto, di natura "giuridica
e politica, perché surrettiziamente si tratta di un referendum propositivo
che vorrebbe estendere l'art. 18". Ma il "no" nasce anche dal timore che
possa aumentare il lavoro irregolare a danno dell'occupazione stabile.


LEGA NORD
Alessandro Cè, capogruppo del Gruppo Parlamentare Lega Nord Padania alla
Camera dei Deputati

NO

"NO", perché eliminare la flessibilità delle piccole aziende che forniscono
la maggioranza dei posti di lavoro, sarebbe un colpo mortale alla nostra
economia a tutto danno delle categorie di lavoratori più deboli.


ALLEANZA NAZIONALE
On. Ignazio La Russa, presidente del Gruppo Parlamentare di Alleanza
Nazionale alla Camera dei Deputati

Sen. Domenico Nania, presidente del Gruppo Parlamentare di Alleanza
Nazionale al Senato

NO

"NO", perché rendere il mercato del lavoro ancor più rigido  significa far
fare all'Italia un salto indietro nel passato, portandola fuori dall'Europa
e ai margini della competizione mondiale. Si tratta, dunque, di una scelta
coerente con la politica innovatrice e modernizzatrice di un Paese come
l'Italia.
Agli Italiani nel mondo viene però rivolto l'invito ad andare a votare "per
avviare concretamente la nuova fase di reale partecipazione alla vita
politica nazionale resa possibile dalla legge Tremaglia"


UDC
Marco Follini, segretario nazionale

NO

"NO", perché si tratta di una proposta che non aiuta chi oggi cerca un
posto di lavoro e non aiuta il sistema delle piccole imprese a svilupparsi.
Il Paese ha bisogno di nuove misure di welfare che riescano a coniugare i
diritti di tutti i lavoratori e le esigenze di flessibilità delle imprese.
Ma questa strada non passa per il referendum.


UDEUR
Clemente Mastella, segretario nazionale

NO

"NO", perché un'eventuale vittoria del "SI" allontanerebbe l'Italia
dall'Europa impedendo al mondo del lavoro di essere in linea con le sfide
della globalizzazione, non recando slancio all'economia e non creando posti
di lavoro. Il rischio è dunque quello di un irrigidimento da parte dei
datori di lavoro e la chiusura di tante piccole aziende con il conseguente
incremento della disoccupazione.


VERDI
On. Gianpaolo Silvestri, responsabile Diritti Civili dei Verdi

SI

"SI" per garantire la dignità di tutti i lavoratori e per garantire
l'universalità dei diritti. Il SI non impedisce i licenziamenti, blocca
solo quelli immotivati, quelli, appunto, senza "giusta causa". Se vincono i
SI, i lavoratori avranno uno strumento in più di difesa e maggiore dignità,
rendendo più concreto il diritto al lavoro previsto dalla Costituzione.


UN RICORDO DI GINO BLOISE A DUE ANNI DALLA MORTE
Non era difficile voler bene a Gino Bloise.
Uomo pubblico per scelta e impegno sociale, poeta per vocazione naturale,
innamorato di Sibari e della sua Calabria, era rimasto semplice e
disponibile.
Aveva un moto veloce dello sguardo e un gesto di disappunto solo quando
qualcuno, con una punta di ironia, lo accusava di essere "poeta". Era un
po' come pugnalarlo alle spalle. Si, perché, per lui - ultimo sopravvissuto
dei quattro senatori poeti, Antonicelli, Montale e Levi - la poesia era una
cosa seria e importante, sia che scrivesse in italiano che nello stretto
idioma di Cassano Jonio. Era la sua maniera di guardare il mondo, di
condividere con gli altri - in genere gli emigranti e i più poveri -
sentimenti e angosce, privazioni e miseria, nel segno della speranza e del
riscatto. Tutto questo non gli aveva impedito di essere uomo d'azione,
estremamente concreto e pratico. La sua vita politica era partita proprio
dalla occupazione delle terre, nell'immediato dopoguerra e dall'esercizio
delle funzioni di amministratore locale.
Poi, Roma e quelle puntate settimanali in Calabria, per mantenere i
contatti e accesa la speranza della gente, ma anche per restare vivo e
legato alla realtà delle sue origini, quasi una difesa dal "palazzo" e
dalle sue malie.
Legato alla famiglia come alla sua terra, aveva voluto vicini la moglie e i
suoi figli.
Gli ultimi anni li aveva completamente dedicati ai suoi amori preferiti: la
poesia, il Senato e la sede del Fernando Santi, in Via XX Settembre.
Spaesato dalle vicende politiche, legato alla storia del suo partito - il
partito socialista italiano - tollerante ma incapace di accettare le mode e
le "pratiche" della prima e della seconda repubblica, è rimasto fino alla
fine legato ai valori della giustizia sociale e del dialogo tra le classi,
con una collocazione precisa, quella dei lavoratori, come Giacomo
Brodolini, come Fernando Santi.
Dalla poesia ha avuto speranza e conforto, anche quando il male andava avanti.
Ricordiamo il suo sorriso, la sua tristezza, il sorriso di un uomo al
termine di un lungo viaggio. Luigi Reina, titolare di cattedra
all'Università di Salerno, gli tributava in vita quell'omaggio del mondo
accademico che Luigi Bloise poeta aveva ampiamente meritato lungo tutto
l'arco della sua vita.
Ci restano il suo esempio, i suoi personaggi: gente umile, spesso
emigranti, la lotta per sopravvivere, affetti semplici. Natali con un ceppo
sul focolare, pendolari in cerca di fortuna e di riscatto.
La lezione e la missione di Luigi Bloise non sono finite: avremo molto da
cercare nei suoi libri e in quella lingua stretta, il calabrese, dura e
forte, di chi non si arrende e non accetta emarginazione e ingiustizie.
No. Non era difficile voler bene a Luigi Bloise quando era vivo.
Ora, solo ora, a due anni di distanza, possiamo incominciare e capire
l'eredità di cui ci ha fatto dono.
                                                   Istituto Nazionale
Fernando Santi


G8: SCENE DI ORDINARIA FOLLIA
La violenza non ha risparmiato le manifestazioni di protesta organizzate a
Ginevra e a Losanna in concomitanza con l'apertura del G8 ad Evian. E
ancora una volta migliaia di persone armate unicamente di idee e pronte a
testimoniare con fermezza, ma pacificamente, il rifiuto di una
mondializzazione governata dai paesi ricchi e dai potenti, hanno dovuto
fare i conti con la violenza scatenata dai Black Block e dai casseur giunti
da molte località della Svizzera e da varie parti dell'Europa.
Scene di guerriglia, incendi appiccati da sconosciuti a Ginevra nella notte
tra sabato e domenica, blocchi stradali, vetrine infrante e distributori di
benzina ridotti in frantumi hanno scosso i cittadini ed hanno obbligato le
forze dell'ordine a cambiare strategia nel corso degli avvenimenti,
costrette ad abbandonare il ruolo di osservatori a latere con il più rude
compito di garantire l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini.
Quando a Losanna si è sfiorata la tragedia che per poco non ha fatto una
vittima, è tornato alla mente l'incubo di Genova e degli strascichi
politici e giudiziari che vi avevano fatto seguito.
Lo spauracchio delle manifestazioni violente che accompagna i vertici del
G8 ha agitato per mesi il sonno delle autorità politiche dei cantoni di
Ginevra e Losanna, ma anche del Consiglio Federale. Basti ricordare, al
proposito, le schermaglie che hanno infarcito la decisione di consentire il
ricorso ai poliziotti tedeschi o alla mobilitazione dell'esercito.
L'atteggiamento costruttivo e le offerte di dialogo messe in campo dalle
autorità politiche cantonali non hanno prodotto l'effetto sperato. Ancora
una volta è andata in crisi la speranza di poter organizzare un vertice
parallelo animato da un movimento antiglobalizzazione maturo e in grado di
discutere, anche duramente ma senza complicità con l'ala violenta, la
governance di un nuovo ordine mondiale non basato esclusivamente sul
primato del mercato e delle economie dei Paesi forti.
Certo, Black Block e casseur contano poco numericamente ma esprimono un
altissimo grado di violenza e non basta prenderne sommariamente le
distanze. Occorre isolarli dal movimento senza attendere i giorni del
vertice. Un obiettivo che deve avere anche il sostegno degli organi di
informazione, troppo spesso utilizzati strumentalmente per spostare
l'attenzione o in obbedienza a interessi (politici) precostituiti. E
soprattutto il movimento antiglobalizzazione deve liberarsi rapidamente
delle coperture partitiche, dei tentativi di incapsularne le energie a fini
elettorali, o delle sigle che gli assicurano sostegno e protagonismo
soltanto per promuovere la propria immagine.
Nella delusione per la piega presa dalle manifestazioni vi è almeno una
consolazione: il G8 di Evian ci ha lasciato in eredità la seconda uscita
pubblica del Collegio internazionale per l'etica, la politica e la scienza,
un pensatoio in grado di mettere insieme intelligenze ed esperienze
appartenenti a svariati campi: da Helmut Schmidt a Jürgen Habermas, da
Amartya Sen a Claudio Magris e tanti altri, tutti impegnati nel tentativo
di dare risposta alle grandi questioni del nostro tempo.
(Franco Narducci, Segretario generale del CGIE)



MELBOURNE: MOZIONE PER L'ELEZIONE DEI COMITES
Il Com.It.Es. per il Victoria e la Tasmania ha approvato all'unanimità la
seguente mozione:
 "Il Com.It.Es. di Melbourne, in attesa dell'approvazione della legge di
riforma dei Com.It.Es. e del rinnovo di questi organismi entro la fine
dell'anno in corso, ribadisce l'esigenza che venga chiarita e definita la
questione dell'elezione dei Com.It.Es. d'Australia
 "Si ritiene che non sussistano più validi motivi di natura giuridica o
politica per impedire in Australia una libera e democratica consultazione
locale di cittadini italiani, che non comporta alcuna interferenza negli
affari interni del Paese ospitante, né violazione di Costituzione e leggi
australiane.
 "Si ritiene altresì che l'elezione dei Com.It.Es. in Australia sia
perfettamente ammissibile e riconducibile a tre determinate circostanze:
 "1) il pieno, chiaro e ufficiale assenso del Governo australiano
all'esercizio del diritto di voto in Australia per l'elezione di membri del
Parlamento italiano residenti in Australia;
 "2) il riconoscimento australiano della doppia cittadinanza, in cui è
implicito il riconoscimento dell'esercizio di diritti e prerogative di un
cittadino straniero nei confronti della sua patria d'origine;
 "3) l'avvenuta definizione di un consistente e ben quantificato corpo
elettorale italiano in Australia a seguito delle disposizioni per il
riacquisto della cittadinanza italiana tra il 1992 e il 1997, ed anche a
seguito dell'aggiornamento tuttora in corso delle anagrafi consolari.
 "Si invitano, quindi, il Ministero per gli Affari Esteri italiano e il
Ministero per gli Italiani nel Mondo e la rappresentanza diplomatica
italiana in Australia a compiere qualsiasi passo utile per giungere ad una
soluzione operativa che consenta anche agli italiani d'Australia di avere
Com.It.Es. elettivi al pari delle altre comunità italiane all'estero.
 "Si sollecitano, altresì, gli altri Com.It.Es. d'Australia ad associarsi a
detta richiesta di organismi elettivi".


ELEZIONI AMMINISTRATIVE: BENE IL CENTROSINISTRA, ARRETRA LA CASA DELLE LIBERTA'
I risultati della prima tornata amministrativa (il ballottaggio ci sarà l'8
giugno) per il rinnovo dei Consigli provinciali di Massa Carrara, Roma,
Benevento, Foggia, Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Messina,
Palermo, Siracusa, Trapani hanno dato al centrosinistra 2.016.297 voti,
pari al 44,3% e 77 seggi; al centrodestra 2.444.492 voti, pari al 53,8% e
129 seggi; altre liste: 37.222 voti, pari allo 0,8% e 9 seggi.
Vi daremo conto dei dati definitivi a ballottaggio avvenuto.
Intanto, riportiamo le dichiarazioni di Gianni Pittella, Responsabile degli
Italiani all'estero dei DS,  sui risultati della prima tornata elettorale:
"La vittoria del centrosinistra e la grande affermazione dei DS sono la
testimonianza del buon lavoro svolto e della felice scelta delle
candidature e dell'impianto programmatico.
Ma sono anche il segno di una tendenza politica dell'elettorato che, in
particolare nel Sud ha verificato l'inattendibilità delle promesse del
centrodestra alla cui vittoria, due anni fa, aveva contribuito proprio
l'elettorato del sud.
Non è bastato a Berlusconi il tentativo di avvelenare la campagna
elettorale per distogliere l'attenzione sia dai temi locali che da quelli
nazionali.
Il cittadino ha saputo tirare le somme.
Ora il centrosinistra può aprire un nuovo ciclo positivo ed incrementare
ulteriormente la fiducia ricevuta, attuando con coerenza e concretezza i
programmi e mantenendosi dialetticamente unito ed aperto alla società.
Nei DS non v'è dubbio che i risultati elettorali premino largamente lo
sforzo generoso del segretario Fassino e del gruppo dirigente nazionale e
periferico che con grande equilibrio ma anche con coraggio e tenacia hanno
portato il partito fuori dal guado".


ELEZIONI - A ROMA SCHIACCIANTE VITTORIA DEL CENTROSINISTRA
Straordinario successo del centrosinistra a Roma, che con Enrico Gasbarra
conquista la Provincia già al primo turno. E straordinario successo dei DS,
che nella Capitale si confermano il primo partito, con quasi il 24 per
cento delle preferenze. Un risultato che va oltre le più rosee previsioni,
e che fa dire a Walter Veltroni, Sindaco di Roma: "Oggi abbiamo vinto in
tutta Roma, prevalendo in 21 collegi cittadini su 22, perdendo solo a Tor
di Quinto, e ottenendo risultati straordinari soprattutto in periferia.
"Oggi è proprio una bella giornata - ha aggiunto Veltroni - per tutti noi
che vogliamo a Gasbarra e che lo stimiamo per tutto ciò che ha fatto fino
ad oggi. Lealtà, capacità e senso dello Stato sono qualità che pagano con
gli elettori". "Abbiamo passato momenti   durissimi - ha proseguito il
Sindaco di Roma - facendo cose molto importanti per la città e restando
comunque sempre uniti. Per la destra questa è la terza sconfitta di
seguito, dopo quelle subite al comune di Roma e a Frosinone. Credo che
debbano riflettere a questo punto - ha concluso Veltroni - e convertirsi a
un confronto pacato e civile. Da domani sarà più bello lavorare".


LE DONNE DETERMINANTI PER IL SUCCESSO DEL CENTROSINISTRA
"Le donne sono state determinanti per il successo del centrosinistra in
queste elezioni. Dirette, concrete, appassionate hanno costruito una
campagna elettorale più vivace e partecipata. Penso al risultato di Roma,
al quartiere Parioli, tradizionalmente di destra, dove abbiamo vinto con
una candidata come Giovanna Melandri e dove la segretaria di sezione è una
donna. Penso alla creatività delle amiche della Sicilia, della Campania, al
loro passaparola incessante".
Lo afferma la coordinatrice delle donne Ds, della Segretaria nazionale dei Ds.
"A Roma tra i 9 eletti che andranno al Consiglio provinciale, 6 sono donne.
Ma il divario tra le qualità femminili nella battaglia elettorale e il
numero delle elette è vergognoso. Ora si stanno formando giunte,
vicepresidenze e vicesindache. E' l'occasione per mostrare coerenza,
lungimiranza. Scegliere come Assessore, Vicesindache e Vicepresidenti,
donne". D'altronde - conclude Pollastrini - come tutte le ricerche
confermano, nel nostro paese l'80% degli italiani sostiene che ci sono
poche donne che rivestono cariche pubbliche e che ciò è segno di una
politica poco amica, accogliente per tutte".


MESSAGGIO DI CIAMPI A KIRCHNER NEO PRESIDENTE DELL'ARGENTINA
"A nome del popolo italiano e mio personale, desidero esprimerLe fervidi
auguri di successo per l'Alto incarico al quale Ella è stata designata dal
popolo argentino. La Sua elezione costituisce motivo di speranza per tutti
i Paesi che, come l'Italia, sentono un profondo sentimento d'amicizia per
l'Argentina ed intendono continuare a sostenerla nell'opera di risanamento
che La attende nei prossimi mesi". Inizia così il messaggio del presidente
Ciampi al neo eletto Presidente dell'Argentina Nestor Kirchner.
"Ho seguito con personale partecipazione l'impegno profuso dall'Argentina,
nel corso dell'ultimo anno, per superare, in stretta sintonia con i Paesi
amici e con gli organismi finanziari internazionali, la situazione di
crisi. I primi segnali di ripresa che emergono oggi - prosegue il messaggio
- indicano che la strada intrapresa è quella giusta".
Ciampi ricorda nel suo messaggio come, durante la sua ultima visita in
Argentina, abbia "toccato con mano l'intensità dei legami esistenti tra i
nostri due Paesi in ogni campo e l'apporto al progresso dell'Argentina
assicurato da una laboriosa, rispettata collettività italiana".
"Sono fiducioso - conclude Ciampi - che, sotto la Sua guida, l'Argentina
riprenderà rapidamente un cammino di sviluppo economico e di progresso
sociale nel quadro di un rapporto rafforzato tra Europa ed America Latina e
formulo voti di benessere per la Sua persona e di prosperità per il Suo
Paese".


CON IL DPR N. 104 DEL 2 APRILE 2003 E' COMPLETA LA NORMATIVA PER IL VOTO
ALL'ESTERO
Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, N. 109, del 13 maggio 2003, del
decreto del Presidente della Repubblica, n. 104 del 2 aprile 2003, del
Regolamento di attuazione della legge 27 dicembre 2001, è stata definita e
completata la normativa per disciplinare l'esercizio del diritto di voto
dei cittadini italiani residenti all'estero.
La legge principale, N. 459 del 27/12/2001, stabilisce che il voto
all'estero, nell'apposita circoscrizione, può esercitarsi per l'elezione
della Camera dei deputati e del Senato e per i referendum previsti dagli
articoli della Costituzione, 75 (abrogazione totale o parziale di una legge
o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono 500.000 elettori
o 5 consigli regionali, escluse le leggi tributarie e di bilancio, le
amnistie e indulti, o le ratifiche di trattati internazionali) e 138 (leggi
di revisione costituzionale, su richiesta con medesimo procedimento).
La legge 459/2001 non è applicabile in altre votazioni, né per eleggere i
consigli regionali, né comunali e provinciali. Tale esclusione è stabilita
nell'articolo 1, primo comma, che non ne fa alcun riferimento. La novità,
introdotta la prima volta nel nostro ordinamento elettorale, è il voto per
corrispondenza (art. 1, comma 2), temperato con il successivo comma 3 che
mantiene il diritto di voto in Italia, nella circoscrizione del territorio
nazionale in cui gli elettori sono iscritti. Il procedimento non è lasciato
alla spontaneità, ma è prevista una scelta da parte dell'elettore, una
opzione, da esercitarsi per ogni votazione, e limitatamente a essa.
Detta opzione, disposta in dettaglio nel Regolamento, il DPR 104/2003,
all'articolo 2, recita che l'ufficio consolare comunica al cittadino
residente all'estero, che sia iscritto negli schedari consolari, che egli
può optare per il voto e darne comunicazione entro  trenta giorni al
medesimo ufficio. L'opzione è redatta in carta libera (art. 4 del DPR) e
indica quale scelta sia stata fatta. In ogni caso la comunicazione
dell'opzione deve pervenire all'ufficio consolare non oltre il decimo
giorno successivo all'indizione delle votazioni (DPR 1041, articolo 4,
comma 5).
I successivi articoli del Regolamento prescrivono i provvedimenti per
aggiornare gli elenchi degli elettori, per istituire i comitati anagrafici
e elettorali, ripartire gli elettori nelle circoscrizioni (artt. 5, 6, 7).
I dettagli di detto aggiornamento sono prescritti in altra apposita legge,
N. 104 del 27 maggio 2002, che per altro vincola le cancellazioni a
procedure di accertamento (art. 1).
Tuttavia, i cittadini cancellati per irreperibilità sono reiscritti e
possono esercitare il voto per corrispondenza se essi si presentano
all'ufficio consolare entro l'undicesimo giorno che precede la data delle
votazioni (art. 16, DPR 104/2003).
Le operazioni elettorali, indicate negli articoli 111-23 della legge
459/2001, sono dettagliate nel regolamento 104/2003, che fissa i criteri
per il deposito dei contrassegni di lista (art. 10), per l'ammissione delle
liste (art. 12), per la stampa e l'invio del materiale elettorale (art.
14), per l'invio di plichi contenenti le buste all'ufficio centrale per la
Circoscrizione Estero (art. 18), per le operazioni di scrutinio (artt. 19,
20).
La normativa indicata prescrive, infine, i modelli delle schede per le
singole operazioni di voto (elezioni, referendum). Fin qui le norme. Alla
verifica pratica il giudizio. (G.V.)


COME VOTARE DALLA GERMANIA PER I REFERENDUM
Giovedì 22 maggio, nei locali del patronato INCA CGIL, si è tenuto il
previsto incontro "I referendum del 15 giugno 2003 - Perché e come si vota
in Germania", promosso dalla Sezione di Monaco dei DS, da Rinascita e.V. e
dal Circolo Centro Fiori e. V.
Dopo aver date le informazioni tecniche sulle modalità di voto, il
viceconsole dott. Andrea Palamidessi - che ringraziamo per la gentilezza -
ha risposto con molta disponibilità alle numerose domande incentrate sulla
novità del voto per corrispondenza.
Oltre alle informazioni riportate in questi giorni dai vari organi
d'informazione, intendiamo richiamare l'attenzione su quanto segue:
1) Chi - tra quelli che NON hanno fatto l'opzione di votare in Italia - non
avesse ricevuto entro il 1° giugno il materiale elettorale dal Consolato,
potrà rivolgersi al Consolato di Monaco nei giorni 3, 4 e 5 giugno.
2) Chi intendesse partecipare al voto di un solo referendum (per non
contribuire al raggiungimento del quorum dei votanti per l'altro
referendum) può inserire nella busta solo la scheda del referendum per il
quale intende votare.
Ribadiamo in particolare che:
1) La busta con le schede ed il talloncino del voto può solo essere spedita
(non consegnata a mano).
2) Sia la busta contenente le schede che quella usata per spedire il tutto
al Consolato non contengano alcuna scritta. In particolare la busta
indirizzata al Consolato NON deve avere scritto il mittente.
3) Il Consolato di Monaco accetterà qualsiasi busta ricevuta entro le ore
16  del 12 giugno.
L'Ufficio Elettorale del Consolato di Monaco (tel.: 089-41800330) è a
disposizione per eventuali informazioni e/o chiarimenti.
Alle informazioni tecniche sulle modalità di voto è seguita una discussione
fra i presenti sui temi al centro del voto referendario (sull'articolo 18
dello Statuto dei Lavoratori, sull'abrogazione delle "servitù coattive di
elettrodotto"), specialmente a riguardo del referendum sull'arte. 18 dello
Statuto dei Lavoratori (Sì, no, astensione).
Tanta è stata la necessità di discutere, che alla fine della serata molti
dei presenti è nata la voglia di reincontrarsi per proseguire la
chiacchierata. Il prossimo incontro si terrà nei primi giorni di giugno e
verrà preventivamente comunicato, non appena definiti la data e il luogo.


RICORSO CONTRO IL VOTO ALL'ESTERO: SODDISFAZIONE DI TREMAGLIA PER LA
DECISIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Il Ministro degli Italiani nel Mondo, On. Mirko Tremaglia, ha espresso
"grande soddisfazione" per la decisione della Corte Costituzionale che,
secondo indiscrezioni trapelate oggi dalle agenzie di stampa, ha dichiarato
inammissibile il ricorso per la sospensione del voto degli italiani
all'estero in occasione dei referendum che si terranno il 15 giugno.
L'ordinanza dei giudici della Consulta sarà depositata, con le relative
motivazioni, nei prossimi giorni. "Si tratta - ha detto il Ministro - di
una decisione assolutamente coerente con il dettato della legge che,
contrariamente a quanto sostengono alcuni, non alza affatto
surrettiziamente il quorum. I connazionali nel mondo, infatti, come io
stesso in passato ho rilevato in ripetuti ricorsi al Tar, sono sempre stati
conteggiati nel quorum, ma non potevano effettivamente esercitare il voto.
La legge approvata il 20 dicembre 2001, non modificando in alcun modo la
prima questione, ha invece inciso in maniera determinante sulla seconda".
Il Ministro ha colto l'occasione per invitare nuovamente tutti gli italiani
nel mondo a recarsi alle urne: "Votate come volete, ma votate - ha
affermato Tremaglia -. Si tratta di un appuntamento storico, atteso da
tantissimi anni, che non possiamo permetterci di veder fallire. So che gli
italiani nel mondo non vorranno consentire a nessuno dei falchi in
circolazione di affermare che essi non s'interessano delle questioni
interne all'Italia. Senza dimenticare che quello prossimo è un passaggio
fondamentale in vista delle prossime politiche".


I CONSIGLIERI CGIE E LA LEGGE DI RIFORMA DEI COMITES  
"Un consistente numero di Consiglieri del CGIE - 34, e sono preannunciate
altre adesioni" - informa Narducci con lettera al Ministro del 27 maggio -
"ha preso posizione sulla lettera che Le avevo inviato il 19 maggio scorso
per segnalarLe di non avere ricevuto emendamenti al Disegno di Legge della
riforma dei COMITES, trasmesso al Parlamento per iniziativa governativa. "
I succitati Consiglieri - prosegue Narducci -  si distanziano
dall'interpretazione che lo scrivente aveva colto dal mancato arrivo di
emendamenti al testo di Legge e ribadiscono l'assoluta priorità del testo
predisposto e approvato dal CGIE.
"Sono spiacente - conclude il Segretario generale del CGIE - e me ne assumo
l'intera responsabilità - per le errate, personali "deduzioni" tratte dal
mancato inoltro di emendamenti e sono a Sua disposizione per ulteriori
chiarimenti".
Fin qui le precisazioni di Narducci. Di seguito pubblichiamo il testo della
lettera dei 34 Consiglieri:   

"La lettera con la quale il Segretario Generale del CGIE comunica al
Ministro per gli Italiani nel Mondo che dopo l'ultima Assemblea non sono
pervenuti emendamenti al testo di riforma dei COMITES predisposto dal
Governo si presta ad interpretazioni non rispondenti alla realtà, che
desideriamo chiarire per rispetto della volontà dello stesso CGIE,
chiaramente espressa e in più occasioni ribadita.
Il Segretario Generale, infatti, "deduce" che la mancata presentazione di
emendamenti significa che "il CGIE non ha obiezioni da porre al testo
giunto in Parlamento". Il Ministro Tremaglia, a sua volta, sulla
"deduzione" del Segretario "deduce" che le parole di Narducci "fanno
svanire in modo definitivo, assoluto, il dissenso con il CGIE" in merito
alla riforma dei COMITES.
Ci permettiamo di ricordare che l'Assemblea Plenaria del CGIE, nella seduta
dell'aprile scorso, si è pronunciata, a larghissima maggioranza, in modo
inequivocabile, sul testo predisposto dal Governo, affermando che "dal
testo del disegno di legge sulla riforma dei COMITES approvato dal
Consiglio dei Ministri risulta essere stata modificata in termini
sostanziali la proposta già predisposta ed approvata dal CGIE". Ricordiamo,
inoltre, che l'Assemblea concludeva chiedendo "al Ministro per gli Italiani
nel Mondo, ai Capi Gruppo di Camera e Senato di presentare e sostenere
nelle competenti Commissioni parlamentari gli opportuni emendamenti per
recuperare i contenuti del testo già approvato dal CGIE". Come questa
valutazione possa essere tradotta in mancanza di obiezioni è difficile
capire.
Di fronte ad un orientamento così inequivocabile, quello che si può dire è
che allo stato non sono pervenuti emendamenti e che il CGIE ribadisce la
sua richiesta che il parlamento assuma i contenuti del testo approvato
dallo stesso Consiglio Generale. La mancata presentazione di emendamenti,
infatti, ha un significato molto semplice e preciso: il testo nel quale il
CGIE si riconosce è quello approvato dallo stesso organismo e inviato ai
Presidenti dei due rami del Parlamento, con l'ordine del giorno nel quale
si manifesta dissenso dalla proposta governativa. Visto che il testo è
stato trasmesso alle Camere, non c'è alcun motivo per procedere a stralci o
ad ulteriori giochi di emendamento. I Parlamentari, nella loro sovranità,
potranno prenderne in considerazione le indicazioni essenziali o non farlo.
Ciò che nessuno in buona fede può fare è trasformare una proposta precisa
ed articolata, soprattutto nei poteri e nelle funzioni da assegnare ai
COMITES, in una diversa proposta ispirata da soluzioni che il CGIE ha
considerato insufficienti e lontane dalla riforma auspicata.
Riaffermiamo questi orientamenti non per spirito polemico, ma soltanto per
corrispondere alla responsabilità di fare nella massima chiarezza ogni
sforzo per ottenere dal Governo e da tutte le forze politiche disponibili
una riforma dei COMITES che li renda soggetti autonomi ed attivi, dotati di
prerogative reali e liberi dai condizionamenti che ne hanno finora svilito
le funzioni. Abbiamo riaffermato nelle ultime tre Assemblee Generali che il
modo più adatto per raggiungere questo obbiettivo è indicato nella proposta
suggerita dal CGIE e questa resta la nostra posizione.
Andrea Amaro, Aldo Bechi, Antonio Bruzzese, Gino Bucchino, Elio Carozza,
Mario Castellengo, Oscar Cecconi, Giangi Cretti, Elisabetta De Costanzo,
Bruno De Santis, Lorenzo Della Martina, Fedora Dionisio Di Marco, Rocco Di
Troilo, Gianni Farina, Francesco Fatiga, Marco Fedi, Maria Venera
Fontanazza Russo, Annita Garibaldi Jallet, Gianfranco Gazzola, Epifanio
Guarneri, Norberto Lombardi, Silvana Mangione, Domenico Marozzi, Claudio
Micheloni, Dino Nardi, Giovanni Ortu, Marina Piazzi, Giuseppe Piccoli,
Claudio Pozzetti, Piero Puddu, Pietro Schirru, Mario Tommasi, Stefano
Tricoli, Daniela Tuffanelli Costa.  (altre firme in arrivo)".


IL SINDACATO E LE SFIDE DELL'EUROPA AL CONGRESSO DELLA CES
Si è celebrato a Praga dal 26 al 29 maggio 2003, il X Congresso della
Confederazione Europea dei Sindacati (CES). "Un congresso importante - ha
scritto Walter Cerfeda  della CGIL su Rassegna sindacale - dato il momento
straordinario per il futuro di un'Europa in cui oggi tutto sembra essere
rimesso in discussione: la forma costituzionale, i confini, il modello
economico e sociale". "Per un sindacato ancora relativamente giovane, come
la Ces, - prosegue Cerfeda - il congresso  rappresenta un appuntamento
decisivo. Un congresso in cui si è discuta a fondo per dare a ciascuno dei
temi aperti una risposta precisa e convincente. La Ces - per il dirigente
Cgil - oggi lo può fare. In questi anni il suo ruolo, il suo prestigio, la
sua funzione sono cresciuti in maniera rilevante".  
Di grande interesse il discorso del segretario generale della Cgil,
Guglielmo Epifani che, intervenendo al Congresso ha detto che è in atto
"una grande sfida per l'affermazione dei diritti dei cittadini e dei
lavoratori. Dobbiamo vincere culturalmente la battaglia che ci vede
impegnati nella difesa del modello sociale europeo contro la teoria di chi
sostiene che l'affermazione dei diritti frena la competitività".  Epifani
ha sintetizzato in tre punti gli obiettivi del sindacato europeo: nessuna
riduzione delle tutele sociali e dei diritti, difesa dello stato sociale e
di una corretta forma di competitività basata sul rispetto delle regole,
innovazione e ricerca come base del futuro processo economico.
"Fondamentale per il sindacato, ha detto ancora, è il mantenimento della
coesione sociale attraverso la giustizia sociale e l'uguaglianza. La grande
questione che ci pone il nostro tempo è fare in modo che i rischi e le
incertezze legate alla globalizzazione non ricadano sullo stato e sul
cittadino". "E' una battaglia che non può essere condotta semplicemente -
per il segretario generale della Cgil  - entro i confini nazionali, ma
richiede una azione comune dei sindacati".
Sulle proposte avanzate dal presidente del consiglio dei ministri italiano
su di una Maastricht delle pensioni, Epifani ha dichiarato che bisogna
trovare la forza di dire no a chiunque pensi di ridurre in qualsiasi modo i
diritti dei pensionati.
In un incontro con la stampa, John Monks, segretario generale del Tuc
(Trade Union Congress) e prossimo segretario generale della Ces,  ha
risposto ai giornalisti che gli hanno chiesto cosa cambierà nel sindacato
del Regno Unito "un ritorno in scena con un ruolo di primo piano in Europa
dopo anni di assenza". "Sicuramente - ha detto - noi del Tuc siamo parte
dello scenario europeo e siamo intenzionati a svolgere il nostro ruolo
nell'ambito delle dinamiche sindacali europee". "Non ci sarà nessuna lobby
- ha chiarito - perché non siamo un gruppo di pressione e lo dimostreremo.
Abbiamo un grande lavoro da fare nel contesto europeo e i risultati
dimostreranno la nostra volontà e capacità di agire  nell'interesse dei
cittadini Ue".
Sulla questione di come affrontare le dinamiche economiche che
contraddistinguono oggi l'Unione europea, Monks ha risposto affermando che
si trova ad agire con "gran parte del lavoro già fatto, con l'eredità
ricevuta dal trattato di Maastricht, vera pietra miliare. Da qui - ha detto
- partirà il lavoro". Il futuro segretario della Ces si è poi soffermato
sulle politiche da adottare nei confronti delle organizzazioni di
rappresentanza di lavoratori nei Paesi di nuova adesione. "Uno dei punti
fondamentali - ha detto - è la necessità di acquisire ritmi di crescita
elevati. Questo vale soprattutto per i paesi più poveri dell'Unione che nei
fatti stanno dimostrando di avere tassi di crescita anche superiori alla
media Ue".


XXVII EDIZIONE DEL "PREMIO INTERNAZIONALE EMIGRAZIONE"
L'Associazione Culturale "La Voce dell'Emigrante", che si prefigge lo scopo
di tenere viva la lingua e la cultura italiana nel mondo, unitamente al
Comune di Pratola Peligna, in collaborazione con la Regione Abruzzo, con il
Comitato Regionale Emigranti Abruzzesi, e sotto l'alto patrocinio del
Ministero per gli Italiani nel Mondo, bandiscono la XXVII edizione del
"Premio Internazionale Emigrazione". Il Premio si articola nelle seguenti
sezioni: saggistica, giornalismo, narrativa edita ed inedita, poesia in
lingua edita e inedita. tutte le sezioni hanno per oggetto l'emigrazione.
- Sezione Saggistica: si concorre con un saggio edito in data non anteriore
al 1° gennaio 1990.
- Sezione Giornalismo: si concorre con un articolo apparso su un quotidiano
o periodico; o con un servizio televisivo su cassetta, della durata massima
di un'ora; o con un servizio radiofonico su nastro, della durata massima di
un'ora.
- Sezione Narrativa edita: si concorre con un racconto pubblicato su
periodico, o con una raccolta di racconti, o con un romanzo; tutti editi in
data non anteriore al 1° gennaio 1995.
- Sezione Narrativa inedita: si concorre con un racconto inedito di massimo
venti cartelle (40.000 caratteri).
- Sezione Poesia edita in lingua: si concorre con una raccolta di poesie
edita in data non anteriore al 1° gennaio 1995.
- Sezione Poesia inedita in lingua: si concorre con un massimo di tre
poesie in lingua.
Saggi, articoli, servizi televisivi o radiofonici, narrativa edita ed
inedita, poesia edita ed inedita, tutti sull'emigrazione, dovranno
pervenire in sei copie entro e non oltre il 31 LUGLIO 2003.
I racconti inediti e le poesie inedite dovranno pervenire anonimi, con
allegata una busta chiusa contenente nome, cognome, indirizzo, recapito
telefonico e numero di codice fiscale del concorrente.
Premi per le singole sezioni. Per l'edito: 1° premo Euro 500.00; 2° premio
Euro 250.00; 3° premio Euro 100.00.
Per l'inedito: 1° premio Euro 250.00; 2° premio Euro 150.00; 3° premio Euro
50.00.
Per ogni sezione sono previsti premi di rappresentanza per eventuali segnalati.
Scadenza il 31 Luglio 2003; cerimonia di premiazione il 27 settembre 2003.
Tutte le opere dovranno pervenire alla Segreteria del Premio: Associazione
"La Voce dell'Emigrante" - Vico Sportello, 10 - C. Postale n. 7 - 67035
Pratola Peligna (AQ) - Italia - Telefax 0864 - 53147 (ind. Internet:
http://utenti.lycos.it/vocemondo)


ARGENTINA: PARTONO DA PADOVA GLI AIUTI RACCOLTI IN VENETO
Sono partiti il 27 maggio scorso, dai Magazzini Generali di Padova, alla
volta di Buenos Aires, i containers con i viveri e i medicinali raccolti
nel Veneto grazie alla campagna di solidarietà "SOS Argentina", promossa
dalla Confederazione Giovanile dei Veneti nel Mondo con il contribuito e il
patrocinio dell'Assessorato ai Flussi Migratori, Giunta Regionale Veneto.
I contenuti dei containers saranno destinati al Patronato Italiano e alla
Caritas di Buenos Aires e successivamente inviati ai patronati, agli
Ospedali Italiani e alle Caritas presenti sul resto del territorio
argentino. Per l'occasione l'Assessore regionale ai flussi migratori,
Raffaele Zanon, nella Sala Riunioni dei Magazzini Generali, ha tenuto una
conferenza stampa per illustrare i risultati della campagna avviata nel
gennaio scorso che ha lanciato nel Veneto una gara di solidarietà nella
raccolta di medicinali, viveri e somme di denaro. (GRTV/Emigrazione Notizie)


"SICILIA MONDO" PROMUOVE LA CULTURA REGIONALE ALL'ESTERO
"Sicilia Mondo" ha sottoposto al Presidente della Regione, On. Salvatore
Cuffaro, la opportunità che anche la Sicilia faccia le sue avances al
Sottosegretario agli Affari  Esteri On. Mario Baccini, per essere inserita
nei circuiti operativi che il Ministero persegue a livello internazionale
per la promozione della lingua italiana e delle culture regionali,
sottolineando che i Presidenti di altre Regioni hanno da tempo firmato
dichiarazioni di intenti in questa direzione.
Peraltro la Sicilia, si legge nella lettera, di beni culturali, tradizioni
e storia da esportare ne ha da stravendere.
La cultura e la sua promozione - afferma "Sicilia Mondo" - è oggi la
matrice e l'aggregante più idonea per rivitalizzare l'orgoglio della
appartenenza ed i rapporti interattivi con le nostre comunità all'estero
dove, fra l'altro, si riscontra una crescente domanda di conoscenza della
lingua e della cultura italiana anche tra i giovani.
Da non sottovalutare - ha sottolineato l'Avv. Azzia - il "ritorno" in
termini di conoscenza della lingua italiana ma anche di business di cui la
nostra Isola ha tanto bisogno. 


"GIOVANI A CONFRONTO" IN UN CONVEGNO IN FRIULI
Si terrà domenica 27 luglio a Sesto al Reghena l'annuale convegno-incontro
dei friulani nel mondo. Ne dà notizia l'Ente Friulano Assistenza Sociale
Culturale Emigranti (EFASCE). Quattro giovani, figli di nostri conterranei
emigranti, svolgeranno il tema "Giovani a confronto", Verranno
dall'Argentina, dal Brasile, dal Canada e dalla Romania. Parleranno dei
loro problemi: studio ed inserimento socio-lavorativo nelle comunità
all'estero.
Al termine del convegno il Presidente della Provincia consegnerà ad un
emigrante che si è particolarmente distinto all'estero il premio "Odorico
da Pordenone" e quattro attestati di benemerenza ad altrettanti emigranti
che si sono distinti nel campo della cultura, del lavoro, della ricerca e
nell'impegno socio politico. Nell'occasione, al termine della Messa, il
Vescovo della diocesi di Concordia-Pordenone consegnerà le pergamene alle
coppie di sposi che ricordano quest'anno i 25-40-50 e 60 anni di matrimonio.


MARTINI: "SOSTENIAMO LA ROAD MAP PER LA PACE IN MEDIO ORIENTE"
"Il movimento pacifista ha alle spalle una bella stagione, che ci ha dato
la consapevolezza di essere in sintonia con ciò che pensa la gente. E' però
necessario saper coniugare il no alla guerra con il sì alla pace". Lo ha
detto il presidente della Giunta regionale Toscana intervenendo alla
Conferenza regionale  del 29 maggio scorso - presenti associazioni,
insegnanti e amministratori - ha anche lanciato una proposta concreta.
"Potremmo impegnarci - ha spiegato - per sostenere il percorso di pace
avviato tra Israele e Palestina: organizzare in Toscana per tutto il 2003
eventi politici, sportivi e culturali coinvolgendo istituzioni, scuole,
associazioni e sindacati e facendo incontrare le comunità ebraiche,
palestinesi e musulmane presenti nella nostra regione per dimostrare che
appoggiamo il progetto contenuto nella "road map", facendo diventare
quell'impegno per costruire la pace, che è anche la nostra pace, esperienza
di tutti e di popolo". Creare insomma centinaia di eventi, sull'esempio
della campagna lanciata per sostenere l'azione di Emergency in Afghanistan.
Una dimostrazione, ha sottolineato Martini, che il pacifismo non è un
atteggiamento retorico e antagonista, ma un valore etico essenziale, capace
di portare avanti proposte e iniziative positive. E per rispondere a
quanti, nei mesi scorsi, hanno accusato i pacifisti di occuparsi solo di
Iraq e di essere ispirati solo da sentimenti antiamericani,
disinteressandosi di qualsiasi altra guerra, Martini ha anche lanciato
l'idea di un grande mappamondo, da collocare in uno spazio ben in vista,
dove bandiere nere segnaleranno gli stati di volta in volta coinvolti in
conflitti con schede informative aggiornate sulle cause della guerra e la
situazione del paese interessato.
"Bisogna intraprendere iniziative istituzionali e di massa, che ragionino
sulle condizioni per mantenere la pace: giustizia sociale dunque, sviluppo
economico equilibrato e sostenibile, dialogo tra culture diverse - ha
concluso Martini - e sulla pace dopo la guerra in Iraq discuteremo appunto
nel corso del prossimo meeting di San Rossore".
Un obiettivo certamente più ambizioso e difficile da raggiungere rispetto
alla grande e importante mobilitazione di massa coagulatasi intorno al "no
alla guerra", ha ammesso il presidente della Toscana, ma una sfida comunque
da tentare.


CITTA' SLOW APRONO ALLA GRECIA
Una delegazione italiana di Città slow, composta dal Sindaco di Chiavenna,
Teresa Tognetti (vicepresidente Città slow) e dalla Signora Giovanna Iesse,
funzionario del Comune di San Daniele (responsabile estero Città slow) si è
incontrata ad Atene con una rappresentanza di città greche interessate ad
entrare nel movimento delle città del buon vivere. Promotore dell'incontro
l'arch. Angelo Saracini, residente ad Atene da molti anni e profondo
conoscitore delle realtà urbanistiche greche, oltre che segretario del
Comites Grecia.
In rappresentanza delle città greche erano presenti la Signora Athanasiadou
(consigliere Comune di Atene), il Direttore Generale Ufficio Urbanistico
del Comune di Atene, arch. Michele Proisos, il Sindaco di Anthousa Sig.
Bakalakos, il funzionario Vaso Trikopoulou del Comune di S.Barbara (Atene).
Erano anche presenti una rappresentante dello Slow Food Greco e il vice
direttore dell'Istituto italiano di cultura di Atene, dott. Giorgio
Mattioli, il quale tra l'altro ha proposto, partendo dalla Grecia, una
collaborazione tra Città Slow e Istituti italiani di cultura.
(Angelo Saracini)


BRASILE: PRESENTAZIONE DEL PROGETTO "FAME ZERO" CON TARSO GENRO.
INTRODUCONO MARINA SERENI E LUCA VOLONTÈ.
Martedì 3 giugno a Roma, alle 17.30 a Palazzo Valdina (Sala della
Sacrestia, vicolo Valdina 3/a) ,è stata  presentata la mozione, già
depositata in Parlamento, sul Progetto "Fame Zero".
All'incontro era presente Tarso Genro, Ministro per lo sviluppo e la
concertazione sociale del Governo brasiliano e già Sindaco di Porto Allegre.
I lavori sono stati introdotti da Marina Sereni, della Segreteria Nazionale
e Responsabile Esteri dei Ds, e da Luca Volontè, Presidente del Gruppo Udc.
Hanno partecipato all'incontro Lapo Pistelli, responsabile Esteri della
Margherita, Marco Rizzo Presidente Gruppo Comunisti Italiani, Laura Cima,
del Gruppo Verde-Misto, Tiziana Valpiana di Rifondazione Comunista e Ugo
Intini del Gruppo Sdi-misto.


AMINA: LETTERA DEL SEGRETARIO DEI DS, PIERO FASSINO, AL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA CARLO AZEGLIO CIAMPI.
"Caro Presidente,
in Nigeria si svolgerà in questi giorni il processo di appello ad Amina
Lawal, che rischia la lapidazione a morte per aver avuto una bambina fuori
dal matrimonio.
Si tratta di una vicenda drammatica che dice quanto ancora nel nostro tempo
siano negati elementari diritti umani delle persone e, in particolare,
delle donne.
Conoscendo la Sua sensibilità e ricordando i passi che già Ella ha compiuto
nel mesi scorsi sulle autorità nigeriane, mi permetto di richiederLe ancora
un Suo nuovo autorevole intervento perché la vita di Amina Lawal sia
risparmiata.
RingrazialdoLa per l'attenzione, con vera stima."


IL COMMOSSO ADDIO DI ROMA A DINO FRISULLO
C'era la sua gente, quelle migliaia di persone che in questi anni si sono
rivolte a lui sapendo di trovare ascolto e attenzione in un paese troppe
volte sordo. Ma c'erano anche tanti altri volti che in un modo o nell'altro
avevano imparato a conoscere il suo sorriso, la sua tenacia e quel suo
misto di dialetti col quale parlava di diritti negati, di sfruttamento ma
soprattutto di fratellanza. E' stata una cerimonia commossa quella
organizzata dal Comune di Roma  per salutare per l'ultima volta un grande
amico degli immigrati, per i cui diritti ha lottato tutta la vita. Dino
Frisullo si è spento giovedì sera, 5 giugno, a Perugia, circondato
dall'affetto dei suoi cari e di tantissimi amici.
Un funerale laico quello di Frisullo durante il quale si sono confuse le
lacrime, la musica e i ringraziamenti per una persona che ha speso decenni
della propria breve vita (Dino aveva appena 51 anni) nella lotta per i
diritti dei più deboli, per quella umanità dalle mille lingue e dai costumi
colorati. Tanta gente comune all'ex Mattatoio, ma anche tanti volti noti
che hanno accompagnato Frisullo nel suo cammino di lotte: parlamentari,
rappresentanti delle associazioni di volontariato e delle varie etnie
presenti a Roma. Il sindaco Walter Veltroni ha spiegato come "per
testimonianza dell'immenso lavoro svolto" a Dino sarà intitolata la
giornata mondiale dei rifugiati del 20 giugno.
"Emigrazione Notizie" si unisce al cordoglio di quanti hanno conosciuto e
apprezzato il lavoro di Dino Frisullo in difesa dei diritti degli immigrati
e per la libertà del popolo curdo.