Uzbekistan: La Banca EBRD dovrebbe pretendere il rispetto dei diritti umani



Uzbekistan: La Banca EBRD dovrebbe pretendere il rispetto dei diritti umani
 
La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo ha deciso di tenere il suo meeting annuale in Uzbekistan. HRW chiede che la EBRD smetta di stare in silenzio e che critichi apertamente le gravi violazioni dei diritti umani perpetrate dal governo Uzbeko. Con questo silenzio continuo la banca fa credere al governo Uzbeko che la censura sui media, gli arresti arbitrari, le torture, e l'uccisione di oppositori politici e religiosi possono continuare, dice HRW.
 
Fonte: Human Rights Watch; International Helsinki Federation for Human Rights; ICGroup
Traduzione a cura di Fabio Quattrocchi
mailto:FABIOCCHI at inwind.it
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Marzo 2003 - Tashkent, la capitale dell'Uzbekistan, e' stata scelta come sede del prossimo meeting annuale della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (EBRD). L'EBRD e' stata istituita nel 1991 per promuovere lo sviluppo del settore privato nei paesi dell'ex blocco Sovietico. Il documento istitutivo della banca, la cui maggioranza degli azionisti sono i governi dei paesi membri dell'UE, specifica che si devono aiutare quei paesi della regione che si impegnano al rispetto "dei principi fondamentali della democrazia multipartitica, dello stato di diritto, dei diritti umani e dell'economia di mercato". Ma come dimostra un'ampia serie di rapporti, indagini e documenti sul rispetto dei diritti umani in Uzbekistan, il governo uzbeko viene meno a questi standard.
Nel Maggio 2002, Human Rights Watch si e' unita ad altre 53 ONG (tra cui Friends of the Earth e CEE Bankwatch) per scrivere al presidente della EBRD, Jean Lemierre, ed esprimergli preoccupazione sull'impatto che potrebbe avere il meeting di Tashkent sul rispetto dei diritti umani, e sulla credibilita' della banca come istituzione che promuove la democrazia e i diritti umani. La lettera inviata a Lemierre e' parte di una campagna di HRW per promuovere riforme in Uzbekistan prima del meeting della EBRD nel 2003.
 
Jean Lemierre continua a dire che il meeting di Tashkent e' un "incentivo alla democrazia". Ma il prestigioso meeting rischia di apparire come un premio alla repressione. Il sito web della EBRD incoraggia a partecipare al meeting, esalta il turismo nel paese, ma non dice nulla sulle violazioni dei diritti umani. Con questo silenzio continuo la banca fa credere al governo Uzbeko che la censura sui media, gli arresti arbitrari, le torture, e l'uccisione di oppositori politici e religiosi possono continuare.
 
Tutti i partecipanti sostengono che le dure critiche al governo Uzbeko saranno espresse al meeting di Maggio. Ma a Maggio tali parole saranno meno efficaci di quanto non potrebbero essere se fossero espresse oggi, sostiene HRW. I media Uzbeki sono imbavagliati e difficilmente potranno diffondere le dure critiche una volta che il meeting e' iniziato. I discorsi critici possono essere persi senza lasciar traccia. 
Secondo l'ONG internazionale International Crisis Group (ICG), se il meeting si fara' in Uzbekistan, la EBRD dovrebbe pretendere che un team indipendente riprenda la conferenza e la trasmetta sulla televisione nazionale, con traduzione indipendente.
 
La EBRD dovrebbe dire chiaramente a Karimov, presidente dell'Uzbekistan, che se vuole che il meeting sia un successo e che siano evitate situazioni imbarazzanti, dovrebbe fare alcuni passi per fermare l'uso della tortura, per rilasciare gli attivisti dei diritti umani e permettere alle organizzazioni che difendono tali diritti di registrarsi ed operare in tranquillita'.
 
L'Uzbekistan rimane una dittatura, le elezioni sono sotto il controllo dell'esecutivo, non ci sono opposizioni legali e almeno 7,000 persone sono in prigione per le loro credenze politiche e religiose. L'economia e' ancora dominata dallo stato e una piccola elite gestisce i settori d'esportazione piu' importanti, assicurandosi l'arricchimento personale. Il settore privato e' strangolato dalla burocrazia e dalla corruzione. La poverta' e la disillusione, specie tra i giovani, stanno alimentando lo scontento popolare e l'estremismo. Anche le numerose violazioni dei diritti umani stanno favorendo la formazione di un ambiente sociale, economico e politico instabile mettendo a rischio la sicurezza della regione, in quanto i cittadini manifestano segni di resistenza all'autoritarismo del governo.
 
Nel corso della campagna internazionale anti terrorismo, il governo Uzbeko ha guadagnato prestigio appoggiando la coalizione internazionale contro il terrorismo guidata dagli USA. Il coinvolgimento del governo in questa campagna gli ha garantito un pretesto per continuare a reprimere le opposizioni religiose, politiche e civili. Un pretesto che sembra largamente accettato dalla comunita' internazionale. Negli ultimi mesi alcuni passi in avanti sono stati fatti, come la registrazione dell'Organizzazione Uzbeka Indipendente per i Diritti Umani (IHROU), tuttavia questi passi appaiono come mosse per compiacere gli alleati occidentali piu' che come cambiamenti concreti di ampio respiro.
 
Dopo gli attacchi dell'11 Settembre, l'Uzbekistan ha avuto un rapporto speciale con gli USA. Ad esempio e' stata realizzata una base militare Statunitense per appoggiare la guerra in Afghanistan e nel Marzo 2002 e' stato firmato un accordo che impegnava l'Uzbekistan a stabilire un sistema multi partitico, con elezioni libere, liberta' di stampa e rispetto per i diritti umani. Ma nulla di questo e' stato implementato e nel Gennaio 2002 un referendum manipolato ha esteso il mandato del presidente Karimov per altri due anni.
 
Il lavoro dei media e' sottoposto a pesanti restrizioni. Il governo conserva il monopolio del processo di stampa e di distribuzione dei giornali e controlla i maggiori quotidiani del paese. Nonostante la censura di stato sia stata abolita e i giornali non debbano piu' ottenere l'approvazione prima di essere pubblicati, l'autocensura continua a prevalere. Per questo gli editori spesso decidono di non pubblicare il materiale che potrebbe essere interpretato come una critica al governo. L'autocensura e' favorita dal fatto che i giornalisti che hanno pubblicato articoli critici sono intimiditi e torturati, a volte anche arrestati.
 
La costituzione Uzbeka garantisce il diritto di riunione, ma le autorita' impediscono pesantemente l'esercizio di tale diritto. La polizia usa regolarmente la forza per impedire ai parenti delle persone imprigionate per la loro religione di organizzare dimostrazioni per protestare sulle condizioni carcerarie e per chiedere la liberazione dei loro cari. I partecipanti di dimostrazioni organizzate per protestare su altri problemi riguardanti i diritti umani sono state maltrattate, arrestate e torturate.
 
I processi giudiziari violano pesantemente gli standard internazionali sui processi equi. I giudici ammettono come prove incontestabili le confessioni fatte sotto tortura, che spesso rappresentano l'unica base su cui si regge tutto il processo e il verdetto (anche quelli che condannano a morte l'imputato). In particolare i giudici hanno un atteggiamento pregiudiziale verso i membri delle opposizioni religiose e politiche, cosi' come verso i difensori dei diritti umani. I giudici fanno "copia e incolla" dei verdetti che in molti casi sono identici.
 
Nel 2002, dopo essersi rifiutato per diversi anni, il governo Uzbeko ha finalmente accettato che un rapporteur speciale dell'ONU sulla tortura visitasse il paese, seppur con numerose limitazioni come il divieto di ispezionare alcuni penitenziari. Il rapporteur ha visitato il paese lo scorso Novembre e prima della sua partenza ha detto ai giornalisti che l'uso della tortura era sistematico nel paese. I penitenziari sono sovraffollati, e spesso i detenuti sono trattati in maniera degradante e regolarmente privati delle loro necessita' fondamentali, come un'alimentazione adeguata o l'assistenza sanitaria. Di conseguenza la denutrizione e le malattie come la tubercolosi e l'epatite sono diffuse, e spesso provocano la morte dei prigionieri. I detenuti sono sottoposti a tortura fisica e in alcuni casi sono torturati finche' non muoiono.
 
Le istituzioni musulmane che sono state registrate dalle autorita' rimangono sotto stretto controllo. Allo stesso tempo le autorita' continuano la loro implacabile campagna contro i musulmani non affiliati con tali istituzioni. Mentre questa campagna e' sbandierata ufficialmente com mezzo per combattere l'estremismo religioso, le autorita' non distinguono tra la piccola minoranza di musulmani che usano la violenza e la vasta maggioranza che esercita pacificamente il proprio credo. I musulmani indipendenti e pacifici sono arrestati, torturati, incriminati in processi iniqui per varie attivita' "estremistiche".
 
Le ONG che volessero aderire alla campagna sul meeting EBRD possono mandare un'email a Veronika Leila Szente Goldston mailto:szentev at hrw.org
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