Lettera dal carcere di Fresnes di una prigionieria politica dei GRAPO



La "traversata nel deserto" dei "7 di Parigi"

Nel luglio dello scorso anno ho scritto una lettera indirizzata alle
persone solidali spagnole e francesi, molto preoccupata per le notizie che
mi erano giunte, riguardanti  Manuel Pérez Martínez, Segretario Generale del
PCE(r), rinchiuso nel carcere di Fresnes. Tra l'altro dicevo:
"Nuovamente sono costretta a scrivere riguardo le condizioni carcerarie in
cui si trova Manuel. Nulla è cambiato da quando, a marzo, i suoi avvocati
sono riusciti a farlo portare in ospedale per una visita. Bruguiere ha
trovato la migliore arma per mantenerlo totalmente isolato: la sua mancata
conoscenza della lingua francese. Il "signor" giudice ha dato ordini alla
direzione del carcere affinché non stesse nella stessa sezione in cui si
trovano prigionieri politici. Non è autorizzato ad andare in biblioteca; gli
proibiscono assistere alle lezioni di lingua francese. Nella sua sezione,
inoltre, non c'è nessun prigioniero "comune" che parli spagnolo
(casualità???) e che possa dargli una mano. I medici, che forse sarebbe più
opportuno definire scalzacani, che lavorano a Fresnes non si preoccupano
minimamente del suo stato di salute che è nuovamente peggiorato. Insomma, da
8 mesi Manuel è sottoposto ad un regime di "tortura bianca", chiuso in una
cella senza luce e priva d'aria, visto che non ha neppure la finestra".
Un anno dopo, l'unica cosa che posso cambiare di questa denuncia è quanto
segue: è in una cella un pochino più illuminata e i medici sono un pochino
più umani.
Nel novembre del 2000, Manuel non si sbagliava quando, nel furgone che ci
stava disperdendo nelle varie carceri parigine, ci diceva: "Ho l'impressione
che mi ficcheranno in un buco". In effetti, il giudice Bruguiere, in
ossequio agli ordini impartiti dal Ministero degli Interni spagnolo, si è
incaricato di fargli pagare cara la sua responsabilità alla testa del
PCE(r). E neppure sbagliava Isabel Llaquet, una delle due prigioniere del
PCE(r) detenute a Fleury, quando parlava, in una lettera indirizzata alla
solidarietà spagnola dell'attraversamento del deserto cui il giudice
Bruguiere  avrebbe costretto i "7 di Parigi".
Facendo un bilancio di questa "traversata" possiamo dire che il giudice non
si è davvero risparmiato! Ha infatti impartito ordini ben precisi alle tre
carceri in cui ci trovavamo affinché tutto, assolutamente tutto ciò che ci
riguardasse, passasse prima sulla sua scrivania. Sarebbe difficile
descrivere i dolori di testa cui sono costretti i nostri familiari ed amici
per farci arrivare l'indispensabile. Ogni volta è necessaria l'
autorizzazione del giudice e questi… risponde con molto comodo alle nostre
istanze. Ogni volta è necessario fare intervenire  i nostri avvocati
francesi per ottenere anche la minima autorizzazione… e questo perché il
Petain II ha detto che ogni scritto che gli giunga dai nostri avvocati
spagnoli verrà buttato alla spazzatura.  Mi sembra necessario segnalare  la
solidarietà delle prigioniere politiche basche e dei loro familiari che
hanno fatto tutto il possibile per rendere meno pesante la nostra
carcerazione. Parlo di solidarietà al "femminile" perché solo Isabel,
Rosario ed io  siamo riuscite a goderne: gli uomini si trovano in "bracci"
in cui non ci sono prigionieri politici baschi. Nel caso di Manuel, poi, non
ci sono prigionieri politici in assoluto.
Le smanie di isolamento del giudice non hanno risparmiato neppure la Chiesa
cattolica!  La suora che andava a trovare una compatriota detenuta a Fresnes
ha cercato, invano, di farci condividere i giornali scritti in spagnolo!
Impossibile!! La direzione del carcere ha risposto alle mie proteste
affermando che "la prigioniera non è autorizzata dal suo giudice, del quale
necessita specifica approvazione"…
Lo zelo dei carcerieri francesi nell'eseguire puntigliosamente gli ordini
del giudice spesso raggiunge punte di follia ed è giunto sino all'estremo di
provocare litigi con la scorta che ci doveva accompagnare al Palazzo di
Giustizia. Nel gennaio di quest'anno le funzionarie di Fleury si rifiutavano
a far uscire dalla cella Isabel e Rosario perché… c'era un solo furgone per
portarle al Palais! E si sono pubblicamente lamentate che, da parte loro,
facevano l'impossibile perché le due prigioniere non comunicassero tra loro
e poi… i gendarmi pretendevano portarle insieme nello stesso furgone!!!
Realmente bisogna loro riconoscere che come cani da guardia sono
estremamente valide… e mi scusi la specie animale per questo paragone! In
quell'occasione, comunque, i loro "latrati" non sono serviti a molto: la
scorta aveva l'ordine di portarle davanti al giudice e, per loro, questa era
l'unica cosa che contava. Dove invece le funzionarie hanno "trionfato" è
stato  durante il mio trasferimento da Fleury a Fresnes. Degni di economio i
salti mortali che hanno fatto per mantenerci divise! E così, per evitarmi di
vedere Isabel, la pagliaccia agitava le braccia davanti a me, come una
indiavolata… senza molto successo, dato che dovevamo per forza di cose
passare ambedue attraverso un corridoio con le pareti di vetro…
Ma il terreno in cui Bruguiere ha dispiegato tutta la sua grandezza stile
maresciallo Petain è stato sul "fronte" dei colloqui e della corrispondenza.
La "battaglia" è iniziata  quando ha avvisato i nostri avvocati che "non
avrebbe autorizzato nessun colloquio con amici nostri che lo richiedessero
perché erano tutti comunisti". Il culmine, poi, lo ha raggiunto quando ha
fatto arrestare la sorella di Fernando Silva, il mio compagno dei GRAPO,
detenuto a Fleury, al termine del colloquio. Ci sono poi tutte le
meschinerie e le porcate intentate contro le nostre famiglie per far perdere
loro la voglia di venirci a trovare e rendere quindi più pesante il nostro
isolamento.
In effetti, la sua "aiutante in campo" per tutto un periodo si è divertita a
giocare con i nostri familiari. La segretaria del giudice, infatti, con
molta "amabilità" avvisava i nostri avvocati che i colloqui erano
autorizzati. Ho messo le virgolette perché era necessario, per mesi,
chiederle se le autorizzazioni erano state firmate e ogni volta ha sempre
risposto di mala grazia. Sono stati necessari due viaggi, inutili, del
fratello di Fernando per capire che, se le autorizzazioni firmate restavano
sulla scrivania di questa amabile segretaria era come se non esistessero! Se
l'autorizzazione non viene inviata alla direzione del carcere, non è infatti
possibile fare colloquio.
Nel febbraio del 2002 il mio avvocato mi ha notificato che  l'autorizzazione
al colloquio che avevo presentato nell'ottobre dell'anno precedente era
firmato. Ho cominciato a scrivere un'istanza a settimana, per sapere se l'
autorizzazione era giunta in carcere. La risposta affermativa mi è arrivata
solo a maggio, tre mesi dopo. Devo aggiungere a questi 7 mesi di attesa il
fatto che questo era il mio secondo "permesso" per avere colloquio, dopo un
anno e mezzo di carcere e che presso il giudice ci sono le richieste di
venti persone - e tra queste alcuni familiari - che desiderano venire a
colloquio. Il permesso è stato negato a tutti.
L'ultima porcata di cui sono a conoscenza proviene dal carcere. La sorella
di Manuel, una donna di età avanzata che cammina con le stampelle, si è
fatta un viaggio dall'altro lato dei Pirenei sino a Parigi per godere di…
mezz'ora di colloquio! La lettera di Manuel, con cui le chiedeva di
ritardare il viaggio per poter fare un colloquio di un'ora e mezza non le
era arrivata. La direzione del carcere di Fresnes ha fatto orecchie da
mercante su questo vergognoso ritardo della nostra corrispondenza in
partenza. Ma a Fleury è accaduto di peggio: ad Isabel era stato concesso
colloquio  ma, arrivata alla "cabina" per i colloqui, l'ha trovata vuota. A
sua cognata, infatti, era stato detto per telefono che "non c'era posto per
quel giorno" (oltre all'autorizzazione scritta, è necessario che chi va a
colloquio chiami il carcere per telefono).
Ma stavo parlando dello scandaloso ritardo della nostra corrispondenza. Le
lettere, quelle che arrivano, evidentemente fanno lo stesso viaggio di
Cristoforo Colombo con le tre caravelle, spesso addirittura andata e
ritorno. Il record lo detiene Elipe, uno dei due prigionieri del PCE(r) in
Fleury: una lettera ci ha messo cinque mesi per coprire il percorso
Madrid-Parigi. Sono cosciente del fatto che chi lavora con Bruguiere ha
molto a che vedere con tutto questo, soprattutto perché nutrono un estremo
interesse per sapere tutto quello che diciamo e che ci dicono per lettera.
Ma, visto che le fotocopiatrici sono ormai state inventate da anni, ne
deduco che l'obiettivo è quello di tenerci isolati dalla solidarietà con l'
esterno e viceversa. A volte provo una strana curiosità e vorrei conoscere
gli oscuri cammini delle nostre lettere. Ma non trovo nessuna riposta a
quesiti come questo che pongo come esempio: le lettere che noi scriviamo
dovrebbero avere il timbro di Paris-Rivoli (è lì dove Bruguiere le invia
dopo averle lette)… e invece arrivano in Spagna con il timbro di località
del sud della Francia. In cambio non è un mistero che la funzionaria
incaricata della posta, qui a Fresnes, abbia aperto, per ben due mesi, tutte
le che mi inviava il mio avvocato.
Noi spagnoli abbiamo l'abitudine di dire: eravamo pochi e la nonna ha avuto
due gemelli!  Nel caso dei "sette di Parigi" i "gemelli" sono giunti 'grazie
' all'11 settembre. Già da mesi Isabel, Rosario e Fernando denunciano che i
censori di Fleury mandano al macero i giornali, le riviste, ecc., comprese
quelle che giungono loro a mezzo abbonamento.
Da qualche tempo, poi, persone che si scrivono con Fernando e con me si
lamentano del fatto che le lettere scritte a Fernando tornano loro indietro
con la scritta "sconosciuto a questo indirizzo". Si tratta di una nuova
forma di censura, che è messa in pratica anche sui vaglia.
A questo lungo racconto sulla nostra "traversata" manca ancora il capitolo
riguardante la salute. Io ho appena fatto un'esperienza che è utile per
capire come mai Manuel sia stato per 5 giorni doppiato in due per una
lombaggine, senza che nessuno, né infermieri, né funzionari, gli desse un
calmante. Questi animali non accettavano le istanze che lui indirizzava al
medico perché erano scritte in spagnolo. Io con il francese me la cavo, ma
questo non ha impedito una battaglia, durata quasi un anno, con il medico
del carcere, per convincerla a lasciarmi visitare da un traumatologo. Ogni
volta che parlavo con lei, che -tra l'altro- è anche a capo dei servizi
medici di tutto Fresnes, ottenevo la stessa risposta ai miei dolori alla
spalla che mi impedivano di dormire: "Per lei non si può fare nulla. Si
tratta di dolori provocati dalla sua artrosi". Lo specialista dal quale,
alla fine, sono riuscita a farmi vedere, dopo soli cinque minuti ha scoperto
l'origine dei miei mali: una vertebra messa di traverso, che non ha nulla a
che vedere on la mia artrosi.
Mancano ancora alcuni "piccoli dettagli" come la cella di rigore ad Isabel,
per essersi rifiutata di sottoporsi ad un'umiliante  perquisizione e i miei
rifiuti ad andare in ospedale, dovuti allo stesso motivo; le perquisizioni
in cella, come l'ultima, durante la quale mi sono stati sequestrati
giornali, pubblicazioni, riviste… e persino alcuni gomitoli di lana!
Che dire, poi, del supposto tentativo di fuga di Fernando nel dicembre 2000?
Questo "scherzo" sporco gli è costato un mese di cella di rigore e quattro
mesi di isolamento. E il direttore della Santé non si è fatto scrupolo di
ammettere che era stata la Guardia Civile (spagnola) che lo aveva informato
della sua evasione da un carcere spagnolo nel 1992.
Quest'anno e mezzo mi conduce sempre alla stessa riflessione. Dalla "caduta"
della ex Unione Sovietica, le piccole, medie e grandi teste della borghesia
concordano nel gridare all'unisono che il comunismo è morto! Siamo alla fine
della Storia! Se così è, per quale motivo, allora, si accaniscono in modo
ossessivo contro sette "poveri" comunisti che non rappresentano un
 "pericolo" per nessuno? Non sarà che il "morto" che vorrebbero seppellire è
invece vivo e vegeto? Non sarà forse che questo "morto" rappresenta un vero
pericolo per un sistema caduco e putrefatto che non produce altro che morte
e miseria?
Quanto a noi, sono completamente d'accordo con ciò che diceva Isabel nella
lettera che ricordavo all'inizio: Non dobbiamo preoccuparci! Abbiamo
coraggio… per attraversare lo stesso Sahara a piedi!

Victoria Gómez Mendez
Prigionieria  politica dei GRAPO
Carcere di  Fresnes
Luglio 2002