A dieci anni dalle stragi



Tra qualche giorno, il 23 Maggio, ricorre l'anniversario della strage di
Capaci. I magistrati di Palermo accusano il governo di avere in mente un
quadro legislativo che finirà per avere effetti devastanti sui "processi
antimafia". Ed è polemica! Chi è degno di ricordare e chi non lo è? Riporto
un articolo tratto da "Il Nuovo" e uno da "La gazzetta del Sud".

Da "Il Nuovo"

TORINO - Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vanno commemorati come "eroi
della Repubblica": ma le "commemorazioni possono trasformarsi in una
trappola, quando uniscono i colpevoli e le vittime". Nel decennale del loro
assassinio da parte della mafia, il capogruppo dei Ds alla Camera Luciano
Violante, ricorda la figura dei due magistrati palermitani in un articolo
pubblicato sul Giornale di Siciliae avverte: "non crederemo alle parole di
chi ricorda Falcone e Borsellino mentre continua a denigrare, a volte con
le stesse espressioni di ieri, chi fa oggi quello che loro fecero ieri".

"Stiamo pericolosamente abbassando la guardia sul problema della mafia, si
sta arrivando a una situazione pericolosa, dove l'operato dei magistrati
viene delegittimato, dove si sferrano continuamente degli attacchi agli
uomini di giustizia che fanno il loro lavoro". Ha aggiunto Violante, al
Salone del libro di Torino, a margine della presentazione del suo ultimo
libro Il ciclo mafioso .

"La mafia - spiega - ricorre a cicli continui, di circa dieci anni.
Dall'assassinio di Ciacculli del '63, fino alla strage di Capaci in cui
perse la vita Giovanni Falcone e Via D'Amelio, abbiamo avuto dei segnali
precisi: le azioni di mafia ritornano con una ciclicità che stupisce e
altrettanto stupefacenti sono le reazioni. All'inizio si ha una rivolta
contro questi atti, poi, mano a mano che i processi vanno avanti, si ha una
specie di reazione contraria all'operato dei magistrati, come se
diventassero improvvisamente scomodi". 

''La teoria di un terzo livello formato da soggetti estranei a Cosa nostra
mio fratello Giovanni Falcone, con prove certe e riscontri vari, l'ha
sempre esclusa'', aggiunge Maria Falcone in un'intervista che sarà
pubblicata sul prossimo numero de L'Eco di San Gabriele.

Un rischio ricordato anche da Giancarlo Caselli, già Procuratore antimafia
a Palermo, che ha tracciato un bilancio degli ultimi dieci anni di lotta
alle cosche, dopo le stragi nelle quali sono rimasti uccisi Falcone e
Borsellino. "Dieci anni in cui si è sfiorata la possibilità concreta che la
mafia potesse essere sconfitta, dieci anni in cui abbiamo davvero pensato,
con le tante conquiste che sono state fatte, di battere una volta per tutte
e estirpare il fenomeno mafioso. E invece no. I magistrati rischiano di
essere isolati ancora una volta. Assistiamo a un indebolimento degli
operatori di giustizia perpetrato non solo dagli stessi protagonisti della
mafia, ma anche da un certo tipo di borghesia ricca, colta, che vede i
magistrati come una forza scomoda". Caselli parla di "una efficiente
inefficienza, una specie di situazione di comodo, dove sembra che le forze
in campo siano libere di operare, ma di fatto non è così".

Toni tesi, dunque, accesi ancora di più dall'intervento di Luigi Ciotti,
che provoca: "Non è un fatto positivo che siamo qui riuniti a parlare di
mafia, non lo è perché sono passati tanti anni e qualcosa di definitivo
avrebbe dovuto già essere stato fatto. Tutti siamo chiamati a fare un esame
di coscienza per quello che è successo e che sta succedendo - secondo don
Ciotti - ma una cosa è certa: dei politici che stanno in parlamento, almeno
quelli che hanno ottenuto una condanna in primo grado, non dovrebbero
entrare a far parte delle commissioni parlamentari".

(18 MAGGIO 2002, ORE 14:50)

Da la Gazzetta del Sud"

Anniversario strage di Capaci / Nel dibattito sulla lotta alla mafia i
magistrati avvertono
Politica giudiziaria inadeguata
«Riforme come il giusto processo rischiano di frantumare l'azione antimafia»

PALERMO ö Il Parlamento è un ãcantiere apertoä che sforna in continuazione
progetti di riforme sulla giustizia. Ma sono progetti che destano allarme
tra i magistrati di Palermo. «Se i disegni di legge andranno in porto ci
saranno effetti devastanti sui processi alla mafia», ha detto Massimo
Russo, segretario distrettuale dell'Anm. Russo è intervenuto con altri due
magistrati, il sostituto procuratore generale Vittorio Teresi e il
sostituto della Dda Franca Imbergamo, in un dibattito organizzato a 10 anni
dalla strage di Capaci dalle associazioni «Libera» e «Palermo anno uno». Al
confronto su mafia e giustizia, coordinato dallo storico Salvatore Lupo,
hanno partecipato anche Giovanni Fiandaca, docente di diritto penale e uno
dei promotori del movimento dei professori di Palermo, e l'eurodeputato
Claudio Fava (Ds). Russo ha attaccato le linee di politica giudiziaria del
governo Berlusconi senza risparmiare critiche anche al governo dell'Ulivo.
«Con il pretesto di rafforzare le garanzie - ha detto - si stanno creando
strumenti di vera impunità. Certe riforme, come quelle sul giusto processo
e sulla revisione dei processi, alimentano le speranze di chi è stato già
condannato anche con sentenze definitive. Se queste aspettative saranno
soddisfatte, finirà l'azione antimafia». Critiche analoghe sono venute da
Franca Imbergamo, che ha chiesto al sistema politico di impegnarsi a
recidere legami di «contiguità e di connivenza», mentre Teresi ha lamentato
un calo di tensione in buona misura dovuto alle «volgari aggressioni ai
magistrati condotte anche con il sapiente uso dei mezzi di informazione». E
la società civile, ha aggiunto Fava, non ha saputo svolgere un'azione
appropriata, commettendo l'errore di dare troppe deleghe alla magistratura.
«In questo modo - ha osservato - si è sovrapposto il giudizio morale con il
giudizio penale». Più articolata la valutazione di Fiandaca sulle riforme
in discussione. «Alcuni principi generali recepiti dal giusto processo sono
condivisibili. Ma il fatto è che si cerca di ammantare con nobili propositi
progetti che hanno ben altro obiettivo. Alcuni esponenti del centro
sinistra hanno firmato per ingenuità disegni di legge e per fortuna si sono
accorti dell'inganno ritirando poi le firme». Bisogna stare attenti, ha
avvertito Fiandaca, a non prestare il fianco a iniziative che «invece di
fare la lotta alla mafia finiscono per fare la lotta all'antimafia». Da
registrare anche un'iniziativa del Rotary dedicata alle memoria di
Francesca Morvillo, magistrato e moglie di Giovanni Falcone, morta con lui
il 23 maggio '92. L' anniversario è stato ricordato allo Steri, in un
incontro organizzato dal Rotary con la collaborazione della Provincia. Il
progetto «Francesca Morvillo» ha aiutato 115 ragazzi, cresciuti in contesti
disagiati o già destinati al Malaspina, a imparare un mestiere presso
diciotto aziende artigiane di Palermo. Nell' arco di dieci anni cinque
minorenni hanno trovato un lavoro stabile, altri hanno ottenuto un impiego
fuori dalla Sicilia. Il progetto, ideato da Nicolò Scavone con Giancarlo
Grassi, continua, sostenendo altri minori e aiutandoli economicamente
grazie alla collaborazione degli oltre 800 soci dei club. «Il lavoro è l'
unico strumento in nostro possesso che può davvero combattere la cultura
mafiosa - ha commentato il presidente Musotto, intervenuto al dibattito -
nel ricordo di Francesca Morvillo, giudice del tribunale dei minori che
esercitava il suo ruolo con grande sensibilità, correttezza e passione,
dobbiamo avere il coraggio di indignarci se le istituzioni e la politica
non operano come dovrebbero nei confronti del mondo giovanile, e impegnarci
tutti, a nostra volta, per fare qualcosa di concreto a favore delle nuove
generazioni».