ONU: La Globalizzazione deve tener conto dei Diritti Umani



Vi ripropongo questo articolo dell'Irish Times che riprende un discorso
di Mary Robinson, (quasi ex) alto commissario dell'ONU per i diritti umani,
sulla
globalizzazione. Potrebbe essere un altro dei motivi per cui gli USA hanno
fatto pressioni su Kofi Annan affinche' non la riconfermasse alla guida
dell'UNHCHR...


ONU: La Globalizzazione deve tener conto dei Diritti Umani
22 Gennaio 2002 - Secondo Mary Robinson, l'alto commissario delle Nazioni
Unite per i Diritti Umani, occorre che la globalizzazione economica tenga in
considerazione i Diritti Umani: le statistiche sui milioni di cittadini che
vivono nella poverta' e nelle guerre persistenti sono inaccettabili. La
disillusione crescente nei confronti della globalizzazione guidata dal
mercato e' evidenziata dalle proteste ai vertici del G8, del WTO ed altri
organismi. Abbiamo una grande idea: costruire una globalizzazione etica, ma
come? La costruzione di una globalizzazione etica e sostenibile deve
riconoscere la responsabilita' condivisa per la protezione dei diritti
Umani. Quella resposabilita' e' condivisa da tutti noi, individui,
religioni, corporations, stati, Istituzioni Finanziarie Internazionali, e
l'ONU. Chi oltre 50 anni fa scrisse la Dichiarazione dei Diritti Umani aveva
colto il legame tra rispetto dei diritti e liberta', giustizia e pace nel
mondo, e chiedeva un ordine sociale ed internazionale giusto. Oggi emerge la
necessita' di una globalizzazione intesa come processo economico che sia
soggetto a considerazioni etiche e morali, nonche' al rispetto degli
standards e principi legali internazionali. Tutti i 144 membri del WTO hanno
ratificato la dichiarazione sui diritti umani; tutti (tranne gli USA) hanno
ratificato la convenzione sui diritti dell'infanzia, e 112 la convenzione
sui diritti economici, culturali e sociali. Questi governi dovrebbero tener
in considerazione gli obblighi imposti da tali convenzioni durante i
negoziati sulla liberalizzazione dei mercati, al fine di promuovere e
proteggere i diritti umani, ricordandosi della Dichiarazione fatta a Vienna
nel 1993 secondo la quale "i diritti umani sono la prima responsabilita' dei
governi." Mentre gli accordi del WTO rappresentano uno strumento legale per
gli aspetti economici della liberalizzazione del commercio, le norme sui
diritti umani sono uno strumento per dare alla liberalizzazione una
dimensione etica e sociale.
Ma che vuol dire in pratica? Vuol dire rispondere alle domande come: il
commercio e' veramente libero e giusto? I PVS hanno sentito molte promesse,
ma si son spesso visti negare l'accesso ai settori del mercato in cui erano
competitivi. Oppure: le regole sulla proprieta' intellettuale riconoscono i
diritti culturali delle comunita' indigene? Esse garantiscono l'accesso ai
farmaci essenziali? Su quest'ultima questione, consideriamo il problema
dell'AIDS. La malattia sta colpendo sempre piu' le classi sociali a basso
reddito, soprattutto donne, nei PVS. La mancanza del rispetto dei diritti
umani e' legata ad ogni aspetto dell'epidemia come i fattori che causano la
vulnerabilita' all'infezione dell'HIV, o la discriminazione dei
sieropositivi. Data la diffusione globale a questa epidemia, serve anche una
risposta globale. Nella ricerca di un'etica globale, un inizio pratico si
potrebbe fare analizzando le dimensioni dell'epidemia tra i cittadini dello
Zambia, per esempio. La mancanza di un'alimentazione adeguata, delle
medicine essenziali, di acqua potabile, dell'educazione di base,
dell'eguaglianza delle donne, oltre ad altri fattori, aumenta la
vulnerabilita' di queste persone all'HIV. E come la poverta' li rende piu'
vulnerabili all'AIDS, cosi' l'infezione e la malattia accresce la loro
poverta' con l'aumento delle spese necessarie ad acquistare medicinali,
perdita di reddito, costi per i funerali etc. La comprensione dei bisogni
dei poveri e' necessaria alla nostra impresa di sviluppare un'etica globale
con una componente dei diritti umani. Le persone che vivono con l'HIV/AIDS
potrebbero essere una fonte impareggiabile per acquisire queste conoscenze.
Una caratteristica chiave della globalizzazione economica e' che i
protagonisti coinvolti non sono solo stati, ma anche le multinazionali. Non
a caso meta' delle maggiori economie a livello globale sono corporation, non
paesi. Quindi la nuova sfida e' rendere questi potenti protagonisti
responsabili dell'impatto delle loro politiche sui diritti umani. Il Global
Compact lanciato da Kofi Annan nel Luglio 2000 potrebbe essere uno strumento
utile, ma esso incoraggia l'auto-regolazione del settore privato riguardo ai
diritti umani e all'ambiente, i suoi principi non sono legalmente
vincolanti. Molti si chiedono quanto questa autoregolazione possa essere
efficace. Abbiamo bisogno di qualcosa di meno teorico e piu' banale:
l'attuazione delle promesse fatte. Fonte: Irish Times; trad. di Fabio
Quattrocchi fabiocchi at inwind.it
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