23/02 Verona: CONTRO IL DDL BOSSI-FINI. PER IL DIRITTO AL FUTURO, PER LA CASA, PER I DIRITTI DI TUTTI



VERONA, 23 FEBBRAIO 2002

CONTRO IL DDL BOSSI-FINI. PER IL DIRITTO AL FUTURO, PER LA CASA, PER I
DIRITTI DI TUTTI



A distanza di sei mesi esatti dalla grande manifestazione dei migranti con
cui si è aperta la contestazione del G8 di Genova, la comune mobilitazione
di italiani e stranieri per la rivendicazione di universali diritti di
mobilità e di cittadinanza per tutti si è ripetuta lo scorso 19 gennaio,
con straordinario successo, a Roma.

Duecentomila persone hanno preso la parola contro un disegno di legge
infame, il DDL Bossi-Fini, e contro un insieme di politiche tese a
sgretolare, smontando la scuola pubblica, attaccando l'articolo 18 dello
statuto dei lavoratori, smantellando  pensioni e sanità, il sistema dei
diritti sociali che le grandi lotte operaie hanno eretto a costituzione del
lavoro in Italia.

Nel migrante noi tutti siamo attaccati. E' questa la consapevolezza che si
impone al movimento antirazzista in questa fase e ciò che spinge la comune
mobilitazione. L'abolizione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e
le figure del lavoro precario, interinale, intermittente, disegnate nel
Libro Bianco predisposto dal Ministero del Lavoro, rappresentano forme di
svuotamento dei diritti di cittadinanza, che trovano un corrispettivo
immediato - più duro e feroce perché ulteriormente rafforzato da forme
sanzionatorie apertamente  razziste - nella fattispecie giuridica con la
quale il DDL Bossi-Fini intende regolare l'accesso dei lavoratori stranieri
sul territorio nazionale.

Il "contratto di soggiorno per lavoro" in esso previsto, è forse opportuno
ricordarlo, fa dipendere da un contratto di tipo privato, e cioè dalla
volontà del padrone, secondo una logica giuridica di dubbia legittimità
costituzionale, la possibilità di ottenere, e solo per il tempo previsto
dal contratto - rendendo inoltre difficili i ricongiungimenti familiari,
praticamente impossibile il riconoscimento del diritto d'asilo per i
profughi di guerra e politici, sequestrando ai lavoratori stranieri i
contributi regolarmente  versati - la possibilità di vedere riconosciuti in
termini di cittadinanza i diritti acquisitivi del lavoro. Come per operai,
donne, studenti-lavoratori e precari italiani, le politiche neoliberiste di
flessibilità disegnano per il migrante un destino di permanente
clandestinizzazione e di invisibilità sociale. Solo in quanto braccia e
menti al lavoro, delle quali ci si possa sbarazzare quando si è finito di
servirsi, la contabilità confindustriale e governativa calcola quelli che
noi ci ostiniamo invece a pensare come cittadini.

A questo destino di invisibilità, precarietà e clandestinizzazione, che il
DDL, nonostante le retoriche securitarie di cui è rivestito, tende
ineluttabilmente  a rafforzare nel migrante, e che il Libro Bianco di
Maroni prepara per l'intero mondo del lavoro, abbiamo opposto a Genova,
Brescia, Mestre, Treviso, Roma, una presa di parola che ha marcato una
soglia decisiva dalla quale rilanciare la mobilitazione e la lotta. In essa
il lavoro nero del precario e del migrante, quello che le politiche del
lavoro neoliberali vorrebbero confinare all'invisibilità della fabbrica
diffusa, ai cantieri deregolamentati, ai laboratori resi impermeabili alla
sindacalizzazione e all'autorganizzazione operaia, viene alla luce e
materializza lo spettro che accompagna l'immensa produzione di ricchezza in
Occidente.

Non c'è ricchezza senza lavoro, vale la pena di ribadire con una dose
minima di contravveleno materialista rispetto agli incantamenti del
postfordismo, né lavoro senza cooperazione e soggettività operaia. Nelle
piazze di Genova, e dopo di allora in innumerevoli altre situazioni, contro
la guerra, contro la controriforma confindustriale della scuola, contro un
DDL in tema di immigrazione le cui coloriture razziste ed
anticostituzionali paiono del tutto funzionali a produrre la ricattabilità
e la precarizzazione del lavoro migrante, a scardinare i regimi di Welfare,
a porre in competizione lavoratori italiani e stranieri drogando il mercato
del lavoro, ci siamo mobilitati assieme e assieme abbiamo preso la parola
per contestare la continuità di iniziative di governo, quelle liberiste, il
cui unico obiettivo è quello di clandestinizzare il lavoro, dividerlo,
privarlo di diritti, svuotarne la rilevanza sociale.

"Siamo tutti clandestini", amiamo ripetere. Non perché ci piaccia questa
condizione. O per sano istinto di solidarietà fraterna con chi tutti i
giorni vive sulla propria pelle la "zona rossa" che per breve tempo abbiamo
assaggiato a Genova. Con le donne e i bambini contro i quali vengono armate
le cannoniere della Marina. Ma perché se clandestini ci vogliono,
invisibili per titolarità di diritti, possibilità di avere spazi, case e un
futuro decente, allora della clandestinità facciamo necessariamente
orizzonte cooperativo e comune con le moltitudini del lavoro migrante.

Un passaggio decisivo si è realizzato tra Genova e Roma, tra luglio e
gennaio. I docili corpi al lavoro sognati dagli industriali veneti e dai
padroncini del Nord Est, le braccia "intermittenti" che si vorrebbe
impiegare per la produzione di ricchezza e che dovrebbero poi riprendere i
propri bagagli e "tornare a casa", si sono materializzati come soggetti.
Come voci che rivendicano con forza spazi e diritti corrispondenti al
valore che producono. E che prendono in contropiede le stesse istanze
dell'assistenza, il solidarismo antirazzista. L'accoglienza viene
rivendicata come diritto. Come diritto vengono rivendicati un salario
adeguato, la casa, spazi di libera socializzazione che decretino la fine
dell'invisibilità sociale dei migranti. La rivendicazione di uno sciopero
generale del lavoro migrante comincia a farsi strada tra gli operai
stranieri che lavorano alla Fincantieri, nella galassia delle piccole
industrie del trevigiano e del bresciano, nelle concerie del vicentino.

E' su queste note che tende ad accordarsi la mobilitazione che organizziamo
a Verona. A Verona, città razzista e governata da un'amministrazione
fascista che solo di codici securitari ha investito la questione di nomadi
e migranti. Che da mesi risponde solo con gli sgomberi alle legittime
istanze dei Sinti veronesi. Che seppellisce sotto una cappa di silenzio di
piombo la morte per il freddo di lavoratori stranieri che, per quanto
inseriti nel tessuto produttivo della città, sono costretti a dormire sotto
i ponti. Che riconosce legittimità alle deliranti crociate antislamiche che
vedono alleati integralisti cattolici, leghisti e nazisti di Forza Nuova e
il cui più evidente risultato è solo quello di ribadire la rigidità delle
frontiere che confinano preventivamente ad uno spazio di esteriorità e di
deroga tutto il lavoro migrante, perfettamente funzionale a garantire i
tassi del suo sfruttamento. Una città i cui padroni costruiscono la propria
ricchezza sulle speculazioni edilizie a Veronetta, affittando posti letto
in nero, riempiendo i propri garages di lavoratori stranieri che ripagano
in contanti il disprezzo del quale poi vengono pubblicamente investiti dai
loro padroni di casa.

Ciò che rivendichiamo è il diritto alla stabilità e al futuro. L'apertura
di una trattativa che imponga all'amministrazione di questa città - e oltre
di essa, alla Regione Veneto - di confrontarsi con la soggettività del
lavoro migrante, riconoscendone pienamente i diritti di cittadinanza.
Vogliamo che la voce dei migranti, le nostre istanze, vengano ascoltate nel
ridefinire le politiche urbanistiche ed abitative dei quartieri di Verona.
Che il Comune si faccia carico dell'impossibilità attuale per gli stranieri
di trovare casa in città. Che vengano modificate le regole per le
graduatorie e gli accessi alle case popolari. Che venga attuata una
politica di forte pressione sulle agenzie che, fatte salve le forme,
comunque non affittano ai lavoratori e alle famiglie straniere. Che il
Comune garantisca spazi pubblici per le associazioni e per le attività
culturali di cittadini italiani e stranieri. Vogliamo che venga aperta una
larga trattativa sui bisogni del quartiere di Veronetta e di tutti i suoi
abitanti in merito alla riqualificazione dell'area dell'ex Caserma
Passalacqua. Rivendichiamo l'apertura di un tavolo di trattativa con
l'Amministrazione comunale sulla politica degli spazi, sull'edilizia
popolare, sulle politica di accoglienza, cui siedano, come pari tra pari, i
cittadini stranieri che vivono e lavorano a Verona. E rilanciamo, sul più
lungo periodo, la lotta per il riconoscimento del diritto di voto agli
stranieri alle elezioni amministrative.

Ci mobilitiamo perché il lavoro ottenga visibilità e cittadinanza. Perché
non sia semplicemente preteso dai padroncini furenti con il ritardo con cui
il governo, ossessionato dai propri fantasmi securitari ed ostaggio del
razzismo della Lega, sta decretando  i flussi annuali di ingresso. Se del
lavoro migrante c'è bisogno, il lavoro migrante pretende di essere
riconosciuto come portatore di legittime richieste e di rivendicazioni in
proprio. Ci mobilitiamo per il diritto alla casa, per il diritto ad un
salario adeguato, per la difesa dei diritti del lavoro e della scuola
pubblica, per il diritto di voto per tutti i cittadini residenti nel
territorio, per il diritto ad un futuro decente. Vale per i migranti. Vale
per studenti, precari, lavoratori.


Coordinamento Antirazzista Cesar K - Verona
Comunità dei Migranti - Verona