Agrigento: le camere non hanno porte al lager S. Benedetto



dal comunicato di Fulvio Vassallo Paleologo del Consorzio Italiano di
Solidarieta', che ha partecipato alla visita del "centro di permanenza
temporanea" di Agrigento di una delegazione del F.S.S. sabato 15
dicembre

-----Messaggio Originale-----
Da: fulvassa at libero.it
A: palermoperlapace at yahoogroups.com
Data invio: sabato 17 novembre 2001 19.18
Oggetto: [palermoperlapace] comunicato stampa post manifestazione
Agrigento

            Si e' svolta sabato 15 dicembre, in coincidenza con la
giornata nazionale per la chiusura dei centri di detenzione
amministrativa per stranieri, la visita di una delegazione del F.S.S. al
"centro di permanenza temporanea" in contrada San Benedetto, nella
desolata zona industriale di Agrigento, parecchi chilometri fuori dalla
città.

            Durante la visita, che si e' svolta sotto il costante
controllo delle telecamere a circuito chiuso, dopo una iniziale
difficoltà costituita dal divieto di annotare i nomi degli internati, si
sono registrate le durissime condizioni di "trattenimento" degli
immigrati, privi di riscaldamento ( alla temperatura di 9 gradi !),di
acqua calda, di porte ed illuminazione nei servizi. Mancava persino un
televisore, colpa, secondo i responsabili della struttura, di atti
vandalici degli"ospiti".

            Ma quello che ha colpito è stato, a differenza di altri
centri di detenzione come il Serraino Vulpitta di Trapani, la totale
mancanza di porte nelle camerate, e quindi il clima di promiscuita' che
caratterizzava l'immenso spazio comune, al di fuori di ogni diretto
controllo da parte delle forze di polizia, soprattutto nelle ore
notturne. Tutto cio' rende particolarmente elevato il rischio di gesti
disperati e di intimidazione sugli immigrati piu' deboli, alcuni dei
quali asserivano di essere minori di eta'. Per questi, che purtroppo
sono una costante nei centri siciliani, abbiamo chiesto un accertamento
medico legale dell'eta'.

            La sezione femminile della struttura era quasi vuota, ma e'
da li' che sono passate decine di prostitute riconsegnate alla polizia
in Nigeria e li' spesso cadute di nuovo nelle mani dei loro sfruttatori.
Tante donne come Safya, che hanno pagato con altro carcere e forse anche
con la vita, una volta rimpatriate in Nigeria, per la loro condizione di
vittima della tratta e del racket della prostituzione.

            Al di fuori del capannone, la struttura della Croce Rossa e
quella della Polizia, ed una sorveglianza di tipo carcerario con una
alto muro di cemento, reti e filo spinato, persino attorno al campo di
calcetto.

            Da parte dei responsabili della struttura sono state fornite
assicurazioni sul rispetto di tutti i diritti dei migranti, ma molti di
loro che ci hanno circondato, dopo il nostro ingresso, hanno raccontato
di estenuanti ritardi burocratici, anche per le pratiche piu' semplici,
e di una sostanziale negazione dei diritti di difesa. Nessuno aveva
ricevuto corrette informazioni sul diritto di richiedere asilo, e
qualcuno riteneva che il semplice ricorso potesse garantire la
liberazione immediata.

            [...]

            Fulvio Vassallo Paleologo

            Consorzio Italiano di Solidarieta'

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