Una donna afgana ci implora



FONTE: FORUM "LA STAMPA"
Non so altro

Preghiera

Non potevo non metterla.
Questo messaggio è una preghiera. Pochi
decidono per tutti, in questo mondo. Gli altri
tacciono e subiscono. Siamo tutti uguali, il sangue
scorre rosso, il dolore si esprime in grida e
lacrime. Per tutti.
Io sono nata a Kandahar 22 anni fa, sono stata in
Italia per quasi tutta l'infanzia e di questo non
smetterò mai di ringraziare mio padre che ha
voluto che io vedessi un mondo diverso di pace,
poi sono tornata in Afghanistan, dove c'era tutta
la mia gente. Ho conosciuto gli italiani, sono come
noi. Ho amato la capacità degli italiani di capire,
di non giudicare, di commuoversi. Così a questo
popolo che ho amato invio la mia preghiera.
In Italia c'è la mafia che si è diffusa come un
cancro in tutto il mondo, facendo male e tanto.
Sono felice che nessuno per questo abbia mai
pensato di bombardare l'Italia, di darla da
governare a stranieri, di riempirla di bombe, mine
e pianto. Sono felice perché la mafia non avrebbe
perso mentre gli italiani avrebbero visto i loro
sogni trasformarsi in orrore e incubi. Ero a
Kandahar quando sono cominciati i
bombardamenti occidentali. Ero là con il mio
bimbo e il mio giovane uomo. E così il mio
giovane uomo è andato a combattere. Non
volontario, non terrorista. E' partito perché i
giovani ragazzi vengono arruolati dagli eserciti in
tutto il mondo quando c'è guerra. Aveva 20 anni e
se n'è andato senza guardare il suo bimbo che
piangeva. Forse immaginava che non l'avrebbe
visto più, non voleva ricordarlo in lacrime.
Cadevano le bombe l'ultima volta che l'ho visto
vivo, il rumore era assordante e la gente gridava
e correva in cerca di rifugi che non ci sono. Così
non so se ha sentito il mio saluto. L'ho
accompagnato per alcuni metri lungo la strada e
per una volta ho gioito di indossare il burqa. Non
ha visto lacrime ed erano tante, ha portato il mio
ricordo mentre gli dicevo che nessuna bomba e
nessun nemico può uccidere chi è protetto da un
amore grande, come il mio per lui. Ma l'amore in
Afghanistan ha perso da tempo. E il mondo è
piccolo e se l'amore perde perde per tutti. La
notte ho stretto forte il mio bimbo che non
dormiva più. Chiedeva perché ma io non so che
rispondergli. Non si può dire a un bimbo che il
mondo odia il terrorismo che significa uccidere gli
innocenti e così, per risposta, bombarda noi. Tutto
quello che quella notte, quella dopo e quelle
prima gli dicevo era "mamma è qui con te, non
piangere, mamma è qui con te". E ora vorrei
morire perché in una di quelle notti da incubo la
casa è esplosa su noi abbracciati. E che ha potuto
fare mamma per il suo bimbo? Gli avevo
promesso protezione, la bomba è caduta e lui nel
terrore mi ha guardata come a ricordarmi la
promessa. Non ha urlato, questo lo ricordo. Io l'ho
fatto ed era un grido animale che mi risuona nelle
orecchie in ogni istante, sono saltata sul corpo del
mio piccolo come un'aquila sulla preda. Sentivo
del sangue scivolarmi lungo le gambe e tra il
dolore e l'angoscia non capivo di chi fosse,
continuavo a pregare Dio che fosse il mio, a
implorarlo che fosse il mio. Non lo era. Come
vorrei spiegare a tutte le mamme... ma le
mamme, lo so, non hanno bisogno di altre
spiegazioni. Alzi gli occhi al cielo e vorresti solo
morire, perché tutto il resto non importa, perché
non c'è niente che può consolarti, perché la morte
è nulla per una madre quando ha suo figlio che
grida tra le braccia. Ho chiesto a Dio di mandare
un'altra bomba a uccidermi, sentivo di non
farcela. Invece stavo già correndo, cercando aiuto,
tra le bombe e le fiamme e altre mamme con
fagottini sanguinanti tra le braccia. Il mio bimbo
vivrà senza le gambe, urla tutto il giorno, si
lamenta tutta notte. Ho affidato la mia lettera a
un'amica che è corsa via per salvare i suoi, io da
qui non posso scappare, il mio bambino è steso
in un letto. Aspettiamo la fine, le bombe
continuano a cadere e io spesso chiedo ad una di
colpirci per non vedere il resto, per non dover dire
a lui che gli ho dato una vita senza futuro, per
non dovergli dire che lo aspetta solo il dolore.
Spero che ci colpisca e ci porti via insieme, in un
posto nel quale io possa proteggerlo, solo questo
sarebbe il mio Paradiso. Ho affidato così la lettera
a un'amica che è scappata in Europa. E' per gli
italiani, popolo che ho amato e nel quale credo
ancora. Non credo che nessuna delle belle
persone che ho incontrato lì da voi avrebbe voluto
pagare con le sue tasse la bomba che ha tolto le
gambe e la speranza a mio figlio. Eppure quella
bomba l'avete pagata voi, tutti voi, togliendo i
soldi alle pensioni dei vostri vecchi o i soldi per i
vostri malati e dandoli invece per colpire i nostri
bimbi. Se favorire involontariamente chi uccide
innocenti è terrorismo allora gli italiani sono
terroristi? Non lo sono, come non lo sono io.
Siamo le vittime di questa guerra. Non cestinate
la mia preghiera, voglio immaginare che esiste
una speranza, che chi non ha soldi o interessi
possa dire non uccideteci più. Non cestinate la mia
speranza. Penso che magari se ci stringiamo tutti
potrebbe non succedere più e altri bimbi come il
mio correranno ancora, con le loro gambe,
davanti ai loro genitori orgogliosi. Vi prego
mandate a tutti questa mia. Spedite a tutti la mia
storia, che almeno a qualcun altro possa servire,
ho in mente questa lettera mentre sto vicino a
mio figlio aspettando.
Quando cadrà Kandahar pensate anche a noi.

Anna