Infami, Mucche Pazze e Pecoragni



A seguire un articolo censurato dal Manifesto

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From: "grilloparlante"

MUCCHE PAZZE

I fatti di genova stanno producendo da diverse parti un pò di impazzimenti e di scompensi cardiaci e mentali. Ne segnalo due.

1) la sparata del Pecoragno.
Disegno di legge per mettere fuori legge i black bloc ed i gruppi nazisti! Ricordatevene tutti quando nelle manifestazioni vedrete sfilare i verdi con le loro bandierine!
D'altra parte, grazie agli Agnoletto, ai Casarini e ai preti "rossi" è stato permesso loro di partecipare al corteo di Genova dopo aver bombardato la Jugoslavia e partecipato agli sfasci del governo !
Ora si fanno promotori di una proposta di legge che paragoni i black
blok ai nazisti per quattrovetrine sfasciate. Che Paolo Cento , che fa
il protettore sinistro, sconfessi il Pecoragno !

2) La sparata tricolore.
Forza Italia e An lanciano Le tute tricolori.
In vista delle manifestazioni a Napoli contro la Nato e a Roma contro
la Fao, i fascisti lanciano le tute tricolori a difesa dei monumenti d'Italia (adesso le banche, strozzine e usuraie del popolo, sono diventate monumenti nazionali!).
In parte però è una buona idea ! Perchè sarà più facile identificare i
fascisti ai bordi dei cortei. Saranno quelli con le tute tricolori.
Più facile inseguirli e acchiapparli !

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intervento rifiutato dal "manifesto"
by Mario Gamba 11:48am Sun Aug 12 '01

address: Via Courmayeur, 79 - 00135
Roma phone: 335318898 mariogamba at tin.it


Un mio articolo destinato alle pagine di dibattito del "manifesto"
rifiutato dalla direzione del quotidiano. Sono un giornalista del
Tg3 e un collaboratore del "manifesto" stesso.

Clicco Internet Explorer. Appare la home page. Scrivo due parole,
black bloc, nello spazio apposito. Clicco "ricerca".
Escono circa trecentocinquanta documenti. Leggo qualcosa e trovo subito quello che serve per capire che:
1) il black bloc esiste da molti anni, da prima di Seattle, quindi – presumo - aveva cose da dire e da fare anche quando non s’impegnava a "spaccare vetrine";
2) "esiste" in un suo modo, non troppo dissimile da quello di altri
gruppi che fanno parte del movimento: è una galassia di gruppi non
sempre stabili che discutono continuamente le forme della loro
aggregazione e delle loro iniziative;
3) il black bloc si definisce in vari modi: i termini che ricorrono di più sono "anarchici" e "anticapitalisti", forse il secondo è più frequente;
4) attaccare durante le manifestazioni di massa non i simboli del
potere ma sedi di multinazionali, banche e simili concrete
installazioni della proprietà mondializzata è una porzione della
tattica che il black bloc sceglie di usare, non sempre,
considerando di volta in volta i comportamenti e le scelte degli
altri manifestanti, ecc.

Il black bloc dichiara di mettere in conto la possibilità di
comportamenti illegali. Non è l’unico nel movimento, e Rossanda lo
sa. Rossanda che in tema di prospettive complessive di questo
movimento si chiede come potrà manifestare "se ogni volta sarà
parassitato da gruppi che, se va bene, sfogano nello spaccar
vetrine un vero disagio esistenziale" (Trappole, il manifesto, 8
agosto 2001, pag. 1). Penso che sarebbe meglio lasciare il
ritornello sul "disagio esistenziale" al professor Crepet. Disagi
ne abbiamo molti, in molti, anche Rossanda credo, non ce ne
vergognamo, ma dove c’è un minimo di storia politica, di
esperienza pratica di dissenso e di alternativa, di riflessione,
di consapevolezza, sia pure espressa con l’"ingenuità" che nel
movimento di oggi non riguarda solo il black bloc (che dire,
allora, della massaia Francescato con il suo cesto di carotine,
asparagi e prezzemolo? che dire di tutti quelli che predicano
protezionismo e vino buono del contadino, che tra l’altro è
notoriamente pessimo?), dove c’è questo bisogna ragionare con
altre categorie. Invece di demonizzare, escludere, semplificare,
ripetere le stesse parole e gli stessi giudizi dei tanto
vituperati giornali e tv. Già, la mediaticità. Può essere vero che
l’ala guerrigliera, chiamiamola così, del movimento non ne può
fare a meno.

Ma sarebbe un bel passo avanti da parte di chi ha una visione
critica dei problemi utilizzare attentamente le informazioni.
Invece ecco Rossanda scrivere del "ragazzo di Napoli (ha un nome,
si chiama Francesco Caruso, è il portavoce della Rete No Global
campana, ndr) che dichiara guerra al vertice di settembre della
Nato". Persino alcuni giornali del giorno prima e poi il manifesto
dell’8 agosto a pag. 3 hanno sottolineato che le parole di Caruso
sono state deformate. Lui ha detto che aggressioni violente come
quelle di Polizia e Carabinieri a Genova non potranno più essere
affrontate con gli stessi strumenti di Genova. Una sua compagna,
Roberta Moscarelli, nell’intervista di Angelo Mastrandrea a pag. 3
del numero citato del manifesto, argomenta così: "… anche i
pacifisti si stanno ponendo il problema di come garantirsi da soli
il diritto di manifestare. E dunque come fare per non essere
massacrati". In ogni caso Caruso e Moscarelli parlano di
necessaria "radicalizzazione". Casarini e le tute bianche, che
significa importanti centri sociali del nord-est e altri centri
sociali un po’ ovunque in Italia, dicono la stessa cosa. Non
intendono armi ai cortei, intendono argomenti. Ma intendono anche
che tipo di autodifesa. E la tattica della "disobbedienza" è o non
è un comportamento illegale? Rossanda sa tutto: sa dei ragazzi con
le magliette a strisce di Genova, luglio ’60 ("creavano
disordini", non c’è dubbio), sa dei picchetti duri davanti alle
fabbriche e dei cortei duri dentro le fabbriche (a volte erano
"distruttivi"). Niente è come prima, d’accordo, tutto cambia,
anche se "il monopolio statale della violenza" rimane e si
potrebbe ragionevolmente considerare un problema politico serio.
Ma la discussione è aperta, non serve chiuderla con vecchi anatemi
tipo Pci anni ‘70.

Intanto siamo sicuri che il salto di qualità politico, culturale,
di proposte, di azioni capillari che il movimento ha compiuto non
comprenda nemmeno per un centesimo il contributo degli odierni
demoni, degli odierni candidati all’espulsione, dei colpevoli già
riconosciuti, dei "provocatori"? (A proposito: in rete si leggono
comunicati del black bloc che dicono: a Genova gli infiltrati
c’erano, eccome!, c’erano in tutti gli spezzoni dei cortei).
Rossanda è sicura che i gruppetti anarchici, neo-situazionisti,
post-post-autonomi – tento goffamente di "designarli" – non
abbiano niente da dire, non abbiano detto niente, sul piano di un
abbozzo di nuova cultura politica, negli ultimissimi anni? Almeno
Rossanda non chiede che i "devianti" del movimento vengano messi
in catene per sempre. Lo ha chiesto non sul Secolo d’Italia, non
sul Giornale, ma a Primo piano del Tg3 la salutista Grazia
Francescato ("sono criminali, bisogna sbatterli in galera"). La
tragedia è che qualcosa del genere hanno chiesto Riccardo Barenghi
e Valentino Parlato sul manifesto. Occorreva intervenire contro di
loro, ha scritto Barenghi dopo Genova. Intervenire come? Barenghi
non sa come si muovono Ps e Cc? Teste fracassate, braccia e gambe spezzate, torture in caserma: sì, ma tanto sono del black bloc,
non "fanno parte" del movimento, la "componente sana" li ha già
riconosciuti come l’altro da sé. Vero che questo trattamento è
stato riservato ai "pacifisti" e non a quelli là (così si dice:
sarà tutto vero?), ma non mi sembra compito del manifesto additare
chicchessia alla repressione, comunque è poco simpatico, anzi è
odioso. Parlato ha fatto appello all’intelligence. Ah, i servizi!
Carini! Bisognava intercettare i "cattivi" alle frontiere,
segregarli chissà dove, chissà per quanto.

E pensare che tutti desideriamo la libera circolazione globale,
che tutti detestiamo la "società del controllo". Tutti noi di una
certa mentalità politica, in prima fila i compagni del manifesto,
pensavo. Non sbagliavo indirizzo. Solo che a Genova parecchi,
oltre ai membri del black bloc, hanno perso il controllo.


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