rassegna stampa: Allarme dell'Apat per la moria delle api. Nel 2007 in italia persi 200 mila alverari



a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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tratto da "Bioagricoltura Notizie" - 01/02/2008

Allarme dell’Apat per la moria delle api. Nel 2007 in italia persi 200 mila
alverari
Il miele sulla tavola la mattina a colazione rischia di diventare solo un
ricordo, come anche altri prodotti del comparto ortofrutticolo italiano. La
causa, una moria di api che, solo nel 2007, avrebbe portato a perdere tra il
30 e il 50% di tutto il patrimonio apistico nazionale ed europeo. In Italia,
nel 2007, si sono persi 200 mila alveari con un danno economico per la
mancata impollinazione stimato in 250 milioni di euro. Inquinamento,
cambiamenti climatici e malattie sono tra le cause principali. Sono questi
alcuni dei dati emersi nel corso del workshop organizzato dall’Agenzia per
la protezione dell’ambiente e i servizi tecnici (Apat) dal titolo ‘‘Sindrome
dello spopolamento degli alveari in Italia: approccio multidisciplinare alla
individuazione delle cause e delle strategie di contenimento e rischi.
(Agrapress)
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Con moria api a rischio un terzo delle coltivazioni, afferma la Coldiretti
Con una riduzione variabile dal 30 al 50% del patrimonio apistico nazionale
ed europeo è a rischio non solo la produzione di miele ma l’equilibrio
naturale globale con effetti sulla salute ma anche sull’alimentazione, che
dipende per oltre un terzo da coltivazioni impollinate attraverso il lavoro
di insetti, al quale proprio le api concorrono per l’80%”. Lo afferma la
Coldiretti commentando i dati dell’Apat. Prodotti come mele, pere, mandorle,
agrumi, pesche, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche, susine, meloni,
cocomeri, pomodori, zucchine, soia, girasole e, colza - spiega la
Coldiretti - dipendono completamente o in parte dalle api per la produzione
dei frutti. Ma le api sono utili anche per la produzione di carne con l’
azione impollinatrice che svolgono nei confronti delle colt ure foraggere da
seme come l’erba medica ed il trifoglio, fondamentali per i prati destinati
agli animali da allevamento. Anche la grande maggioranza delle colture
orticole da seme, come l’aglio, la carota, i cavoli e la cipolla, si può
riprodurre - ricorda la coldiretti - grazie alle api. (Agrapress)
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La Cia chiede misure per contrastare fenomeno moria api
“La scomparsa di oltre la metà delle api italiane è un danno gravissimo per
la nostra agricoltura e avrà conseguenze pesanti anche sull’ecosistema”. Lo
sottolinea la Confederazione italiana agricoltori in merito ai dati diffusi
dall’Apat. “È una situazione -afferma la Cia- allarmante. Basti pensare che
le api contribuiscono per oltre l’80% all’impollinazione delle coltivazioni.
Non è, quindi, a rischio soltanto la produzione di miele. In pericolo vi
sono molte colture e i riflessi negativi anche nel settore zootecnico vista
l’importanza che riveste l’impollinazione nei confronti dei pascoli e del
foraggio. Effetti preoccupanti -avverte la Cia- potranno esserci anche sull’
ambiente, incrinando equilibri naturali ed alimentando il d egrado”. La Cia
chiede quindi “l’immediata adozione di misure in grado di contrastare questo
allarmante fenomeno”. Servono provvedimenti mirati a sostegno del settore
che conta piu’ di 50 mila apicoltori, oltre un milione e 200mila alveari,
una produzione che supera le 10 mila tonnellate l’anno”. (Agrapress)
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Su moria api “subito chiarezza su pesticidi neurotossici”, chiede de Petris
(Verdi)
“Pretendiamo dal ministero della Salute una risposta chiara sui rischi per
le api rappresentati dai pesticidi della classe dei nicotenoidi. È un grave
errore sottovalutare gli effetti per l’ambiente e per l’agricoltura
derivanti dalle stragi negli alveari”. Loredana de Petris, senatrice dei
Verdi e capogruppo nelle Commissioni agricoltura e ambiente, così commenta i
dati diffusi oggi dall’apat. “I dati del 2007 - dichiara la senatrice -
confermati dalle associazioni degli apicoltori, sono preoccupanti. Agli
effetti di alcuni pesticidi neurotossici si sommano certamente quelli
indotti dal cambiamento climatico, ma la giusta ricerca delle concause non
deve esimere dal prendere subito tutte le misure cautelari per limitare un
danno che si riflette a catena sulle produzioni ort ofrutticole”. (dv)
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APITALIA: PER FERMARE L’EMERGENZA STOP ALLA CHIMICA
Wednesday 30 January 2008
C'è una soluzione immediata e definitiva per risolvere la situazione
drammatica.

 "Le api continuano a morire. Dall'Italia e da tutto il mondo arrivano
bollettini drammatici," dichiara in un comunicato stampa Massimo Ilari,
direttore editoriale di Apitalia. "Ma tutto resta senza soluzione."

Secondo il direttore di Apitalia il problema non è un fenomeno esploso solo
di recente ma comunque ritiene "meritorio che su ciò si sia fatto il punto
nel convegno Apat sulla moria di api".

Rispetto alle ipotesi che sono state espresse circa le cause di questa
situazione, Ilari è perentorio: "Tanto per cominciare andrebbe rivoluzionato
il sistema agricolo".

 "Fuori la chimica e dentro principi puliti. L'uso indiscriminato di
fitofarmaci fa male all'ape - spiega - agli altri animali, all'uomo e
all'ambiente. E' d'obbligo eliminare un problema che indebolisce il sistema
immunitario dell'Ape e a cascata apre la strada a tutte le malattie che
colpiscono le api."
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LE API STANNO SCOMPARENDO
Tuesday 29 January 2008
E' una situazione drammatica provocata da molti fattori. Se ne è parlato
oggi a Roma.

  In Italia lo scorso anno sarebbero morte tra il 30 e il 50% delle
popolazioni degli alveari, un tasso simile a quanto registrato nel resto
dell'Europa. Negli Usa la situazione è ancora più drammatica, in alcuni
territori dell'America gli alveari sono stati devastati, con una mortalità
del 60 70%.

L'allarme è stato lanciato dall' Agenzia per la protezione dell'ambiente e
per i servizi tecnici (Apat) nel corso del dibattito che si è svolto oggi
dal titolo:"Sindrome dello spopolamento degli alveari in Italia: approccio
multidisciplinare alla individuazione delle cause e delle strategie di
contenimento".
Si è parlato in particolare della situazione italiana, con un confronto tra
esperti e i rappresentanti delle associazioni di categoria.

Tra le cause, oltre alle virosi e alle parassitosi tipiche delle api, come
la varroa, alcuni studi hanno rilevato come possano incidere gli impulsi
elettromagnetici sempre più presenti e il forte impatto delle colture.
L'Apat inoltre lancia l'allarme sul ruolo del clima.  Un andamento climatico
irregolare "può interrompere il flusso normale di nutrienti che sono
necessari alle api per la loro crescita e sviluppo, indebolendo le difese
dell'alveare; occorre quindi essere pronti ad intervenire con idonee
integrazioni alimentari che sostituiscano il nettare e il polline raccolti
dalle api".

Per Coldiretti l'equilibrio naturale del pianeta non avrà solo ripercussioni
sulla salute ma soprattutto sull'alimentazione che dipende per oltre un
terzo da coltivazioni impollinate attraverso il lavoro di insetti, al quale
proprio le api concorrono per l'80 per cento. Il problema è maggiormente
sentito nel Nord del Paese, dove si sono persi fino alla metà degli alveari;
danni pesanti anche al Centro, mentre le cose sembrano andare meglio nel
Mezzogiorno.

I dati dell'APAT evidenziano che nel 2007 la perdita in Italia di 200mila
alveari e la mancata impollinazione ha provocato un danno economico stimato
in 250 milioni di euro e quindi, spiega Coldiretti, prodotti come mele,
pere, mandorle, agrumi, pesche, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche,
susine, meloni, cocomeri, pomodori, zucchine, soia, girasole e, colza che
dipendono completamente o in parte dalle api per la produzione dei frutti
sono a rischio. Inoltre inciderà anche nella produzione di carne per
l'azione impollinatrice che le api svolgono nelle colture foraggere da seme
come l'erba medica ed il trifoglio, fondamentali per i prati destinati agli
animali da allevamento. Anche la grande maggioranza delle colture orticole
da seme, come l'aglio, la carota, i cavoli e la cipolla, si può riprodurre
grazie alle api.

Per quanto riguarda la produzione di miele in Italia, secondo le stime di
Coldiretti, in Italia nel 2007 è stata attorno le 10mila tonnellate,
raggiunta grazie a circa un milione di alveari, gestiti dai 7.500 apicoltori
"professionisti" e moltissimi hobbisti. Il fatturato stimato è stato di
circa 25 milioni di euro.
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