rassegna stampa: I PESTICIDI PREOCCUPANO LA FRANCIA



a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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tratto da "Green Planet" - 19/12/05
I PESTICIDI PREOCCUPANO LA FRANCIA
Allarme dall'Inra. Primi in Europa per consumo di fitofarmaci, in cerca di
prodotti sempre più forti e con acque sotterranee e di superficie già quasi
tutte contaminate.

Changer l'agriculture pour réduire les pesticides.

La Francia è, per quantità, il terzo consumatore mondiale di antiparassitari
e, con 76.100 tonnellate vendute nel 2004, il primo consumatore  in Europa
anche se, per ettaro coltivato (5 kg/anno), il suo consumo la colloca al
quarto posto.
Il sistema agroindustriale francese, orientato alla produttività, spiega
questo stato di fatto.
Ma l'impiego dei prodotti fitosanitari, se garantisce rese elevate, non è
privo da danni collaterali, tanto per l'ambiente che, teme, per la salute
umana.
Come ridurre l'utilizzo e l'impatto di questi antiparassitari?
Mentre il contesto regolamentare europeo sta irrigidendosi, questa è stata
la  domanda posta dai ministeri dell'ambiente e dell'agricoltura
all'Istituto nazionale della ricerca agronomica (Inra) e all'Istituto di
ricerca per l'ingegneria industriale dell'agricoltura e dell'ambiente
(Cemagref).

La risposta è stato un rapporto che ha coinvolto tutte le competenze
scientifiche sull’argomento, le cui conclusioni sono stato oggetto di un
congresso a Parigi giovedì 15 dicembre.

Questo studio di 700 pagine fa il punto, in primo luogo, delle lacune nella
conoscenza sugli antiparassitari e sul loro utilizzo.
Anche se dal 2001 si è assistito a un calo delle quantità vendute pari al
24%, ciò non significa automaticamente che gli agricoltori abbiano
modificato  le loro  pratiche.
Oppure sì, se s’intende come modifica la  tendenza constatata dai
ricercatori, verso l’uso di principi attivi sempre più…attivi.

Lo studio si concentra sul mix delle prescrizioni di fitofarmaci (in Francia
è obbligatoria la ricetta di un professionista, non basta il patentino)
"perlopiù rilasciate dai tecnici commerciali delle cooperative che vendono
gli antiparassitari e sono interessati contemporaneamente  a vendere quanti
più possibile  e ricevere un volume di conferimenti massimo, cioè a
mantenere sistemi molto intensivi", come sottolinea impietosamente il
rapporto.

La condizione dei diversi siti presi in esame mostra una contaminazione
diffusa dell’ambiente: l'Istituto francese dell'ambiente (Ifen) ha già
constatato che è quasi generalizzata per le acque sotterranee e di
superficie.
Sono interessati anche l'aria e il suolo, ma mancano strumenti per la
raccolta dei dati, e la loro interpretazione è delicata.
Anche le trasformazioni di questi prodotti nell'ambiente è poco conosciuta.

Quanto al loro impatto sanitario, è attualmente oggetto di uno studio
collettivo coordinato dall’Inserm.
Quello dell'INRA e del Cemagref mette in evidenza il fatto che l'agricoltura
intensiva aumenta i rischi connessi ai fitosanitari.

L'alta efficacia dei prodotti non è poi così duratura: i parassiti
sviluppano resistenza, mentre le prospettive d'innovazione si riducono, a
causa degli alti costo necessari per sviluppare, testare e autorizzare un
nuovo prodotto (circa 200 milioni di euro).
Per gli OGM, la promessa riduzione dell’uso degli antiparassitari non è
sempre dimostrata dai fatti, e dev’essere valutata caso per caso.

L'utilizzo "ragionato" dei prodotti fitosanitari (la lotta integrata)
raccomandato dagli istituti tecnici e dai maggiori sindacati agricoli
presenta un interesse limitato, ammettono gli esperti.

E, aggiungono, l’alternativa rappresentata dall'agricoltura biologica, non
sembra la soluzione, soprattutto in chiave di occupazione.

Grani rustici
Una situazione scoraggiante?
Non inevitabilmente, come mostra l'esempio danese, dove una politica
lanciata venti anni per incoraggiare la volontaria riduzione degli
antiparassitari, porta i suoi frutti.
L'Inra ha anche dimostrato che l'utilizzo dei grani rustici, che
garantiscono minori rese, ma richiedono meno antiparassitari, può essere
redditizio quanto gli ibridi più produttivi (ma più soggetti a problemi
fitosanitari).
L'adattamento ai diversi ambienti locali, la rotazione delle culture, lo
sfruttamento della biodiversità varietale, ciò che l'Inra e Cemagref
chiamano "produzione integrata", offre dunque una strada percorribile.I
margini di progresso sono alti: le produzioni integrate e biologiche
rappresentano rispettivamente lo 0,4% e l'1,2% della superficie agricola
utilizzata.
La Danimarca, più volte citata, non ha esitato a prevedere una forte
tassazione sull'utilizzo degli antiparassitari.
Ma incentivi più positivi, come i contributi per l’adozione di  buone
pratiche agricole, sono del tutto possibili, come il rafforzamento della
legislazione e i divieti d'impiego.Il congresso ha permesso alle varie
figure coinvolte nell’agroalimentare di confrontarsi faccia a faccia sui
risultati dello studio: agricoltori biologici, consumatori e ambientalisti l
’hanno salutato con entusiasmo.
Gli agricoltori tradizionali, le cooperative e il settore agrochimico si
sono mostrari meno entusiasti, e hanno tirato un sospiro di sollievo quando
il Ministero dell’agricoltura ha assicurato che l'aumento delle tasse sugli
antiparassitari "non costituisce il principale asse di lavoro". (Traduzione
di Bianca Crivello) - Le Monde, 16 dicembre 2005
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