La tassa sul tubo



Da www.lavoce.info

04-10-2005
La tassa sul tubo

Alberto Cavaliere

La legge finanziaria 2006 prevede l'introduzione di una tassa ambientale che
colpisce le reti di trasmissione dell'energia elettrica e del gas naturale,
sotto forma di addizionale erariale alla tassa sull'occupazione di suolo
pubblico e al canone che già pagano Snam Rete Gas e Terna per trasportare
l'una metano e l'altra energia elettrica in tutto il territorio nazionale. 
Un precedente siciliano
La nuova tassa ha un precedente poco illustre nella "tassa sul tubo",
introdotta nel 2002 dalla Regione Sicilia sotto le mentite spoglie di un
tributo ambientale, ma che si qualificava in realtà come un'imposta in somma
fissa di tipo patrimoniale (tubatico), avendo come base imponibile il volume
delle condotte della rete di trasmissione nazionale e regionale del gas
naturale situate in Sicilia. La vita effettiva del tributo fu breve: Il Tar
Lombardia, chiamato in causa da Snam Rete Gas per ottenere il riconoscimento
della tassa nelle tariffe di trasporto da parte dell'Autorità per l'energia
elettrica e il gas (Aeeg) , non solo riconobbe tale diritto, ma si espresse
anche contro la tassa, sostenendo che aveva effetti equiparabili a quelli di
un dazio e quindi era contraria alle normative in vigore sul libero scambio.
La Commissione europea, per ragioni dello stesso tipo, nel 2004 ha chiesto
la soppressione della "tassa sul tubo" e di fronte all'inerzia dell'Italia
ha presentato ricorso alla Corte di giustizia. In ogni caso, la Commissione
tributaria di Palermo aveva già imposto alla Regione Sicilia di restituire a
Snam Rete Gas le rate del tributo già versate, e la Regione aveva provveduto
conformemente.
Dubbi sulla definizione di "tributo ambientale"
La nuova tassa sulle reti avrà forse vita più facile nel contenzioso
tributario e amministrativo, qualificandosi come un incremento inatteso di
tributi già esistenti. Tuttavia, condivide con il tributo siciliano la
motivazione di carattere ambientale. Tale qualificazione pone più di un
dubbio. 
I tributi ambientali, per essere davvero tali, devono prevedere una
relazione specifica tra base imponibile e danno ambientale: la base
imponibile deve riferirsi a unità fisiche di una sostanza che produce
inquinamento. Nel caso dei grandi metanodotti tale relazione è esclusa
poichè il gettito della tassa sulle grandi reti energetiche appare
commisurato all'estensione dei tubi, ma le condotte sono sotterranee e il
metano fluisce all'interno di esse senza dar luogo a emissioni inquinanti. 
Nel caso invece della rete di trasmissione di energia elettrica una
relazione potrebbe essere invocata, se si ammette la rilevanza
dell'inquinamento elettromagnetico provocato da cavi e tralicci. Ma allora
appare discriminatoria e immotivata l'esclusione dalla tassa sulle reti dei
tralicci relativi alle telecomunicazioni. 
Divieto di traslazione
Ma veniamo ai problemi di incidenza nella nuova tassa. L’esperienza del
tributo siciliano ha insegnato che l’imposizione di nuovi oneri su imprese
soggette a regolamentazione è rischiosa, dal momento che le società colpite
possono chiedere la traslazione del tributo in tariffa. 
Le tariffe vengono infatti fissate in modo tale da garantire un rendimento
costante per tutto il periodo regolatorio (di durata quadriennale) e
aggiornate annualmente in base alla formula del price-cap. Proprio
quest'ultima prevede che nel caso di eventi inattesi che pregiudichino i
livelli di profittabilità stabiliti all'inizio del periodo, le tariffe siano
adeguate in misura tale da ripristinare il rendimento garantito. Questa
possibilità appare tuttavia esclusa nel caso della tassa sulle reti che, in
base al comma 3 dell’articolo 42 della legge finanziaria, dovrà restare a
carico delle società di trasmissione e non potrà quindi essere traslata
avanti sugli utenti delle grandi reti, cioè sulle imprese di vendita del gas
che, a loro volta potrebbero poi rivalersi sui consumatori finali di energia
elettrica e gas naturale. Di fatto quindi la nuova tassa sulle reti sembra
configurarsi come una tassa sui profitti di Terna e Snam Rete Gas. Poichè il
livello di tali profitti è stabilito da Aeeg, il Governo sembra riprendersi
attraverso l’erario ciò che le imprese regolate hanno ottenuto sino a oggi
grazie proprio a una regolamentazione generosa. 
I prezzi finali di energia elettrica e gas, d’altra parte, contengono già
una tassa implicita sui consumatori: i loro alti livelli, originati dalla
scarsa concorrenza nel settore, sono la fonte degli elevati profitti di Enel
ed Eni e consentono al Tesoro, come azionista di queste stesse imprese, di
accedere a lauti dividendi. Questi ultimi costituiscono un sostituto di
altre fonti di contenimento dei disavanzi pubblici (minori spese e maggiori
entrate) - che avrebbero costi politici maggiori - ma implicano comunque un
prelievo di risorse dalle tasche dei cittadini-utenti. Dal momento però che
profitti ancora più elevati di quelli che caratterizzano le attività di
trasmissione si concentrano proprio nei segmenti della vendita di energia,
grazie alle posizioni dominanti di Enel ed Eni, sembrerebbe più appropriato,
in tempi di emergenza finanziaria, colpire tali colossi (e non le
controllate) con un'imposta diretta sui profitti (imposta straordinaria su
alcune società). Ma proprio la presenza diretta del Tesoro come azionista di
Eni ed Enel ostacola invece una simile manovra. 
La tassa sulle reti sembra avere qualche similitudine con l’imposta sui
profitti (windfall tax) che il Governo Blair introdusse nel 1997 sulle
società privatizzate da Margaret Thatcher, proprio in seguito a una
revisione della regolazione che aveva evidenziato la presenza di notevoli
extra-profitti nei servizi di pubblica utilità. Tuttavia, mentre la manovra
del Governo Blair colpiva 33 utilities senza discriminazione alcuna, la
manovra finanziaria del Governo Berlusconi appare molto più selettiva:
esclude le telecomunicazioni e colpisce solo le grandi reti di trasmissione
dell’energia elettrica e del gas naturale. Il fatto che, poi, si concentri
sulle reti e non sui segmenti dove i profitti sono maggiori temiamo la renda
anche meno efficace.