rassegna stampa: LA GUERRA OCCULTA DEGLI OGM



a cura di AltrAgricoltura Nor Est
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tratto da "Green Planet" - 28/12/04
LA GUERRA OCCULTA DEGLI OGM
La società di publiche relazioni di Monsanto invia e-mail false per
screditare i ricercatori che scoprono magagne.
Un articolo dell'estate 2002, ma evergreen.
Ricordate la questione del mais messicano?
Sembrava una disputa tra scienziati, avente come palcoscenico la rivista
Nature, e invece si va rivelando una questione di lobbysmo e di relazioni
pubbliche. Riassunto delle puntate precedenti: il 29 novembre 2001 la
rivista inglese, la più importante al mondo, pubblica un articolo del
professore californiano Chapela e dello studente David Quist.

Da esami sul campo sostenevano tre cose:
1) che malgrado i divieti del governo messicano il mais geneticamente
modificato era presente in quel paese.
2) che sue tracce genetiche si trovavano anche nel mais normale.
3) che il trasferimento genetico era instabile e si applicava a parti
diverse del genoma.

Nel giro di pochi giorni arrivarono alla rivista, e circolarono
sull'Internet, molte lettere critiche e di protesta.
Le critiche si riferivano soprattutto alla metodologia di analisi usata, non
sufficientemente affidabile.
Con una mossa del tutto inusuale, l'11 aprile scorso la rivista Nature non
solo pubblicava le critiche (cosa normale), ma scriveva che
retrospettivamente, era pentita di avere pubblicato l'articolo originale di
Chapela e Quist: «abbiamo concluso che l'evidenza sperimentale disponibile
non era sufficiente a giustificare la pubblicazione dell'articolo
originale».
Eppure i referee (ovvero i professori esperti che valutano la serietà di una
articolo scientifico) a suo tempo avevano espresso parere favorevole.
Ad alcuni mesi di distanza le cose si sono un po' chiarite, anche se non
sono incoraggianti.
Intanto i punti 1 e 2 non sono in discussione, nemmeno da parte dei critici.
Il mais genetico in Messico c'è e ha in qualche modo contagiato quello
naturale.
Si discute semmai se questo sia un pericolo per la diversità biologica, ma
la cosa è avvenuta e avviene.
I sostenitori delle biotecnologie dicono che non è un problema; in ogni caso
non possono negarlo.
Quanto alla terza questione, essa resta controversa e sottoposta alle
verifiche scientifiche: se, come sostengono Chapela e Quist, i geni che
saltano da un mai all'altro di distribuiscono sul mais originale in modo
frammentato e causale, allora la possibilità che ne risultino modifiche
tossiche o dannose è più elevata.
Ma c'è un altro capitolo della storia: la campagna contro i due ricercatori
di Berkeley iniziò, assai animosa, il giorno stesso della prima
pubblicazione, svolgendosi soprattutto in rete.
Si distinsero in particolare due persone nella campagna: Mary Murphy e
Andura Smetacek; ma nessuna delle due esiste, erano dei falsi.
Non solo: il giornalista scientifico George Monbiot, esaminando l'itinerario
dei messaggi di posta, si è accorto che entrambi provenivano dai computer di
una società di relazioni pubbliche di Washington, la Bivings Group, la quale
lavora per la Monsanto.
Prima la società negava, poi era costretta ad ammettere che effettivamente
una posta non controllata poteva essere partita dai suoi terminali.
Monbiot sul Guardian sostiene anche di avere identificato i due mittenti: un
web designer e il responsabile del marketing Internet di Bivings.
Questo episodio segnala un'importante svolta nel modo in cui le aziende
usano la rete: di solito si limitano a leggere i siti che le criticano e a
ascoltare quanto si dice di loro nei gruppi di discussione.
Ma in questo caso c'è una discesa diretta in campo, utilizzando il facile
anonimato della rete per costruire e potenziare le loro campagne.
E non è finita qui: gli articoli scientifici di replica a Chapela e Quist
pubblicati da Nature sono firmati tra gli altri da Matthew Metz, un
microbiologo di Berkeley che a suo tempo fu tra i più accesi sostenitore
dell'accordo di collaborazione scientifica tra quella università e il
colosso chimico Novartis.
Quella fu una lotta memorabile in nome della libertà della ricerca
scientifica, condotta nel 1998 da studenti e professori del campus per
rifiutare un accordo in base a cui la Novartis finanziava le ricerche per 50
milioni di dollari.
La rivista tuttavia non ha rivelato gli interessi vestiti di cui Metz era
portatore.
(Il Manifesto)
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