Benetton: una risposta ridicola



Questa e' la riposta del direttore della pubblicita' di Benetton alla lettera del Coordinamento Lombardo Nord/Sud del mondo. Giudicate voi stessi.
Il "carteggio" e' visibile sul sito di Unimondo e sul sito di Carta (al link Campagne, United dolors of Benetton). E' probabile che anche Altreconomia dedichi uno spazio alla vicenda nel prossimo numero.
Ciao,
Ersilia Monti
Coordinamento Lombardo Nord/Sud del mondo

----- Original Message ----- 
From: plandi at benetton.it 
To: ersilia.monti at mclink.it 
Sent: Tuesday, July 06, 2004 5:30 PM
Subject: Risposta alla vostra lettera del 23 giugno 2004 (Benetton e il calendario di Famiglia Cristiana)






Coordinamento Lombardo 
Nord/Sud del mondo 
c/o ACLI 
Via della Signora, 3 
20123 Milano 


Alla c.a. di Ersilia Monti e Amalia Navoni 
                                                             p.c. don Antonio Sciortino / Famiglia Cristiana 



Catena di Villorba, 2 luglio 2004 




Gentili Signore, 
        
Voi dite: "Il fatto che la nave non trasportasse materiale bellico in senso stretto ma materiale da campo.non diminuisce la responsabilità morale di chi aveva il potere di decidere questa spedizione, poiché non ci può essere differenza tra un'arma che uccide e la logistica che rende possibile premere il grilletto". 
Non sappiamo cosa rispondere a questa presa di posizione ideologica (che, ci rendiamo conto, molti condividono. Gandhi scrisse: " Io non traccio alcuna distinzione tra coloro che portano le armi di distruzione e coloro che prestano servizio di Croce Rossa. Entrambi partecipano alla guerra e ne promuovono la causa"). Possiamo solo dire che non tutti la pensano nello stesso modo e che un'impresa (commerciale, industriale) è tenuta ad offrire servizi per scopi leciti e legali. Ribadiamo comunque che è 21 Investimenti e non Benetton Group la società in relazione con Strade Blu. 
Voi dite: ".Spendere meno denaro per comunicare su temi come la pace ed adoperarsi invece realmente per perseguirla." 
Anche qui: dipende dai punti di vista e da ciò che si considera più consono a perseguire "realmente" la pace. C'è chi crede che la campagna sul "Cimitero di guerra" (1991), o quella sul "Milite noto" (1994), o la raccolta di fondi per il Kosovo (1996) siano state realmente più importanti di parecchi proclami ideologici e politici. In fondo, la storia della nave che NON portava materiale bellico non è riuscita ad occupare più di 15 righe sul quotidiano "La Repubblica". Si capisce perché l'Associazione per la Pace, il Consorzio Italiano di Solidarietà, l'ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) abbiano appoggiato invece le campagne mondiali di cui sopra. 
Voi dite: "Le imprese non si preoccupano di verificare se i livelli salariali definiti dalle leggi nazionali sono sufficienti per consentire ad un lavoratore e alla sua famiglia di condurre in quei Paesi una vita dignitosa". 
C'è un'ingenuità in questa vostra risposta che mi lascia perplesso. Conosce il detto "Essere più realisti del re?". E' questo - di essere più realisti del re - che lei chiede alle Imprese invece di chiederlo ai Governi e, appunto, alle Leggi Nazionali? Personalmente vedo complicato che le Imprese comincino a preoccuparsi se le Leggi Nazionali di un Paese permettano o meno una vita dignitosa ai lavoratori che lo abitano. Mentre non c'è dubbio che le Imprese siano tenute a rispettare sempre le Leggi Nazionali e i Protocolli Sindacali. 
Voi scrivete: " I messaggi pubblicitari del marchio Sisley di Benetton Group sono fra i più volgari.". Non so se siano più volgari i messaggi della Sisley o la descrizione che ne fa il Giurì dell'Autodisciplina o la vostra intenzione (questa anche infantile e decisamente comica) di inviare una copia del catalogo a Don Sciortino. Tralasciate venti anni di comunicazione Benetton indirizzata verso, semplifichiamo, "la coscienza critica dei cittadini" e vi fissate su quattro campagne Sisley che, come abbiamo già avuto modo di dirvi, sono già concluse. 
Sempre a proposito di volgarità. Inizia così un volantino (che termina con "Marici Weu! Dieci volte vinceremo"), distribuito il 3 e 4 aprile scorso davanti ad un negozio Benetton di Arezzo: "Strappiamo alla famiglia trevigiana la maschera di multietnicità e correttezza che ne è diventata il simbolo e mostriamo il suo vero volto, truce e sanguinario". Chi vi dà il diritto di diffamare in questo modo i Benetton? Vi chiediamo di dar prova di senso di responsabilità - e, se permettete, anche di buon gusto - e di far cessare immediatamente questo tipo di comunicazione pubblicitaria. 
Su "Compania de Tierras" possiamo solo rispondere che Compania de Tierras è nella legalità e che dà lavoro a circa 250 persone, che gli investimenti realizzati hanno avuto un impatto economico positivo sulla regione: impiego di mano d'opera, miglioria delle condizioni di lavoro, azioni con positivo impatto sociale, riforestazione. 
I militanti della "Organizacion de Comunidades Mapuche" affermano il contrario. E' nella dialettica delle cose ed è nel confronto, credo, che si potrà giungere ad un corretto operare. C'è un dibattito serio sulla globalizzazione, sulla redistribuzione della ricchezza nei Paesi del Sud del mondo e sul conseguente coinvolgimento delle Imprese occidentali. Verrebbe da dire, semplificando, "come fai, sbagli". Ma crediamo che gli aspetti positivi vadano monitorati con la stessa attenzione e precisione di quelli negativi. 
Sulla "Casa della Luna Rossa", invece di chiedere un commento al giornalista Filippo Cartosio, autore dell'articolo "Tesori perduti. In nome della legge" (meno male "in nome della legge" e non "in nome della Benetton"!!!) avreste fatto meglio a chiedere un commento alla Sovrintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Milano o al Ministero per i Beni e le Attività Culturali che hanno preventivamente concordato le condizioni del restauro e seguito i lavori. 
Sul traforo del Monte Bianco rinvio alla risposta datavi nella lettera precedente poiché nessun fatto nuovo e rilevante emerge dalle vostre contro-risposte. Le decisioni in materia di volumi di traffico nel traforo del Monte Bianco sono di competenza dei Governi Italiano e Francese (e non si può chiedere al Gestore di tronco, ancora una volta, di "essere più realista del re"). 
Sull'etichettatura dei capi di abbigliamento vi chiederemo in quali negozi avete effettuato il test. Benetton indica esattamente la provenienza del capo (il "made in."). In Italia la dicitura è inserita nell'etichetta con la composizione e le istruzioni di lavaggio mentre in alcuni Paesi (come gli Stati Uniti e la Corea) l'obbligo è quello di apporre l'etichetta della provenienza proprio sul collo dei capi. 
A conclusione della lettera rileviamo, purtroppo, una chiusura ideologica e un continuo confondere i piani della comunicazione nell'intento di screditare anche il difficile lavoro portato avanti da United Colors of Benetton sul fronte della pubblicità. 
Le vostre contestazioni si riducono a ben poca cosa se alla fine anche voi chiedete di accogliere due richieste, già soddisfatte: la cessazione delle campagne Sisley e la corretta etichettatura dei capi di abbigliamento. 
Questo non significa che la Benetton sia immune da critiche. Quel che dispiace è che si usi il pretesto delle campagne (un lavoro complesso, lo riconoscerete) per cercare di minare il difficile cammino di un'azienda verso un modello di impresa moderno, attento al contesto dei valori in cui viviamo. Non sono molte le aziende che intraprendono questo cammino e, peraltro, se c'è una cosa che la Benetton ha rivendicato non è il suo impegno sociale ma l'uso diverso dei budget pubblicitari, la possibilità di comunicare in modo differente rispetto a quello cui ci hanno abituato i marchi di abbigliamento. 
Ma se Benetton "deve compiere ancora molta strada per potersi realmente definire un'azienda socialmente responsabile" (questa vostra arrogante sicurezza, questo fare di ogni erba un fascio azzera pregiudizialmente il valore di qualunque sforzo una impresa possa compiere nelle direzioni da voi auspicate e contribuisce solo ad alzare muri di diffidenza reciproca) mi domando quanta strada debba compiere il Coordinamento Lombardo Nord/Sud del mondo per liberarsi da ideologismi e pregiudizi e conquistarsi una vera legittimità ad attribuire "patenti" di responsabilità sociale a questo o a quello. 
Cordiali saluti 


Paolo Landi