rassegna stampa: Wal-Mart, l'altra faccia di un mito



a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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Tratto da "Corriere della Sera -Economia"
Wal-Mart, l'altra faccia di un mito.
GRANDE DISTRIBUZIONE L'opposizione si sta organizzando negli Stati con
sindacati forti. L'azienda guarda all'Europa (e all'Italia)

Wal-Mart, l'altra faccia di un mito
Piace per i suoi prezzi bassi e perché dà lavoro. Ma dove arriva scompaiono
i negozi. Così ora nasce il rigetto
Ufficialmente è stata una visita di cortesia. Ma l'incontro di due settimane
fa a Bruxelles fra Lee Scott, ceo di Wal-Mart, e Mario Monti, il boss dell'
Antitrust europea, ha messo in agitazione il settore della grande
distribuzione. Perché ha rilanciato le voci di un possibile interessamento
del gigante americano dei grandi magazzini, già presente in Gran Bretagna e
in Germania, al gruppo francese Carrefour (ma si parla anche di contatti con
l'italiana Esselunga). Wal-Mart, infatti, è alla ricerca di nuove teste di
ponte sul Vecchio continente, dato che la rapida crescita del gruppo negli
Usa non potrà continuare all'infinito. Con poco meno di 3.550 centri di
vendita, ai quali si aggiungeranno, nei prossimi anni, altri 1.000
ipermercati, 1,4 milioni di dipendenti, 210 miliardi di dollari di vendite
annue, la «Wal-martizzazione» degli Stati Uniti, come i detrattori chiamano
la sua irresistibile espansione a macchia d'olio, si sta infatti scontrando
con la crescente resistenza degli enti locali ai nuovi insediamenti. Dopo
aver saturato le zone rurali e suburbane, il team manageriale capeggiato da
Scott sta prendendo di mira le grandi città, come Chicago e San Francisco, e
regioni, come il Vermont, i cui residenti temono gli effetti della
«Wal-martizzazione» sulla qualità della loro vita.
Per Wal-Mart, un gruppo che ha abituato i suoi azionisti a ritmi di crescita
vertiginosi - fra il 1979 e il 2000 le vendite in tutto il mondo sono
passate da 1,2 miliardi a 200 miliardi di dollari, mentre la performance
annualizzata del titolo è risultata del 35% - l'espansione oltre frontiera è
quindi una scelta obbligata. Che ha già portato Wal-Mart, oltre che in
Europa, anche in Canada, Messico, Argentina, Brasile, Sud Corea, Giappone e
Cina. E che, l'anno scorso, ha aggiunto 47,5 miliardi di dollari al totale
delle vendite del gruppo. L'obiettivo dichiarato di Scott è di potenziare le
vendite all'estero fino a quando rappresenteranno un terzo dei profitti e
dell'aumento annuo degli incassi.
Negli Stati Uniti, Wal-Mart - che da solo rappresenta l'8% delle vendite
totali della grande distribuzione - ha una doppia immagine. Positiva, perché
i suoi prodotti a basso costo (il gruppo è il maggiore importatore singolo
americano dalla Cina), calmierano i prezzi in tutto il Paese e
contribuiscono a tenere bassa l'inflazione. E anche perché i suoi centri di
vendita impiegano un crescente numero di lavoratori non specializzati che
senza Wal-Mart stenterebbero a trovare un'occupazione. Tanto è vero che,
negli ultimi vent'anni, gli amministratori locali di aree economicamente
depresse hanno fatto a gara per portare Wal-Mart nel loro territorio,
concedendo al gruppo incentivi fiscali e di altro genere complessivamente
valutati a oltre un miliardo di dollari.
C'è, però, un'altra faccia della medaglia. Dove arriva Wal-Mart scompaiono
rapidamente i piccoli e medi negozi che, in gran parte dell'America
post-industriale, sono l'ultima attività economica locale rimasta nei
«downtown», i centri cittadini dove tradizionalmente si concentrano le
attività commerciali. Grazie ad una politica dei prezzi che punta a dominare
i mercati, anche se questo comporta vendere sottocosto, il gruppo di Scott
ha già destabilizzato alcuni settori, in particolare quello dei giocattoli,
costringendo la famosa catena di negozi Fao Schwartz a chiedere l'
amministrazione controllata e mettendo in grave difficoltà un altro
importante concorrente, Toys'R'Us, che ha chiuso quasi 200 punti di vendita.
I nuovi posti di lavoro creati dalla «Wal-martizzazione» dell'America, dice
Philip Matters, capo ufficio studi di Good Jobs First , osservatorio del
mercato del lavoro finanziato dai sindacati, «sono sotto gli standard del
settore», con retribuzioni iniziali dell'ordine di 6 dollari l'ora e una
media nazionale fra i 9 e i 10 dollari l'ora.
«Per valutare il reale impatto di Wal-Mart sull'occupazione - osserva
Matters - occorre tenere conto anche dei posti di lavoro perduti dove i suoi
grandi magazzini fanno terra bruciata». Anche le condizioni di lavoro sono
controverse, con migliaia di cause per ogni genere di violazioni (fra cui la
mancata corresponsione degli straordinari), intentate da dipendenti e in
attesa di giudizio.
L'opposizione anti Wal-Mart si sta organizzando in tutti gli Stati Uniti, e
in particolare nelle regioni in cui la presenza dei sindacati è consistente,
come California, New Jersey e Illinois. In aprile, ad esempio, gli elettori
di Inglewood hanno bocciato, con il 60% dei voti, un referendum con cui
Wal-Mart aveva cercato di superare l'opposizione degli amministratori locali
all'apertura di un nuovo centro di vendita.
A Chicago, il consiglio comunale, a conclusione di una dura battaglia, ha
autorizzato l'apertura di uno soltanto dei due Wal-Mart proposti dalla
società. In Vermont gli oppositori, per non vederlo deturpato da maxicentri
commerciali, hanno ottenuto la designazione di «località di interesse
storico» per l'intero stato.

Associated Press
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