Messaggio per Porto Alegre da Jacopo Fo



Vi giro questo messaggio per Porto Alegre da Jacopo Fo, mi sembra interessante.

Ciao

Andrea Saroldi

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> Bush e? un venditore di pomodori marci
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> Bush e? un venditore di pomodori marci e un serial killer ma anche
> noi siamo un po? coglioni
> 
> La situazione internazionale e? una merda ma solo apparentemente. Da
> un certo punto di vista e? anche peggio, da un altro ci sono buone
> speranze perche? migliori.
> E? tragico che si sia scatenata un?ondata di violenze mostruosa, a
> partire dagli attentati dell?11 settembre e dall?invasione
> dell?Afghanistan.
> Ma credo che molta gente, guardando quello che succede in Palestina,
> Kashmir, India, Pakistan, Repubbliche ex sovietiche, Cina musulmana e
> Nigeria, stia comprendendo che la guerra non e? utile per fermare il
> terrorismo e anzi e? il modo piu? dispendioso per alimentarlo.
> Contemporaneamente si scoprono le vere ragioni di tutto. Lo scandalo
> Enron e? un salatino che Bush avra? grandi problemi a mandar giu?.
> Di contro il Popolo di Seattle si sta sviluppando in modo
> straordinario e, per la seconda volta, a Porto Alegre, si terra? un
> grande incontro internazionale che ha lo scopo di sviluppare la
> collaborazione tra tutte le componenti del movimento.
> Si tratta di un appuntamento molto importante e potrebbe essere un
> incontro storico se si riuscira? a mettere d?accordo le diverse
> componenti del movimento. Non sara? facile, proprio perche? la forza
> del Popolo di Seattle la dobbiamo anche al nostro non essere una rete
> di entita? indipendenti e questo crea difficolta? tecniche notevoli.
> Ma sono problemi ai quali non rinunceremmo per tutto l?oro del mondo.
> Non vogliamo tornare a schemi organizzativi rigidi e piramidali che
> non lasciano spazio alla biodiversita?. Per fortuna questo e? un
> punto su cui quasi tutti sono d?accordo.
> Il grande scontro che ci sara? a Porto Alegre sara? su un?altra
> questione strategica: come si sconfigge la Globalizzazione del
> Dolore?
> Nel movimento ci sono due anime che si stanno pazientemente
> confrontando da anni alla ricerca di un compromesso.
> Da una parte c?e? l?ala ?politica?, legata alle manifestazioni di
> piazza, all?idea leninista di propaganda sociale, che spinge per
> creare grandi organizzazioni internazionali di ?militanti? supportati
> da un movimento di opinione. Di quest?area fa parte Attac, che e?
> un?organizzazione internazionale e, seppur su diverse posizioni
> tattiche, Agnoletto e Casarini, i piu? noti portavoce del movimento
> italiano.
> L?altra parte del movimento e? l?ala che potremmo definire
> ?economica?: e? costituita da piccoli e piccolissimi gruppi che
> agiscono direttamente sul sociale costruendo situazioni economiche
> alternative: microcredito, gruppi di acquisto, botteghe del commercio
> equo, cooperative sociali, banche etiche, assicurazioni etiche,
> centri culturali, volontariato.
> L?ala economica rappresenta la grande forza concreta del movimento.
> Parla a milioni di persone non attraverso le parole e la propaganda
> ma offrendo la qualita? dei progetti realizzati, dei prodotti e dei
> servizi.
> Questa anima imprenditoriale del movimento deve costantemente fare i
> conti con entrate e uscite. Sono presi dalla pratica e non hanno
> molto tempo per la ?politica delle riunioni?. Quindi la corrente
> ?economica? ha in questi anni lasciato ampio spazio ai ?politici?
> nella gestione globale del movimento.
> Ad esempio, almeno fino a poco tempo fa, nessuno dei portavoce del
> Social Forum italiano proveniva dai gruppi che si occupano di gestire
> attivita? ?imprenditoriali?. E d?altra parte i ?politici? hanno
> sempre guardato con un po? di sufficienza chi si intestardiva a far
> quadrare bilanci di cooperative per l?aiuto ai disabili, banche
> etiche e siti internet.
> Il risultato e? stato che lo slogan ?voti ogni volta che fai la
> spesa? e? il cuore dell?iniziativa dell?ala ?economica? ma non la
> parola d?ordine principale di tutto il movimento e anzi molti che
> partecipano ai cortei sanno poco o niente di questa pratica di lotta.
> In una situazione in cui il 90% dei membri dei gruppi di acquisto e?
> costituito da operai e impiegati, mi sono sentito dire decine di
> volte che solo i ricchi possono permettersi di partecipare ai gruppi
> di acquisto. Sul fatto che una famiglia di lavoratori possa
> risparmiare intorno ai 2 milioni all?anno consociando i consumi e
> barattando il tempo non gli e? proprio arrivata notizia.
> I nostri portavoce quando vanno in televisione e quando rilasciano
> interviste ai giornali, non parlano mai di questa grande realta?
> sociale e politica. Scontiamo la paura di parlare di soldi tipica
> della cultura cattocomunista che odia misurarsi con le piccolezze di
> conti, costi e ricavi e preferisce librarsi nell?aere incorruttibile
> dei bei discorsi che non sfamano nessuno.
> Ed e? cosi? che si spiega come mai si stimino in 2 milioni i ?no
> global? italiani e siano meno di 40 mila coloro che hanno consociato
> l?acquisto di servizi politicamente essenziali come il conto bancario
> e l?assicurazione. Quando discuto di questo molti compagni mi
> guardano strano? Ma io non capisco proprio come sia possibile opporsi
> alla guerra in Afghanistan e poi avere il conto bancario in una banca
> che traffica in armi e assicurarsi con una compagnia che investe in
> fabbriche d?armi. Come faccio a essere contro le mine anti uomo e poi
> comprarmi una Fiat?
> Qui c?e? proprio un salto di mentalita? epocale. Una diversa
> concezione dei rapporti di causa ed effetto nella societa? della
> globalizzazione informatica e nel mondo in generale.
> Questi compagni credono che siano i cortei e ?lo scontro politico? a
> cambiare le realta? sociali culturali e politiche.
> Eppure essi hanno fin dall?inizio il controllo politico del
> movimento.
> E non poteva essere che cosi?.
> Il movimento si e? imposto all?attenzione mondiale con azioni
> fortemente improntate allo scontro aperto come l?insurrezione
> zapatista del Chiapas o gli scontri con la polizia a Seattle.
> E? chiaro che sul terreno degli scontri di piazza e delle occupazioni
> militari di citta?, quelli che gestiscono centri yoga e fondi etici
> si trovano un po? svantaggiati.
> Ci manca il fisico e davanti a simili grandi eventi ha piu? successo
> (sul piano numerico, d?opinione) l?idea di andare tutti in piazza a
> gridare la nostra rabbia.
> E sfasciare un McDonald?s da? piu? notorieta? e possibilita? di
> comunicazione che smadonnare per costruire un database delle
> associazioni ecologiste impegnate nella realizzazione di impianti di
> fitodepurazione passiva.
> Ma le tragiche giornate di Genova e gli attentati dell?11 settembre
> hanno stroncato la prospettiva di lotta dei cortei e del politichese.
> Anche molti leader dell?ala ?politica? hanno dichiarato che e?
> necessario ripensare tutta la strategia del movimento.
> D?altra parte nel giugno del 2001 e? stato reso noto l?esito di un
> dibattito, che sospettiamo sia stato intenso, all?interno del
> movimento zapatista del Chiapas. Il sub comandante Marcos ha fatto
> una dichiarazione storica: fino ad oggi il nostro movimento e? stato
> di opposizione. Ma non e? possibile continuare solo in questa
> direzione, e? necessario iniziare a costruire l?alternativa. E? un
> grande passo verso una nuova strategia di liberazione che sposa lo
> scontro politico con l?iniziativa culturale e economica. Si scopre
> che la concretizzazione della liberazione di un popolo e? il frutto
> della sua indipendenza economica e culturale. La politica e? un
> mezzo, essenziale, all?inizio della lotta. Serve per aprire spazi.
> Questo risultato gli zapatisti lo hanno ottenuto portando il loro
> movimento all?attenzione dell?opinione pubblica internazionale. Oggi
> ci sono centinaia di esperimenti economici in corso in Chiapas per
> trovare la strada migliore per arrivare a un?economia alternativa e
> controllata dal popolo in tutta la regione. Si tratta ancora solo di
> una goccia nel mare ma Marcos ha capito che e? in questa direzione
> che si puo? crescere. Se dallo scontro politico nascono esperienze
> concrete di autoimpresa e cooperazione che modificano la qualita?
> della vita quotidiana delle persone, allora il movimento cresce e gli
> obiettivi piu? ambiziosi diventano raggiungibili. Se questo non
> succede il movimento politico perde progressivamente di credibilita?
> e entra in crisi. E? la lezione dei movimenti sociali italiani.
> Ancora oggi il movimento e? forte soprattutto in quelle regioni
> d?Italia dove si svilupparono cooperative, casse mutue, gruppi di
> acquisto (questo erano all?inizio le Coop) e case del popolo. Ed e?
> evidente che la crisi attuale della sinistra nel nostro paese deriva
> dalla mancanza oggi di un legame concreto tra il progetto delle
> sinistre e la vita quotidiana.
> Ma tornando al movimento possiamo osservare che un altro grande
> fenomeno e? in corso e sara? determinante per le scelte future.
> Questo convegno internazionale non si svolge a Porto Alegre per caso.
> 
> Porto Alegre fa parte di un gruppo di citta? brasiliane dove da piu?
> di un decennio e? in corso una rivoluzione sociale interessantissima.
> Essa si basa essenzialmente su esperienze molto ben strutturate di
> governo diretto dei cittadini sulla citta?, attraverso la
> partecipazione alla progettazione degli interventi pubblici, e il
> controllo da parte di volontari dell?effettiva corretta realizzazione
> dei lavori, compresi controlli costanti nei cantieri e discussione
> sui prezzi delle opere e sulla loro qualita?. Si tratta di
> grandissimi esperimenti, gli unici che abbiano dato veri risultati
> nella lotta (di centrale importanza) contro la corruzione e lo spreco
> nell?amministrazione pubblica.
> Il convegno di Porto Alegre dell?anno scorso ebbe il merito di dare
> visibilita? internazionale a queste iniziative e il contatto tra
> queste e altre esperienze e? stato estremamente fecondo.
> Da una parte in molte citta? e villaggi del mondo si stanno
> sviluppando esperienze simili (in Italia c?e? Monsano, vedi
> www.villaggiotelematico.it) dall?altro canto queste esperienze si
> stanno naturalmente integrando con l?attivita? di cooperative
> sociali, microcredito, risparmio etico, gruppi d?acquisto, di baratto
> e di scambio del tempo? Cioe? queste esperienze, nate da piccoli
> gruppi ?politici? che cercavano di dare concretezza alla battaglia
> sociale e culturale, hanno dovuto per forza fare i conti con
> l?elemento essenziale della situazione: un?enorme forza potenziale
> del popolo avvilita, contrastata e raggirata da un sistema economico
> corrotto, miope e violento.
> L?idea e?: lottiamo contro la corruzione e lo sperpero e costruiamo
> una vera democrazia diretta e contemporaneamente sviluppiamo
> l?autoimpresa, la cooperazione e la condivisione delle risorse in
> modo che le persone possano crearsi un?economia equa e solidale
> all?interno della quale una nuova cultura potra? mettere radici e
> crescere.
> E questa concezione anche economica dell?iniziativa politica si e?
> saldata con il bisogno di un ambiente sano e a misura di bambino. Da
> una parte si tratta di difendere la salute dei cittadini, dall?altra
> parte il risparmio energetico e l?uso di fonti rinnovabili e?
> direttamente un atto di boicottaggio contro l?economia dei petrolieri
> e dei commercianti d?armi e un passo concreto verso la pace e
> l?autodeterminazione dei popoli. Oggi si e? compreso che lo spreco e
> l?inquinamento possono diventare risorse essenziali per l?economia
> alternativa e l?autoimpresa. Le tecnologie dolci e la liberazione
> dalla schiavitu? del petrolio sono un punto cardine della lotta per
> lo sviluppo economico dei popoli del terzo mondo. L?esperienza di
> Yunus e del microcredito in Bangladesh mostrano che lo sposalizio tra
> telefonia cellulare e pannelli solari puo? essere una risposta alla
> miseria: essi hanno creato una societa? di telefonia cellulare (di
> proprieta? delle donne che utilizzano il microcredito) e hanno
> costruito una rete di telefoni cellulari in 36 mila villaggi per lo
> piu? sprovvisti di elettricita?. In questo modo si e? dato lavoro a
> 36 mila donne, spesso invalide, e si e? potuto offrire l?accesso al
> telefono a milioni di poveri. La tecnologia fotovoltaica, le turbine,
> i mulini a vento stanno portando elettricita? nelle zone piu? povere
> del terzo mondo e stanno permettendo la nascita di cooperative di
> villaggio che nella sola Africa Nera sono ormai decine di migliaia.
> La? dove 20 persone devono lavorare 10 ore al giorno per attingere
> acqua con i secchi, acquistare collettivamente una pompa e? un fatto
> rivoluzionario che rende un villaggio estremamente piu? ricco.
> Contemporaneamente si sta capendo che la lotta del terzo mondo deve
> essere sostenuta da una politica di risparmio energetico e
> riciclaggio delle materie prime nei paesi industrializzati. La lotta
> ecologica, l?uso di tecnologie leggere e non inquinanti e le
> tecnologie informatiche si stanno saldando con le esperienze di
> cooperazione, di commercio etico e di controllo diretto sulle
> amministrazioni urbane. E queste esperienze
> politico-sociali-economiche stanno creando una cultura nuova,
> improntata sulla solidarieta?, sul rispetto, sull?amore, sul gioco,
> sul divertimento e la condivisione.
> Quello che sta succedendo oggi in centinaia di citta? e in migliaia
> di villaggi e? straordinario e nessuno lo sta raccontando.
> Ma a Porto Alegre avra? un grande peso.
> Il fenomeno al quale stiamo assistendo in Italia, dopo Genova, e? un
> progressivo e rapido connettersi di decine di realta? di base. Non si
> tratta della nascita di un?organizzazione nuova ma dell?integrazione
> pratica di servizi, acquisti, accessi, iniziative culturali.
> Sta lievitando un insieme di iniziative estremamente complesse
> perche? comportano il contributo di decine di entita?, stiamo
> fisicamente scrivendo decine di accordi che comportano la
> determinazione equa di percentuali, tempi, carichi di lavoro, aree di
> pertinenza, limiti e caratteristiche etiche, organismi di controllo,
> fondi di garanzia reciproca. Un lavoro complicatissimo, come quello
> di assemblare il prototipo di un?automobile. Stiamo inventando e
> faticosamente sperimentando criteri equi di collaborazione. Tutta
> questa fatica dovrebbe portare nel giro di un anno al progressivo
> sviluppo di un network nazionale sprovvisto di centrale di controllo
> piramidale, in grado di autogovernarsi e di mettere in rete tutte le
> risorse e tutte le opportunita? offerte dal movimento italiano. Ad
> esempio esistera? una card che dara? accesso a tutti i servizi e le
> informazioni: sara? uno strumento agile che permette di mettere in
> rete e connettere tutte le risorse disponibili oggi in Italia per i
> consumatori etici. Collegando questa card a una sere di servizi
> internet potremo costruire una community in grado di moltiplicare
> tutte le opportunita? che la rete offre. E tutti i prodotti saranno
> sottoposti alla recensione, via internet, di chi li ha utilizzati,
> permettendo cosi? di stroncare immediatamente e direttamente chiunque
> faccia il furbo o non rispetti gli impegni. Nel nostro sogno
> connettere in questo modo le realta? sociali ed economiche italiane
> dovrebbe mettere il turbo a qualunque iniziativa etica che chiunque
> volesse intraprendere. E tutta una serie di indizi mi fanno
> sospettare che quello che si sta facendo in Italia lo stiano mettendo
> insieme anche all?estero e siano per altro pure parecchio avanti,
> rispetto a noi, su diversi pezzi del progetto.
> (Per inciso si tratta di un fenomeno veramente appassionante: questa
> formazione dell?integrazione tra entita? ?commerciali? e del
> volontariato non avviene sulla base di un gruppo che ne ha pensato il
> progetto e che spinge per realizzarlo. Si tratta del libero evolversi
> di entita? indipendenti che, in un dato momento della loro storia, si
> incontrano e trovano alla fine naturale socializzare in modo
> scambievole alcune risorse.
> Puo? capire cosa voglio dire chi conosce l?esperienza di Linux, il
> programma operativo costruito con il libero apporto di migliaia di
> programmatori. Ma li? c?era un ragazzo che aveva creato il cuore del
> software, qui non c?e? neppure questo. C?e? un?identita? culturale
> straordinaria che ci porta a fare scelte convergenti.)
> 
> L?incontro di Porto Alegre potrebbe sancire a livello internazionale
> la centralita? del ?voti ogni volta che fai la spesa?, delle campagne
> di boicottaggio degli acquisti, del microcredito e dei progetti
> sociali di cooperazione e autoimpresa. Il nostro obiettivo e? quello
> trasformare il potere d?acquisto degli almeno 200 milioni di
> contestatori che ammorbano il pianeta in un mercato alternativo e
> ribelle.
> Ma e? molto difficile comunque che a Porto Alegre questa linea
> d?intenti divenga maggioritaria, e in fondo non importa.
> Quello che importa e che succedera? comunque, sara? che migliaia di
> esperienze si incontreranno e si racconteranno e cosi? centinaia di
> nuove idee, tecniche e procedure si diffonderanno e verranno
> integrate tra loro. Questo e? l?obiettivo prioritario, la
> rappresentativita? politica del progetto forse dovra? ancora
> attendere per essere riconosciuta: che ci volete fare, siamo ancora,
> in buona parte, prigionieri di una casta politica vetero-comunista.
> Comunque una cosa vorremmo chiedere ai compagni che andranno a
> rappresentarci a Porto Alegre: tornate con delle storie. Vogliamo
> sapere quel che succede nel mondo, non ci interessano le analisi
> politiche. Fatevi raccontare le storie delle persone, come hanno
> fatto, dove hanno sbagliato, dove hanno avuto risultati, che dubbi
> hanno avuto, come hanno festeggiato quando ci sono riusciti, che cosa
> stanno sognando di fare domani.
> Vorremmo realizzare un libro con queste storie ma, ancora, il
> movimento ?economico? non riesce a raccontare se stesso se non
> fornendo tabelle. L?unico che ci e? riuscito e? stato Yunus, col suo
> magistrale, stupendo, appassionante romanzo autobiografico ?Il
> banchiere dei poveri? (edizioni Feltrinelli).
> Ecco, oggi ci servono mille libri come questo.
> Da tempo stiamo facendo ricerche in questo campo ma c?e? veramente
> pochissimo e quel pochissimo e? introvabile.
> Arrivano storie incredibili, ma arrivano a brandelli.
> La storia dei microorti in Cile, nelle favelas, ad esempio. Piccoli
> fazzoletti di terra, coltivati con metodi biodinamici incrociati con
> quelli maja, danno da mangiare a centinaia di migliaia di famiglie.
> Sono sicuro che esistono, ho visto un documentario di un?ora, alle 3
> del mattino su Planete, ma sono due anni che chiedo informazioni a
> decine di cileni e nessuno ne sa niente. Mistero. Siamo disposti a
> offrire cene luculliane a chiunque ci dia uno straccio di indirizzo
> per intervistarli.
> E dove cavolo sono domiciliate le cooperative africane che hanno
> bloccato la desertificazione costruendo enormi muraglie di sabbia
> senza ruspe? Sappiamo come le hanno fatte: piantando nel suolo file
> di foglie di palma intrecciate a formare un pettine stretto. Il vento
> sbatte sulle foglie e cadono granelli di sabbia e nel giro di un po?
> di tempo la sabbia ricopre la fila di foglie. Allora i contadini
> piantano un?altra fila di foglie di palma intrecciate. Fanno file
> lunghe chilometri e continuano con questo sistema pazzesco fino a che
> non hanno realizzato una duna di sabbia alta 5 metri. Perche? non si
> sa niente di loro e dei tanti che come loro stanno facendo
> l?impossibile tutti i giorni?
> Crediamo che a fianco del commercio equo e solidale sia da
> svilupparsi una letteratura del vero, un racconto di questi sogni
> realizzati. Il cuore di tutto questo scontro epocale che stiamo
> vivendo passa proprio dai sogni. L?ideologia del sogno che cresce
> contro l?ideologia del sogno nel cassetto, che in realta? e? un sogno
> morto surgelato in un freezer tombale.
> ?Non congelare i tuoi sogni, quando li sgeli sono morti!? Potrebbe
> essere un bello slogan.
> Non c?entra niente con Porto Alegre ma mi piaceva dirlo.
> 
> Salutatemi la rivoluzione
> 
> Jacopo Fo
>