LA STAMPA- Francesca Paci: " Anche l'Egitto teme Hamas "



LA STAMPA- Francesca Paci: " Anche l'Egitto teme Hamas "

Il dado è tratto, ma la partita è già finita. Secondo Martin van Creveld, uno dei massimi storici militari internazionali, l’offensiva israeliana a Gaza è bell’e conclusa. Almeno per ora. Il professor Van Creveld, che ha scritto una ventina di libri sulla guerra e la strategia bellica, spiega che l’arma più efficace contro la tattica di logoramento adottata dai miliziani di Hamas è la sorpresa, agire all’improvviso e rapidamente.
Professor Van Creveld cosa accadrà nei prossimi giorni? E’ verosimile l’ipotesi di un’offensiva israeliana via terra nel caso Hamas risponda ai bombardamenti con razzi più potenti di quelli lanciati nelle settimane scorse o, come minacciano i miliziani, con attentati kamikaze?
«Dopo quanto abbiamo visto non succederà granché d'altro. Credo che l’attacco aereo più importante ci sia già stato. Un raid mirato sugli obiettivi che Israele considera strategici. L’operazione, in questo senso, è riuscita e ha ottenuto un risultato amplificato dalla repentinità e dalla velocità. Hamas è stato colto alla sprovvista dalla decisione improvvisa del ministro della difesa Ehud Barak. Ora però l’effetto sorpresa sta svanendo, a Gaza hanno cominciato a realizzare cosa è accaduto e si stanno organizzando. Il blitz israeliano, se possiamo chiamarlo così, è ormai praticamente concluso. Mi stupirei se ci fosse un intervento di terra nel giro di pochi giorni. Ma a questo punto uno scontro a bassa intensità potrebbe andare avanti per settimane».
Il ministro degli esteri Tzipi Livni ha dichiarato che, se eletta premier a febbraio, avrebbe rovesciato il regime di Gaza. Qual è l’obiettivo del raid israeliano?
«L’obiettivo israeliano è chiarissimo: la fine del lancio di razzi da Gaza. Nonostante le immagini che stanno facendo il giro del mondo in queste ore, Israele vuole la pace. Nient’altro».
Quando Hamas ha deciso di non rinnovare la tregua con Israele e ha ripreso il lancio sistematico dei razzi sulle cittadine del Negev sapeva che la reazione non sarebbe tardata. Dove punta Hamas?
«Per interpretare la strategia di Hamas bisogna capire che questa è una guerra asimmetrica. Loro la chiamano resistenza e presuppongono che finché non vengono sconfitti la vittoria è a portata di mano. Per questo hanno bisogno di prove di forza, devono mostrare i muscoli. L’obiettivo è il tempo, durare, tenere in scacco il nemico che ha a disposizione forze superiori».
Il 20 gennaio Barack Obama s’insedia alla Casa Bianca con un agenda estera impegnativa, diversi fronti aperti, le spese militari da bilanciare con la crisi economica, la sfida nucleare degli ayatollah iraniani. Alla luce degli avvenimenti di queste ore, non le sembra che il Medio Oriente sia stato un po’ sottovalutato?
«L’arrivo di Obama alla Casa Bianca non cambierà di molto lo stato del conflitto israelo-palestinese. Conta poco che in campagna elettorale il nuovo presidente si sia concentrato di più sull’Iran, l’Iraq, l’Afghanistan. Il problema non è se Obama abbia o meno sottovalutato Hamas e la situazione a Gaza. Basta guardare alla storia delle relazioni tra Stati Uniti e Israele per capire che, con l’eccezione sui generis della presidenza Carter, la partecipazione americana è stata sempre poco incisiva e lo sarà anche in questo caso. Cosa diceva Colin Powell? Prometteva che avrebbe fatto chissà cosa, miracoli. Ogni volta è la stessa storia, ascoltiamo grandi propositi a cui non segue nessun intervento reale sul terreno».
Venerdì il ministro degli esteri Tzipi Livni era al Cairo per un vertice con il presidente Mubarak. Qual è il ruolo dell’Egitto in questa nuova crisi?
«Si tratta di un risveglio brusco anche per l’Egitto. A lungo, dopo l’evacuazione israeliana da Gaza, il presidente egiziano Mubarak e l’establishment governativo hanno gioito della situazione senza curarsi di Hamas e di come stesse crescendo, una potenza minacciosa al confine israeliano ma anche al confine egiziano. Oggi improvvisamente l’Egitto si rende conto del pericolo. Non può dirlo apertamente ma farebbe di tutto perché Hamas venisse fatto fuori, su questo c’è una specie di alleanza informale tra Egitto e Israele».