I silenzi su disabili e bimbi kamikaze



I silenzi su disabili e bimbi kamikaze

Capisco bene il fatto che l'attenzione dell'opinione pubblica italiana sia attratta dal teatro della politica che ha inaugurato lo spettacolo delle elezioni. Ma non capisco come si possano sottovalutare sviluppi inquietanti nella realtà del terrorismo islamico globalizzato che costituiscono, piaccia o no, la principale emergenza internazionale. Dalle battute iniziali della campagna elettorale sembra che alla nostra classe politica la questione della sicurezza interessi poco o niente.

L'abietta strumentalizzazione della vita di due ragazze disabili, trasformate in bombe umane e fatte esplodere dai burattinai di Al Qaeda in due mercati di Bagdad il primo febbraio scorso, provocando il massacro di oltre 70 persone, è stata data dai mass media con il rilievo che spetta a una notizia che suscita sgomento e orrore, ma non ha destato in alcun modo l'interesse dei governi occidentali. Non c'è stata una sola condanna e un solo messaggio di cordoglio alle autorità irachene, come se quel terrorismo fosse un fatto interno che non ci riguardasse. L'unico risvolto positivo è che finalmente, a circa sette anni dalla tragedia dell'11 settembre, la maggioranza degli occidentali ha preso consapevolezza che la violenza in Iraq è opera del terrorismo islamico globalizzato, eccezion fatta per un manipolo di inguaribili apologeti del mito della «resistenza» senza cui non potrebbero legittimare la loro ideologia di odio e rifiuto della loro stessa civiltà occidentale.

Inquietante è stato anche il silenzio ufficiale sul duplice attentato suicida palestinese in un supermercato di Dimona, nel sud di Israele, il 4 febbraio scorso. Dove sono finiti coloro che si erano fatti in quattro per denunciare la «punizione collettiva» dei palestinesi? Forse che farsi esplodere in mezzo agli israeliani in un supermercato, o lanciare i razzi Kassam sulla cittadina di Sderot costringendo alla fuga la popolazione, sono invece delle «operazioni chirurgiche mirate »? Rincresce prendere atto che, per quanto concerne Israele, sopravvive a livello dei governi e dell'opinione pubblica in Europa un pregiudizio che considera lo Stato ebraico come colpevole a prescindere da tutto. E così si finisce per giustificare e implicitamente legittimare il terrorismo palestinese elevandolo al rango di «resistenza ». Nello stesso giorno abbiamo letto, come se si trattasse di una curiosità, l'annuncio da parte del presidente Ahmadinejad del prossimo lancio del primo satellite da mettere in orbita con un vettore prodotto in Iran. Ebbene trattandosi del Paese sottoposto a embargo internazionale per il suo programma nucleare portato avanti in violazione delle risoluzioni dell'Onu e che preoccupa più di altri per la sua reiterata volontà di distruggere Israele, possibile che l'unica reazione sia stata quella della Casa Bianca mentre in Italia e in Europa si sia osservato il silenzio?

Eppure sappiamo bene che il terrorismo islamico globalizzato ci riguarda assai da vicino. Soltanto dieci giorni fa i servizi di sicurezza britannici hanno arrestato una cellula di Al Qaeda, composta da pachistani, che si apprestavano a compiere degli attentati suicidi nel Regno. Erano pachistani anche i 14 terroristi di Al Qaeda arrestati in Spagna il 19 gennaio scorso, pronti a compiere degli attentati in concomitanza con la visita del presidente Pervez Musharraf in Europa. Il 5 novembre 2007 anche l'Italia era stata interessata all'arresto di venti terroristi islamici dediti al reclutamento di aspiranti kamikaze da inviare in Iraq.

Vi pare un quadro generale che ci possa indurre ad abbassare la guardia e a declassare la questione della sicurezza e della lotta al terrorismo islamico globalizzato?Mi auguro proprio che questa questione abbia il rilievo prioritario che merita nel confronto elettorale in corso.

Magdi Allam
08 febbraio 2008

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