Re: Lettera di una cooperatrice in Afghanistan a D'Alema e al suo mediatore unico, Gino Strada



Una sola domanda:
Come mai il governo Karzai ha lasciato liberi cinque suoi nemici senza battere ciglio? Erano prigionieri suoi, mica nostri. Siamo così potenti noi italiani, da far si che un governo retto da un ex dipendente di una ditta Usa e che deve tutto al goverrno degli Stati Uniti si affretti ad accontentarci facendo una cosa contraria ai suoi interessi e a quelli del suo potente alleato , anzi, senza neppure preoccuparsi di informarlo?
Non è che il buon Karzai ha gia' capito come andrà a finire e vuole poter dire all'Iman Dadullah il giorno che questi entrerà a Kabul : "Però io tuo fratello l'ho liberato....."
Ciao
Gio
 
PS Cosa fa esattamante Susanna Fioretti in Afghanistan e per quale organizzazione lavora?

 
Il 27/03/07, Scienza per l'Uomo <scienzaperluomo at yahoo.it> ha scritto:
 

Lettera di una cooperatrice in Afghanistan a D'Alema e al suo mediatore unico, Gino Strada

Al direttore - Dal novembre 2002 passo in Afghanistan
in media 4 mesi l'anno. Lavoro, nell'ambito
della cooperazione internazionale, a
contatto con un gruppo di donne, di cui alcune
mi chiamano sorella, vivo una quotidianità più
afghana che occidentale; ho girato 7 province,
raccolto racconti, letto il Corano, studiato un po'
di storia islamica, e sto ancora cominciando a
imparare. Mi affascina chi, dopo pochi giorni o
settimane, muovendosi tra un progetto umanitario
e un albergo presidiato, dà giudizi e spiega
un paese di cui ha capito tutto. Io non sono così
brava: quando accadono certi fatti non so esternare
opinioni, ho bisogno invece di spiegazioni.
Come ad esempio nel recente caso Mastrogiacomo.
Ero a Kabul quando è stato rapito e liberato,
e chiedo, a titolo esclusivamente personale:
- Perché un governo che deve occuparsi di decine
di milioni di cittadini, alcuni dei quali sparsi
per il mondo, si dedica a uno solo dei suoi figli,
in pericolo, mentre quello stesso giorno, come
ogni giorno, altre vite sono pure in pericolo
o si spengono nell'indifferenza, mentre urgenti
bisogni collettivi aspettano?
- Quel figlio speciale è stato rapito mentre faceva
il suo lavoro rispettando le norme di sicurezza
raccomandate a chiunque sia in Afghanistan?
Ha pensato a non mettere a rischio altre
vite, oltre alla sua? Ha misurato le possibili conseguenze
dei suoi atti? Sapeva che chi ha scelto
la via dell'imprudenza ha pagato a volte con la
morte? Perché i suoi colleghi non hanno seguito
quella strada pur avendo lo stesso diritto-dovere
di 'informare'? Aveva un compito eroico tutto
suo, una missione speciale? Per questo meritava
di essere salvato pagando un simile prezzo?
- Ma qual è il prezzo pagato per Mastrogiacomo?
Oltre al tempo del governo e ai lunghi giorni
in cui un'ambasciata coraggiosa, sovraccaricata
e straordinariamente reattiva – che svolge
un sottile lavoro diplomatico mentre si è improvvisamente
trovata impastoiata dall'imperativo
di salvare un giornalista, quanto è costato
questo giornalista, in moneta, in delicati equilibri
infranti e in vite umane, già pagate o messe
a repentaglio dalla sua liberazione?
- Quanti talebani vale un italiano? Quanti
sforzi afghani e internazionali, pericoli e perdite
avute per catturarli, è lecito mettere sull'altro
piatto della bilancia con cui Mastrogiacomo è
stato pesato? E quanti autisti, interpreti, insomma
quanti afghani possono essere sacrificati
all'informazione?
- Mastrogiacomo non avrebbe potuto tra un
flash e l'altro, magari sottovoce, chiedere scusa?
- Se è vero che Gino Strada ha detto "Meglio i
talebani che un governo amico degli americani",
vorrebbe spiegare a nome di chi parla? Perché la
grande maggioranza degli afghani – per quanto
mi riguarda tutti gli afghani che conosco, alcuni
dei quali rischiano lavorando con noi, sapendo
che nessuno pagherà mai per loro in talebani
– crede in una svolta democratica del paese,
non vuole il ritorno dei talebani né che i contingenti
militari lascino l'Afghanistan, e chiede:
"Come mai ci aiutate a costruire uno stato democratico,
fate ospedali, tribunali, scuole, e poi
per salvare uno di voi accettate il ricatto dei nemici
della democrazia?".
- Perché il guru dell'Afghanistan, l'amorevole
soccorritore si scaglia contro i militari che
fanno il loro dovere anche portandolo ad abbracciare
Mastrogiacomo davanti a una macchina
fotografica? Perché mentre molte organizzazioni
umanitarie agiscono in silenzio, lasciando
la politica a chi compete, il leader di
una delle tante, di innegabile valore e dichiaratamente
neutrale, parla pubblicamente di politica
in modo non neutrale? Invece di alimentare
così fratture e tensioni che non servono a nessuno,
non potrebbe usare la sua esperienza per
aiutare a conciliare, a capire?
- Contenta solo per lui, auguro lunga vita a
Mastrogiacomo. Mentre se la gode penserà ogni
tanto che, grazie alle modalità e al prezzo della
sua liberazione, in Afghanistan il pericolo di rapimenti
è aumentato e la situazione è ancora un
po' meno facile, non solo per gli italiani?
Sono tutt'altro che un'eroina, se fossi rapita
certo vorrei aiuto. Ma mi unisco qui a chi, lavorando
in Afghanistan, ha lasciato disposizioni
scritte di non trattare oltre limiti ragionevoli,
che escludono di pagare costi tali da creare problemi
a due governi, quello afghano e quello italiano.
Anche se la paura al momento mi spingesse a chiederlo.
Susanna Fioretti, via Web



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