In Iraq un movimento di resistenza popolare combatte contro al Qaida



In Iraq un movimento di resistenza popolare combatte contro al Qaida
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Nel cuore dell’area sunnita è battaglia tra l’Anbar Salvation Council e i binladenisti scappati da Baghdad

 Baghdad. Gli iracheni sunniti danno battaglia ad al Qaida e vincono. Dalla città di Amiriya, nel mezzo della provincia di al Anbar, un movimento popolare – non per questo meno efficace o letale – di resistenza sta contendendo ai guerriglieri binladenisti il controllo del territorio. Gli iracheni di al Anbar non vogliono che l’enorme provincia – fino a oggi l’area più pericolosa del paese, assieme alla capitale Baghdad – sia trasformata dai combattenti stranieri nell’“Emirato islamico d’Iraq”. Riconoscono il governo centrale di Baghdad e chiedono spesso l’aiuto e la cooperazione di truppe regolari irachene e americane per battere gli estremisti. Tre giorni fa, in pieno pomeriggio, le forze di sicurezza, appoggiate proprio dalle unità paramilitari formate da uomini delle tribù sunnite, hanno combattuto i miliziani in uno scontro frontale che è durato diverse ore. Trentanove uomini di al Qaida sono rimasti uccisi, e tra loro anche due pericolosi leader regionali, Shakir Hadi Jassim e Mohammed Khamis. Le unità paramilitari popolari, di cui ha scritto anche l’agenzia France presse, sono le Emergency Response Unit, drappelli di volontari armati provenienti dalle tribù locali, di non difficile costituzione in una regione dove tutte le famiglie possiedono armi e sono già abituate a radunarsi e ad agire secondo la gerarchia tribale. La sollevazione anti al Qaida, nel cuore della regione sunnita del paese, è la notizia peggiore per i terroristi. Fino a oggi la parte del loro nemico naturale è stata della maggioranza sciita. Al Qaida l’ha sempre perseguitata con ferocia, facendo saltare camion carichi di esplosivo nei loro mercati di quartiere e sparando nel mucchio dei fedeli durante le cerimonie religiose. “Devono essere sterminati come scorpioni velenosi”, diceva al Zarqawi. Ma nelle aree a maggioranza sunnita i terroristi finora godevano, se non dell’appoggio popolare, almeno di una certa impaurita indifferenza. Una zona grigia che consentiva di svolgere, pure nel mezzo di quartieri abitati, la loro routine guerrigliera. Spostamenti, rifornimenti, preparazione degli attacchi. Se al Qaida – che in Iraq conta circa tremila combattenti stranieri, provenienti soprattutto da Algeria, Siria e Arabia Saudita, ma anche da Sudan e Afghanistan – perde quel fondo sunnita a cui si mescola per rendersi invisibile, comincerà a perdere anche tutto il resto.

Autobomba alla moschea
La citta di Amiriya era già stata teatro di una grande battaglia lo scorso due marzo. Diverse centinaia di combattenti di al Qaida s’erano ammassati per attaccare il convoglio di un leader dell’Anbar Salvation Council (Asc), la lega di tribù ed ex guerriglieri che ora appoggia il governo e combatte al Qaida in Iraq. La polizia della zona aveva intuito in tempo l’attacco, e aveva chiamato i combattenti locali appartenenti alla Thurwa al Anbar, la milizia allestita dall’Anbar Salvation Council. Almeno 80 uomini di al Qaida erano morti e altri cinquanta erano stati catturati. Il leader dell’Asc era in viaggio per partecipare ai funerali delle vittime della stage di Habbaniya, dove al Qaida ha distrutto un’intera moschea (ammazzando 39 persone) con un’autobomba per punire l’imam sunnita che aveva osato predicare contro i terroristi. E’ l’evoluzione dell’operazione di sicurezza per Baghdad cominciata dal comandante americano in Iraq, David Petraeus, da circa un mese. Anche se il culmine sarà raggiunto a giugno – per ora sono schierate soltanto due delle cinque brigate previste – al Qaida ha ripiegato sulle province esterne, come Diyala e, appunto, la regione di al Anbar. Due mesi fa i suoi incappucciati spadroneggiavano a Haifa street, a soli due chilometri dalla Zona verde. Oggi al Qaida compie nella capitale attacchi propagandistici, come il razzo sparato a vuoto che ieri ha fatto sobbalzare il segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, mentre parlava al coperto, nella capitale. Oppure riesce a colpire soltanto grazie a nuovi, disumani stratagemmi, come l’autobomba carica di bambini – per scivolare senza sospetti tra i posti di blocco – che domenica è esplosa nel quartiere di Adamiya. La lotta tra l’Anbar Salvation Council e al Qaida sta crescendo d’intensità di giorno in giorno. Lo scorso fine settimana i terroristi hanno attaccato con autobomba cariche di cloro – trasformate quindi in armi chimiche di massa, per fare strage senza distinzioni – la popolazione di Ramadi, Fallujah e Amiriya, roccaforti tradizionalmente sunnite. Gli uomini della nuova resistenza hanno risposto con blitz nei covi, e hanno confiscato grandi depositi di armi, di esplosivo e di materiale di propaganda.

(23/03/2007)