Un cancro da estirpare



Un cancro da estirpare

 

Ritornando in Italia dopo un mese e mezzo trascorso a 10.000 km di distanza e lontano anni luce dai veleni di questa infinita ed estenuante campagna elettorale, ero sicuro che avrei trovato il clima politico ben peggiore e teso di quanto già non fosse a metà febbraio. Partito nei giorni della oscena t-shirt con le vignette mostrata in tv da un ministro pagliaccio che ha provocato poi una decina di morti in Libia, torno dopo qualche giorno che un altro ministro pagliaccio dichiara che Fassino ha l’aviaria e il giorno dopo che il capoclown sostiene che i cinesi bollivano i bambini 50 anni fa. Beh, non c’è che complimentarsi con questi personaggi il cui acume e spessore politico fanno passi da gigante ogni giorno.

 

Naturalmente c’è poco da ridere, ma se questo becero linguaggio politico nel 1994 costituiva una ventata di novità ed era visto positivamente dopo 50 anni di oscuro e noioso politichese di stampo democristiano, nel 2006 ha proprio rotto le palle (scusate il termine, ma mi adeguo all’illustre classe dirigente che ci governa da 5 anni). Questo linguaggio ormai non fa’ più ridere nessuno e denota sempre più in chi lo adotta un dna antidemocratico, autoritario, populista e del tutto irrispettoso di regole, istituzioni e avversari politici.

E una grossa responsabilità in questi anni l’ha avuta anche la categoria dei giornalisti politici (salvo ovviamente rare eccezioni bipartisan) che ha fatto da cassa di risonanza a questo linguaggio becero sostenendolo e inseguendolo. Ma adesso si sono superati tutti i limiti della decenza.

 

Purtroppo nel 1994 invece di una ventata di novità e di modernizzazione del panorama politico si è installato nel Paese un vero e proprio cancro mascherato da nuovo miracolo italiano che giorno dopo giorno ha prodotto metastasi e prima che l’Italia raggiunga lo stadio di malato terminale, questo cancro va estirpato alla radice.

Un cancro che nel corso degli anni ha avvelenato tutti i gangli del sistema politico, portando tensione e odio, e ha provocato la rottura della coesione sociale devastando l’economia e il mercato del lavoro.

Ora basta, così non si può più continuare, l’Italia ormai è solo formalmente un Paese del G8 e stando ai numeri dovrebbe esserne esclusa. Stiamo pian piano diventando un Paese del secondo mondo tendente al terzo nel corso degli anni futuri.

 

Certamente il Paese ha ancora le forze per salvarsi, ma è indispensabile un’operazione chirurgica che estirpi alla radice questo cancro facendo piazza pulita di tutte le metastasi prodotte in 12 anni.

 

Il giorno dell’operazione è il 9 Aprile e staremo a vedere se a vincere saranno gli anticorpi democratici o se i cosiddetti indecisi, decisivi per il risultato finale, daranno la spallata per far precipitare l’Italia verso il secondo e il terzo mondo.

 

Certo che se a decidere di far diventare l’Italia il primo Paese del terzo mondo nell’area euro sono persone con la quinta elementare, oppure rincoglionite da fiction e reality show e perennemente con la faccia incollata davanti al telefonino, beh allora siamo proprio degni di diventare un Paese del terzo mondo, ne avremmo tutti i requisiti a partire da chi ci governerà per altri 5 anni fino ad arrivare all’ultimo deficiente che per pagare le migliaia di sms e telefonate inutili, magari mangia un giorno sì e uno no, dicendo agli altri che è a dieta perché così può aspirare a una comparsata in tv come letterina, schedina, velina, tronista o inquilino del Grande Fratello.

 

E comunque per quanto mi riguarda, se questo sarà l’esito elettorale, ho solo l’imbarazzo della scelta per trasferirmi a vivere in altro Paese del terzo mondo dove però ci sono sempre 25 gradi centigradi di media e il costo della vita è un quarto di quello italiano; e poi De Cecco, Barilla, olio d’oliva, Nutella e Serie A ormai arrivano in tutto il mondo.

 

Enrico Sabatino