Katanga



Il Katanga ed i fantasmi del passato
Congo R.D.
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Scritto da Matteo Fagotto  
venerdì, 13 maggio 2005 18:59

Foto Getty Images

Come se non bastasse la costante instabilità in Ituri e Kivu, il Congo vede ora riaprirsi anche la questione-Katanga: in una sorta di revival degli anni 60, un gruppo di militari, politici, guardie presidenziali e uomini d'affari avrebbe tentato una nuova secessione nella ricca regione mineraria del sud del Congo, stroncata sul nascere dal tempestivo intervento delle forze di sicurezza congolesi. Ma ad una settimana dalla scoperta del complotto i punto oscuri sono ancora tanti.

Il segreto di Pulcinella

Le prime voci su una possibile rivolta armata nella regione del Katanga si erano avute già a fine marzo, con la misteriosa sparizione di un ingente quantitativo di armi da alcune caserme di Lumumbashi. Ma gli arresti dei presunti secessionisti sono cominciati solo a fine aprile, nonostante il governo avesse tentato di mantenere il silenzio su una questione già diventata di pubblico dominio.

 

Le autorità congolesi sono uscite allo scoperto solo questa settimana, confermando le voci di una "minaccia all'integrità della nazione" condotta dal neo gruppo armato MIK (Mouvement pour l’indépendance du Katanga), composto da alcuni alti ufficiali dell'esercito e da membri della polizia locale e della guardia presidenziale.

Il presidente Joseph Kabila si è subito recato a Lumbubashi, dove risiede dall'8 maggio, per riaffermare il controllo delle autorità di Kinshasa sulla regione. Intanto, almeno 35 persone sarebbero state arrestate ed interrogate, anche se alcune locali associazioni dei diritti umani parlano di centinaia di arresti. Tra i catturati figurerebbe anche André Tshombé, figlio dell'ex-Primo Ministro congolese e leader della secessione katanghese negli anni 1960-63.

Il problema dei rapporti tra Lumubmashi e Kinshasa, e della spartizione della ricca torta mineraria del Katanga, non è certo nuovo. Dopo il tentativo secessionanista degli anni 60 infatti i rapporti tra la regione ed il centro non si sono mai ricomposti del tutto, come dimostra anche il blitz delle Katangan Tigers a Kilwa dello scorso ottobre.

Quello che lascia maggiormente perplessi è invece il silenzio delle autorità congolesi sulla faccenda, silenzio durato fin troppo per un fatto così grave e pericoloso per l'unità della nazione. Solo nei prossimi giorni sara però possibile trarre delle prime conclusioni dalla vicenda, stando all'attuale scarsità di informazioni.

Quello che è certo è che questo presunto tentativo secessionaista arriva in un momento particolarmente delicato per il paese, impegnato nel difficile processo di transizione e nell'organizzazione delle prime elezioni post-belliche, e in un momento in cui oltretutto la situazione in Ituri è tornata a deteriorarsi.

Imboscata ai Caschi Blu

Giovedì scorso infatti 40 Caschi Blu della MONUC (la missione ONU nel paese) provenienti dal Bangladesh sono rimasti vittime di un'imboscata nei pressi di Geti, a circa 50 km dal capoluogo Bunia, dove stavano facendo ritorno al termine di un pattugliamento.

I Caschi Blu sarebbero finiti sotto il fuoco di una ventina di miliziani, che avrebbero provocato il ferimento di 7 uomini della MONUC. Uno di questi è successivamente deceduto a causa delle ferite riportate, portando così il numero delle perdite della missione a 17 dal 1999.

I principali sospettati dell'attacco sarebbero i miliziani delle FRPI (Forces de résistance patriotique en Ituri), uno dei due gruppi ribelli ancora attivi nella regione. L'operazione potrebbe essere stata una rappresaglia per l'aiuto fornito dalla MONUC all'esercito congolese in una recente operazione contro le FRPI.

Lo scorso febbraio 9 Caschi Blu erano rimasti uccisi sempre in un'imboscata condotta da alcuni miliziani, un episodio che ha scatenato la pronta reazione della MONUC che in pochi mesi è riuscita a disarmare, con le buone o con le cattive, circa 12.000 dei 15.000 miliziani presenti nella regione e a smantellare 5 dei 7 gruppi armati operanti nella zona. I circa 2.500 guerriglieri rimanenti dovranno essere disarmati con la forza per garantire un minimo di stabilità alla regione.

Si calcola che il quinquennale conflitto congolese abbia provocato la morte di almeno 50.000 nel solo Ituri, mentre gli scontri degli ultimi mesi tra le varie milizie per il controllo del territorio avrebbero causato la fuga di almeno 100.000 civili, rifugiatisi in parte nei paesi vicini.

Matteo Fagotto


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