La globalizzazione irakena



Perché la democrazia
Se l'irak è l'ultimo passo della globalizzazione

La questione irakena, come forse altre nel mondo, permette di focalizzare l'attenzione su diversi punti della realtà, permettendoci di afferrare anche termini che potrebbero essere interpretati solo in un lontano futuro. La storia si fa nel presente, ma si comprende a posteriori, nel futuro. Eppure cerchiamo sempre di delineare il punto della situazione con una visione possibilmente globale magari da manuale di scuola. L'interesse della questione Irakena verte su un punto singolare e su cui di certo in futuro si scriveranno pagine e pagine sui libri: la democrazia.
La democrazia ha avuto nella storia occidentale un lento sviluppo e un lento progredire. Possiamo affermare che è "un'invenzione" piuttosto moderna, anche se la storia dimostra che la direzione fu già delineata con la rivoluzione francese. Il problema consiste nel fatto che la rivoluzione francese fu opera dei francesi. Sull'evoluzione del più importante avvenimento della storia moderna, hanno agito fattori che chiamerei interni. La democrazia (o almeno i primi passi) fu raggiunta in modo progressivo e partiva da constatazioni basilari, che le stesse persone notavano: i privilegi dei nobili o le terre dei cardinali. Fu il popolo il motore della rivoluzione perché le motivazioni c'erano tutte. Ora, il popolo irakeno, è stato ovviamente sotto un oppressore e di certo non viveva una situazione felice. Gli americani hanno avuto il merito di liberare un popolo da una dittatura, ma per questo motivo non devono farsi promotori della democrazia. Questa parola è un insieme di valori che parte dalla stessa constatazione fisica della gente. La dittatura di Saddam può essere stato uno di quei fattori per il quale il popolo avrebbe scelto la democrazia, ma forse non l'unico. Gli americani devono anche far fronte ad una serie innumerevole di altre variabili (quali gruppi estremisti) che rimettono in gioco la situazione. Con questo non voglio affermare che in Iraq sarebbe stato meglio che il popolo in primis si ribellasse. Ogni cultura e gente ha la sua storia. Ma se l'obiettivo americano era quello di portare la democrazia in Iraq, ciò doveva avvenire a piccoli passi, cercando la strada del dialogo. Conoscere tramite l'istruzione la democrazia era un passo molto importante per far capire e spiegare il perché della democrazia. Ovviamente la dittatura irakena era di per sé un ostacolo grosso, ma non invalicabile, dato che è agito per fini e interessi della casa bianca. In questo momento è difficile dire come si può portare la democrazia in Irak, per il semplice motivo che è il popolo stesso che non crede, è la gente che non capisce il significato di questa parola. Non c'è da stupirsi quindi se estremisti saltano in aria su camionette, con la convinzione di fermare un imperialismo americano. Per quello che fa l'america sono purtroppo convinzioni fondate. Il dialogo rappresentava e rappresenta la via maestra per infiltrare la democrazia, che è un insieme di valori, ma soprattutto è l'adesione personale e concreta ad un mondo senza ne imperi né dittature.

La questione ha altri aspetti però. La democrazia bisogna considerarla anche in base alla sua origine. Essa è un prodotto occidentale e in quanto tale appartiene ad una cultura diversa da quella araba. La cultura occidentale è basata sui valori della religione cristiana, sulla tecnologia e l'industrializzazione, sulla pubblicità. La cultura araba, una tra le tante, ha differenze, per esempio sul piano religioso, ma anche analogie che è necessario esaltare e sostenere per il benessere comune. Il luogo comune in cui si cade in questi giorni è la lotta tra culture, che ulteriormente radicalizzata diventa lotta tra religioni. Il rischio è quindi di precipitare in forti pregiudizi che possono sfociare in episodi di razzismo e violenza. L'esportazione della democrazia così rischia di diventare non solo elemento ulteriore di divisione, ma anche promotrice di un atteggiamento di superiorità dell'uomo occidentale. La presunta superiorità dell'europeo della Fallaci si basa su storie di popoli che attraversano fasi e periodi diversi, ma fisicamente e scientificamente infondata. Soprattutto noi occidentali che abbiamo redatto la dichiarazione dei diritti dell'uomo, o "la legge è uguale per tutti", dobbiamo rendercene conto e accettare. Lasciando stare il fatto dell'impossibilità di esportare fisicamente la democrazia come ho detto prima, è necessario primancora educare i nostri figli e crescerli secondo le rigide regole della globalizzazione, affinché la democrazia non diventi un fattore discriminante, ma sia frutto di un'accezione comune. Superare le divergenze è obbligatorio: la società futura della comunicazione istantanea avrà sempre più denominatori comuni: tecnologia, storia, magari lingua; la cultura di un popolo e così anche la sua forma di governo potrebbe non essere rinunciata per un bene mondiale comune: in tal caso ogni popolo manterrà i suoi tratti. La democrazia però non deve rappresentare un primo passo per ovviare le differenze, perché queste non possono essere mai superate e, soprattutto, perché c'è il rischio della perdita di biodiversità e l'acquisizione dell'omologazione.
Tutti i tratti caratteristici di ogni cultura rappresentano gli atomi della nostra società: non si può prescindere da essi, perché anche il più piccolo mutamento di questi potrebbe provocare una reazione a catena, che può portare a conseguenze devastanti. L'intervento americano in Iraq lo dimostra. Riassumendo, la democrazia è una caratteristica propria della nostra cultura ma che, tuttavia, può essere condivisa e non esportata con altre culture; tutto ciò deve avvenire nel rispetto di queste ultime, e nella voluttuaria partecipazione del singolo individuo alla sua costruzione.

La scelta della democrazia in Irak come ho già detto è frutto di una presunzione occidentale (seppur a fin di bene, vale a dire il benessere collettivo e del popolo irakeno), ma ha un altro tratto di discussione. A livello storico le forme di governo dei popoli arabi possono essere paragonate alle antiche istituzioni feudali o alle monarchie assolute per l'origine teocratica del potere. Questa può essere un'ulteriore prova dell'arretratezza della cultura e storia araba e quindi della necessità di un provvedimento esterno. Ma non c'è il rischio forse, nell'accelerare così i tempi, di perdere il concetto stesso di tempo e realtà? E' possibile far compiere in pochi anni un balzo storico che nella nostra storia è durato più di otto secoli?
Perché poi la democrazia? E' la forma di governo più opportuno. Ma anche questa è una risposta tipicamente occidentale. Perché non un'altra forma di governo? Ogni popolo proprio per avere un bagaglio storico e culturale diverso, ovvierà per la soluzione in fondo più adatta per loro. Il punto consiste nella globalizzazione, che avvicina tutti, prescindendo certi fattori che in realtà per ogni popolo, ma anche per ogni gruppo e individuo, sono importanti. Ecco che ogni popolo dovrà fare quindi i conti con il proprio interesse, ma anche quello di una comunità ben più grande: quella mondiale.
                                                                                                                            Davide      Marzorati