Scudi Umani + Iraq Peace Team (Fw: notizie dal ponte n 4/5)



-----Messaggio Originale-----
Da: posta at unponteper.it
A: NONVIOLENCE LIST
Data invio: venerdì 7 marzo 2003 13.08
Oggetto: [non-violence] notizie dal ponte n 4/5


*Scudi Umani
*Iraq Peace Team


SCUDI UMANI
Gli "scudi umani" stanno diventando un grattacapo per Washington. Gli
Stati Uniti hanno ammonito l'Iraq a non collocare civili in siti
militari nel tentativo di impedire un attacco, dicendo che l'impiego di
"scudi umani" rappresenterebbe un crimine contro l'umanità punibile dopo
ogni guerra.
L'argomento è stato affrontato sia dal Segretario Usa alla Difesa,
Donald Rumsfeld, che dal Capo degli Stati Maggiori Riuniti, il generale
dell'aviazione Richard Myers, il giorno dopo l'arrivo a Baghdad di circa
100 attivisti partiti da Londra, i quali hanno intenzione di
posizionarsi nelle vicinanze di potenziali obiettivi dei bombardamenti
nel tentativo di impedire gli attacchi.
L'impiego di "scudi umani" "è una pratica che rivela disprezzo per le
norme dell'umanità, le regole del conflitto armato, e, mi si dice, la
legge, la pratica e la fede dell'Islam", ha dichiarato Rumsfeld durante
una conferenza stampa al Pentagono il 19 febbraio. "Collocare scudi
umani" - ha aggiunto - "non è una strategia militare, è assassinio, una
violazione delle leggi dei conflitti armati e un crimine contro l'
umanità, e sarà trattato come tale. Coloro che seguono gli ordini [di
Saddam NdR] di impiegare scudi umani pagheranno un prezzo pesante per le
loro azioni".
Dello stesso avviso il generale Myers, il quale ha detto che usare non
combattenti - anche coloro che si offrissero volontari - per proteggere
potenziali obiettivi militari "potrebbe essere considerato un crimine di
guerra in ogni conflitto". Un ammonimento che aveva già rivolto all'Iraq
il 15 gennaio.
La questione comunque sembra davvero destare una certa preoccupazione a
Washington.
Il generale che dovrebbe guidare la guerra - Tommy R. Franks, comandante
del US Central Command - ha dichiarato il 26 febbraio all'Associated
Press, dal suo quartier generale di Camp as Sayliyah in Qatar, che le
forze americane e alleate non potrebbero garantire la sicurezza dei
civili che si posizionassero intenzionalmente come "scudi umani" contro
un attacco a obiettivi iracheni.
"Faremo del nostro meglio per evitare vittime fra i non combattenti ma,
ve lo dico, non ci riusciremo al 100%", ha dichiarato.
Una posizione condivisa dal ministro della difesa britannico Geoff Hoon,
anch'egli in Qatar, che nella stessa conferenza stampa ha detto ai
giornalisti: "Non è detto che terremo necessariamente conto dei
cosiddetti scudi umani".
"Vorrei sottolineare a voi la necessità che chiunque stia contemplando
questo genere di azione torni a casa piuttosto che fare il gioco di
Saddam Hussein", ha aggiunto.
E la campagna del Pentagono non si ferma. Lo stesso 26 febbraio è stato
diffuso un rapporto della CIA sull'uso degli "scudi umani" (Putting
Noncombatants at Risk: Saddam's Use of 'Human Shields'), secondo il
quale, fra l'altro, gli iracheni avrebbero collocato installazioni
militari nelle vicinanze di scuole, moschee, magazzini di generi
alimentari, e aree residenziali in numerose aree popolate.
Attualmente sono più di 100 i volontari internazionali che si trovano a
Baghdad con l'intenzione di proteggere le infrastrutture civili da
eventuali attacchi: tra loro anche un gruppo di italiani.
Il contingente più numeroso - partito da Londra a fine gennaio - è
arrivato nella capitale irachena alla metà di febbraio, dopo un lungo
tragitto via terra che ha toccato vari paesi europei, e poi la Turchia e
la Siria.
Il coordinatore, Ken Nichols O'Keefe, è un ex-marine che ha combattuto
nella guerra del Golfo, rinunciando successivamente alla cittadinanza
americana per "disgusto" nei confronti della politica Usa.
(Vedi il suo "diario", pubblicato sul quotidiano britannico The
Independent, il 25 febbraio 2003).
I primi gruppi di attivisti si sono già posizionati presso installazioni
civili: presso la centrale elettrica di Baghdad sud - un impianto che
venne colpito da sei bombe nel 1991 e tuttora opera solo a metà della
sua capacità di prima delle guerra - presso un impianto per la
lavorazione e lo stoccaggio di riso e grano nella zona nord della città,
e presso la raffineria di al Dura, anch'essa colpita durante la guerra,
e che malgrado sia ancora piuttosto malconcia, raffina 60.000 barili al
giorno di petrolio: combustibile di vitale importanza per i trasporti
pubblici, il riscaldamento, gli ospedali di Baghdad.
I rapporti con le autorità irachene però sembra non siano proprio
idilliaci. Il rifiuto da parte di queste alle richieste dei gruppi di
volontari di dislocarsi presso ospedali e scuole, da un lato, unito alla
delusione per i numeri non proprio significativi rispetto alle esigenze
del compito, hanno convinto già un primo gruppo - composto in prevalenza
di inglesi, a rientrare a casa.
E coloro che sono rimasti in Iraq starebbero "riconsiderando" la loro
strategia.
Per ulteriori informazioni e aggiornamenti: www.humanshields.org


IRAQ PEACE TEAM
Una delegazione di 23 pacifisti dell'Iraq Peace Team - il gruppo di
attivisti organizzato dall'associazione Voices in the Wilderness che con
delegazioni a staffetta è presente dal settembre 2002 in Iraq - si è
recata nella zona smilitarizzata nel sud del paese, lungo il confine con
il Kuwait, dove ha installato una "Tenda della Pace" e fatto un digiuno
di quattro giorni.
L'intenzione era di inviare un messaggio sia ai militari americani al di
là del confine che agli americani contrari a una guerra all'Iraq.
"Speriamo con tutto il cuore che il nostro messaggio ai 90.000 soldati
americani già dispiegati in Kuwait e ai pacifisti che si trovano negli
Stati Uniti possa aiutare a impedire una guerra", dice la dichiarazione
di intenti letta durante una conferenza stampa a Baghdad da Charlie
Liteky, 72 anni, di San Francisco, un decorato della guerra del Vietnam.
Preghiamo perché ciascuno di voi, dice il testo, rivolgendosi ai
militari e ai marinai americani, possa tornare presto "alla propria
famiglia e ai propri cari senza dovere partecipare agli orrori della
guerra".
Riconosciamo "che siete stati messi in una posizione piena di ansia e di
pericolo, per la quale condividiamo la responsabilità. Riconosciamo che
siete in questa posizione perché in patria non siamo noi a governarci -
ma siamo invece governati da una minoranza che decide su questioni di
guerra e di pace nell'interesse di pochi, non dei molti.
La nostra democrazia inadeguata ci ha portato in passato a impantanarci
in situazioni mortali, e ora sull'orlo di un altro conflitto che può
essere descritto solo come una tragica guerra dell'impero".
L'appello ai militari è quello di umanizzare gli iracheni ".le persone
comuni che popolano le città e i villaggi del paese, che lavorano nei
negozi e nei ristoranti, vanno a scuola, praticano la loro religione,
celebrano compleanni, matrimoni e funerali; che, come gli innocenti in
ogni guerra subiranno le maggiori sofferenze - e che sono praticamente
identici alle nostre famiglie in patria, specialmente nel loro desiderio
di pace".
Fu proprio il generale e presidente Dwight Eisenhower - proseguono gli
attivisti - a dirci: "Ricordate che tutti i popoli di tutte le nazioni
vogliono la pace. Solo i loro governi vogliono la guerra". Vi chiediamo,
nostri concittadini, pensare con la vostra testa e il vostro cuore e di
fare la cosa giusta".
Ai pacifisti e a tutti coloro che negli Usa il 15 febbraio hanno
marciato per la pace viene poi rivolto un appello perché questo "giorno
storico di protesta non sia la fine dei nostri sforzi, ma solo l'
inizio": l'appello a un "un massiccio, sit-down preventivo per la pace"
da farsi in tutti gli Stati Uniti come unico modo per evitare una guerra
e un disastro umanitario in Iraq .
Il movimento per la pace - conclude la dichiarazione, citando le parole
del rev. Daniel Berrigan - "otterrà successo solo quando mostrerà lo
stesso coraggio per la pace che i soldati mostrano per la guerra".


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