Fw: storia di T.



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From: <kurtzio at libero.it>
To: "bebitartari" <bebitartari at bcc.tin.it>
Cc: "mrta" <mrta at libero.it>
Sent: Tuesday, January 28, 2003 5:25 PM
Subject: storia di T.


T. e' un ventenne, volontario del Medical Relief da un anno e mezzo, in
servizio ogni giorno fino alle sei del pomeriggio.
Il 26 dicembre dell'anno scorso, giorno di Santo Stefano, era andato a
visitare per servizio un anziano, obbligato a letto a causa di una grave
malattia alle ossa, qui' aveva provveduto a pulire le ferite da decupito
causate dalla permanenza forzata nel letto. Una volta finito il servizio se
ne stava ritornando verso la clinica del Medical Relief nella citta' vecchia
di Nablus quando, improvvisamente, sono comparsi alcuni soldati anche loro
di ritorno al check point. Questi lo hanno caricato sul loro blindato
all'interno del quale ne hanno controllato l'identita', ma nonostante T.
avesse i documenti in regola, in quanto il personale medico e' autorizzato a
transitare anche durante il coprifuoco, lo hanno ugualmente arrestato e
tradotto in manette al loro comando in cima a una delle colline che guardano
la valle dove sorge la citta' vecchia di Nablus.
Qui' giunti lo hanno rinchiuso in una piccola cella con le mani legate
dietro alla schiena, da quei laccetti di plastica dei quali mi mostra i
segni che ancora oggi sono ben visibili, insieme ad altri quattro compagni
di sventura e' rimasto nella cella per tre giorni senza mangiare e senza
bere, con i soldati che si avvicendavano nella cella per picchiarli
duramente molte volte durante ogni giorni e ogni notte.
Dopo di che' sono stati portati da un dottore che, piu' che assicurarsi del
loro stato di salute ha verificato con domande specifiche se T. fosse
veramente un infermiere. Dopo la visita del dottore sono stati rinchiusi in
un bagno per quattro ore e, ogni quarto d'ora circa, i soldati entravano nel
bagno e facevano i loro bisogni sui corpi degli sventurati palestinesi.

Dopo quel trattamento, in condizioni difficilmente immaginabili, sono stati
trasferiti nella prigione di Salem vicino a Jenin. Qui' giunti sono stati
fatti sedere a carponi, con le mani sempre strettamente leagte dietro la
schiena, di fronte a un muro dove sono rimasti immobili per circa tre ore.
Poi ognuno di loro e' passato dall'ufficio per lasciare in consegna i propri
averi personali ma, aggiunge T., il denaro e i telefonini gli erano gia'
stati sottratti da coloro che avevano proceduto all'arresto. Non gli
rimanevano che le cinghie e i lacci delle scarpe. Quindi T. ha raggiunto la
cella numero due dove e' rimasto detenuto con altri cinque palestinesi in
uno spazio di quattro metri quadrati.
Al terzo giorno di detenzione il capitano lo ha picchiato duramente perche'
indossava ancora la pettorina bianca del Medical Relief. Ogni giorno
venivano serviti tre pasti che consistevano in un piccolo bicchiere di latte
e un pezzo di pane, considerati sufficienti per tutti i sei prigionieri.
Ogni volta che un militare entrava nella cella, cosa che accadeva almeno
quattro volte al giorno, i prigionieri dovevano alzarsi in piedi faccia al
muro, testa bassa e mani aperte dietro la schiena, potevano anche venire
lasciati in quella posizione per ore, a discrezione del capitano.
Nella cella numero uno c'era un prigioniero malato allo stomaco, non si
reggeva in piedi, allora il capitano mando' a chiamare il dottore, comparve
un soldato dicendo di essere il dottore e gli ordino' di bere due litri di
acqua ad ogni pasto ed era obbligato a farlo davanti al capitano, che rideva
di lui insieme ai suoi militi. Per tre giorni il poveretto e' stato
costretto a subire la cura, dopodiche' venne trasferito. Ma alla stessa cura
venivano sottoposti tutti i prigionieri che osavano darsi malati.
Dopo undici giorni di prigionia T. venne liberato alla mezzanotte e mezzo
insieme ad altri undici compagni, spinti fuori dalla porta della prigione
inermi, sporchi ed affamati, i dodici camminarono per oltre due ore prima di
incontrare un'abitazione palestinese dove, il padrone di casa, pur non
conoscendoli, forni' loro un poco di cibo e qualche moneta per arrivare a
Jenin, dove viveva uno di loro. Di li' T. ha proseguito per Nablus aiutato
dal suo compagno di prigionia ed e' arrivato alla sua casa nella citta'
vecchia a mezzogiorno e mezzo del giorno successivo.