Pallacanestro : ex yugoslavia, il grido di dolore



dal Manifesto di oggi,
saluti,
Francesco Lauria 
http://francescolauria.blog.tiscali.it

PALLACANESTRO 

Ex-Jugoslavia, il grido di dolore 

MAURIZIO MATTEUZZI

Se ci fosse bisogno di trovare una una ragione in più
per maledire il papa e la Germania - che furono i
primi a soffiare sulle pulsioni secessioniste di
Croazia e Slovenia sfociate poi nelle feroci guerre
balcaniche degli anni '90 e nell'inevitabile
dissoluzione della Jugoslavia - e per maledire gli
americani - che alla fine del decennio completarono
l'opera di disfacimento con la «guerra umanitaria» nel
Kosovo -, quella ragione la si è vista con assoluta
chiarezza ad Atene. La «Serbia-Montenegro», paese
inesistente in attesa anch'esso di dissoluzione,
eliminata nel basket dall'inconsistente Cina - che
aveva fatto apparire dei supermen anche la generosa
Italietta di Recalcati - e costretta all'umiliazione
di una partita con la simpatica Angola con
l'undicesimo posto in palio. Non era più successo
dagli Europei di Helsinki del `67, che la
(ex)Jugoslavia del basket non riuscisse a entrare
neppure nei quarti di finale.

Fra le tante atrocità delle guerre balcaniche, noi
amanti del basket, osiamo mettere anche la fine della
Grande Jugoslavia. Quella cinque volter campione del
mondo - l'ultima nel 2002 a Indianapolis, in casa dei
maestri Usa, contro la fortissima Argentina di Manuel
Ginobili -, quella campione olimpico - nell'80 a
Mosca, contro l'allora formidabile Urss - e quattro
volte seconda nei giochi, quella non so quante volte
campione d'Europa - l'ultima nel 2001 a Istanbul
contro una validissima squadra turca. Quella che ha
fatto godere la gente che loves this game, come dice
lo slogan della Nba, su tutti i campi d'Europa e del
mondo.

Sparita la Jugoslavia, sorti sulle sue ceneri -
letteralmente -un'infinità di paesini furiosamente
nazionalisti, era impossibile che i meravigliosi
«plavi» potessero reggere a lungo. Per un attimo era
sembrato che quel team meraviglioso - fatto di una
mescola unica e superba di serbi, croati, dalmati,
sloveni, macedoni, bosniaci - potesse resistere agli
eventi politici più distruttivi. Ma fu un attimo,
appunto. Poi la storia fece inevitabilmente il suo
corso. E una straordinaria squadra implose - come, su
scala maggiore, tutto il blocco del socialismo reale -
in una pletora di squadrette rissose e nemiche. Anche
l'unica eccezione - la «Serbia-Montenegro» - non
poteva durare.

Colpa non tanto della diaspora jugoslava in Europa,
che c'è sempre stata negli ultimi 30-40 anni, a cui li
ha portati la loro vocazione «zingara» (loro detestano
questa parola, ma qui vuole avere un'accezione
positiva). Colpa delle macerie a cui è stato ridotto
il loro paese e colpa (anche qui leggasi in positivo)
della loro classe che li ha fatti approdare per primi
nella mitica e ricchissima Nba. In tempi non sospetti,
quando si contavano sulle dita di una mano i
non-americani invitati alla festa.

Questa non vuole essere un'analisi tecnica della
tragedia (cestistica, in questo caso) jugoslava. E'
solo un grido di dolore di chi ha visto la Grande
Jugoslavia in cui dalla panchina l'imperturbabile
professor Asa Nikolic giostrava in campo i Cosic - un
pivot di 2 e 10 che all'occorrenza sapeva giocare
divinamente da play -, i Petrovic, i Dalipagic, i
Kucoc, fino allo zar Sasha Danilovic che fece grande
anche la Virtus di Bologna. Ora gli ultimi eredi di
quei grandi - gli Stojakovic, gli Jaric, i Divac, i
Milicic - sono troppo stanchi e impegnati a curare i
loro interessi negli Usa per trovare ancora la voglia
di mettere in campo lo straordinario talento e
l'atavica rabbia in difesa non della Grande Jugoslavia
ma di un paese sempre più secondario e rachitico
(chissà che agli Europei del 2005 a Belgrado, il
Montenegro non sia già riuscito a staccarsi dalla mal
amata Serbia).

Grandi, indimenticabili «plavi». Riusciranno a farci
sognare ancora? 





	

	
		
___________________________________
Yahoo! Companion - Scarica gratis la toolbar di Ricerca di Yahoo! 
http://companion.yahoo.it