(Fwd) In Kossovo le cose strane sono normali



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Date forwarded: 	Tue, 10 Aug 2004 19:16:40 +0200
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Subject:        	In Kossovo le cose strane sono normali
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6/8/2004
In Kossovo le cose strane sono normali; in questi giorni, per 
esempio,
la corrente elettrica c’e’ solo poche ore al giorno; uno dei tanti
prodigi della democrazia occidentale importata con le bombe nel 1999.
Qui a Gorazdevac, enclave serba difesa da soldati italiani e rumeni,
che molte volte hanno le idee poco chiare, il tempo scorre lento e
annoiato. I lavori nei campi, che un tempo scandivano la vita
contadina, sono molto limitati, andare troppo lontani puo’ essere
pericoloso specialmente dopo il 13 agosto dell’anno scorso quando due
ragazzi del paese, Ivan e Panto, sono stati uccisi e cinque feriti
mentre facevano il bagno al fiume. La gente vive in una doppia
prigione: quella creata dalla situazione, ossia fuori da qui e’
pericoloso essere serbi e quella creata da quelli che ti guardano
storto se cerchi di contattare uno dall’altra parte. Gli albanesi 
poco
distanti vivono anche loro in prigione, una prigione un po’ piu’
grande dove i confini del Kossovo diventano sempre !
 piu’ impraticabili, da poco tempo nemmeno piu’ la Bosnia i
 Herzegovina fa passare i kossovari muniti di passaporto UNMIK con
 stampigliato sopra il simbolo delle Nazioni Unite. Un’altra prigione
 per gli albanesi e’ quella che li fa passare per Gorazdevac e far
 finta di non conoscere vecchi amici per paura che altri albanesi li
 vedano e li possano accusare di “famigliarizzare con il nemico”.
 Tutte queste prigioni constringono le amicizie a racchiudersi dietro
 un alone di segretezza. M., per esempio, passa attraverso vie
 secondarie e poco vigilate per andare a trovare il suo amico D.
 dentro l’enclave. P. mi manda in avan scoperta a vedere se il suo
 vecchio amico albanese, che da poco e’ tornato dalla Norvegia, e’
 disposto ad andarlo a trovare per un caffe’. C’e’ anche chi per
 vedere la sorella, che ha sposato un albanese cinquant’anni fa e che
 abita a soli due chilometri, e’ costretto a mobilitare una scorta
 armata sperando che i parenti albanesi della sorella le permettano
 di!
  vederla. In mezzo a q¿In quel giorno E. stava cercando di sop!
 ravviver
e alla calura estiva, il suo spirito era ottimista e il suo orto
curato. Due raffiche falciano due ragazzi al fiume altri cinque sono
feriti. Nel villaggio c’e’ subito molta confusione e lui nella foga
carica uno dei sopravissuti in macchina per portarlo all’ospedale. La
sua macchina ha la targa serba, non c’e’ tempo da perdere, si parte
con lui ci sono due parenti del ferito. La confusione e la tensione
sono alte, uno dice vai a destra l’altro a sinistra, lui va destra
pensando di andare verso l’ospedale militare che pero’ da poco e’
stato trasferito. La strada passa in mezzo al mercato, all’andata 
fila
tutto liscio, ma poi si deve tornare indietro perche’ l’ospedale non
c’e’. La scorta si perde e dun tratto la macchina brontola e si
spegne: la benzina e’ finita. La gente si accalca attorno alla
macchina e forse qualcuno comincia a prenderla a calci. La folla e’
tanta e i poliziotti che sono poco distante non riescono a 
controllare
la situazione. Qualche cosa rompre i vetri della macchina, E. riceve
un pugno in faccia e, ad un tratto, arriva un sasso. La reazione
istintiva e’ quella di proteggere la testa cosi’ il sasso ferisce il
braccio. E. dice che a quel punto ha pensato di essere finito e che
tutte le sue forze erano concentrate nella sopravvivenza. Ma poi ad 
un
tratto arriva una colonna militare che e’ diretta proprio a
Gorazdevac, ci sono anche due ambulanze. Vedono la folla e intuiscono
che qualcosa sta succedendo. Alla vista dei soldati la folla si
disperde, E grida: “Please Help me! Please Help me!” La folla si
dirada ulteriormente i soldati si avvicinano, E. e gli altri della
macchina si riparano sui mezzi militari. Lui si ritrova 
sull’ambulanza
con il ragazzo ferito. Anche lui e’ lacero e ha un braccio
sanguinante. All’ospedale per E. la situazione e’ umiliante. Alcune
persone lo guardano storto quasi fosse un criminale, i suoi vestiti
sono macchiati di sangue. I giorni seguenti sono i giorni della
sofferenza, tutto il villaggio e’ in lutto. E. viene convocato dalla
polizia per i fatti avvenuti sulla strada del mercato ma a quanto 
pare
qualcuno lo ha denunciato e si trova dun tratto a passare da vittima
ad accusato. Per la prima volta in vita sua E. viene interrogato,
fotografato e schedato. Chiede un avvocato ma la procedura non lo
consente. La sera stessa scappa in Serbia per paura di essere
arrestato. In Serbia chiede aiuto al governo perche’ i suoi diritti
vengano difesi presso le massime sfere dell’amministrazione UNMIK.
Poco o nulla si muove e cosi i giorni diventano mesi. Arriva novembre
e la cosa non si e’ ancora sbloccata. La sua famiglia e’ in Kossovo
lui in Serbia, separati da un accusa che E. considera infamante. A
novembre E. ha la festa della casa, il santo protettore della sua
famiglia, qui questa ricorrenza e’ molto importante, mancano pochi
giorni alla data e le cose non accennano a cambiare. Nel cuore della
notte !
 E. ha un attacco d’ansia, non riesce a respirare, ha la 
tacchicardia,
 ha paura di morire e corre al pronto soccorso. Bussa alla porta e 
con
 un filo di voce spiega la sua storia all’infermiere di turno. Un
 calmante sistema la situazione per il momento. Ancora un po’ di
 esitazione ma poi l’indomani mattina E. decide che deve tornare 
dalla
 sua famiglia costi quel che costi. Proprio quel giorno c’e’ il
 convoglio scortato, con la sua macchina si accoda e torna a
 Gorazdevac. Quest’anno il suo orto non e’ curato e E. non e’ piu’
 ottimista  come un anno fa. La polizia non lo ha piu’ cercato, lui
 continua a sognare la Slovenia e a vivere a Gorazdevac. Dopo il
 racconto e dopo il caffe’ E. mi guarda e dice che pero’ non ha perso
 del tutto la speranza nelle persone e quindi nemmeno negli albanesi,
 un pizzico di speranza c’e’ ancora. 
Questa cosa e’ strana e straordinaria ma forse per E. e’ normale. Qui
a Gorazdevac domani si celebra l’anniversario religioso a un anno
dall’uccisione di Ivan e Panto il 13 agosto 2003, sara’ un giorno
strano ma a suo modo normale.


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