La rimozione della Jugoslavia (1: Come spaccare un paese in otto parti addossandone poi tutta la colpa alle vittime)




( Ovaj tekst na srpskohrvatskom:
http://www.cnj.it/documentazione/brisanje.htm )


LA RIMOZIONE DELLA JUGOSLAVIA

di    Andrea Martocchia

Questa analisi è stata pubblicata in due parti su L'Ernesto,
nn. 3 (maggio-giugno) e 4 (luglio-agosto) 2003


Il voto del Parlamento Federale jugoslavo del 4 febbraio scorso [2003] ha rappresentato un compimento simbolico del progetto revanscista e sanguinario messo in atto ai danni di questo grande paese europeo e dei suoi cittadini a partire almeno dal 1990. Con questo voto, la Federazione jugoslava è stata "rimossa" persino dalle cartine geografiche; nel contempo, è stata sancita la nascita di una  labile "Unione di Serbia e Montenegro" destinata a durare al massimo tre anni.

Paradossalmente, questo atto è tanto più' gravido di inquietanti implicazioni e significati per essere stato passato sotto silenzio da tutta la stampa: in particolare, è mancato qualsiasi eco o commento "da sinistra". Mentre infatti i commentatori borghesi con malcelata soddisfazione continuano ad "infierire sul cadavere" (1), "a sinistra" - dopo tanti squilli di tromba per la "caduta del regime di Milosevic" nell'ottobre 2000 - impera, sulla Jugoslavia,  un imbarazzato, ignobile silenzio.

Quello che mi propongo di fare in questa sede è una stringata analisi della "rimozione della Jugoslavia" intesa, detta rimozione, tanto in senso stretto quanto in senso lato: cioè politico-ideologico, nonché culturale, sociologico, forse persino psicologico e psicanalitico.


Come spaccare un paese in otto parti addossandone poi tutta la colpa alle vittime


La disgregazione della Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia  (RFSJ) - per tutto il secondo dopoguerra Stato-cuscinetto tra i due blocchi, che godeva di ampia autonomia e prestigio nel contesto dei rapporti internazionali - è stata voluta, agevolata e sancita dalle consorterie occidentali, come conseguenza della loro "vittoria" al termine della Guerra Fredda.

L'interesse strategico dei paesi imperialisti per i Balcani risulta evidente già solo abbozzando una stringata cronologia del loro ruolo nel più recente processo di disgregazione e soggiogamento; e d'altronde, non per caso questa semplice operazione di "mettere in fila" gli avvenimenti viene generalmente elusa dagli studiosi e dalla stampa, preferendo questi piuttosto sbizarrirsi con interpretazioni irrazionalistiche e lombrosiane, dal contenuto volutamente disinformativo.

Potremmo ad esempio partire dagli anni Ottanta e dalle politiche devastanti imposte da FMI e BM alla Jugoslavia di Markovic. Ma, per fissare una data precisa, consideriamo piuttosto il 29 novembre 1990, quando - mentre si festeggia la festa nazionale della RFSJ (2) - tutti i giornali pubblicano le "rivelazioni" della CIA che "scommette" che il paese si sta per disintegrare. All'inizio dello stesso mese, guarda caso, il Congresso USA aveva approvato la legge 101/513 per l'appoggio a tutte le leadership liberiste, nazionaliste e secessioniste (3). Alla fine di giugno 1991 si hanno le prime "dichiarazioni di indipendenza" di Slovenia e Croazia.

Il 15 gennaio 1992 i paesi della Comunità Europea, nonostante la situazione altamente pericolosa ed instabile sul terreno (4), riconoscono formalmente le secessioni slovena e croata, sancendo cosi' gli effetti della "forzatura" di parte tedesca e vaticana.

Successivamente, la Bosnia-Erzegovina verrà invitata a seguire l'esempio attraverso l'indizione di un referendum illegittimo e largamente boicottato dalla popolazione. La diretta conseguenza del riconoscimento della "indipendenza" della Bosnia saranno tre anni di guerra fratricida. La secessione della Bosnia, centro simbolico e storico della Lotta Popolare di Liberazione e della "Unità e Fratellanza" jugoslave, rappresenta il più grave colpo inferto al cuore della Jugoslavia multinazionale. La popolazione di Sarajevo, scesa subito in piazza il 5 e 6 aprile contro tutti i progetti di divisione "etnica", viene fatta bersaglio di cecchini di dubbia appartenenza politico-nazionale. È il primo episodio di una strategia stragista (o "della tensione") che sarà riapplicata sovente nel corso degli anni successivi e servirà ad affogare, possibilmente per sempre, la idea jugoslavista in un lago di sangue e di menzogne.

Gli Stati Uniti d'America hanno usato prima la Germania e poi l'intera Comunità Europea come battistrada, ma il loro appoggio a livello mediatico, diplomatico, finanziario e militare ai secessionismi, e specialmente al separatismo bosniaco-musulmano, sarà sempre più sfacciato. L'attivismo USA nei Balcani surclasserà via via di gran lunga quello degli europei. Dopo avere cinicamente sfruttato il risorgere di revanscismi "mitteleuropei" e destre neonaziste nell'Europa "post-Ottantanove", gli USA si scatenano, assumendo un ruolo diretto. In Bosnia, a livello diplomatico, gli USA sono i veri responsabili del fallimento dei piani di pace, a partire dal piano Cutileiro (5). Via via, gli USA riusciranno a screditare e far fallire ogni intervento attuato sotto l'egida delle Nazioni Unite, imponendo la progressiva sostituzione delle missioni ONU con missioni più direttamente gestite dall'Alleanza Atlantica.

È il periodo delle grandi "stragi a mezzo stampa" (6), delle rimozioni dei vari Morillon, MacKenzie, Akashi, eccetera, e delle prime operazioni di guerra "tradizionale" della NATO in Europa. Nel settembre 1995, USA ed UE scatenano ai danni dei serbi della Bosnia la prima grande campagna di bombardamenti sul suolo europeo dai tempi della II Guerra Mondiale. I serbi vengono prima diffamati e poi colpiti perché, tra gli jugoslavi, sia per ragioni storiche sia perché vivono in quasi tutte le repubbliche ex-federate, sono quelli che meno di tutti hanno interesse alla frantumazione del loro paese.

Nell'autunno 1995, la firma degli accordi di Dayton consente, tra  l'altro, lo stanziamento "sine die" di truppe della NATO sul territorio, interamente ridotto ormai a protettorato internazionale. (7)
  
Il paese è già stato spaccato in cinque parti, ma evidentemente non basta. Nella primavera del 1999, dopo anni di strumentalizzazione del movimento separatista pan-albanese (8), USA ed europei bombardano la Repubblica Federale di Jugoslavia - ciò che resta della RFSJ dopo le secessioni, e cioè Serbia e Montenegro. Da chilometri di altezza sono colpite infrastrutture civili e militari, causando centinaia di morti civili. Gli jugoslavi hanno estratto i cadaveri di concittadini, amici e parenti nelle piazze dei mercati, dalle lamiere dei treni sventrati, dai resti dei convogli di profughi, dagli ospedali, dalle abitazioni. La NATO ha colpito per mettere in ginocchio tutto il paese, devastandolo. Hanno infatti bombardato obiettivi situati a molte centinaia di chilometri di distanza dal Kosovo-Metohija che dicevano di dover "salvare". In Kosovo-Metohija hanno bombardato con l'uranio impoverito. Hanno bombardato il petrolchimico di Pancevo, a pochi chilometri da Belgrado, intenzionalmente per causare la fuoriuscita di gas altamente venefici. Attraverso l'effetto di lunga durata degli  agenti cancerogeni, la NATO sta uccidendo ancora oggi (9): cosi' la Jugoslavia e' stata costretta alla resa.

Nel Kosovo-Metohija regna oggi un regime del terrore: sotto gli occhi disattenti ovvero complici di decine di migliaia di soldati NATO è stata oggi pressoché completata la epurazione delle nazionalità non-albanesi e degli albanesi non-secessionisti, e prosegue la distruzione delle vestigia della cultura tardo-bizantina (10). I "desaparecidos" sono migliaia, gli attentati a sfondo razzista  continuano. La zona è in mano agli ex-guerriglieri dell'UCK, sostenuti economicamente dai traffici di droga, armi e prostituzione. Le grandissime risorse della provincia, specialmente minerarie, sono state espropriate allo Stato jugoslavo in vista dell'acquisizione da parte delle multinazionali, ed ogni produzione è bloccata. Le poche possibilità di lavoro "onesto" per i giovani kosovaro-albanesi vengono dalle truppe straniere di occupazione: ad esempio nell'immensa base militare USA di Camp Bondsteel, presso Urosevac, il più grande insediamento militare USA all'estero dai tempi del Vietnam (11).


NOTE:

(1) Secondo un dispaccio "mortuario" dell'ANSA, diramato lo scorso febbraio dopo il voto del Parlamento Federale,  la Jugoslavia sarebbe stata addirittura "una polveriera durata 74  anni".

(2) Il 29 novembre 1943 a Jajce, nel cuore della Bosnia-Erzegovina, il Comitato Antifascista di Liberazione Nazionale (AVNOJ) poneva le basi del paese multinazionale, fondato nella eroica lotta contro le potenze occupatrici ed i collaborazionisti, rappresentati dai nazionalisti, nazisti e monarchici.

(3) AAVV: "NATO in the Balkans", ed. International Action Center, 1997; una versione italiana è uscita per Editori Riuniti: "La NATO nei Balcani", 1999.

(4) Persino la europea Commissione Badinter aveva sconsigliato il riconoscimento della Croazia a causa degli irrisolti problemi con la popolazione serba autoctona, nettamente contraria alla  secessione della Repubblica.

(5) Marzo 1992: l'ex ambasciatore USA a Belgrado, Zimmermann, invita  musulmani e croati a ritirare la loro firma dall'accordo di Lisbona per la cantonalizzazione della Bosnia-Erzegovina.

(6) Sulle stragi "del pane" e di Markale a Sarajevo, e più in generale sul carattere strategico della disinformazione dei media,  si vedano ad esempio i libri di Michel Collon "Poker Menteur" e  "Monopoly" (ed. EPO, Bruxelles).

(7) Si vedano i contributi di S. Gervasi e M. Chossudovsky su "NATO in the Balkans", op.cit.

(8) La "Lega Democratica del Kosovo" di Ibrahim Rugova e la sua  politica di separatismo su base etnica è stata appoggiata sin dal 1990 non solo da settori "pacifisti" e da militanti per i "diritti umani", ma anche da note centrali della disinformazione quali la Fondazione Soros e la Ruder&Finn Public Global  Affairs. Su quest'ultima agenzia di "lobbying" si veda: Jacques Merlino, "Les Verites yougoslaves ne sont pas toutes bonnes a dire" (Paris: Albin Michel, 1993). Per quanto invece riguarda il ruolo dell'UCK ("Esercito di Liberazione del Kosovo"), formazione armata "contras" attiva dal 1997, e l'appoggio a questa fornito da parte della NATO, si veda ad esempio l'ottimo libro di Juergen Elsaesser "Menzogne di guerra" (Napoli: La Città del Sole, 2002).

(9) In Italia la migliore documentazione su questo altro "buco nero" informativo è stata prodotta dal comitato Scienziate/i contro la Guerra: per i riferimenti ai testi pubblicati si veda il sito http://www.scienzaepace.it. Da segnalare anche il video "Bombe sulle industrie chimiche" di Sasha Adamek, nell'edizione italiana a cura di Alberto Tarozzi.

(10) Due fonti "insospettabili" ne parlano: la rivista "30GIORNI" diretta da Giulio Andreotti (sul n.2/2003: "A quattro anni dalla 'guerra umanitarià in Kosovo. Dopo le bombe il caos") e "La Tribuna di Treviso" con una intervista a Massimo Cacciari (martedì 4/3/2003).

(11) Anche sulla questione della "pulizia etnica" e del terrore oggi instaurato nel Kosovo-Metohija esiste una preziosa documentazione video di M. Collon e V. Stojiljkovic. L'edizione italiana ("I dannati del Kosovo", 80min.) è disponibile presso "SOS Yugoslavia" di Torino (posta at resistenze.org).